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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (2)

Ultimo Aggiornamento: 20/04/2015 14:01
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30/08/2014 19:20
 
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Corrado Gnerre e gli pseudomonaci che predicano predicano predicano...

Altri cavalieri coraggiosi 

GLI PSEUDO MONACI CHE PROPAGANO L'ERESIA (TRA GLI APPLAUSI DEL MONDO)
Attualità di sant'Atanasio: oggi come allora è in pericolo l'ortodossia della fede
di Corrado Gnerre

Agli amici de Il Giudizio cattolico voglio offrire la storia di un grande e famoso santo che però non viene solitamente ricordato nella sua completezza. Si tratta di sant'Atanasio (295-373), colui che difese il mistero dell'Incarnazione dalle minacce dell'Arianesimo, l'eresia che negava la divinità di Cristo. 
Ma - dicevo - si tratta di un santo grande, anche famoso, ma di cui non si sa completamente tutto. Ed è proprio ciò che solitamente non si ricorda che rende questo santo molto attuale.

LA GRANDE CRISI DELLA ORTODOSSIA
L'epoca in cui visse sant'Atanasio fu di grande crisi della ortodossia, cioè della dottrina autentica. Siamo intorno al 360. In quel periodo (così come oggi) la verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la frase di San Girolamo che descriveva quei tempi: "E il mondo, sgomento, si ritrovò ariano."
In tale contesto, sant'Atanasio non si piegò. Egli era un giovane vescovo di Alessandria d'Egitto. Rimase talmente solo a difendere la purezza della dottrina che per quasi mezzo secolo la sopravvivenza della fede autentica in Gesù Cristo si trasformò in una diatriba tra chi era per e chi non per Atanasio.

LA VITA DI SANT'ATANASIO

Qualche cenno biografico. Egli nacque ad Alessandria nel 295. Nel 325 presenziò al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono di Alessandro ch'era vescovo di Alessandria. Concilio famoso quello di Nicea perché fu lì che venne solennemente proclamato la fede nella divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre. E' lì che fu stabilita la definizione per intendere l'uguaglianza del Figlio con il Padre: homoosius, che vuol dire "della stessa sostanza". Attenzione a questa definizione (homoosius) perché questa sarà la sostanza del contendere. 
Torniamo alla vita di sant'Atanasio. Il 17 aprile del 328 morì il vescovo Alessandro e il popolo di Alessandria d'Egitto chiese a gran voce Atanasio come vescovo. Fu vescovo per ben 46 anni, ma furono 46 anni durissimi, 46 anni di lotta contro l'eresia ariana e contro gli ariani. Questi ovviamente rifiutavano proprio ciò che il Concilio di Nicea aveva detto di Gesù, il termine homoosius, che, come ho già ricordato, vuol dire: della stessa sostanza del Padre.
Il comportamento degli ariani di quel tempo è indicativo per capire quanto le vicende che toccarono a sant'Atanasio siano straordinariamente attuali. Sant'Ilario di Poiters (315-367) racconta che gli ariani ebbero sempre la scaltrezza di rifiutare ogni scontro dogmatico in merito alla questione della natura di Gesù perché sapevano che le loro tesi non potevano essere fondate sulla Tradizione né sul Magistero definito. Si limitavano a fare ciò che solitamente fa chi non sa controbattere in una discussione: invece di rispondere sugli argomenti, calunnia. La discussione dottrinale veniva spesso trasformata in conflitto su questioni personali. Il povero sant'Atanasio fu accusato delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una donna, di aver ucciso, di minare all'unicità della Chiesa. Una tecnica che non passa mai di moda. D'altronde il demonio è sempre lo stesso e ha sempre la stessa monotona fantasia.
Gli ariani però non si limitarono a questo. Operarono anche con grande astuzia. Prima di tutto cercarono di occupare quante più sedi episcopali e poi lanciarono quello che successivamente è stato definito come semiarianesimo. Altra tecnica tipica delle eresie: una volta condannate, riemergono proponendo un compromesso tra la verità e l'errore. Gli ariani propagandarono la necessità di sostituire il termine stabilito dal Concilio di Nicea, homoousion, con il termine homoiousion. Differenza di una sola lettera, minimale, ma che cambiava tutto. Infatti, il primo termine (homoousion) significa "della stessa sostanza", il secondo termine (homoiousion) significa "simile in essenza". Traducendo si capisce quanto la differenza non sia di poco conto.

SANT'ATANASIO RIFIUTA IL COMPROMESSO DOTTRINALE

Mentre molti vescovi si lasciarono convincere da questo compromesso terminologico, che era cedimento sulla dottrina, sant'Atanasio tenne fermo, resistette come un leone. Subì l'esilio per ben cinque volte, ma non cedette. E –come si suol dire- non era tipo che la mandasse a dire né che parlasse alle spalle. Si sentiva il dovere di difendere le anime per cui non lesinò un linguaggio polemico per mostrare a tutti quanto fossero in errore e quanto fossero pericolosi i semiariani, che invece agli occhi di molti sembravano innocui. Se la prendeva anche con chi voleva accettare il compromesso dottrinale. Sentite cosa diceva a riguardo: "Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l'uomo e l'umanità. Portare il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo." 
Nel 335 a Tiro, in Palestina, fu convocato un sinodo per dirimere la controversia e dunque per decidere quale atteggiamento avere nei confronti di ciò che affermava sant'Atanasio. Il concilio definì il Vescovo di Alessandria con questi termini: "arrogante", "superbo" e "uomo che vuole la discordia". Il papa Giulio I (?-352) cercò di difenderlo, ma poi di lì a non molto morì e il povero sant'Atanasio fu nuovamente attaccato.

L'IMPERATORE COSTANZO E PAPA LIBERIO

Intanto anche il potere politico si accaniva contro di lui: l'imperatore Costanzo l'odiava. Fu convocato un concilio ad Arles e qui si costrinsero i vescovi a sottoscrivere una condanna di sant'Atanasio. Chi si opponeva difendendolo veniva mandato in esilio, fu il caso di Paolino di Treviri. Stessa sorte toccò anche al papa legittimo Liberio (?-366), che venne sostituito da un antipapa, Felice. 
Fu allora che accadde ciò che viene ricordato come "caduta" di un papa. Liberio, per ottenere il potere e tornare a Roma come papa legittimo, decise anch'egli di accettare l'ambigua definizione semiariana, eppure fino ad allora si era distinto per una convinta definizione dell'homoosius del Concilio di Nicea.  
Altri concili segnarono il trionfo dell'eresia: quelli non ecumenici di Rimini e di Seleucia, siamo nel 359. Ma era prevedibile che per come era stato trattato sant'Atanasio e soprattutto per come era stata rinnegata la vera fede il castigo fosse alle porte. All'imperatore Costanzo, morto nel 360, successe Giuliano detto "l'apostata" (330-363), che arrivò a ripudiare il battesimo cercando di restaurare il paganesimo.
Non passò molto tempo e il nuovo imperatore Valente, così come il nuovo papa Damaso, capirono che sant'Atanasio aveva ragione e lo riabilitarono. L'intrepido difensore della fede cattolica morì il 2 maggio del 373.

MANTENERE ACCESA LA LUCE DELLA FEDE

Ancora due cose vanno messe in rilievo. La prima: ai tempi di sant'Atanasio a difendere la fede ci fu solo lui e una piccola comunità, i vescovi dell'Egitto e della Libia. Solo loro seppero mantenere accesa la luce della fede. La seconda: è significativo che colui che combatté da solo contro l'eresia ariana, non fu mai un teologo. La sua grande sapienza teologica, più che dagli studi, gli venne dall'incontro con i suoi maestri cristiani che testimoniarono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano; e soprattutto dall'incontro con il grande sant'Antonio. Ario, invece, raccoglieva grande consenso per la sua grande preparazione biblica e teologica. Era insomma come tanti teologi che oggi vanno per la maggiore nei dibattiti, nelle prime pagine dei quotidiani e nei talk-show televisivi. Atanasio però sapeva quanto qui stesse l'insidia del demonio. Nella sua celebre Vita di Antonio egli riporta un insegnamento del suo grande maestro: "(…) i demoni sono astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre sembianze. Spesso fingono di cantare i salmi senza farsi vedere e citano le parole della Scritture. (…). A volte assumono sembianze di monaci, fingono di parlare come uomini di fede per trarci in inganno mediante un aspetto simile al nostro e poi trascinano dove vogliono le vittime dei loro inganni."

Titolo originale: Attualità di sant'Atanasio
Fonte: Il Giudizio Cattolico, 09/08/2014
Pubblicato su BastaBugie n. 362
e da BoseCuriose



Da un recente articolo di Padre Giovanni Cavalcoli pubblicato su Riscossa Cristiana, i principali punti deboli del pensiero di bose 

  • un ecumenismo non proprio in linea col Concilio Vaticano II, ma di tendenza protestante, e quindi succube del prestigio di questa forma deviata di cristianesimo, 

  • minimalista dal punto di vista dogmatico,

  • diffidente nei confronti della Chiesa istituzionale in nome di un indisciplinato biblicismo, carismatismo o profetismo,

  • fiacco dal punto di vista liturgico, 

  • debole nella cristologia,

  • inerte per quanto riguarda la testimonianza cattolica, 

  • rinunciatario rispetto al dovere del cattolico di operare per condurre tutti nel seno della Chiesa cattolica.


 Padre Giovanni Cavalcoli O.P.
 
 

Nel lontano 1972 ero nei primi miei anni di vita religiosa domenicana nella comunità di Chieri, vicino a Torino, in Piemonte. E ricordo che giungevano a noi giovani frati gli echi della vita e delle attività di un’altra comunità in una località chiamata Bose, sempre in Piemonte, dove - così si sentiva dire - si stava realizzando un grandioso esperimento ecumenico d’avanguardia, del tutto nuovo nella storia della Chiesa: una convivenza monastico-religiosa tra membri della Chiesa cattolica, di una Comunità protestante e dell’Ortodossia scismatica, con atti comuni per quanto poteva riguardare i comuni valori cristiani ed invece pratiche e riti distinti per ciò che concerne gli elementi di contrasto. 
Si parlava di questo luogo con una specie di venerazione, non senza una punta di invidia perché noi Domenicani non eravamo capaci di realizzare imprese del genere.

Da allora molte volte ho sentito parlare di questa Comunità anche da parte di persone che vi erano state, soprattutto giovani, compresi miei Confratelli. Qualche anno fa nel mio convento di Bologna la mia Comunità accolse per una giornata di spiritualità il Priore della Comunità di Bose, 
Fratel Enzo Bianchi. 
So della grande fama di questo Religioso, ma devo dire che l’impressione che mi fece non fu particolarmente favorevole. Non dico che dicesse cose sconvenienti, ma neppure nulla di eccezionale che potesse spiegare la sua fama.

Ricordo un particolare, e cioè che a un certo punto il suo parlare cadde nel tema dell’umiltà, argomento classico della spiritualità monastica, sul quale hanno parlato tutti i grandi Maestri, come di virtù basilare di tutto l’edificio spirituale, quel “buon terreno”, come dice S.Caterina da Siena, sul quale cresce l’“arbore della carità”.

Ebbene, giunto improvvisamente su questo argomento, all’apparenza quasi senza una sua precisa intenzione, Bianchi immediatamente interruppe il suo dire fluente e scorrevole, diventò rosso in volto e mi sembrò come confuso ed imbarazzato, fin quasi a farfugliare, dichiarò la sua incapacità a trattare di tale argomento e passò subito ad altro, come se, avendo toccato un tema fastidioso, fosse desideroso di liberarsene al più presto.

Rimasi molto meravigliato e dissi tra me e me non senza comunicarlo anche ad altri: Ma come? Un monaco che non ha il gusto dell’umiltà? Che non vuol fermarsi a parlare dell’umiltà? Che non ci insegna nulla sull’umiltà?”. Da qui la mia perplessità davanti a questa figura di monaco, peraltro strano anche per il fatto che seppi che egli continuamente gira e viaggia per conferenze ed incontri, mentre di vita solitaria, silenziosa e ritirata pare ne faccia assai poca. Dov’è la beata solitudo, sola beatitudo, della quale parla S.Bernardo?

Con ciò tuttavia preciso che non intendo detrarre per nulla ai suoi meriti, se non altro per il fatto della sua grande fama nel mondo cattolico e non cattolico, cosa che, se non costituisce prova sicura del valore di una persona, quanto meno è un segnale del quale non si può non tener conto.

Nel contempo in questi ultimi anni mi son giunte da persone fidate notizie non troppo confortanti sulle attività di Bose, nel senso di un ecumenismo non proprio in linea col Concilio Vaticano II, ma di tendenza protestante, e quindi succube del prestigio di questa forma deviata di cristianesimo, minimalista dal punto di vista dogmatico, diffidente nei confronti della Chiesa istituzionale in nome di un indisciplinato biblicismo, carismatismo o profetismo, fiacco dal punto di vista liturgico, debole nella cristologia, inerte per quanto riguarda la testimonianza cattolica, rinunciatario rispetto al dovere del cattolico di operare per condurre tutti nel seno della Chiesa cattolica.

Tale mia opinione o impressione mi si è rafforzata dopo aver letto di recente su di un sito cattolico un giudizio assai severo su Bianchi pronunciato da uno dei massimi teologi cattolici di oggi, uomo dottissimo e fedelissimo alla Chiesa, Mons. Prof. Antonio Livi, Accademico Pontificio, autore di numerosissime pubblicazioni di alto livello, illustre tomista, Professore emerito di Filosofia della Conoscenza nell'Università Lateranense, Presidente dell’Associazione internazionale "Sensus communis", Direttore editoriale della Casa Editrice Leonardo da Vinci.

Mons. Livi, esprimendo ovviamente una sua semplice opinione, come egli stesso afferma, non teme tuttavia di giudicare il Bianchi come “falso profeta” e “neognostico”, il che è peggio ancora di eretico, poiché lo gnosticismo, come è risaputo dagli studiosi, è una forma di presuntuosa e falsa sapienza, sedicente ispirata dallo Spirito Santo, che impedisce o spegne la fede alla radice, considerandosi superiore alla stessa rivelazione divina, espressa nei dogmi della fede comunicati al mondo dalla Chiesa cattolica.

L’intervento di Mons. Livi ha spinto il direttore di Avvenire, Dott. Marco Tarquinio, ad una forte ed intransigente  difesa di Bianchi, ma senza purtroppo che egli abbia addotto seri argomenti a suo favore, anche se non voglio dubitare delle rette intenzioni del direttore del prestigioso quotidiano cattolico patrocinato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Difficile però dire quanto Tarquinio abbia parlato secondo sue opinioni o anche con l’appoggio di qualche prelato della CEI.

Quanto alla S.Sede, non mi risulta che Bianchi abbia mai avuto da essa particolari elogi o riconoscimenti,mentre, come notava il giornalista Alessandro Gnocchi in un altro recente intervento contro Bianchi, non risulta che la Comunità di Bose, realtà veramente anomala dal punto di vista del diritto canonico, 
abbia mai ricevuto alcun riconoscimento giuridico da parte di Roma, cosa che certo non depone a favore né della natura né delle attività equivoche e confusionarie di questa strana comunità, che si copre con lo scudo dell’ecumenismo, ma che in realtà realizza un “ecumenismo” che non sembra essere conforme alle direttive della Chiesa.

Il caso Bianchi o il caso Bose non è l’unico nel confuso e degradato panorama dello ecumenismo italiano ed internazionale, che si richiama in modo sempre meno persuasivo al Concilio per darsi una patente di legittimità, mentre in modo sempre più scoperto questo cosiddetto “ecumenismo”, come del resto tutto il fenomeno modernistico, non è che longa manus di un mondo protestante più che mai vivo, fascinoso ed invadente ancora a cinquecento anni dalla morte del “Riformatore”, come se cinquecento anni di storia non avessero ancora insegnato ai fratelli protestanti che la loro “riforma” è stata in realtà la rovina della Chiesa e alla fine della stessa civiltà, con le corrotte e corruttrici correnti teologiche e filosofiche alle quali la Riforma ha dato ispirazione, nonché le immani tragedie politiche, sociali e militari, che ne sono state l’estrema conseguenza pratica.

Ecumenismo va bene, ma purchè sia fatto, si vorrebbe quasi dire, “come Dio comanda”, senza essere cioè un pasticcio inconcludente dove i protestanti s’impegolano ancor di più nei loro errori mentre i cattolici allocchi o furbi a seconda dei casi conservano un‘etichetta di “cattolico” priva di contenuto, mentre gli uni e gli altri, sulla loro nave, che affonda, ballano e si considerano i piloti che guidano verso nuove ed esaltanti mete del futuro.

C’è da augurarsi peraltro che il dibattito attorno a Bianchi e a Bose che si è recentemente acceso si mantenga nei limiti dell’urbanità e della serietà dottrinale, nella volontà di ricomporre le lacerazioni delle quali soffre il mondo cattolico. 
Di recente si sono presentate occasioni favorevoli per un serio confronto: il dibattito sui “castighi divini” a proposito di De Mattei, l’affare Castellucci, la discussione attorno a Celentano. Nascano da queste occasioni fenomeni di maturazione e di pacificazione e non l’esasperazione dei contrasti, dei quali siamo tutti stanchi e che non riflettono quella mutua carità che Cristo ha voluto per i suoi discepoli.






[Modificato da Caterina63 01/09/2014 11:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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