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L'Anticristo di Don Gianni Baget Bozzo

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2014 20:57
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  L’Anticristo
Presentazione del libro di Gianni Baget Bozzo (ed. Mondadori)
del 2001



Relatori:
Gianni BAGET BOZZO, Scrittore e Giornalista

Baget Bozzo: La mia idea profonda è che il cattolicesimo sia una tradizione che continua, cioè che sia il punto in cui l’eternità tocca il tempo e nel momento in cui lo tocca lo assume e gli dà una sua dimensione. Per cui ciò che nella Chiesa è stato rimane, perché quella congiunzione di tempo ed eternità, che è il mistero stesso del Cristo, si ripercuote nella Chiesa che è il suo corpo, e quindi la tradizione rimane.

Io ho la fortuna di avere 76 anni e quindi ho conosciuto la Chiesa di Pio XI e Pio XII, una

Chiesa che era in piedi e che poté resistere alle più grandi sfide al cristianesimo: quella del comunismo e quella del nazismo. Dopo si affermò – nessuno in sostanza può spiegarne il motivi, e né i testi conciliari, né i teologi del rinnovamento conciliare come Rahner, Balthasar o De Lubac pensavano questo – il concetto che tutto quello che era antecedente al Concilio Vaticano II andava messo in parentesi.

Chi l’ha detto mai questo? Non c’è nessun testo ecclesiastico che lo dica! Non si capisce quindi come e perché il concetto di aggiornamento, così malamente introdotto e recepito, dovesse interrompere quella fusione tra tempo ed eterno che è la Chiesa e fare della Chiesa una realtà temporale, che si gloriava di essere aderente al tempo. Quando Giovanni XXIII introdusse il termine «aggiornamento» pensava a questo? Certamente no. Quando diceva che bisogna distinguere tra l’errore e l’errante pensava a tutto quello che sarebbe accaduto? Certamente no. Quando Paolo VI diceva che l’umanesimo moderno e quello cristiano si erano incontrati al Concilio per il bene dell’uomo pensava a quello che sarebbe accaduto? Certamente no.

Tuttavia, una spada invisibile ha separato il pensiero cristiano dalla tradizione cattolica. E
non si può dire che ci sia stata una personalità dominante che desse vita ad una nuova sintesi
teologica, o ad un nuovo pensiero, o ad una nuova eresia; nulla di tutto ciò. Negli anni Sessanta si formò la convinzione, e dura tuttora, che ciò che era passato andava dimenticato; si è creata una situazione di fatto in cui la tradizione è stata vissuta come qualcosa che andava interamente abbandonato, che tutto andava ripensato di nuovo, magari non in modo contrario, ma diverso.

Questa è un’operazione singolare, perché è un’operazione che non sembra aver avuto una
causa precisa, ma che ha portato a un punto tale in cui nella Chiesa l’ortoprassi sostituisce l’ortodossia. “Ortoprassi” significa che una certa pratica sociale, collettiva, fonda e
determina l’agire cristiano, che ama una parola comune: la solidarietà. Questa parola diviene il proprium del cristianesimo, determinato perciò non dalla tradizione vivente, cioè
dalla fede, ma da una prassi sociale che viene giustificata in nome della carità. Ci siamo trovati, nella Chiesa, di fronte a questa sfida a partire dagli anni Sessanta, in un moto crescente, questa sfida che è l’opposto di quella conosciuta nel mondo moderno.

Nel
mondo moderno la Chiesa fu aggredita per essere distrutta: accadde con la Rivoluzione
francese, accadde con il liberalismo, accadde con lo scientismo, col positivismo, con il comunismo, con il nazismo. La Chiesa, da Pio VI a Pio XII, era una Chiesa che si cercava di
eliminare con la forza. Non che questo sia cessato, basti pensare ai più di 60.000 cristiani che sono stati uccisi nel 2000 in varie parti del mondo; ma, in realtà, lo sforzo consistente in
questa forma è in qualche modo finito e ne comincia un altro, quello per cui io uso il termine di «Anticristo».

Nelle lettere di Giovanni la divisione tra Dio e l’uomo in Cristo, la
negazione che Gesù venisse nella carne, separato e diviso dall’umano è l’essenza degli anticristi, che sono già tra noi. Una dimensione di falsificazione del Cristo che è perenne nella Chiesa, secondo le parole dell’apostolo. Noi oggi possiamo parlare di queste cose con più libertà, e possiamo pensare a cosa è la storia secondo la fede cristiana, perché è fallita l’idea moderna del comunismo che la storia fosse un progetto umano che si realizzava.
Il comunismo non solo ha consumato se stesso,
ma tutto il moderno, perché si pensava che la ragione potesse costruire sulla terra la città perfetta.

Questa tesi aveva radici antiche nell’eresia cristiana, così come la ritroviamo in Marx e nel razionalismo, che pensava ad una ragione basata sulla meccanica newtoniana; ma questa tesi, questa grande idea è tramontata persino come possibilità; la conseguenza è che oggi non vi è più alcun concetto di storia. Questo è il tempo in cui viviamo, l’uomo di oggi sta cambiando il mondo, ma non sa né perché, né come, né quando né a che fine. È finita l’idea di una storia provocata dall’uomo, e proprio nel momento in cui l’uomo ha il massimo di potenza umana; proprio nel momento in cui una creatura del moderno, la tecnologia, raggiunge il massimo di potenza e cambia il mondo, si trova di fronte al fatto
che non sa né come, né dove, né quando. Se si vuol dare una speranza alla tecnologia si può solo dire che essa si fonda sulla bontà della natura umana che la fede insegna. È un fatto che la tecnologia opera in nazioni cristiane, e quindi è storicamente cristiana. Gli argomenti che oggi abbiamo per essere filo–tecnologici li fondiamo sulla fede, non sulla ragione perché la ragione non può fondare nulla su questo punto.

Però noi possiamo, sulla base della fede, dire che Dio è il creatore dell’uomo, di tutte le sue possibilità e potenzialità e che la provvidenza è la storia. L’esaltazione della mente umana e della persona umana che il cristianesimo ha prodotto, ha permesso all’intelligenza umana di dominare la natura fisica;
questo ci permette di pensare che questa avventura vada a buon fine, stavolta fondandoci, da
cattolici, sulla fede.
Anche che se è vero che noi, rinunciando all’idea di un progetto umano nella storia e fidando nella divina provvidenza, possiamo pensare alla positività del reale umano storico, dobbiamo anche dire che possiamo farlo perché sappiamo valutare la potenza del male. Sappiamo cioè che esiste il male e questo male non è nella natura umana.

Torniamo così a quella che è la veduta cristiana della storia e da cui è nato il concetto di storia, torniamo al libro della Bibbia che, di fatto, è il libro della storia, libro di simboli, ma anche di folgoranti chiarezze, di un regno di Dio, di un regno di Cristo, che ha un suo corpo. «Fossi tu caldo o freddo ti accetterei, ma siccome sei tiepido ti respingo dalla mia bocca», dice Gesù Cristo nell’Apocalisse al vescovo di Laodicea. Ma è la lotta che esiste tra il regno del Cristo e le forze di Satana e del mondo, espressa nei mille modi in cui la potenza mondana e la potenza demoniaca sono costantemente associate, e in cui la lotta è sempre fatta dal Cristo stesso coi suoi.

L’Apocalisse, lo sfolgorante libro di chiarezza, ci mostra come Cristo sia presente nella storia, come la Sua vita divina si comunichi alla nostra vita umana e faccia della nostra
debolezza la sua forza, e lotti contro potenze che sono potenze mondane, ma che hanno dietro una strategia non mondana. Per l’Apocalisse in, sostanza, la storia è un combattimento spirituale tra il regno di Cristo e la città di Satana; è quello che Agostino ha espresso creando il concetto occidentale di filosofia della storia nel De Civitate Dei che è il
primo libro del mondo occidentale e del mondo in generale che descrive, in modo sistematico, una filosofia e una teoria della storia. Agostino vede la storia come combattimento tra due città non visibili, ma interiori e spirituali: la città in cui si ha l’amore
di Dio sino al disprezzo di sé e la città degli uomini in cui avviene il contrario, l’amore a sé
sino al disprezzo di Dio. Le realtà politiche sono un segno e le realtà ecclesiastiche un altro segno di questi due tipi di città.

La Chiesa è la civitas Dei, la potenza politica è la civitas hominum in cui, tuttavia, i singoli si possono mescolare e un membro della città di Dio può essere in realtà un membro della città del demonio e viceversa; questo grande pensiero agostiniano, che in qualche modo è complemento dell’Apocalisse, ha la forza della tradizione. La visione di una storia unica, avente un senso che è tipica del mondo moderno, si è fondata sulla mimesi di Agostino, perché ha pensato alla storia come a un processo e a una lotta, a una dialettica a due. Una lotta binaria e non ternaria, una lotta dove alla fine c’è
un vincitore e un vinto.
Noi oggi possiamo ripensare la storia in questo modo, cioè possiamo pensare che al corpo di Cristo sulla terra si oppongono altre realtà, e che quindi la lotta al cristianesimo è un fenomeno costante e continuo; lo scopo dei cristiani non è quello di occupare i poteri ma è di resistere alla potenza di Satana. Il compito del cristiano nel mondo è espresso bene nel Vangelo dalla parola “Vigilare, vigilate”, in quella attenzione costante a essere membri del corpo di Cristo, a conservare questa realtà e a sostenere gli attacchi contro di essa; la
strategia cristiana non è di attacco, ma difesa perché la vittoria è già sua, perché Cristo è già risorto, perché la potenza di Cristo è maggiore della potenza del demonio. Per questo è importante comprendere che la nostra funzione di cristiani è unire noi stessi al corpo di Cristo, al Cristo in lotta, in lotta anche politica, in lotta anche storica. In lotta reale, perché è chiaro che la lotta, come appare nell’Apocalisse, non è qualcosa che si svolge nei cieli, ma qui sulla terra. Nel Medioevo si combatteva in un modo, oggi si combatte in un altro, ma in qualche modo il combattimento storico, e persino quello politico può essere necessario.


Il combattimento cristiano è al contempo interiore, fondato totalmente sulla nostra
adesione allo Spirito Santo che è in noi; ed è anche un combattimento reale, civile, sociale,
politico; è tutto, perché in Cristo il cielo e la terra sono uniti e quindi i combattimenti spirituali sono combattimenti che avvengono nel cuore del cristiano per la scelta del Cristo, ma avvengono poi nelle mani del cristiano per la lotta contro il nemico di Cristo, per l’affermazione del bene. I nostri principi sono sempre fondati sull’esempio di Cristo, cioè sul fatto dell’unità della natura umana e di quella divina, sulla loro perfetta unione senza commistione né separazione.

Il dogma cristologico è anche il dogma dell’essenza cristiana, per questo non trovo cristiani quelli che credono che l’amore non debba essere legato all’affermazione della fede e che ritengono si possa fare l’amore con tutte le religioni come se tutte fossero uguali. Nelle religioni vi è certamente qualcosa della legge naturale, ma vi è anche l’opera del demone, in tutte. La motivazione cristiana deve essere in qualche modo una motivazione anche civile,

sociale e politica. Si possono dire queste cose dopo che è fallita quella che è stata una grande esperienza politica di congiunzione tra fede e politica come la Democrazia Cristiana? Purtroppo nella Democrazia Cristiana il riferimento cristiano lentamente è sparito e si è affermata la convinzione che questo riferimento fosse qualcosa che andava bene nella
coscienza, ma non nella storia.

La Democrazia Cristiana, e si può dimostrare con delle ragioni, è di fatto diventata sale insipido che non valeva più a salare; era destinata, come diceva il Signore, ad essere calpestata dagli uomini. Abbiamo visto il divino giudizio sulla Democrazia Cristiana, ma ciò non toglie il principio che il cristiano debba entrare nella

storia e debba difendere la legge naturale, lo Stato, la tradizione, la morale, la famiglia, la vita sociale, la natura umana che è ordinata da Dio. La Democrazia Cristiana purtroppo aveva dimenticato questo, perché era stata attratta dal concetto che il cristiano dovesse
essere in qualche modo di sinistra e rivoluzionario e quindi essere uno che cambiava l’ordine naturale, sul modello marxista.

Noi, invece, pensiamo che un cristiano debba essere

un uomo interiore, un uomo di preghiera, un uomo che sa che lo Spirito Santo lo guida; è un uomo di azione, che sa però capire che la storia ha un limite, che non è fatta per diventare il paradiso sulla terra, che la rivoluzione è fallita e che l’idea politica fondamentale su cui si
fonda l’ordine creato è l’idea di limite. La propria libertà è un limite a quella degli altri, lo Stato è un limite, la famiglia è un limite, la scuola è un limite; occorre accettare l’idea che la
vita umana si fonda sull’equilibrio, sul limite, che non è luogo di utopia. L’Anticristo oggi tra i cattolici è nel ritorno del mito dell’utopia; cosa vogliono i non globalizzatori non si sa, vogliono il nulla nell’ordine esistente, per un nulla futuro, ma con l’idea di cambiare radicalmente la storia. Noi dobbiamo abolire l’idea di rivoluzione, l’idea
di utopia; è una delle grandi occasioni che maturano per noi cristiani. Dobbiamo capire che la storia è la lotta tra il Cristo e Satana, tra il bene e il male. Sta al compito politico del cristiano difendere l’ordine della creazione, e della legge naturale; il compito cristiano è di mantenere, di evitare l’illusione dell’uomo onnipotente; per questo possiamo opporci agli eccessi della tecnologia, per questo possiamo porre i limiti della persona umana, del corpo dell’uomo, della volontà di potenza, per questo possiamo unire la profonda convinzione che
la potenza divina ci rende vincitori, anche se sconfitti, e il dare alla politica il suo limite. Si tratta in sostanza di unire l’ordine escatologico e quello politico.

La grande occasione cristiana del tempo post-moderno è il saper accettare l’universo tecnologico e saperlo riproporzionare all’ordine creaturale. Questo è il compito cristiano, visibile: sapendo che le tecnologie vengono da noi, sta a noi capirne i limiti. L’apostolo Paolo dice che «Satana trasfigura in angelo di luce»: Satana non appare mai in forma di male, appare sempre in forma di bene, il bene è la forma di Satana. La gente che grida contro la globalizzazione crede di fare e operare per il bene. Il rivoluzionario tagliava le teste e lo faceva per il bene; gli uomini più virtuosi conosciuti erano i comunisti; il

fascismo ha creato uno straordinario culto dell’eroismo nella mia generazione, della vita data per la patria, gratuitamente. Satana si trasfigura nel bene e nello splendore del bene, come dice l’apostolo, in figura di luce, nel bello.

Ecco perché è importante ricordare il limite del bene di fronte all’esaltazione del bello.

Io credo che nonostante tutto il secondo millennio non cominci così male per noi cattolici. E non lo dico solo perché Forza Italia ha vinto le elezioni! Ma lo dico perché le cose stanno veramente cambiando, sta finalmente morendo la sinistra. Non è stato facile
convincere i ciellini che era inutile parlare con i comunisti; ci ho messo anni! Però ora
fortunatamente credo che anche la Compagnia delle Opere si sia convinta che la sinistra è
morta.

Anche la stagione del dialogo secondo me è morta, anche perché il dialogo non lo fa più nessuno; nessuna religione vuole il dialogo con noi, il Papa chiede il dialogo, ma l’Islam non può certo essere dialogante, e un islamico dialogante sull’Islam sarebbe
immediatamente un cattivo islamico, meriterebbe l’inferno.

Ci troviamo oggi di fronte alla comune e semplice umanità e questo dà a noi cattolici delle
grandi possibilità, in particolare a quei cattolici come voi di Comunione e Liberazione o
della Compagnia delle Opere. Quello che io vi chiedo è di entrare sempre più nell’uomo
interiore, nella spiritualità dei mistici, dei san Giovanni della Croce, di alimentare nella vita
mistica la vita temporale, di lasciarsi trapassare da Dio.





 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Baget Bozzo: Ve lo dico io chi è l'Anticristo


L'ultimo libro del teologo genovese rilancia questa figura enigmatica. Che ha illustri cultori, da Soloviev al cardinale Biffi 

di Sandro Magister



Ci ha provato pochi mesi fa il cardinale Giacomo Biffi. E adesso ci riprova don Gianni Baget Bozzo. A spiegare chi è l'Anticristo. Che è uno dei più grossi enigmi della storia cristiana. Una specie di Satana, sì, ma difficilissimo da riconoscere. Perché senza corna, né zolfo, ne forca. Ma bellissimo e intelligentissimo, teologo sottile, ecumenista insigne, un benemerito dell'umanità.

All'Anticristo don Baget Bozzo ha dedicato il suo ultimo libro, stampato da Mondadori. Per dire che è tra noi. Che impazza nella Chiesa cattolica, nella sua teologia protestantizzata, nella sua liturgia inaridita, nel suo dialogare senza costrutto. Don Baget Bozzo, che quando fa il teologo vola alto, da vertigine, dice chiaro che non inventa niente. Lui si attiene a come l'Anticristo appare nel Nuovo Testamento: nelle lettere di Giovanni, in Paolo, nell'Apocalisse. Testi regolarmente dimenticati e censurati dalla predicazione corrente. Assieme alle pagine dei Vangeli in cui Gesù parla di Satana e con lui combatte, a cominciare dalle memorabili, superintelligenti tentazioni del deserto.

Ciò che distingue l'Anticristo dall'Avversario che aggredisce la Chiesa dal di fuori è il suo essere nemico interno. L'Anticristo è eresia cristiana. La Chiesa s'è sempre difesa da lui recidendolo dalle proprie file. Con l'anatema agli eretici. Ma oggi? Oggi la Chiesa non sa più condannare. A partire dal Concilio Vaticano II, non separa più con nettezza eresia e ortodossia. Tutto diventa ambiguo, reinterpretabile, «mercato degli inganni». E «questa terra di nessuno è la terra dell'Anticristo».

A Giovanni Paolo II, don Baget Bozzo riserva parole d'ammirazione. Ma anche rimproveri. Perché ha fatto scisma con i Lefebvriani ma non con i sostenitori della donna prete. Paolo VI, altro papa troppo esitante, in fin di vita ha almeno riconosciuto i suoi errori, quando ha confessato di vedere il fumo di Satana penetrare nella Chiesa dalle fessure aperte dai progressisti.

Questi ultimi, don Baget Bozzo non li aggredisce. Crede tanto all'Anticristo come essere personale, che i suoi seguaci quasi li perdona: non sanno quel che fanno. Non nomina nemmeno i gerarchi di Chiesa che la pensano un po' come lui. Come il cardinale Joseph Ratzinger. E più ancora il cardinale Biffi. 
Quest'ultimo, lo scorso marzo, ha definito «una profezia inascoltata» il 'Racconto dell'Anticristo' scritto cent'anni fa dal russo Vladimir Soloviev: «È stupefacente la perspicacia con cui Soloviev ha descritto la grande crisi che avrebbe colpito il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento». Don Baget Bozzo, che questa crisi l'ha vista, la racconta nel suo libro. A modo suo, da Savonarola degli ultimi tempi.

 



__________
1.2.2001


 
Fraternamente CaterinaLD

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 È stato pubblicato da poco (questa recensione è di aprile 2002) il nuovo saggio di DON GIANNI BAGET BOZZO: L’Anticristo.  

Scritto con il caratteristico stile dell’Autore, tra l’indagine e la provocazione, anche questo libro presenta le riflessioni su alcuni aspetti della modernità e della moderna crisi della Chiesa. Crisi che, come scrive l’Autore, non c’era prima del Vaticano II: “è il Concilio che ha determinato la crisi.[…] il Concilio ha distrutto un ordine cattolico che non voleva distruggere e ha provocato una crisi dottrinale che prima non c’era” (p. 12). 

Velocemente, ma incisivamente, l’Autore pone in evidenza gli aspetti principali che caratterizzano questa moderna crisi nata dal Concilio. “Sino al Concilio il tema fondamentale della spiritualità della Chiesa era «la salvezza delle anime come suprema legge». … Ciò significava che l’occhio della Chiesa era diretto alla vita oltre la morte, … Non vi è dubbio che questa non è piú la predicazione della Chiesa di oggi. La vita eterna è oggi assente dall’annuncio.” (p.24). 

Il cambiamento di tendenza della predicazione cristiana è tale che “dopo il Concilio [la Chiesa] ha scelto la via della secolarizzazione e ha rivestito gli ultimi panni del moderno: l’utopia.” “Questa utopia nasce dalla rimozione assoluta dal pensiero cristiano del tema del male in tutte le sue forme… Il pensiero cattolico sceglie la via della innocenza del pensiero cosí come quella dell’innocenza del cuore. Questa è la fine del cattolicesimo come cultura.” (p. 26).
 

Questa smania di adeguarsi al mondo e alle sue moderne utopie, fa si che “Su Dio scenda il silenzio. Egli viene presentato non come il Mistero, ma come un aspetto del mondo.” (p. 29). Cosí che non v’è piú alcun bisogno di adorare Dio, perché “Il Dio compassione, il Dio ecclesiastico di oggi, non richiede adorazione.” (p. 29).  

E questo spiega bene perché si sia giunti cosí insistentemente alla nuova liturgia: “Uno dei risultati della riforma liturgica è stato quello di distruggere l’adorazione.” (p. 29).

Tutto è stato pensato, a cominciare dalla trasformazione dell’altare in mensa, con l’accento passato dalla rinnovazione del Sacrificio della Croce alla comunione dei fedeli con il Corpo del Signore. […] La Chiesa diviene cosí comunità in cui il sociale supera il personale, in cui l’unione tra i cristiani non avviene piú tra persone nella Persona divina, nello Spirito Santo, ma nella comunità umana. Tutto diviene prassi e comunità, la socializzazione del personale avviene con detrimento delle vitali radici teandriche del Cristianesimo. E cosí avviene l’evento disastroso centrale nella vita della Chiesa; un evento non voluto, non previsto, non desiderato: la sostituzione della Chiesa a Cristo. Una volta si diceva:  Cristo sí la Chiesa no, ma oggi sembra prevalere il principio contrario: la Chiesa sí Cristo no.” (pp. 47 e 49).

Ma com’è avvenuto tutto questo? 

Quante volte Dio ha lasciato Israele e la Chiesa ai pensieri del loro cuore! Anche questa volta è accaduto. … Qualcosa, anzi qualcuno ha operato in quella direzione. Qualcuno che prima ha diffuso lo spirito del mondo nella chiesa in modo che la secolarizzazione sembrasse un atto d’amore, di carità, di apertura verso il mondo. […] Naturalmente questo processo, che non è nelle mani di nessuno, non ha un leader, un rappresentante; è un fenomeno non afferrabile come fatto umano, tanto è invadente e progressivo, non ha per sola causa la liturgia della Chiesa. Vi è un falso profeta collettivo, quello che chiamiamo l’Anticristo, che è impersonale; ed è in questa figura collettiva di un’opera impersonale … che sentiamo presente l’inafferrabile responsabilità della sovversione della Chiesa.” (pp. 49 e 50).

La riforma liturgica fu applicata in modo autoritario e violento, fu un atto di imposizione della gerarchia sui fedeli, che non domandavano la rivoluzione della liturgia. Nessuna obiezione venne ascoltata. Già operava il «principe di questo mondo» e il fiume anticristico fluiva per passi insensibili. Tutto sembrava cosí innovatore, intelligente, comprensibile: rendere persuasivo il mistero, quale tentazione! … Il risultato è stato il compimento della rivoluzione moderna quando il moderno finiva. E il risultato è che la liturgia della Chiesa postconciliare è una liturgia morente, priva del sacro, del canto, priva di bellezza, di grandezza.” (p. 51).

Perché “L’Anticristo”? 

Nell’immaginario collettivo l’idea dell’Anticristo è legata ad una visione catastrofica dell’esistenza, visione che si scontra fortemente con la sensazione ottimistica di cui è impregnata la concezione moderna del progresso indefinito e migliorativo dell’umanità. Mentre invece, per i nostri padri, la figura di Satana, Principe di questo mondo, era qualcosa di talmente reale da sostenere lo stesso imperativo della Fede. Se nel mondo vi è il male, è Satana che lo produce: la disgrazia, la sofferenza, il dolore, la morte che accompagnano la vita dell’uomo in questo mondo sarebbero inspiegabili senza la pervasiva azione di Satana, delle sue illusioni e dei suoi inganni.
… Satana è il «deuteroagonista» del Cristianesimo, è colui senza il quale il Cristianesimo non sarebbe esprimibile”, dice l’Autore (p. 98). 

Ma questa visione cristiana del mondo e dell’esistenza mal si concilia col mondo moderno, convinto che presto o tardi l’uomo, in quanto tale, possa risolvere tutti i mali del mondo. L’intervento di Dio, la sua azione redentrice, la visione ultramondana del destino dell’uomo, il preminente valore trascendente dell’esistenza umana, sono tutte cose che il mondo moderno ha relegato nell’àmbito della supposta mitologia infantile dei nostri padri, non ancora sufficientemente cresciuti alla consapevolezza della loro onnipotenza.  
E la Chiesa postconciliare si è sforzata in tutti i modi per avvicinare la concezione cristiana a questa moderna concezione umana. 

Il quadro del concilio è la comunità mondiale come si stava allora organizzando sotto l’egida dell’ONU: e la Chiesa intendeva proporsi come una visione religiosa funzionale a un’etica politica omogenea a quel modello. In questa visione il peccato diviene un fatto etico o politico…” (p. 98). 

L’omissione del deuterantagonista distruggeva il Cristianesimo del Giudizio finale, dell’inferno, del paradiso, della resurrezione della carne. (…) Se tutto ciò è pia illusione, mito escatologico, apocalittica giudaica, infine materiale mitologico, allora «vana è la nostra fede», come dice Paolo ai Corinti. Senza il demonio il Cristianesimo perde il suo senso escatologico: e la Chiesa è lontana dall’essere veramente la Chiesa di Cristo se non parla del demonio. E se non ne parla piú, come accade in molte comunità cristiane, allora ciò significa che lo Spirito Santo le ha del tutto abbandonate.” (pp. 99 e 100).

Un tempo si insegnava giustamente che uno degli inganni piú sottili del demonio è costituito dalla diffusione della suggestione che egli non esista.  
Come non riflettere allora sull’evidenza attuale che tale suggestione sia entrata a far parte dei piú profondi convincimenti degli uomini della Chiesa postconciliare?  
Come impedirsi di giungere alla conclusione che Satana abbia riportato una grande vittoria, cosí da accelerare i tempi per l’avvento dell’Anticristo? 

L’esistenza e la potenza del diavolo è una rivelazione propria di Gesú. (…) …chi rivela il demonio è Gesú: i testi che nei Vangeli sinottici parlano degli indemoniati, di Beelzebul, di mammona, di Satana sono i piú significativi. (…) Oggi Satana è per i teologi il nulla, una non persona. Perdere Satana significa perdere il livello teologico del Vangelo, non intendere piú il Vangelo come storia del Figlio di Dio.” (pp. 105 e 106).

GIANNI BAGET BOZZOL’Anticristo, ed. Mondadori, 2001, pp. 137, £ 28.000 (E 14,46)

(4/2002)


 


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