nel marzo 2013 – una data certo significativa – è apparso nelle sale cinematografiche un film dal titolo “Benvenuto presidente!”, interpretato da un comicissimo Claudio Bisio, su sceneggiatura di Fabio Bonifacci. Si tratta di una pellicola non certo ambiziosa nei contenuti che tuttavia sfrutta un elemento comico classico: quello dello “scambio di persone”. Si prende un uomo “del popolo” e lo si pone in una posizione di “élite”, di potere. Svariate sono le pellicole statunitensi nelle quali un anonimo cittadino diventa Presidente per un giorno, o quelle nelle quali un non-politico riesce a sedurre le masse fino a diventare Presidente degli States (penso a “L’uomo dell’anno” con Robin Williams del 2006 o a “Dave – Presidente per un giorno” del 1993 interpretato da Kevin Kline). Ma senza ricorrere necessariamente all’espediente politico-presidenziale possiamo osservare lo stesso meccanismo comico nel film “Il marchese del Grillo”, nell’esilarante episodio dello scambio fra il carbonaio e il Marchese. O ancora nella classica commedia attica di Aristofane “Ecclesiazusae”, dove le donne sostituiscono gli uomini in parlamento.


Il modello politico è tuttavia quello più calzante all’attuale situazione: un uomo preso dalla strada viene, per un caso imprevedibile, nominato ai  vertici di una istituzione percepita come decadente o decaduta, lontana dal popolo e dalle sue esigenze, ammantata da formalismi eccessivi ed elitari. L’uomo della strada si rivelerà un capo carismatico capace di affascinare il popolo, di parlare come il popolo vuole, di superare formalismi inutili, di rivalutare istituzioni decadute, di assicurare insomma un nuovo corso alla Nazione o all’istituzione che presiede, partendo dal basso. Alla fine, tuttavia, siccome ogni bel gioco dura poco, l’uomo della strada ritornerà sulla strada e si concluderà la narrativa comica.


Dal mese di marzo del 2013 nella Chiesa sta accadendo praticamente la stessa cosa. Con una differenza sostaziale: Bergoglio non era fino al marzo 2013 un uomo “della strada”, bensì un “principe” della Chiesa. Ad ogni modo da marzo 2013 ha assunto su di sé la maschera dell’uomo della strada assurto al vertice della Chiesa Cattolica, dunque si comporta in maniera conforme al ruolo della narrativa corrispondente: niente vacui formalismi, nuovo linguaggio più vicino al popolo e opportunamente pittoresco, offre l’immagine di un rivoluzionario popolare osteggiato da un gruppo di avidi incanagliti rappresentanti del potere decadente, del vecchio corso, fa telefonate a destra e a manca (una caratteristica questa tipica di tutti i film statunitensi del genere e naturalmente anche di quello di Bisio), regala denaro (anche i 50 euro ai barboni per assicurar loro qualche buona confezione di Tavernello), si occupa dei clochard (Bisio li ospita nel salone del Quirinale), degli immigrati, degli “emarginati”, riforma l’istituzione ed è osannato dal popolo come sua diretta espressione.


Naturalmente questa analisi ci pone dinanzi ad un quesito: Papa Francesco ci è o ci fa? Sarà anche un uomo vicino al popolo, essenziale nei modi, austero nello stile di vita, vicino agli ultimi e di indefettibile fede, ma di certo non possiamo considerarlo un “uomo della strada” che per un caso fortuito, per un colpo del destino, sfidando la maggioranza di coloro che vogliono preservare il potere così com’è, raggiunge un ruolo elitario. E’ stato infatti eletto con una maggioranza schiacciante proprio da coloro che nella narrativa comica avrebbero dovuto ostacolarne l’ascesa o da coloro che nell’attuale narrativa farsesca dei giornali sarebbero terrorizzati dall’azione riformista di colui che hanno eletto. Di più, secondo recenti rivelazioni di Marco Tosatti, Bergoglio sarebbe entrato in Conclave già da Papa, addirittura dopo aver fatto un briefing con alcuni cardinali per valutare i profili dei prefetti delle romane congregazioni. Dunque non può esserci. Semplicemente ci fa.


E con lui “ci fanno” anche tutti i Cardinali che lo hanno eletto e numerosi vescovi. Ci fanno tutti con una insolita disinvoltura, come se non aspettassero altro che questo “rompete le righe”, questa trasformazione teatrale: la necessità di interpretare la realtà della vita, della morte, del peccato dell’uomo alla luce di una parabola sul potere e le sue conseguenze, sulla riforma del potere come veicolo per rendere più efficace il messaggio cristiano. Come se fossero tutti in attesa, nel nome della collegialità, di un carismatico capo popolare capace di riprodurre la narrativa comica, già attualizzata in politica dall’ascesa in Italia del movimento dei grillini, nella realtà ecclesiale.


Conosciamo così il plot e gli attori. Sappiamo anche che – in teoria – dovrebbe durare poco. Ancora ignoti sono i registi e gli sceneggiatori. Come pure i produttori di questa pellicola che potremmo intitolare “Benvenuto Papa!”. Siamo certi però che almeno i primi e i secondi si trovino nel collegio cardinalizio. E siano anche numerosi.  Tuttavia non vediamo l’ora che giunga qualcuno a dirci, come al termine di ogni commedia latina: “Acta est fabula, plaudite!”.