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Magistero Cattolico in pillole, a piccole dosi ma indispensabile... (4)

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2016 18:02
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02/09/2014 13:56
 
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Dal «Discorso sulle
beatitudini» di san Leone Magno, papa: «La beatitudine del regno di Cristo»

Carissimi, l’afflizione, alla quale qui viene promesso il conforto eterno, non
ha nulla in comune con le tribolazioni di questo mondo. Né si tratta di quei
lamenti che vengono emessi dagli uomini nel loro comune dolore. Questi lamenti
non rendono beato nessuno.

Diversa è la natura dei gemiti dei santi, come pure diversa
è la causa delle lacrime che meritano di essere chiamate beate. Il dolore
propriamente religioso è quello che piange o il peccato proprio o quello degli
altri. Né si duole perché questo male è colpito dalla giustizia divina, ma, se
si attrista, lo fa per quanto viene commesso dalla iniquità umana.

È il caso di piangere più colui che compie le opere del male, che chi ne è la
vittima, perché la malizia fa sprofondare l’iniquo nell’abisso della pena, la
sopportazione, invece, conduce il giusto alla gloria.

Perciò la terra promessa ai miti, e che toccherà in eredità
ai mansueti, rappresenta il loro corpo che, grazie ai meriti della loro umiltà,
nella beata risurrezione verrà trasformato e rivestito di gloria immortale. Il
loro corpo non sarà più assolutamente in contrasto con lo spirito, ma sarà
perfettamente conforme e unito al volere dell’anima. Allora infatti l’uomo
esteriore sarà possesso santo e pacifico dell’uomo interiore.

I miti allora possederanno la terra in pace duratura, senza
che sia menomato alcuno dei propri diritti. «Quando questo corpo corruttibile
si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità» (1 Cor
15, 54), allora il pericolo si cambierà in premio e ciò che fu di onere
gravoso, sarà di onore.





Da
«Scientia Crucis» di Santa Teresa Benedetta della Croce, vergine e martire

«Ai credenti in Cristo Crocifisso viene aperta la porta della vita»

Cristo si era addossato lui stesso il giogo della legge,
osservandola e adempiendola perfettamente, tanto da morire per la legge e
vittima della legge. Nello stesso tempo, tuttavia, egli ha esonerato dalla
legge tutti quelli che avrebbero accettato la vita da lui. I quali però
avrebbero potuto riceverla solo disfacendosi della propria. Infatti «quanti
sono stati battezzati in Cristo, sono stati battezzati nella sua morte» (Rm 6,
3). Essi si immergono nella sua vita per divenire membra del suo corpo, e sotto
questa qualifica soffrire e morire con lui; ma anche per risuscitare con lui
alla eterna vita divina. Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza
soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da ora «nella carne»
noi vi partecipiamo, in quanto crediamo: crediamo che Cristo è morto per noi, per
dare la vita a noi. […]

La croce non è fine a se stessa… non è soltanto un’insegna,
è anche l’arma vincente di Cristo, la verga da pastore con cui… Davide esce
incontro all’infernale Golia, il simbolo trionfale con cui egli batte alla
porta del cielo e la
spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina,
sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.







Lunedì 11 agosto, memoria di S. Chiara d’Assisi

Benedetto XVI, Udienza Generale, 15 settembre 2010

Una delle Sante più amate è senz’altro santa Chiara
d’Assisi, vissuta nel XIII secolo, contemporanea di san Francesco. La sua
testimonianza ci mostra quanto la Chiesa tutta sia debitrice a donne coraggiose
e ricche di fede come lei, capaci di dare un decisivo impulso per il rinnovamento
della Chiesa. […]

Nata nel 1193, Chiara apparteneva ad una famiglia
aristocratica e ricca. Rinunciò a nobiltà e a ricchezza per vivere umile e
povera, adottando la forma di vita che Francesco d’Assisi proponeva.

Resistendo alle pressioni dei suoi familiari che
inizialmente non approvarono la sua scelta, Chiara si stabilì con le prime
compagne nella chiesa di san Damiano dove i frati minori avevano sistemato un
piccolo convento per loro. In quel monastero visse per oltre quarant’anni fino
alla morte, avvenuta nel 1253. […]

Giacomo di Vitry [un vescovo fiammingo in visita in Italia],
aveva colto con perspicacia un tratto caratteristico della spiritualità
francescana cui Chiara fu molto sensibile: la radicalità della povertà
associata alla fiducia totale nella Provvidenza divina. Per questo motivo, ella
agì con grande determinazione, ottenendo dal Papa Gregorio IX o, probabilmente,
già dal papa Innocenzo III, il cosiddetto Privilegium Paupertatis (cfr FF,
3279). In base ad esso, Chiara e le sue compagne di san Damiano non potevano
possedere nessuna proprietà materiale. […]

Ciò mostra come anche nei secoli del Medioevo, il ruolo
delle donne non era secondario, ma considerevole. A questo proposito, giova
ricordare che Chiara è stata la prima donna nella storia della Chiesa che abbia
composto una Regola scritta, sottoposta all’approvazione del Papa. […]

Nel convento di san Damiano Chiara praticò in modo eroico le
virtù che dovrebbero contraddistinguere ogni cristiano: l’umiltà, lo spirito di
pietà e di penitenza, la
carità. Pur essendo la superiora, ella voleva servire in
prima persona le suore malate, assoggettandosi anche a compiti umilissimi.




Giovedì 14 agosto, memoria di S. Massimiliano M. Kolbe

Dalle
lettere di san Massimiliano Maria Kolbe

«
Zelo apostolico per la salvezza e la santificazione delle anime»

Nei nostri tempi, constatiamo, non senza tristezza, il propagarsi
dell’«indifferentismo». Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in
varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli
istituti religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e
principale preoccupazione deve essere quella di dargli lode nella misura delle
nostre deboli forze, consapevoli di non poterlo glorificare quanto egli merita.
[…]

Attraverso la via dell’obbedienza noi superiamo i limiti della nostra
piccolezza, e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire
rettamente con la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina
volontà a cui nessuna creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti.

Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l’unica via nella quale
possiamo rendere a Dio la massima gloria. Se esistesse una via diversa e più
adatta, il Cristo l’avrebbe certamente manifestata con la parola e con
l’esempio. Il lungo periodo della vita nascosta di Nazareth è compendiato dalla
Scrittura con queste parole: «e stava loro sottomesso» (Lc 2, 51). Tutto il
resto della sua vita è posto sotto il segno dell’obbedienza, mostrando
frequentemente che il Figlio di Dio è disceso sulla terra per compiere la
volontà del Padre.





22 agosto, memoria della Beata Maria Vergine Regina

Dalle
«Omelie» di sant’Amedeo di Losanna, vescovo: 
«Regina del mondo e della pace»

La santa
Vergine Maria fu assunta in cielo. Ma il suo nome ammirabile
rifulse su tutta la terra anche indipendentemente da questo singolare evento, e
la sua gloria immortale si irradiò in ogni luogo prima ancora che fosse
esaltata sopra i cieli. […] Era giusto che la sua santità e la sua grandezza
andassero crescendo quaggiù, passando di virtù in virtù e di splendore in
splendore per opera dello Spirito Santo, fino a raggiungere il termine massimo
al momento della sua entrata nella dimora superna.

Perciò quando era qui con il corpo, pregustava le primizie del regno futuro,
ora innalzandosi fino a Dio, ora scendendo verso i fratelli mediante l’amore.
Fu onorata dagli angeli e venerata dagli uomini. […] Abitava nel sublime
palazzo della santità, godeva della massima abbondanza dei favori divini, e sul
popolo credente e assetato faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che
nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature. 





Dalle «Omelie sul
vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo: 
«Sale della terra
e luce del mondo»

«Voi siete il sale della terra» (Mt 5, 13). Vi viene affidato il ministero
della parola, dice il Cristo, non per voi, ma per il mondo intero. […] Un uomo
mite, umile, misericordioso e giusto non tiene nascoste in sé simili virtù, ma
fa sì che queste ottime sorgenti scaturiscano a vantaggio degli altri. E chi ha
un cuore puro, amante della pace e soffre per la verità, dedica la sua vita per
il bene di tutti. […]

Il sale non salva ciò che è putrefatto… prima Dio rinnovava
i cuori e li liberava dalla corruzione, poi li affidava agli apostoli, allora
essi diventavano veramente «il sale della terra», mantenendo e conservando gli
uomini nella nuova vita ricevuta dal Signore. È opera di Cristo liberare gli
uomini dalla corruzione del peccato, ma impedire di ricadere nel precedente
stato di miseria spetta alla sollecitudine e agli sforzi degli apostoli. […]

Gesù afferma: «Ma se il sale perdesse il sapore, con che
cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e
calpestato dagli uomini» (Mt 5, 13). Perché poi, udendo la frase: «Quando vi
insulteranno, vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi»
(Mt 5, 11), non temano di farsi avanti, sembra voler dire: Se non sarete pronti
alle prove, invano io vi ho scelti. Così verranno le maledizioni a
testimonianza della vostra debolezza. Se, infatti, per timore dei
maltrattamenti, non mostrerete tutto quell'ardimento che vi si addice, subirete
cose ben peggiori, avrete cattiva fama e sarete a tutti oggetto di scherno.
Questo vuol dire essere calpestati.

Subito dopo passa ad un'altra analogia più elevata: «Voi siete la luce
del mondo» (Mt 5, 14). Nuovamente dice del mondo, non di un solo popolo o di
venti città, ma dell'universo intero: luce intelligibile, più splendente dei
raggi del sole. Parla prima del sale e poi della luce, per mostrare il
vantaggio di una parola ricca di mordente e di una dottrina elevata e luminosa.





Giovedì 28 agosto, memoria di S. Agostino d’Ippona, dott.
della Chiesa

Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo (Lib. 7, 10, 18; 10, 27;
CSEL 33, 157-163. 255)

«
Eterna verità e vera carità e cara eternità!»

O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro
giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi
quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere.
Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di
me. […] Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e
non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini,
l'Uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5), «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei
secoli» (Rm 9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la
vita» (Gv 14, 6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio
essere, poiché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14). […]

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti
cercavo. […] Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora
anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo
dal desiderio di conseguire la tua pace.





Venerdì 29 agosto, memoria del Martirio di S. Giovanni
Battista

Dalle
«Omelie» di san Beda, il Venerabile, sacerdote: 
«Precursore della nascita e della morte di Cristo»

Il beato precursore della nascita del Signore, della sua predicazione e
della sua morte, dimostrò una forza degna degli sguardi celesti nel suo
combattimento. Anche se agli occhi degli uomini ebbe a subire tormenti, la sua
speranza è piena di immortalità, come dice la Scrittura (cfr. Sap 3, 4). È ben
giusto che noi ricordiamo con solenne celebrazione il suo giorno natalizio.
Egli lo rese memorabile con la sua passione e lo imporporò del suo sangue. È
cosa santa venerarne la memoria e celebrarla in gioia di spirito. Egli confermò
con il martirio la testimonianza che aveva dato per il Signore.[…] Perciò ben dice l’Apostolo: «Le sofferenze del momento
presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esser rivelata in
noi» (Rm 8, 18).







 

[Modificato da Caterina63 08/09/2014 19:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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