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L’intervento di Paolo VI al Concilio Vaticano II per la Dei Verbum

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2014 20:12
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06/12/2014 20:09
 
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III. La storicità dei vangeli


Il terzo emendamento apportato in extremis al testo della costituzione dommatica sulla rivelazione (cap. v, n. 19) riguardava un altro punto molto delicato: quello della storicità dei Vangeli. Ecco, al solito, il confronto fra i due testi:

Testo emendato

«Evangeliorum indoles historica,
«Sancta Mater Ecclesia firmiter et costantissime tenuit ac tenet quattuor recensita Evangelia vere tradere quae Iesus, Dei Filius, vitam inter homines degens, ad aeternam eorum salutem reapse et fecit et docuit.
«...Auctores autem sacri quattuor Evangelia conscripserunt… ita semper ut vera et sincera de Iesu nobis communicarent» (n. 19).

Testo definitivo

«Sancta Mater Ecclesia firmiter et costantissime tenuit ac tenet quattuor recensita Evangelia, quorum historicitatem incunctanter affirmat, fideliter tradere quae Iesus, Dei Filius, vitam inter homines degens, ad aeternam eorum salutem reapse fecit et docuit, usque in diem qua assumptus est.
«...Auctores autem sacri, quattuor Evangelia conscripserunt... ita semper ut vera et sincera de Iesu nobis communicarent ».

Nelle votazioni del 22 settembre 1965, il n. 19 riportò, fra tutti, il numero più alto di non placet: 61; mentre l’intero Cap. V, nel suo insieme, assommò 313 placet iuxta modum. Le più numerose proposte di emendamento riguardavano appunto il n. 19, verso la fine, là dove si diceva «ut vera et sincera». L’espressione era ritenuta insufficiente giacché, si argomentava, secondo un altro punto dello schema (n. 12), in cui era detto «veritas seu id quod auctor asserere voluit», davasi ansa a concludere potersi dir vera anche una cosa non reale, che l’autore intendesse asserire; ed anche la sincerità denotava solo l’assenza di dolo in una narrazione che, per sé, potrebbe essere perfino fantastica. In altre parole, secondo questi Padri, non si affermava inequivocabilmente il carattere storico dei Vangeli. Si suggerivano, perciò, delle precisazioni.

Anche in questo caso, la Commissione non ritenne di dover accedere alle richieste, dandone queste giustificazioni: a) l’aggiunta della parola «storica» qui non otterrebbe l’effetto sperato; b) si dicono vere quelle cose che concordano con la realtà del fatto; c) la confusione che poteva derivare dall’espressione «veritas seu id quod auctor asserere voluit» era stata eliminata, modificando tale frase; d) infine, la parola «sincera» completava l’altra (vera), come elemento soggettivo che completa quello oggettivo.

Questa decisione e la sua motivazione vennero portate a conoscenza del Santo Padre intorno al 14 ottobre, ma a tale data il Papa già divisava doversi di nuovo far presente alla Commissione la necessità di riesaminare quel punto del testo, sembrando insufficienti le sole affermazioni di esso, giacché, nonostante tutte le spiegazioni, la parola «sincera» avrebbe potuto essere interpretata con qualche indeterminatezza (sincerità può attribuirsi, soggettivamente, ad ogni onesto), mentre quando si dice che un racconto è degno di fede storica, ben altro valore, più preciso ed esplicito, si attribuisce alla sua testimonianza.

Il 17 ottobre il Papa faceva preparare la lettera a cui s’è più volte accennato, chiedendo che la veridicità storica dei Vangeli fosse espressamente difesa mediante la formula: «vera seu historica fide digna» invece dell’altra «vera et sincera». «Sembra infatti – si leggeva nella lettera suddetta – che la prima non garantisca la storicità reale dei Vangeli; e su questo punto, com’è ovvio, il Santo Padre non potrebbe approvare una formula che lasciasse dubitare della storicità di questi santissimi Libri».

Nella riunione della Commissione, il 19 ottobre, il card. Bea venne ascoltato anche su questo punto, ribadendo la inopportunità della formula «vera et sincera» e sostenendo quella proposta dal Pontefice. Da altri, però, fu fatto notare che, in quei termini ed in quel contesto, neppure la nuova formula avrebbe eliminato la difficoltà, poiché molti protestanti, specialmente il Bultmann ed i suoi seguaci, intendono a modo loro la fides historica, identificandola con l’atto del credente che proietta la sua esperienza esistenziale su una narrazione fittizia, da cui, poi, è compito del dotto esegeta espungere ogni elemento mitico. Perciò, a riaffermare senza equivoci la storicità dei Vangeli, alla cui luce, quindi, avrebbero dovuto anche intendersi il «vera et sincera», si proponeva di inserire nello stesso paragrafo, ma poco più sopra, una chiara attestazione in proposito.

Questa soluzione, che racchiudeva la sostanza e lo scopo dell’emendamento proposto dal Pontefice, fu approvata con 26 voti favorevoli e 2 contrari. E così è passata nel testo definitivo.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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