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La fine dei tempi La fine del mondo nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2014 20:08
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21/10/2014 20:08
 
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  Risorgeremo




Non solo l'anima immortale, ma anche la nostra carne è destinata alla vita eterna.


 


Anche noi risorgeremo. E non solo con lo spirito. E nemmeno tramite una risurrezione corporea come quella di Lazzaro. Bensì ci apparterrà una realtà unica di spirito redento e corpo glorificato, simile a quella già manifestata in Gesù Cristo. Se non crediamo in questo non siamo cristiani, ma Sadducei.
I Sadducei si scontravano con i Farisei negando la risurrezione dei corpi. Ma Gesù e le Scritture, specialmente i Vangeli, promettono per i giusti una vera risurrezione, nella quale i primi cristiani credevano pienamente.

Nelle sue Lettere, san Paolo scrive: "E se lo spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11). E altrove: "Se a causa di un uomo [Adamo] venne la morte a causa di un uomo [Cristo] verrà anche la risurrezione dei morti" (1 Cor 15,21).

Come si può osservare, l'affermazione che ci attende la risurrezione della carne è esplicita, ferma, indiscutibile e a ciò siamo tenuti a credere noi cattolici.

I Padri della Chiesa e la Tradizione nei secoli hanno confermato la fede nella risurrezione dei corpi. Tertulliano, nel De resurrectione carnis, scrive: "La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali". Questa fede si sedimentò anche nel nostro Credo: "Credo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà".

Il Concilio Lateranense IV (1215) insegna che "tutti risorgeremo con il proprio corpo che qui portiamo" (05, 801).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto 990, recita: "La risurrezione della carne significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell' anima immortale, ma che anche i nostri corpi mortali riprenderanno vita". E aggiunge: "Il 'come' supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all'Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo" (n. 1000).

Occorre evitare i due estremi: "da una parte un materialismo primitivo il quale suppone che nella risurrezione noi riprenderemo la stessa materia, la stessa carne e le stesse ossa che abbiamo ora in questa vita. Ora sappiamo che già in questa vita la nostra materia muta ogni sette anni circa. L'identità della persona tra questa e l'altra vita non può dunque dipendere dall'identità della materia... Da li' altra, questa trasformazione non si può pensare nel senso di uno spiritualismo alieno dal mondo e unicamente fatto di spirito. Si tratta di una nuova corporeità, trasformata e trasfigurata dallo Spirito di Dio" (Catechismo Cattolico degli adulti, Conferenza Episcopale Tedesca, V, 2,3).

Sembra dunque superfluo porsi domande riguardo l'aspetto che avremo una volta risorti. Cristo Risorto appariva con l'aspetto che egli desiderava, poiché la sua corporeità era del tutto sottomessa alla volontà dello spirito. Anzi, scompariva anche agli sguardi a suo piacimento. E fuorviante sarebbe domandarci: "dove dimorerà il nostro corpo? In Cielo o sulla terra?".

La separazione fra Cielo e terra è una dicotomia contingente che appartiene al regno del peccato, e non alla Gerusalemme celeste. Le apparizioni di Cristo, l'Ascensione e, se vogliamo, le apparizioni di Maria ci indicano delle modalità di manifestazione che però non ci sottraggono al mistero. Certo è che in questo Eden, mai distrutto dalla mano di Dio ma anzi custodito dai Cherubini (Gen 3,24) godremo dei frutti dell'albero della vita e saremo irradiati dalla luce del Risorto.





IL TIMONE – N. 3 - ANNO I - Settembre/Ottobre 1999 - pag. 18


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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