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L’intervento di Paolo VI al Concilio Vaticano II per la Dei Verbum

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2014 20:12
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06/12/2014 20:10
 
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IV. Alcune riflessioni


I fatti sopra riportati suggeriscono alcune riflessioni.

La prima riguarda la Commissione dottrinale, al cui lavoro paziente e diuturno si deve un testo veramente importante, nel quale saggiamente si contemperano la sicurezza della dottrina, il dosato equilibrio tra il certo e l’opinabile, la sollecitudine di non dirimere questioni ancora legittimamente discusse, il rispetto per la libera ricerca da parte degli esegeti[12]. La Commissione ha lavorato con serenità, senza indebite pressioni, avvalendosi rispettosamente fino all’ultimo della libertà ad essa lasciata nella scelta, nelle decisioni, nelle votazioni.

A confortare il lavoro della Commissione – è questa la seconda cosa da notare – ha grandemente giovato il costante e fattivo interessamento del Santo Padre, che ha voluto seguire con attenzione i lavori, specie negli ultimi momenti particolarmente delicati e risolutivi. L’azione del Papa nei riguardi della Commissione è stata, anzitutto, sommamente rispettosa e delicata, informandola e facendo in modo che tenesse presente anche le osservazioni che a lui pervenivano. Proponendo ad ulteriore esame alcuni emendamenti, non mancava di far rilevare che non intendeva «alterare sostanzialmente né lo schema stesso né l’opera della Commissione, sì bene perfezionarla in alcuni punti di grande importanza dottrinale».

Nelle missive inviate, in suo nome, alla Commissione, ritornano continuamente espressioni come queste: «Il S. Padre ritiene opportuno…; la Commissione voglia benevolmente, ma liberamente considerare l’opportunità…; voglia considerare con nuova e grave riflessione la convenienza…; il Santo Padre crede di dover pregare che l’espressione…; il Santo Padre confida d’incontrare nella Commissione la comprensione ch’essa ha riservato ad ogni altro autorevole suggerimento dei Padri del Concilio…» ecc. Se invita la Commissione a riunirsi nuovamente, lo fa sembrandogli ciò «il modo anche più chiaro e deferente per mettere la Commissione stessa a conoscenza di tutti gli elementi utili al lavoro che le è assegnato».

La delicatezza del Santo Padre si manifesta altresì nelle lodi attribuite al lavoro della Commissione, come pure nelle parole di ringraziamento espresse, a volte anche personalmente, per lettera a quanti gli facevano pervenire note e suggerimenti.

Gli interventi pontifici – ed è questa la terza osservazione – furono sempre improntati a grande prudenza. Questa gli suggeriva di rendersi personalmente conto delle questioni, studiando, consultando o facendo interrogare persone competenti, leggendo e spesso postillando le carte pervenutegli. In tal modo i suoi interventi furono ben ponderati, alieni dal voler risolvere d’autorità questioni ancora immature, pronunziandosi per l’una o per l’altra parte; furono interventi studiati ed abbondantemente motivati. E tra questi motivi, di ordine eminentemente dottrinale e pastorale, non si scorge la preoccupazione di cercare una conciliazione ad ogni costo fra maggioranza e minoranza. La maggiore vastità possibile di consensi la si ricerca, ma intorno alla solidità e chiarezza della dottrina.

Nel compiere questi passi, il Santo Padre era pure guidato da un vivo senso di responsabilità «davanti a Dio e alla sua coscienza», impostogli dall’alto ufficio affidatogli. Tra i Padri conciliari, faceva scrivere nella citata lettera del 18 ottobre alla Commissione dottrinale, il Papa «anch’egli si considera non solo chiamato a ratificare o disapprovare le loro deliberazioni, ma altresì a collaborare, affinché siano degne della comune approvazione». Nello stesso senso aveva scritto, in pari data, ad un insigne personaggio fattosi portavoce di un certo allarmismo diffusosi circa gli interventi pontifici, e di alcuni timori secondo i quali questi passi, gratuitamente ritenuti una forma di coercizione morale sul Concilio e sulla Commissione, avrebbero recato grave danno al prestigio della Chiesa e del Concilio, specialmente nei paesi anglosassoni ed in America, dove gli animi – si diceva ancora – sono particolarmente sensibili ad ogni violazione di Regolamento.

«…Desideriamo subito farle sapere – scriveva il Papa – che è davvero nostra intenzione di invitare la Commissione conciliare de doctrina fidei et morum a voler considerare l’opportunità di perfezionare alcuni punti dello schema de divina revelatione, stimando nostro dovere raggiungere un grado di sicurezza dottrinale, che ci consenta di associare la nostra approvazione a quella dei Padri conciliari.
«E pensiamo anche che questo nostro intervento presso la Commissione conciliare sia perfettamente regolare, essendo nostro ufficio non solo ratificare o respingere il testo in questione, ma quello altresì, come ogni altro Padre conciliare, di collaborare al suo perfezionamento con opportuni suggerimenti… Sembra questo il modo anche più chiaro e deferente per mettere la Commissione stessa a conoscenza di tutti gli elementi utili al lavoro che le è assegnato. Ci consenta, pertanto, di rilevare che nessuna offesa è recata all’autorità del Concilio, come Ella invece sospetta, ma piuttosto doveroso contributo all’esercizio delle sue funzioni.
«Quanto, poi, al rispetto alla libertà del Concilio e all’osservanza della norma stabilita, nulla può far più piacere a noi quanto veder richiamati questi principi, cari non meno agli anglosassoni che ai romani. Essi hanno avuto nel Concilio la più rigorosa osservanza».

Valgono queste note a farci apprezzare, una volta di più, l’azione moderatrice, forte e soave nello stesso tempo, esercitata da Paolo VI. Insieme coi Padri conciliari, al loro fianco e come loro guida, nell’esercizio delicato del confirma fratres tuos (Lc. 22, 32), egli è stato lo strumento dello Spirito Santo per assicurare alla Chiesa una fioritura di testi conciliari ricchi di saggezza e di dottrina sicura.

E valgono pure queste pagine a far comprendere quanta doverosa cautela deve guidare la penna di chi affronta certi argomenti.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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