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Il Vicario di Cristo il Papa il suo ruolo e la sua rinuncia

Ultimo Aggiornamento: 17/07/2016 23:44
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30/09/2014 15:39
 
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  due articoli diversi e distanti, ma entrambi uniti dalle domande sempre più agguerrite....




Diario Vaticano / "Seguo quello che i cardinali hanno chiesto"

I vincoli del preconclave sul governo di Francesco. Gli accordi legati all'elezione di un papa sono illeciti e invalidi. Ma in pratica ci si va molto vicino 

di Sandro Magister




CITTÀ DEL VATICANO, 1 luglio 2014 – "Parimenti, vieto ai cardinali di fare, prima dell'elezione, capitolazioni, ossia di prendere impegni di comune accordo, obbligandosi ad attuarli nel caso che uno di loro sia elevato al pontificato. Anche queste promesse, qualora in realtà fossero fatte, sia pure sotto giuramento, le dichiaro nulle e invalide".

Questo stabilisce la costituzione apostolica "Universi dominici gregis" che regola l’elezione del papa, emanata da san Giovanni Paolo II nel 1996 e tuttora in vigore.

Storicamente vengono definiti "capitolazioni" o "capitolati elettorali" gli accordi tra i cardinali riuniti in conclave mirati a vincolare il futuro pontefice ad alcuni atti che potrebbero risultare restrittivi della sua libertà d'azione.

Il primo capitolato entrato nella storia sembra essere stato quello del 1352 nel conclave avignonese che vide l’elezione di Innocenzo VI, il quale però, una volta eletto, lo dichiarò invalido.

E in effetti più volte i papi, dopo l'elezione, rinnegarono i patti stipulati con gli ex colleghi cardinali.

Patti che a volte impegnavano l'eletto a prendere provvedimenti per l’effettivo bene della Chiesa, ma in altri casi rispondevano invece a interessi personali o di gruppo. Tanto che alla fine si decise che dovessero essere formalmente proibiti. 

La proibizione entrò in opera con le regole per i conclavi promulgate da un altro papa santo, Pio X, nella costituzione apostolica "Vacante Sede Apostolica" del 1904 che così recitava:

"Ugualmente proibiamo che i cardinali, prima che procedano all'elezione, stipulino capitolazioni ovvero stabiliscano qualche cosa di comune consenso, all'osservanza dei quali s'impegnano se sono assunti al pontificato. Tali cose, se 'de facto' succedessero, pure con annesso giuramento, le dichiariamo nulle e irrite".

Questa disposizione – che non prevede però nessuna pena per chi la trasgredisca, ferma restando la piena libertà del nuovo papa rispetto a questi accordi – è stata ribadita da tutti i successivi documenti sul conclave, fino a quello, come abbiamo visto, emanato da papa Karol Wojtyla.

Gli eventuali capitolati pattuiti prima o durante un conclave sono quindi non solo formalmente proibiti in quanto illeciti, ma anche praticamente inefficaci, perché comunque l'eletto non è tenuto a rispettarli, quand'anche li abbia concordati. 

Nelle cronache di questi ultimi decenni si ricorda però che nel conclave dell'ottobre del 1958 alcuni porporati della curia romana si sarebbero assicurati che, in caso di elezione, il patriarca di Venezia Angelo Roncalli avrebbe scelto quale segretario di Stato monsignor Domenico Tardini. Ed effettivamente così avvenne la sera stessa dell'elezione di Giovanni XXIII.

Nel successivo conclave del 1963 i cardinali centroeuropei si sarebbero decisi a candidare il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini con un "capitolato elettorale" che includeva la continuazione del Concilio Vaticano II.

Nel 1978 si raccontò invece che il cardinale Giuseppe Siri, se eletto papa, avrebbe dovuto comunque prendere in considerazione la proposta di garantire la carica di segretario di Stato al concorrente cardinal Giovanni Benelli. Mentre – sempre si raccontò – il patriarca di Venezia Albino Luciani sarebbe stato eletto papa, come effettivamente avvenne, con la concomitante certezza che non avrebbe nominato segretario di Stato il temuto Benelli.
  
Nel conclave che ha eletto Jorge Mario Bergoglio non risulta vi siano stati patti formali o giurati tra i cardinali.

Cionondimeno più volte papa Francesco si è professato vincolato da alcune indicazioni fornite dai cardinali nel corso delle riunioni di preconclave.

Lo ha ribadito di recente, in modo più articolato del solito, nell’intervista data a Franca Giansoldati su "Il Messaggero" del 29 giugno. 

In essa ha detto:

"Sul programma [di governo ecclesiastico] seguo quello che i cardinali hanno chiesto durante le congregazioni generali prima del conclave. Vado in quella direzione. Il consiglio degli otto cardinali, un organismo esterno, nasce da lì. Era stato chiesto perché aiutasse a riformare la curia. Cosa peraltro non facile perché si fa un passo, ma poi emerge che bisogna fare questo o quello, e se prima c'era un dicastero poi diventano quattro. Le mie decisioni sono il frutto delle riunioni preconclave. Nessuna cosa l'ho fatta da solo".

Alla domanda se in questo avesse seguito un "approccio democratico", il papa ha inoltre risposto:

"Sono state decisioni dei cardinali. Non so se un approccio democratico, direi più sinodale, anche se la parola per i cardinali non è appropriata".

Questo quanto detto da papa Bergoglio. Stando alle forme, non vi sarà stato un capitolato o una capitolazione che dir si voglia. Ma nella sostanza vi si è andati vicini.

Il consiglio degli otto cardinali che Francesco ha creato in ossequio a questo mandato è riunito proprio in questi giorni in Vaticano.

__________


L'intervista di papa Francesco a "Il Messaggero", riprodotta integralmente da "L'Osservatore Romano":

> Cambio d'epoca

 



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1.7.2014 







Prove di scisma?
 

di F. R.





Abbiamo appreso dal web la prossima uscita del nuovo libro di Antonio Socci [Non è Francesco. Ed. Mondadori, in uscita per i primi di ottobre], giornalista cattolico, autore di preziosi volumi di carattere apologetico, personaggio pubblico dalla vena proficuamente polemica in difesa della fede (pro veritate), palesata in alcuni interventi durante trasmissioni televisive, di fronte all’attacco dei nemici della Chiesa, col solito tormentone di luoghi comuni, vecchi e stravecchi e mai seriamente argomentati.

Chiaramente non possiamo condividere tutto del Socci/pensiero, ma gli vanno sicuramente riconosciuti dei meriti in quest’epoca di estrema confusione.

Ora il testo che abbiamo citato in apertura avrà ad oggetto uno scottante argomento di attualità in ordine alla convivenza dei "pontefici", uno in carica l'altro emerito.

Stando a quanto scritto dai media l’autore si proporrebbe niente meno che di smontare la legittimità canonica dell’elezione di Bergoglio; ovviamente, allo stato attuale, non siamo qui a disquisire di un testo che non abbiamo neppure sfogliato, ci ripromettiamo tuttavia di leggerlo, appena possibile, per averne contezza e poter cosí debitamente affrontare la tematica in questione; al momento, possiamo solo riflettere su alcuni aspetti correlati alla questione.

In realtà, come ben sanno i lettori di Una Vox, l’obiezione immediata alla rinuncia ed al conseguente conclave, fu tempestivamente sollevata dal prof. Radaelli, il quale spostava il dibattito a livello metafisico, ravvisando l’esistenza di uno iato tra la realtà spirituale, secondo quanto voluto ed ordinato da Dio e quella fattuale, determinatasi dai comportamenti e dalle scelte degli uomini; in questo caso specifico, parafrasando il professore, ci troveremmo di fronte ad un conclamato “abuso di potere spirituale”, al punto da generare l’ipotesi di una vera e propria illegittimità elettiva del successore di Pietro, dopo BXVI; un vero antipapa.

Questo terrificante scenario sembra ricevere implicita conferma alla luce del tempestoso uragano, di nome Bergoglio, che con tutta l’irruenza del primo ed apparentemente innocuo “buonasera” ha investito il globo cattolico, partendo dall’Argentina. In realtà - anche se ora e quasi timidamente, qualcuno dell’alto clero si “affaccia” per rappresentare all’attuale Pontefice la mancata corrispondenza di alcune sue posizioni, tacitamente ammesse e/o distrattamente/volutamente, ma comunque colpevolmente (visto i nefasti esiti di confusione!), ambigue, poco chiare o per lo meno contraddittorie (nei confronti del Magistero perenne della santa Chiesa) - resta il fatto che anche l’ala del modernismo moderato si sorprende o finge di esserlo, di fronte al vento di novità che soffia con violenza sulla barca di Pietro. 
Sgomento generale.

Il libro di Socci può essere inquadrato in questo contesto. L’autore sono ormai settimane che non nasconde pubblicamente le proprie perplessità e finanche il proprio dissenso nei confronti delle posizioni politico-strategiche del Papa e del proliferare omiletico di eretiche imprecisioni presenti nelle quotidiane meditazioni in santa Marta.
Ma il libro di Socci, che è un giornalista noto ed accreditato del mondo cattolico, esponente di CL, “peserà” e, ad avviso di chi scrive, non farà altro che trasformare l’uragano Bergoglio in uno tsunami.
In realtà lo scrittore toscano, in questa sua “svolta, apparentemente, tradizionalista” prende posizione contro Francesco, ma si schiera neanche tanto velatamente a favore di Benedetto XVI, identificandolo come attuale regnante.

Ora il passaggio è importante perché, come succede spesso quando le persone pensano di poter irrimediabilmente non trovare soluzioni per il tempo presente, ci si rivolge al passato, “ai nostri tempi” - fuga dalla realtà certamente non evangelica: Cristo insegna a vivere il giorno con un minimo di sapiente e prudente pianificazione dell’avvenire, obbligando in primis alla ricerca del Regno e della sua giustizia ed abbandonando il resto alla Provvidenza) – illudendosi di trovare un appiglio o una soluzione solitamente utopistica…; ebbene, di fronte alla tempesta Bergoglio, molti cattolici, i vecchi “normalisti” - quelli che, spesso semplicemente per disinformazione o poca curiosità intellettuale, neppure s’erano accorti che c’era stato un Concilio - rimpiangono Benedetto, il defensor traditionis, a loro dire, come panacea di tutti i mali presenti.

Come sanno bene i lettori di Una Vox, in realtà Benedetto non rappresenta affatto la restaurazione in Cristo del pensiero degli uomini di Chiesa. È vero, con lui abbiamo avuto cose buone, la “liberalizzazione della Santa Messa” - con ciò stesso dimostrando l’inesistenza di una possibile abrogazione di un rito della Santa Chiesa, cosa del resto nota al semplice buon senso (valga per tutti questo esempio: se da domani il Papa abolisse il Padre Nostro sostituendolo con preghiere alternative e vagamente simili: sarebbe un abuso, un’impossibilità! E allora è chiaro che ognuno, malgrado l’eventuale imposizione, sarà libero di continuare a pregarlo)  - ed al contempo l’inesistenza delle scomuniche destinate ai vescovi tradizionalisti, rimesse senza che di fatto né di diritto, almeno al momento in cui tale remissione ha avuto luogo, sia cambiato nulla nella diversità di posizioni.

Detto questo, ribadiamo, non è con Benedetto XVI che si avrà nuovo splendore. Del resto proprio alcune sue determinazioni: il discorso di “addio”, quello che spiegava il fraintendimento conciliare attribuito ai media; la voglia di novità espressa in uno dei suoi ultimi “Angelus” ed il gesto stesso delle dimissioni, sono state chiavi di apertura all’evento Francesco. Quello che forse molti ignorano infatti è che Francesco è in perfetta continuità col modernismo postconciliare; si obietta: non è vero, c’è frattura evidente con i precedenti GPII e BXVI; ebbene, questo sì, per certi versi, forse è così, ma in fondo la matrice è la stessa; Francesco rappresenta il precipitato ecumenico/lassista/sentimentalista delle aspirazioni dei Padri conciliari, così come difese, promosse o anche solo tollerate dai pontefici regnanti. 
Non avremmo Francesco, se Benedetto non avesse rinunciato; non avremmo Francesco, se GPII non lo avesse nominato cardinale. Bastano queste piccole evidenze.

Tutto quanto premesso e precisato, ci si domanda se questa mossa, il rimpianto di Ratzinger e la contestazione di Bergoglio, possa essere tutta una tattica studiata ad arte per creare un imponente scisma interno. 
No, Socci non c’entra; al massimo egli rappresenta l’ala spavalda del “rammarico dei bei tempi”, inconsapevole esecutore di portati altrui. Ma perché proprio ora, proprio al ridosso del Sinodo che dovrebbe “scardinare i cardinali”, posti uno contro l’altro, ora più che mai, per disputarsi le vesti di Cristo sul matrimonio cristiano?

Ed in questo contesto, se fosse davvero così… se avessimo Papa contro Papa o il revival di BXVI… che posto avrà la santa Tradizione?

Non si illudano i pro Ratzinger di vederla collocata in un posto differente dal folclore popolare.




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   LA PROVOCAZIONE:

Antonio Socci spiega perché “Non è Francesco”

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Le regole forse violate durante il Conclave. L’elezione di Bergoglio nulla, e la grande rinuncia di Ratzinger, che pure ha voluto restare papa emerito. L’autore cattolico ci dice tutto del suo ultimo libro. E non solo…

di Gianluca Veneziani

«Vi state sbagliando, chi avete eletto non è, non è Francesco». Si potrebbe sintetizzare così, parafrasando il verso di una celebre canzone di Lucio Battisti, il nuovo libro del giornalista e scrittore Antonio Socci (Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta, Mondadori, pp. 296, euro 18), dedicato a Papa Benedetto XVI, rivolto a Papa Francesco e destinato ai tanti lettori, credenti e non, desiderosi di saperne di più sull’inedita convivenza tra due pontefici in Vaticano. Secondo l’autore, Jorge Mario Bergoglio non è Francesco in un doppio senso: atteggiamenti pastorali e scivoloni dottrinali lo tengono distante dal modello di vita e dall’ortodossia cattolica di san Francesco; e soprattutto – ed è qui lo scoop del libro – irregolarità procedurali durante il Conclave renderebbero nulla la sua elezione al pontificato, privandolo in sostanza anche del nome Francesco.

7184NveirCLSocci, partiamo dal primo aspetto. Bergoglio – Lei sostiene nel saggio – porta il nome del fraticello d’Assisi, senza però emularne né la vicinanza agli ultimi né la fedeltà alla dottrina. Ci spieghi meglio.

In un capitolo riporto le lettere di san Francesco a governanti, magistrati, laici e sacerdoti del suo tempo e suggerisco un paragone tra i due Francesco: il semplice confronto fa percepire la diversità dei due approcci. San Francesco, ai potenti, non parlava di pace o ambiente, ma li esortava a professare la fede cattolica, per la salvezza delle loro anime e dei loro popoli. Allo stesso modo, rivolgendosi ai preti, non faceva alcun cenno alla retorica sociale di sostegno alle classi popolari, ma diceva che la cosa fondamentale era tributare il massimo onore “al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo” e amministrare bene l’Eucaristia. Questo è il san Francesco vero, non quello delle figurine, l’icona mediatica inventata nel ’900. Quanto alle frequentazioni, mi pone almeno qualche interrogativo che Bergoglio riceva costantemente Scalfari, telefoni a Pannella e trovi tempo da dedicare a Maradona, ma non accolga il capo dei Francescani dell’Immacolata – ordine di cui anzi ha deciso il commissariamento – , faccia saltare la visita all’ospedale Gemelli, con i malati in attesa sotto il sole, e non risponda agli appelli di una madre, come Asia Bibi, che marcisce in un carcere pakistano per la semplice “colpa” di essere cristiana.

Quanto al secondo significato del titolo del saggio, quali sono le ragioni che invaliderebbero l’elezione di Bergoglio?

Premetto che nel libro non intendo emettere sentenze, ma porre problemi. Non voglio decidere io chi sia il papa e chi no, perché il responso ultimo lo può dare solo la Chiesa. Mi chiedo tuttavia se, essendosi verificate alcune circostanze, si possano configurare i termini di applicazione dell’articolo 76 della Universi Dominici Gregis (la Costituzione apostolica che stabilisce le regole del Conclave, ndr), il quale afferma: “Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritta nella presente Costituzione […], essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta”. Ebbene, nel caso dell’elezione di Bergoglio, secondo me ci sono state almeno tre violazioni della procedura. Uno: la votazione precedente a quella in cui è stato eletto Bergoglio – come raccontato dalla giornalista Elisabetta Piqué e poi confermato da alcuni cardinali – è stata annullata perché un porporato aveva involontariamente deposto nell’urna due schede attaccate (una con il nome del suo prescelto e una bianca). Ebbene, quell’annullamento dello scrutinio non doveva avere luogo perché l’articolo 69 della Costituzione apostolica stabilisce che in nessun caso può essere annullata la votazione “qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore”. Due: durante la conta seguita a quella votazione le schede sono state aperte, al punto da scoprire un foglietto vergato e l’altro bianco. Ciò è impedito dalle norme, che prevedono che le schede vengano aperte solo durante lo scrutinio. Tre: dopo l’annullamento della suddetta votazione, quel 13 marzo 2013 si è proceduto a una quinta votazione (proprio quella in cui è stato eletto Bergoglio), laddove la Costituzione apostolica prevede che si debbano fare solo quattro votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio. Vorrei chiarire che non si tratta di semplici cavilli, ma di questioni sostanziali, che determinano la realtà, cioè l’elezione o meno di un Papa. Su queste basi fondate, mi domando: “Possiamo ritenere l’elezione di Bergoglio non valida?”. E di questa situazione, ci tengo a sottolineare, Bergoglio non ha alcuna responsabilità. Semmai ne è la parte lesa.

Alcuni commentatori, come Maurizio Crippa su “Il Foglio”, hanno attaccato il suo libro definendolo «un plot improbabile oltre i confini della decenza», e messo in discussione il capitolo sull’invalidità dell’elezione del Papa, in quanto non terrebbe conto che nella procedura dell’elezione annullata è stato seguito correttamente l’art. 68 della Costituzione apostolica. Come risponde?

Quanto a Crippa, mi pare che non abbia nemmeno letto il libro. Quanto alla sua argomentazione, non è esatta, perché l’articolo 68 – quello che lui cita – riguarda i casi generici in cui nell’urna si trova una scheda in più: allora sì, succede che “se il numero delle schede non corrisponde a quello degli elettori, bisogna bruciarle tutte e procedere subito a una nuova votazione”. La vicenda di cui sopra riguarda invece il caso specifico in cui un cardinale inserisce per sbaglio due schede attaccate nell’urna. Allora, come recita la Costituzione apostolica, in nessun caso viene annullata la votazione. L’articolo 68 e 69 non sono dunque in contraddizione: il primo serve a evitare che un cardinale voti due volte, falsando l’elezione. Il secondo scongiura invece il rischio che un cardinale saboti l’elezione, di volta in volta aggiungendo una scheda in più per annullare automaticamente lo scrutinio.

Veniamo alle critiche che Lei muove all’approccio di Bergoglio nei confronti dei fedeli e dei media. Da un lato, Le parla di un «culto della personalità» del pontefice, alimentato da telecrazia e demoscopia, fenomeno che lo stesso Papa ha definito «francescomania». Dall’altro, ricorda le parole di Bergoglio molto critiche verso «i Capi della Chiesa lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani». Non c’è tuttavia il pericolo che Francesco si compiaccia e divenga oggetto dell’adulazione, che lui stesso denuncia?

È lo stesso Gesù nel Vangelo a dire “Guai a voi quando tutti gli uomini diranno tutti bene di voi” e “Beati voi, quando diranno ogni sorta di male contro di voi, per causa mia”. Qualunque cristiano dovrebbe essere molto cauto, quando viene troppo acclamato dal mondo. In pochi mesi, ad esempio, l’immagine di Papa Francesco è stata lanciata su tutte le copertine di giornali laicisti e anti-cattolici. Questo dovrebbe essere un campanello d’allarme. Se un anticlericale e un antipapista come Scalfari gloria di continuo Francesco, c’è qualcosa che non va. E il pontefice dovrebbe essere in grado di rifiutare gli applausi tendenziosi di chi prova a tirargli la tonaca da una parte e dall’altra. Anche perché i primi a trovarsi a disagio sono i cattolici, che si sentono dire da anti-cattolici convinti: “Il Papa la pensa come noi”. Ciò significa lasciare il proprio gregge allo sbando. E questo un pontefice non lo può fare.

Come si possono spiegare le ripetute affermazioni incaute di Bergoglio sui temi dottrinali? Con una mancata preparazione teologica, con una leggerezza dovuta al fatto di parlare spesso a braccio o con un tentativo voluto di compiacere il mondo e le sue derive?

Probabilmente, c’è una combinazione dei primi due elementi. Quanto al terzo, di sicuro Bergoglio preferisce dire cose gradite ai media laicisti e mantenersi sul politically correct. Trovo però sorprendente, riguardo al rigore dottrinale, che lui abbia teorizzato il pensiero incompleto. Cosa voglia dire non lo so, ma mi sembra preoccupante. Gli ho sentito negare due volte la moltiplicazione dei pani e dei pesci, derubricandola a una parabola, l’ho sentito rampognare coloro che fanno discorsi ortodossi, e l’ho sentito dire perfino che “Dio non è cattolico”, un’espressione mai ascoltata in duemila anni di cristianesimo. Se così fosse, ne deriverebbe che anche il suo portavoce sulla Terra, il Papa, non è cattolico. Ma come si fa a essere Papa, se non si è cattolico?

Oltre alle parole del Papa, pesa anche il suo silenzio su alcuni argomenti scottanti. Bergoglio parla malvolentieri di etica e principi non negoziabili, accusando chi lo fa di esserne ossessionato, e tace sui cristiani perseguitati in Iraq e Siria. Questa sua reticenza si potrebbe definire un silenzio colpevole sugli innocenti (i feti uccisi, i cristiani massacrati ecc…)?

Non voglio ergermi a giudice, ma sinceramente rimango sconcertato. L’aborto fa ogni anno 50 milioni di vittime in tutto il mondo, più i 50 milioni di donne che subiscono questo trauma. Gli ultimi due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno suonato forte l’allarme su questo dramma. Vuol dire forse che sono ossessionati? Allo stesso tempo, sento dire Bergoglio che la vera piaga della Chiesa è la maldicenza delle parrocchie. Mi verrebbe da ipotizzare di conseguenza che Papa Francesco sia a sua volta ossessionato dal tema della maldicenza, che non mi sembra esattamente il primo dei mali dell’umanità. Quanto ai cristiani cacciati e condannati a morte, durante la prima offensiva dell’Isis ad agosto, Bergoglio non ha mai usato l’espressione “cristiani perseguitati”, per non urtare la suscettibilità del mondo musulmano. Anche la sua posizione sul rifiuto a prescindere dell’uso della forza non è compatibile con la realtà. I predecessori di Francesco prevedevano l’uso della forza per difendere gli inermi da un ingiusto aggressore. Non puoi andare a convincere un terrorista con un’omelia. Puoi provare magari a parlare con il Califfo, ma difficilmente riuscirai a farlo desistere dai crimini solo con il dialogo.

Lei nel libro allude anche ad alcune deviazioni liturgiche da parte di Papa Francesco: il trasformare le messe in musical, il non genuflettersi davanti al Tabernacolo. Anche qui si tratta di una rinuncia alla forma che intacca la sostanza?

Sui riti cantati e i cori da stadio, mi riferisco soprattutto alla celebrazione di Rio de Janeiro durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Anche il non inginocchiarsi durante l’Eucaristia o il rimanere in piedi durante la celebrazione del Corpus domini sono cose che lasciano stupiti. Mi è stato detto che Bergoglio non si inginocchia perché ha problemi all’anca. Eppure in tante altre occasioni, anche meno importanti, io l’ho visto inginocchiarsi…

Ultimamente Francesco ha ripreso un’immagine di Benedetto XVI sulla Chiesa come barca che sta per affondare, sballottata dalla tempesta. E ha invitato a «remare tutti insieme sulla barca di Pietro», aggiungendo «io stesso remo». Il Papa rema come tutti i fedeli, ma non dovrebbe essere invece il timoniere della barca?

La metafora della barca risale a Paolo VI, ancor prima che a Ratzinger. Papa Montini diceva che la barca della Chiesa rischiava il naufragio per cause dottrinali, per la perdita della fede, per l’attacco del mondo. Bergoglio invece non spiega cosa voglia dire quell’espressione né quale sia la causa dell’imminente naufragio. Perciò mi chiedo: a quale tempesta Francesco fa riferimento?

Il cardinale Jorge Mario Bergoglio durante il conclave del 2013.

Il cardinale Jorge Mario Bergoglio durante il conclave del 2013.

Bergoglio ha scelto il nome Francesco, ma ha disgregato l’ordine dei Francescani dell’Immacolata. È un gesuita, ma non si attiene al voto dei gesuiti, che rifiutano di accettare cariche ecclesiastiche. È la conferma di un atteggiamento incoerente da parte del Papa, di un suo dire che non corrisponde al fare?

Francesco, in un’omelia in Corea, ha criticato i religiosi che non rispettano il voto di povertà. Bene, ma anche lui aveva fatto voto di non accettare cariche ecclesiastiche, eppure è diventato pontefice. Infatti padre Sorge, già direttore diCiviltà cattolica, è rimasto stupito dalla sua scelta di accettare il Papato. In passato, è vero, un gesuita come il cardinal Martini aveva accolto la nomina cardinalizia, ma solo perché il Papa glielo aveva imposto per obbedienza (è questa, infatti, l’unica deroga possibile al voto). Nessuno invece ha imposto a Bergoglio di accettare la carica di Papa. Nel suo caso, dunque, quel voto che fine ha fatto?

Il suo libro si occupa anche di Ratzinger e della sua rinuncia al papato. Quali possono essere, secondo Lei, le vere cause delle sue dimissioni? Forse la minaccia – a lui paventata – di uno scisma, della nascita di una Chiesa separata da Roma?

Sinceramente non ho mai capito bene quel passaggio. Dubito che sia stata una scelta dettata solo dalla vecchiaia: Ratzinger è un uomo perfettamente in salute, se si considera che ha 86 anni, e non è certo la prima volta che un Papa raggiunge un’età come la sua…

Come spiega, invece, la decisione di Ratzinger di rimanere papa emerito, conservando il grado, il titolo di «Sua Santità», la veste bianca e perfino lo stemma? È la dimostrazione che in realtà non esistono due pontefici, ma esiste ancora solo un papa, cioè Joseph Ratzinger?

«i tratta in effetti di una decisione inedita: tutti i papi che hanno rinunciato al pontificato prima di lui sono tornati cardinali, lui è rimasto papa emerito. E questa è una novità anche a livello giuridico, visto che non esiste una figura canonica del “papa emerito”. D’altronde, è singolare anche la sua declaratio, ossia il discorso con cui ha annunciato di lasciare il soglio petrino. Alcuni canonisti hanno scoperto che, in quel discorso, Ratzinger non fa alcun riferimento all’articolo che disciplina le dimissioni dal papato. Insomma: Benedetto XVI non ha inteso rinunciare al papato, ma solo al suo esercizio attivo. Questo potrebbe significare che lui è rimasto papa a tutti gli effetti. E la stessa rinuncia, in base alla formula pronunciata, sarebbe dunque invalidata. È evidentemente un groviglio giuridico e teologico da dipanare al più presto.

Lei parla anche della possibilità che lo stesso Bergoglio si ritiri, una volta venuta fuori la storia sull’irregolarità della sua elezione. Si aspetta davvero che Francesco faccia un passo indietro e torni in Argentina?

Tale possibilità l’ha alimentata lui stesso, ad esempio con gesti significativi come il rinnovo del passaporto argentino. Questo e altri segnali hanno fatto parlare dell’ipotesi che lui a 80 anni si ritiri e, a fronte della difficoltà di condurre la Chiesa, possa romanticamente tornare a Buenos Aires. Si tratta di un’ipotesi non peregrina.

Si svolge questo mese il Sinodo sulla famiglia. Si aspetta che emerga e vinca la linea proposta dal cardinale Kasper, e secondo alcuni appoggiata da Bergoglio, sulla possibilità di accedere all’Eucaristia per i divorziati risposati?

Durante l’ultimo Concistoro, l’85% dei cardinali ha bocciato questa linea, che forse coincide anche con la posizione di Bergoglio. Dovesse ora affermarsi, sarebbe una prospettive estremamente traumatica, che smentirebbe il Vangelo, San Paolo e il magistero stesso della Chiesa.

Da ultimo, le chiedo del suo travaglio interiore nello scrivere questo libro. È pronto ad affrontare, oltre ai lupi – cioè i nemici di sempre (progressisti e tradizionalisti) – anche i gufi che magari si augurano, come lei scrive, il suo «suicidio professionale», e gli avvoltoi e gli sciacalli, che si avventeranno sul libro e sull’autore per farlo a pezzi?

Sono da sempre abituato a scrivere quello che la mia coscienza mi dice. Nel 2006 scrissi un libro sul segreto di Fatima, e mi piovvero addosso invettive, contumelie. Poi però Papa Benedetto XVI mi diede ragione. Nel 2011 preannunciai suLibero che Benedetto si sarebbe dimesso, una volta compiuti gli 85 anni. Anche in quel caso ricevetti attacchi, cattiverie. Poi però la mia anticipazione si rivelò vera. Stavolta sta succedendo la stessa cosa: mi insultano ancora prima di leggere il libro. Tra qualche tempo però, chissà…

© L’intrapedente (4 ottobre 2014)



[Modificato da Caterina63 04/10/2014 17:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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