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Il Vicario di Cristo il Papa il suo ruolo e la sua rinuncia

Ultimo Aggiornamento: 17/07/2016 23:44
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13/11/2014 20:11
 
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  Il Papa disorienta molti vescovi





Perché gioca su più piani e spesso si contraddice anche


13.11.2014

Quest'anno ha festeggiato 40 anni di cronache vaticane, Sandro Magister. I suoi primi articoli su L'Espresso risalgono infatti al 1974. E ancora oggi, da quelle colonne ma anche dal sito del settimanale, continua a raccontare l'Oltretevere e la Chiesa tutta in maniera documentatissima ma senza riverenze di sorta.

E lui, nativo di Busto Arsizio, classe 1943, laureato in filosofia e teologia alla Cattolica, di romani pontefici ne ha seguiti tanti. Sull'ultimo, papa Francesco, le sue cronache si distinguono dal mainstream dei vaticanisti, e non esitano a sottolinearne le contraddizioni.

Domanda. Magister, papa Bergoglio, in questi mesi, ha goduto un successo planetario ma sono emerse anche alcune decisioni che hanno dato da pensare. Per esempio, lui che si è presentato come Vescovo di Roma, al Sinodo sulla famiglia ha richiamato persino i codici del canone che affermano il potere petrino.

Risposta. È vero, nel suo discorso conclusivo.

D. Ha delineato una visione condivisa e aperta del governo della Chiesa, ha commissariato i Francescani dell'Immacolata con metodo piuttosto duri e ha di fatto messo la mordacchia alle conferenze episcopali...

R. Alcune, fra cui quella italiana, sono, di fatto, annichilite.

D. E parlando ai movimenti popolari è parso riecheggiare certe analisi di Toni Negri sul lavoro, come lei ha scritto nel blog Settimo cielo, quando poi accetta il «licenziamento» di 500 fra calligrafi, pittori e stampatori dei quali l'Elemosineria vaticana ha deciso di non avvalersi più.

R. In effetti quella vicenda stride un po'...

D. ...come stridono le dure prese di posizione ultragarantiste, sulla giustizia e sul carcere, con la sua scelta di far carcerare preventivamente l'ex-nunzio di Santo Domingo, in attesa del giudizio per pedofilia.

R. È andata così.

D. Ecco, lei che è un vaticanista di lungo corso, che idea si è fatto?

R. Che le contraddizioni ci sono e rappresentano un giudizio fondato, basato sull'osservazione di parecchi mesi, inerenti la personalità di Jorge Bergoglio.

D. E che conclusioni trae?

R. È una persona che, nell'arco della sua vita e ora anche da pontefice, agisce su diversi registri contemporaneamente, lasciando varchi aperti e, a una prima lettura, molte contraddizioni. Ma quelle che lei hai ricordato non sono peraltro le uniche.

D. Segnaliamone di altre...

R. Quella di un Papa loquacissimo, che telefona, che accosta le persone più diverse e più lontane, ma tace sul caso di Asia Bibi.

D. La pachistana condannata a morte per apostasia da tempo in carcere...

R. Esatto, sulla cui vicenda papa Francesco non ha speso una parola. Così come è stato per le ragazze nigeriane rapite, per l'incredibile atto compiuto pochi giorni fa in Pakistan su quella coppia di sposi cristiani, bruciati in una fornace.

D. Sono storie che riguardano il rapporto con l'Islam, su cui torneremo. Ma queste contraddizioni qualcuno comincia a definirle «gesuitismo», nel senso di un pensiero cangiante.

R. In questi termini è una qualifica dispregiativa e non accettabile, anche se è vero che la spiritualità dei gesuiti ha mostrato storicamente di sapersi adattare alle situazioni più diverse e, a volte, in contrasto fra loro.

D. E contrastante è apparsa la gestione del recente Sinodo.

R. Una gestione accuratamente calcolata dal Papa e non lasciata al caso come si è voluto far credere, e che registra altri elementi contrastanti.

D. Per esempio?

R. Bergoglio che ha detto, e ripetutamente, di non voler transigere sulla dottrina, di stare con la tradizione delle Chiesa. Ma poi ha aperto discussioni, come quelle sulla comunione ai risposati, che effettivamente toccano i capisaldi del magistero.

D. Perché?

R. Perché è inesorabile che la comunione ai risposati arrivi all'accettazione delle seconde nozze e quindi allo scioglimento del vincolo sacramentale del matrimonio.

D. Non sono un vaticanista, ma la sensazione, dall'esterno è che stia diffondendosi un po' di sconcerto e non solo nelle gerarchie. Peraltro anche in settori non certamente definibili come tradizionalisti...

R. Questo è indubbio. Ci sono esponenti di notevole rilievo e non certo lefebvriani che lo fanno capire, anche se non lo esprimono in termini drastici e oppositivi. Neppure il cardinal Raymond Leo Burke, l'ex prefetto della segnatura apostolica recentemente rimosso, l'ha fatto, perché non c'è una corrente pregiudizialmente ostile al pontefice. Certo, ci sono manifestazioni evidenti di disagio.

D. Facciamo qualche esempio?

R. Prendiamo l'episcopato degli Stati Uniti, ossia i vescovi di uno dei più numerosi popoli cattolici del globo. Quella conferenza episcopale, negli ultimi anni, ha espresso una linea coerente e battagliera sul terreno pubblico, anche nei confronti di certe decisioni di Barack Obama sui temi etici. Una linea condivisa da numerosi prelati di rilievo. Un collettivo, più che una somma di singoli, un nucleo dirigente, diciamo.

D. E dunque gli americani?

R. Sono piuttosto a disagio. Lo sono cardinali e arcivescovi come Timothy Dolan a New York, Patrick O'Malley a Boston, José Gomez a Los Angeles o Charles Chaput a Philadelpia. Un episcopato da cui proviene lo stesso Burke, che non è certo confinabile a marginali circuiti tradizionalisti, ma continua ad essere parte di una delle Chiese nazionali più solide.

D. E anche la Cei, si diceva prima, appare un po' in difficoltà.

R. Ce n'è di difficoltà, a mettersi al passo di questo papa. Con un presidente, Angelo Bagnasco, che sembra più in difficoltà di tutti.

D. Anche perché si era apertamente indicato il suo successore nell'arcivescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti, creato cardinale da Bergoglio.

R. E invece, mi risulta che anche Bassetti sia fra i vescovi italiani a disagio.

D. Fra gli italiani, i più espliciti sono stati forse il milanese Angelo Scola e il bolognese Carlo Caffarra.

R. Lo sono stati intervenendo prima e durante il Sinodo. Ma era inevitabile considerando la decisione del papa di affidare al cardinal Walter Kasper l'apertura della discussione, e quindi in pratica l'apertura delle ostilità.

D. Perché?

R. Perché Kasper ripropone oggi, tali e quali, le tesi sconfitte nel 1993 dal binomio Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger, ques'ultimo nelle vesti di prefetto del Sant'Uffizio.

D. Sì, il Papa ha lanciato Kasper, ha fatto segretario speciale del sinodo monsignor Bruno Forte che, durante i lavori ha pesato, tanto da suscitare anche le reazioni di qualche padre sinodale, ma poi, alla fine, Francesco è intervenuto bacchettando gli uni e gli altri. Quasi un vecchio dc contro gli opposti estremismi.

R. È un altro dei moduli espressivi ricorrenti di questo pontefice: la reprimenda di una parte e all'altra. Però, a voler fare un inventario, le sue bacchettate ai tradizionalisti, ai legalisti, ai rigidi difensori dell'arida dottrina, appaiono molto più numerose e mirate. Quando invece se la prende con i buonisti, non si capisce mai a chi si riferisca.

D. Il Sinodo ha lanciato sempre più il direttore della Civiltà cattolica, padre Antonio Spadaro.

R. Si atteggia ormai a portavoce del Papa e la rivista dei gesuiti, che era avviata a un progressivo declino (già con lui direttore, che si occupava molto di web e di socialnetwork), oggi è espressiva del vertice supremo vaticano. Specie dopo la prima grande intervista col papa gesuita. Mentre il ghostwriter di Francesco è Manuel Fernandez, il rettore dell'Università Cattolica di Buenos Aires, che il papa ha fatto arcivescovo. È con Fernandez che Francesco ha scritto la Evangeli Gaudium, così come in precedenza aveva scritto con lui il documento di Aparecida in Brasile, nel 2007, quando l'allora arcivescovo di Buenos Aires condusse in porto la conferenza dei vescovi latino-americani, documento che per molti è l'anticipazione di questo papato.

D. A fronte di un grande consenso, c'è anche chi, come lo scrittore Antonio Socci, contesta persino la validità dell'elezione del papa. Ha letto il suo libro Non è Francesco (Mondadori)?

R. L'ho letto in una sera, d'un fiato, per quanto siano oltre 300 pagine. E non per la tesi dell'invalidità dell'elezione, a causa dell'annullamento di uno scrutinio in conclave, a motivo di una scheda bianca in più. Una tesi a mio parere inconsistente.

D. E allora perché la lettura è risultata interessante?

R. Per quello che sta determinando il successo del libro, tanto da spingerlo ai vertici delle classifiche, sopravanzando gli stessi libri di e su Bergoglio. E cioè perché ricostruisce, con fatti e parole incontestabili, le contraddizioni che abbiamo citato.

D. Un libro di cui nessuna parla, quasi rischiasse di incrinare la popolarità di Francesco, che è enorme. A dispetto di questo consenso, però, non aumenta la pratica religiosa e, anzi, cresce l'avversione, anche pubblica, al cattolicesimo. Bergoglio sì, il resto no.

R. Anche la popolarità dei predecessori, non dimentichiamolo, è stata fortissima. Giovanni Paolo II ha conosciuto un successo mondiale e non solo negli anni dell'affronto della malattia. E anche Benedetto XVI, tra il 2007 e il 2008, raggiunse i vertici nei sondaggi, anche se lo si dimentica. Il suo viaggio negli Usa fu il culmine, con una grande e positiva accoglienza anche da parte dell'opinone pubblica laica.

D. E dunque qual è la differenza?

R. Che i predecessori erano popolari soprattutto dentro la Chiesa, anche se contestati aspramente da punte robuste della pubblica opinione non cristiana. Mentre la popolarità più appariscente di Francesco è fuori, anche se non provoca ondate di convertiti. Anzi, con lui c'è un certo compiacimento nella cultura estranea o ostile al cristianesimo.

D. In che senso?

R. Nel vedere che il capo della Chiesa si sposta verso le loro posizioni, che sembra di comprendere e persino accettare. La vicenda dei ripetuti colloqui con Eugenio Scalfari è esemplificativa: il papa accetta che il fondatore di Repubblica, una volte il più duro contestatore del pontefice, pubblichi di questi colloqui tutto quello che vuole.

D. Anzi, Scalfari stesso ha dichiarato di aver pubblicato anche quello che Bergoglio non aveva detto.

R. Esatto. Ma, in tutto ciò, non c'è alcun avvicinamento al cristianesimo. Il cristianesimo messo sulla bocca di Bergoglio non è più provocante, non fa problema come prima, lo si può trattare con cortesia, superiorità, distacco. Il cristianesimo conta meno. Basti pensare che al presidente del consiglio, Matteo Renzi, cattolico, di cosa faccia la Cei non importa nulla. Insomma, da una situazione di confronto o di conflitto, siamo passati al disinteresse.

D. Col mondo musulmano, papa Francesco è silente. E anche il segretario di Stato, Pietro Parolin, intervenendo recentemente all'Onu, è stato molto prudente. Alcuni parlano di una grande cautela e, quando lo fanno, citano il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, che provocò reazioni e anche morti.

R. È una cautela spinta all'estremo che però, in concreto, non vedo quali vantaggi produca, non mi pare che si risolva in un aiuto, anche minimo o parziale, ai cristiani di quelle regioni. La cautela si può capire, se si misura sulla proporzialità dell'effetto, vale se produce minore danno. La situazione mi ricorda il silenzi di Pio XII sugli ebrei.

D. Una polemica storica, anche recente...

R. Papa Pacelli fece di tutto per salvare gli israeliti, anche personalmente in Vaticano, ora lo sappiamo. Ma esitò a denunciare apertamente la cosa temendo che accadesse come in Olanda, dove alla denuncia di alcuni vescovi seguirono persecuzioni anche peggiori.

D. Però questo silenzio permane.

R. Salvo il cardinale Jean-Louis Tauran, prefetto del dialogo interreligioso, che non risparmia giudizi anche severi.

D. Il punto qual è?

R. È che ci sono potentati come l'Isis, con cui ci si affretta troppo a dire che l'islam non c'entra, ma che sono invece nutriti di un islamismo radicale, che non ha risolto la questione della razionalità e quindi del rapporto tra fede e violenza. Cioè proprio ciò che aveva denunciato papa Ratzinger a Ratisbona. E infatti l'unico vero dialogo tra cristianesimo e islam è nato da quel discorso, con la successiva lettera dei 138 saggi musulmani.

D. Anche se la visita alla Moschea Blu di Istambul, l'anno dopo, fu considerata una riparazione di Benedetto XVI.

R. Ratzinger poté fare quel gesto, proprio per aver detto quelle cose Ratisbona. Il suo giudizio non era enigmatico, si capiva benissimo, l'aveva espresso con chiarezza cristallina.

D. E Francesco è chiaro?

R. Talvolta no. Quando a Betlemme si ferma davanti al muro che divide i territori da Israele e resta in silenzio assoluto: non si sa cosa intenda dire. E quando a Lampedusa grida «vergogna», non è chiaro chi e perché debba vergognarsi. L'Italia che ha salvato migliaia e migliaia di vite? Perché non lo dice? Spesso ci sono parole e gesti che sono volutamente lasciati nell'indeterminatezza.

D. Non c'è il tempo per parlare delle vicende vaticane, come quella di Ettore Gotti Tedeschi, che fu rimosso dallo Ior sotto la segreteria del cardinal Tarcisio Bertone, ma di cui è emersa, a più riprese, la correttezza. Anche con l'archiviazione da parte della magistratura italiana.

R. Gli si nega una riabilitazione. Ha chiesto un colloquio al papa ma gli è stato rifiutato.

D. La Chiesa «ospedale da campo» a volte tiene le porte serrate.

R. È così.

© Riproduzione riservata di Italia oggi







Amici del Papa, ma molto interessati
di Riccardo Cascioli
14-11-2014
Sinodo dei vescovi

 

Dal blog Rossoporpora.org curato dal  vaticanista Giuseppe Rusconi, veniamo a sapere dell’esistenza del “Cenacolo degli amici di Francesco”, intendendosi per Francesco l’attuale Papa. Si tratta di un gruppetto di giornalisti e intellettuali - che potremmo anche definire ultras - guidati dal vaticanista del GR1 Raffaele Luise e formatosi poco dopo l’elezione al pontificato di papa Bergoglio. 

Di tutte le possibili interpretazioni che si danno del magistero di papa Francesco, quella del Cenacolo – e di Raffaele Luise - è sicuramente tra le più progressiste. Non a caso per la prima uscita pubblica tre sere fa a Roma, relatori principali sono stati l’immancabile cardinale Walter Kasper e il cardinale Francesco Coccopalmerio. Vista l’affluenza di pubblico alla serata, probabilmente con il nome Cenacolo si fa riferimento al numero di adesioni (non più di una ventina i presenti in tutto).

Per la sintesi degli interventi rimando a quanto riportato da Rusconi. Qui merita però mettere in rilievo un aspetto di questo Cenacolo, e dell’attività di Luise che non perde occasione - anche nei suoi servizi per la Rai – di incitare alla rivoluzione nella Chiesa spazzando via quei focolai di resistenza al cambiamento radicale che papa Francesco intende portare a compimento. Per Luise – lo ha detto nell’occasione - «ci si trova di fronte a un pontificato e a un uomo straordinario che riprendono quella primavera che era sfiorita negli ultimi cinquant’anni. Vanno anche oltre, alle fonti del cristianesimo, a Gesù». Da cancellare sono «1700 anni di Chiesa costantiniana» e viste le forti resistenze all’interno della Chiesa, il Cenacolo si presenta come una sorta di “guardia presidenziale” per fare avanzare la rivoluzione.

Ma alla fine, stringi stringi, sembra che anche questi rivoluzionari siano interessati soprattutto a cambiare la dottrina che riguarda la morale sessuale (e poi dicono che la Chiesa è fissata con il sesso): in particolare puntano alla legittimazione dell’omosessualità. Luise in questo è un grande attivista e sembra che si sia preso l’incarico di portare il maggior numero di vescovi possibili su questa posizione. 

Nel marzo scorso fece rumore un convegno organizzato a Lucca in cui Luise duettò con il vescovo di quella diocesi, monsignor Italo Castellani (clicca qui). Parlando di omosessualità questi si spinse a sostenere la necessità nella Chiesa di un «cambiamento» e di un «trapasso» culturale, di un affronto della questione in termini di «diversità come una ricchezza». E per essere più chiaro se ne è uscito con un’immagina poetica: «Se tutti i fiori fossero uguali, i prati perderebbero la loro bellezza». 

E visto che il clima era favorevole, Luise s’è lasciato andare a un’esposizione dell’argomento senza farsi scrupolo: «Ci sono 486 specie animali che contemplano l'omosessualità. Quindi questa non è una caratteristica puramente umana. Non è una devianza, ma fa parte della natura. L'omosessualità è un'attitudine umana. Quindi ci troviamo di fronte a una grande sfida, fuori e dentro la Chiesa". E a proposito di Chiesa, Luise non ha fatto misteri: «Ci sono tanti gay, attivi e passivi, anche in alto». E sa sicuramente di cosa sta parlando.

Tanto è vero che il Cenacolo e chi lo sostiene ritiene che sia venuto il tempo di fare un ulteriore passo avanti, ed è stato audacemente il cardinale Coccopalmerio a dirlo: parlando anche di omosessualità, se ne è infatti uscito sostenendo che – visto che al Sinodo si sono valorizzati gli elementi positivi delle coppie «non regolari» - sarebbe stato il caso di «invitarne qualcuna» già nello scorso ottobre, ma si potrà magari «recuperare» nella prossima occasione. Sì, proprio così: se a decidere fosse il cardinale Coccopalmerio, al prossimo Sinodo sulla famiglia tra un anno sarebbero ospiti anche coppie di divorziati risposati e coppie omosessuali.

Questo lo scriviamo perché si sappia dove si vuole andare a parare.

P.S.: Della serata con Kasper e Coccopalmerio ha riferito anche il sito specializzato de La StampaVatican Insider, ma con una curiosità che non è sfuggita agli osservatori: ha evitato di dire chi aveva organizzato l’incontro, e ha glissato sull’intervento di Coccopalmerio. Per l’intervento del cardinale si può capire che forse l’ha sparata troppo grossa anche per una testata che pure ha sempre tifato per Kasper. Quanto all’oscuramento del Cenacolo, due sono le ipotesi: rivalità interne al gruppo degli ultras di papa Francesco, oppure anche a Vatican Insider si rendono conto che certi “guardiani della rivoluzione” sono proprio impresentabili. Il futuro ci dirà. 


SI LEGGA ANCHE QUESTO DI MAGISTER

19.11.2014

Come Francesco si fa amici i pentecostali

In America latina strappano alla Chiesa cattolica milioni di fedeli. Ma il papa ha per loro soltanto parole di amicizia. È il suo modo di fare ecumenismo, qui svelato in due suoi videomessaggi







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Le parole di Papa Francesco che spiazzano fan e criticoni

18 - 11 - 2014Matteo Matzuzzi  LE FORMICHE</header>
Le parole di Papa Francesco che spiazzano fan e criticoni

Gli ultimi interventi di Bergoglio che stranamente non hanno eccitato la grande stampa...

Il Papa parla chiaro su aborto ed eutanasia, tuona contro quella “falsa compassione che ritiene una conquista scientifica produrre un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono”, o usare “vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre”. Poi apre un Convegno sulla complementarietà tra uomo e donna e in dieci minuti chiarisce che “viviamo in una cultura del provvisorio, in cui sempre più persone rinunciano al matrimonio come impegno pubblico. Questa rivoluzione nei costumi e nella morale ha spesso sventolato la bandiera della libertà, ma in realtà ha portato devastazione spirituale e materiale a innumerevoli esseri umani, specialmente ai più vulnerabili”.

“IL DIRITTO DEI BAMBINI E’ DI AVERE UN PAPA’ E UNA MAMMA”

Parole forti – come quelle sul dovere dei medici cattolici di fare obiezione di coscienza in “particolari circostanze” o sul diritto dei bambini di avere “un papà e una mamma” – che però sui giornali trovano pochissimo spazio: qualche boxino, una decina di righe e stop. Cosa ben diversa da quanto accaduto in seguito alle grandi interviste in cui il Papa diceva “chi sono io per giudicare?” a proposito degli omosessuali o parlava di lobby gay in Vaticano e del dramma della pedofilia nella Chiesa.

LE COMUNITA’ GAY E IL PAPA “PERSONA DELL’ANNO”

Molti sono rimasti sorpresi dalla tre giorni di Francesco spesa a tuonare contro quella “falsa compassione” frutto di un distorto “pensiero dominante”. Innanzitutto, chi aveva già ascritto Bergoglio tra i progressisti desiderosi di annacquare duemila anni di storia della chiesa alla luce delle “mutate condizioni” in cui ci si trova oggi, secolo ventunesimo e terzo millennio. Il Papa che dice no alle adozioni da parte dei gay, finirebbe ancora sulla copertina del mensile della comunità omosessuale americana “The Advocate” addirittura come persona dell’anno? Forse, a essere rimasta sorpresa sarà stata anche la “fazione” sinodale che aveva inserito – tentando di farli approvare dalla maggioranza dei due terzi dei padri – aperture più o meno forti sui divorziati risposati e soprattutto sulle coppie formate da persone dello stesso sesso.

CONSERVATORI E TRADIZIONALISTI CRITICI

Ma a essere stati colti in contropiede sono anche i cosiddetti conservatori, declinati un po’ in tutte le diverse sfaccettature, compresi i tradizionalisti. Si tratta del “settore” da sempre più perplesso verso il nuovo corso targato Francesco, soprattutto riguardo i suoi presunti silenzi su quei princìpi non negoziabili che tanto spazio avevano avuto nell’agenda dell’ultimo trentennio. 

LA LUNA DI MIELE E’ FINITA?

I due discorsi, che comunque riguardavano temi già toccati da Francesco in particolari circostanze del suo pontificato, potrebbero rappresentare uno spartiacque. Come rivelava qualche tempo fa il vaticanista John Allen, “la luna di miele è finita”, osservando come ora si è aperta una fase del pontificato in cui inevitabilmente il Papa deluderà con i suoi interventi parte del coro entusiasta che ne aveva lodato atti e parole in questi mesi.






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Il papa non lo sa, ma a Bose preparano la sua fine

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bianchi

di Sandro Magister

Il servizio pubblicato lo scorso 3 novembre in www.chiesa ha suscitato la prevedibile irritazione dei due personaggi in oggetto:

> L’ecumenismo riscritto da Enzo Bianchi e Alberto Melloni

Ma ha anche dato spunto a ulteriori critiche al progetto ecumenico coltivato da entrambi e in particolare dal priore di Bose, fresco di nomina a consultore del pontificio consiglio per l’unità dei cristiani.

L’autore della seguente nota è sacerdote della diocesi di Bari, docente di liturgia e consultore della congregazione per il culto divino e della congregazione per le cause dei santi.

*

L’ECUMENISMO NON CATTOLICO DI ENZO BIANCHI

di Nicola Bux

La “decostruzione del papato nella sua forma attuale” – come ha fatto notare Sandro Magister – è cara al priore di Bose, secondo cui non c’è più da sperare nell’unità tra le grandi Chiese tradizionali, in quanto la loro divisione su chi abbia il primato sarebbe proprio ciò che impedisce l’unità dei cristiani oggi:

“Nell’Evangelo c’è scritto che i discepoli incominciarono a litigare per sapere chi fosse il primo. Mi sembra che questo litigio sia continuato nella storia della Chiesa e costituisca ancora uno dei nodi centrali della questione dell’unità. Si ignora che ogni tradizione è limitata e parziale e che solo tutti insieme è possibile giungere alla piena verità” (E. Bianchi, “Ricominciare”, Marietti, Genova, 1999, p 73-74).

In realtà, Gesù risolse la discussione pre-pasquale tra i discepoli stabilendo egli stesso il primato di Simone-Cefa.

Inoltre, chi è veramente cattolico sa che non esistono “Chiese tradizionali” ma l’unica Chiesa che quei cristiani autonomamente costituitisi in Chiese e comunità tra il primo e secondo millennio devono giungere a riconoscere presente nella tradizione apostolica condivisa con Roma e da lei suggellata.

Bianchi, quindi, dissimula un’idea relativista dell’unità della Chiesa; né nasconde di condividere la visione di Jean-Marie Tillard, secondo cui la Chiesa è fatta solo dall’insieme di “Chiese sorelle”. Per evidenziare l’erroneità di tale concetto, la congregazione per la dottrina della fede ha emesso il 30 giugno 2000 una nota:

> Nota sulla espressione “Chiese sorelle”

Inoltre, Bianchi invoca il fatto che il papa non debba decidere nulla da solo, ma poi vorrebbe attribuire a lui il potere “di ridare unità alla Chiesa” (”Ricominciare”, pp. 72-73).

Invece, il teologo ecumenico Max Thurian ha descritto così le conseguenze ecumeniche del Credo comune alle confessioni cristiane:

“L’unità visibile dei cristiani non potrà esser compiuta che nel riconoscimento delle celebrazioni eucaristiche e dei ministeri che strutturano la Chiesa, nella successione apostolica e in comunione col vescovo di Roma. […] Per la Chiesa cattolica, la pienezza dell’apostolicità si trova nella successione dei vescovi dopo gli apostoli e nella loro comunione grazie al ministero di Pietro proseguito dal vescovo di Roma”(”Avvenire”, 29 giugno 1997).

Per Bianchi, al contrario, il riconoscimento del primato papale è il reale impedimento all’unità della Chiesa.

Non so se papa Francesco conosceva tutto questo, quando lo scorso 22 luglio  ha nominato il priore di Bose consultore del dicastero ecumenico della Santa Sede.

Le idee di Enzo Bianchi esprimono quell’“ermeneutica della discontinuità e della rottura” che costituisce il filo rosso dell’edizione bolognese, in più volumi, dei “Conciliorum oecumenicorum generaliumque decreta”, sulla quale a detta delle autorità vaticane “permangono le riserve di carattere dottrinale”.

A questo, l’arcivescovo Agostino Marchetto ha puntualmente e in modo documentato fatto il contrappunto. E il papa lo ha definito “il miglior interprete del concilio Vaticano II”.

Dunque, non dovrebbero esservi dubbi su chi non la conta giusta.

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[Modificato da Caterina63 21/11/2014 00:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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