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24-26 maggio 2014 il Papa in Terra Santa

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2014 13:05
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25/05/2014 17:52
 
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PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO 
DELL’INCONTRO A GERUSALEMME TRA PAPA PAOLO VI E IL PATRIARCA ATENAGORA
 
(24-26 MAGGIO 2014)

INCONTRO CON I RIFUGIATI E CON GIOVANI DISABILI

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Chiesa latina, Bethany beyond the Jordan
Sabato, 24 maggio 2014

Video

 


Stimate Autorità, Eminenze, Eccellenze,
cari fratelli e sorelle,

Nel mio pellegrinaggio ho voluto fortemente incontrare voi che, a causa di sanguinosi conflitti, avete dovuto lasciare le vostre case e la vostra Patria e avete trovato rifugio nella ospitale terra di Giordania; e al tempo stesso voi, cari giovani, che sperimentate il peso di qualche limite fisico.

Il luogo in cui ci troviamo ci ricorda il battesimo di Gesù. Venendo qui al Giordano a farsi battezzare da Giovanni, Egli mostra la sua umiltà e la condivisione della condizione umana: si abbassa fino a noi e con il suo amore ci restituisce la dignità e ci dona la salvezza. Ci colpisce sempre questa umiltà di Gesù, il suo chinarsi sulle ferite umane per risanarle. Questo chinarsi di Gesù su tutte le ferite umane per risanarle! E a nostra volta siamo profondamente toccati dai drammi e dalle ferite del nostro tempo, in modo speciale da quelle provocate dai conflitti ancora aperti in Medio Oriente. Penso in primo luogo all’amata Siria, lacerata da una lotta fratricida che dura da ormai tre anni e ha già mietuto innumerevoli vittime, costringendo milioni di persone a farsi profughi ed esuli in altri Paesi. Tutti vogliamo la pace! Ma guardando questo dramma della guerra, guardando queste ferite, guardando tanta gente che ha lasciato la sua patria, che è stata costretta ad andarsene via, io mi domando: chi vende le armi a questa gente per fare la guerra? Ecco la radice del male! L’odio e la cupidigia del denaro nelle fabbriche e nelle vendite delle armi. Questo ci deve far pensare a chi è dietro, che dà a tutti coloro che sono in conflitto le armi per continuare il conflitto! Pensiamo, e dal nostro cuore diciamo anche una parola per questa povera gente criminale, perché si converta.

Ringrazio le Autorità e il popolo giordano per la generosa accoglienza di un numero elevatissimo di profughi provenienti dalla Siria e dall’Iraq, ed estendo il mio grazie a tutti coloro che prestano la loro opera di assistenza e di solidarietà verso i rifugiati. Penso anche all’opera di carità svolta da istituzioni della Chiesa come Caritas Giordania e altre che, assistendo i bisognosi senza distinzione di fede religiosa, appartenenza etnica o ideologica, manifestano lo splendore del volto caritatevole di Gesù, che è misericordioso. Dio Onnipotente e Clemente benedica tutti voi e ogni vostro sforzo nell’alleviare le sofferenze causate dalla guerra!

Mi rivolgo alla comunità internazionale perché non lasci sola la Giordania, tanto accogliente e coraggiosa, nel far fronte all’emergenza umanitaria derivante dall’arrivo sul suo territorio di un numero così elevato di profughi, ma continui e incrementi la sua azione di sostegno e di aiuto. Rinnovo il mio più accorato appello per la pace in Siria. Cessino le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente! Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato. La soluzione, infatti, può venire unicamente dal dialogo e dalla moderazione, dalla compassione per chi soffre, dalla ricerca di una soluzione politica e dal senso di responsabilità verso i fratelli.

A voi giovani chiedo di unirvi alla mia preghiera per la pace. Potete farlo anche offrendo a Dio le vostre fatiche quotidiane, e così la vostra preghiera diventa particolarmente preziosa ed efficace. E vi incoraggio a collaborare, col vostro impegno e la vostra sensibilità, alla costruzione di una società rispettosa dei più deboli, dei malati, dei bambini, degli anziani. Pur nelle difficoltà della vita, siate segno di speranza. Voi siete nel cuore di Dio, voi siete nelle mie preghiere, e vi ringrazio per la vostra calorosa e gioiosa e numerosa presenza. Grazie!

Al termine di questo incontro, rinnovo l’auspicio che prevalgano la ragione e la moderazione e, con l’aiuto della comunità internazionale, la Siria ritrovi la via della pace. Dio converta i violenti! Dio converta coloro che hanno progetti di guerra! Dio converta coloro che fabbricano e vendono le armi e rafforzi i cuori e le menti degli operatori di pace e li ricompensi con ogni benedizione. Che il Signore benedica tutti voi!

  


INCONTRO CON LE AUTORITÀ PALESTINESI

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Bethlehem
Domenica, 25 maggio 2014

Video

 

Signor Presidente,
Cari amici,
Cari fratelli,

ringrazio il Presidente Signor Mahmoud Abbas per le sue espressioni di benvenuto e rivolgo il mio cordiale saluto ai rappresentanti del Governo e a tutto il popolo palestinese. Sono grato al Signore di essere oggi qui con voi nel luogo in cui è nato Gesù, il Principe della Pace, e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza.

Il Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti producono insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo di intere comunità, divisioni, carenze e sofferenze di ogni tipo.

Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti.

Auspico vivamente che a tal fine si evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo e che non ci si stanchi di perseguire la pace con determinazione e coerenza. La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il mondo intero. Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa.

Auguro ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive Autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza necessari per ogni esodo. La pace nella sicurezza e la mutua fiducia diverranno il quadro di riferimento stabile per affrontare e risolvere gli altri problemi e offrire così un’occasione di equilibrato sviluppo, tale da diventare modello per altre aree di crisi.

Mi è caro fare riferimento all’attiva comunità cristiana, che offre il suo significativo contributo al bene comune della società e che partecipa alle gioie e sofferenze di tutto il popolo. I cristiani intendono continuare a svolgere questo loro ruolo come cittadini a pieno diritto, insieme con gli altri concittadini considerati come fratelli.

Signor Presidente, Lei è noto come uomo di pace e artefice di pace. Il recente incontro in Vaticano con Lei e la mia odierna presenza in Palestina attestano le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, che mi auguro possano ulteriormente incrementarsi per il bene di tutti. A tale riguardo esprimo il mio apprezzamento per l’impegno volto ad elaborare un Accordo tra le Parti, riguardante diversi aspetti della vita della Comunità cattolica del Paese, con speciale attenzione alla libertà religiosa. Il rispetto di questo fondamentale diritto umano è, infatti, una delle condizioni irrinunciabili della pace, della fratellanza e dell’armonia; dice al mondo che è doveroso e possibile trovare un buon accordo tra culture e religioni differenti; testimonia che le cose che abbiamo in comune sono così tante e importanti che è possibile individuare una via di convivenza serena, ordinata e pacifica, nell’accoglienza delle differenze e nella gioia di essere fratelli perché figli di un unico Dio.

Signor Presidente, cari fratelli riuniti qui a Betlemme, Dio onnipotente vi benedica, vi protegga e vi conceda la saggezza e la forza necessarie a portare avanti il coraggioso cammino della pace, in modo che le spade si trasformino in aratri e questa Terra possa tornare a fiorire nella prosperità e nella concordia. Salam!

   

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza della Mangiatoia (Bethlehem)
Domenica, 25 maggio 2014

Video

 

«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12).

Che grazia grande celebrare l’Eucaristia presso il luogo dove è nato Gesù! Ringrazio Dio e ringrazio voi che mi avete accolto in questo mio pellegrinaggio: il Presidente Mahmoud Abbas e le altre Autorità; il Patriarca Fouad Twal, gli altri Vescovi e gli Ordinari di Terra Santa, i sacerdoti, i bravi francescani, le persone consacrate e quanti si adoperano per tenere viva la fede, la speranza e la carità in questi territori; le rappresentanze di fedeli provenienti da Gaza, dalla Galilea, i migranti dall’Asia e dall’Africa. Grazie della vostra accoglienza!

Il Bambino Gesù, nato a Betlemme, è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza, e rimane per sempre il segno della tenerezza di Dio e della sua presenza nel mondo. L’angelo dice ai pastori: «Questo per voi il segno: troverete un bambino…».

Anche oggi i bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno “diagnostico” per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero. Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano. Pensiamo all’opera che svolge l’Istituto Effetà Paolo VI in favore dei bambini palestinesi sordo-muti: è un segno concreto della bontà di Dio. E’ un segno concreto che la società migliora.

Dio oggi ripete anche a noi, uomini e donne del XXI secolo: «Questo per voi il segno», cercate il bambino…

Il Bambino di Betlemme è fragile, come tutti i neonati. Non sa parlare, eppure è la Parola che si è fatta carne, venuta a cambiare il cuore e la vita degli uomini. Quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto. Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi, fin dal grembo materno.

Purtroppo, in questo mondo che ha sviluppato le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane, che vivono ai margini della società, nelle periferie delle grandi città o nelle zone rurali. Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio, a Dio che si è fatto Bambino.

E ci domandiamo: chi siamo noi davanti a Gesù Bambino? Chi siamo noi davanti ai bambini di oggi? Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo? Siamo come i pastori, che vanno in fretta, si inginocchiano per adorarlo e offrono i loro umili doni? Oppure siamo indifferenti? Siamo forse retorici e pietisti, persone che sfruttano le immagini dei bambini poveri a scopo di lucro? Siamo capaci di stare accanto a loro, di “perdere tempo” con loro? Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?

«Questo per noi il segno: troverete un bambino…». Forse quel bambino piange. Piange perché ha fame, perché ha freddo, perché vuole stare in braccio… Anche oggi piangono i bambini, piangono molto, e il loro pianto ci interpella. In un mondo che scarta ogni giorno tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano per la fame e per malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: il pianto di questi bambini è soffocato! Devono combattere, devono lavorare, non possono piangere! Ma piangono per loro le madri, odierne Rachele: piangono i loro figli, e non vogliono essere consolate (cfr Mt 2,18).

«Questo per voi il segno»: troverete un bambino. Il Bambino Gesù nato a Betlemme, ogni bambino che nasce e cresce in ogni parte del mondo, è segno diagnostico, che ci permette di verificare lo stato di salute della nostra famiglia, della nostra comunità, della nostra nazione. Da questa diagnosi schietta e onesta, può scaturire uno stile nuovo di vita, dove i rapporti non siano più di conflitto, di sopraffazione, di consumismo, ma siano rapporti di fraternità, di perdono e riconciliazione, di condivisione e di amore.

O Maria, Madre di Gesù, 
tu che hai accolto, insegnaci ad accogliere; 
tu che hai adorato, insegnaci ad adorare; 
tu che hai seguito, insegnaci a seguire. Amen.

      

REGINA COELI

Bethlehem
Domenica, 25 maggio 2014

Video

 

In questo Luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente Mahmoud Abbas, e al Signor Presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera.

Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti –specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli –  abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera.

Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

mentre ci avviamo a concludere questa celebrazione, rivolgiamo il nostro pensiero a Maria Santissima, che proprio qui a Betlemme ha dato alla luce il suo figlio Gesù. La Vergine è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù. Aiutata da san Giuseppe, lo ha avvolto in fasce e lo ha adagiato nella mangiatoia.

A Lei affidiamo questo territorio e tutti coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità. Affidiamo anche i pellegrini che qui giungono per attingere alle sorgenti della fede cristiana – ce ne sono presenti anche a questa Santa Messa.

Veglia, o Maria, sulle famiglie, sui giovani, sugli anziani. Veglia su quanti hanno smarrito la fede e la speranza; conforta i malati, i carcerati e tutti i sofferenti; sostieni i Pastori e l’intera Comunità dei credenti, perché siano “sale e luce” in questa terra benedetta; sostieni le opere educative, in particolare la Bethlehem University.

Contemplando la Santa Famiglia qui, a Betlemme, il mio pensiero va spontaneamente a Nazareth, dove spero di potermi recare, se Dio vorrà, in un’altra occasione. Abbraccio da qui i fedeli cristiani che vivono in Galilea e incoraggio la realizzazione a Nazareth del Centro Internazionale per la Famiglia.

Alla Vergine Santa affidiamo le sorti dell’umanità, perché si dischiudano nel mondo gli orizzonti nuovi e promettenti della fraternità, della solidarietà e della pace.

 

PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO 
DELL’INCONTRO A GERUSALEMME TRA PAPA PAOLO VI E IL PATRIARCA ATENAGORA
 
(24-26 MAGGIO 2014)

CERIMONIA DI BENVENUTO

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Aeroporto Internazionale Ben Gurion (Tel Aviv)
Domenica, 25 maggio 2014

Video

 

Signor Presidente,
Signor Primo Ministro,
Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori, Fratelli,

vi ringrazio cordialmente per l’accoglienza nello Stato di Israele, che ho la gioia di visitare in questo mio pellegrinaggio. Sono grato al Presidente, Signor Shimon Peres, e al Primo Ministro, Signor Benjamin Netanyahu, per le cortesi espressioni rivoltemi, e ricordo volentieri gli incontri avuti con loro in Vaticano. Come sapete, vengo pellegrino a 50 anni dallo storico viaggio del Papa Paolo VI. Da allora sono cambiate molte cose tra la Santa Sede e lo Stato di Israele: le relazioni diplomatiche, che ormai da un ventennio esistono tra noi, hanno favorito l’accrescersi di rapporti buoni e cordiali, come testimoniano i due Accordi già firmati e ratificati e quello in via di perfezionamento. In questo spirito rivolgo il mio saluto a tutto il popolo d’Israele ed auguro che si realizzino le sue aspirazioni di pace e prosperità.

Sulle orme dei miei Predecessori sono giunto come pellegrino in Terra Santa, dove si è dispiegata una storia plurimillenaria e sono accaduti i principali eventi legati alla nascita e allo sviluppo delle tre grandi religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam; perciò essa è punto di riferimento spirituale per tanta parte dell’umanità. Auspico dunque che questa Terra benedetta sia un luogo in cui non vi sia alcuno spazio per chi, strumentalizzando ed esasperando il valore della propria appartenenza religiosa, diventa intollerante e violento verso quella altrui.

Durante questo mio pellegrinaggio in Terra Santa visiterò alcuni luoghi tra i più significativi di Gerusalemme, città di valore universale. Gerusalemme significa “città della pace”. Così la vuole Dio e così desiderano che sia tutti gli uomini di buona volontà. Ma purtroppo questa città è ancora tormentata dalle conseguenze di lunghi conflitti. Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione. Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo scopo di giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che Israeliani e Palestinesi possano vivere in pace. Bisogna intraprendere sempre con coraggio e senza stancarsi la via del dialogo, della riconciliazione e della pace. Non ce n’è un’altra. Pertanto rinnovo l’appello che da questo luogo rivolse Benedetto XVI: sia universalmente riconosciuto che lo Stato d’Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. La “soluzione di due Stati” diventi realtà e non rimanga un sogno.

Un momento particolarmente toccante del mio soggiorno nel vostro Paese sarà la visita al Memoriale di Yad Vashem, a ricordo dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah, tragedia che rimane come simbolo di dove può arrivare la malvagità dell’uomo quando, fomentata da false ideologie, dimentica la dignità fondamentale di ogni persona, la quale merita rispetto assoluto qualunque sia il popolo a cui appartiene e la religione che professa. Prego Dio che non accada mai più un tale crimine, di cui sono state vittime in primo luogo ebrei e anche tanti cristiani e altri. Sempre memori del passato, promuoviamo un’educazione in cui l’esclusione e lo scontro lascino il posto all’inclusione e all’incontro, dove non ci sia posto per l’antisemitismo, in qualsiasi forma si manifesti, e per ogni espressione di ostilità, discriminazione o intolleranza verso persone e popoli.

Con cuore profondamente addolorato penso a quanti hanno perso la vita nell’efferato attentato avvenuto ieri a Bruxelles. Nel rinnovare la mia viva deplorazione per tale criminoso atto di odio antisemita, affido a Dio Misericordioso le vittime e invoco la guarigione per i feriti.

La brevità del viaggio limita inevitabilmente le possibilità di incontro. Vorrei da qui salutare tutti i cittadini israeliani ed esprimere loro la mia vicinanza, in particolare a chi vive a Nazareth e in Galilea, dove sono presenti anche tante comunità cristiane.

Ai Vescovi e ai fedeli cristiani rivolgo il mio saluto fraterno e cordiale. Li incoraggio a proseguire con fiducia e speranza la loro serena testimonianza a favore della riconciliazione e del perdono, seguendo l’insegnamento e l’esempio del Signore Gesù, che ha dato la vita per la pace tra l’uomo e Dio, tra fratello e fratello. Siate fermento di riconciliazione, portatori di speranza, testimoni di carità. Sappiate che siete sempre nelle mie preghiere.

Desidero rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente, e al Signor Presidente Mahmoud Abbas, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera, invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera. Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla; e tutti, specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa terra e del mondo intero, ci chiedono di portare davanti a Dio l’ardente aspirazione alla pace.

Signor Presidente, Signor Primo Ministro, Signore e Signori, vi ringrazio nuovamente per la vostra accoglienza. Che la pace e la prosperità scendano in abbondanza su Israele. Dio benedica il suo popolo con la pace! Shalom!

 

 


[Modificato da Caterina63 25/05/2014 21:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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