A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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1216-2016 Giubileo 800 anni Ordine dei Predicatori i Domenicani

Ultimo Aggiornamento: 09/11/2015 15:04
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L'Ordine dei Predicatori si sta preparando per la celebrazione giubilare in occasione degli 800 anni della sua approvazione.
Come domenicani, sappiamo che la preghiera è essenziale per entrare nelle dinamiche di rinnovamento e di metanoia a cui la celebrazione del Giubileo ci chiama.
 
Dio di misericordia,
nella tua eterna Sapienza, hai chiamato Domenico, tuo servo,
a mettersi in cammino nella fede,
quale pellegrino itinerante e predicatore di grazia.
Celebrando questo Giubileo,
ti domandiamo d’infondere nuovamente in noi
lo Spirito di Cristo risorto,
perché possiamo proclamare con fedeltà e gioia
il Vangelo di pace,
per lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore.
Amen.


Ricordiamo anche:

San Tommaso d'Aquino, fulgida stella dell'Ordine guzmano, clicca qui;

Novena e Preghiera a Santa Caterina da Siena - 29 aprile - cliccare qui;

Novena e i Nove modi di pregare di San Domenico di Guzman, cliccare qui:

Video su Lettera sul Rosario del Maestro dell'Ordine dei Predicatori :
it.gloria.tv/?media=83264

L'Ordine di san Domenico, per commemorare i suoi 800 anni di vita (1216-2016), sta vivendo momenti forti in preparazione per questo grande Giubileo. E per farlo bene, il nostro Maestro Generale, fra le molte tracce di cammino, ha indicato il Rosario e la sua riscoperta, quale via fondamentale per un nuovo e santo rinnovamento.
 


O Spem Miram 
O spem miram quam dedisti mortis hora te flentibus, dum post mortem promisisti te profutúrum frátribus : Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.
Qui tot signis claruisti in ægrórum corpóribus, nobis opem ferens Christi, ægris medére móribus.
Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.
Glória Patri, et Filio, et Spiritui Sancto.
Imple Pater quod dixisti, nos tuis juvans précibus.

****
 
O mirabile speranza, che tu hai donato a coloro che piangono nell’ora della morte e ai tuoi fratelli per il futuro dopo la morte. Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.
Tu che con tanti segni sei apparso nei corpi degli ammalati portandoci l’opera di Cristo, allontanaci dal peccato.
Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo.
Adempi, o Padre, quanto promettesti, aiutandoci con le preghiere.

V. Prega per noi, San Domenico.
 
R. E saremo degni delle promesse di Cristo.
O Dio, che hai fatto risplendere la tua Chiesa con le opere e la predicazione di S. Domenico nostro Padre, dona ai suoi figli di crescere nell'umile servizio della verità.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Lumen Ecclesiae
 

O lumen Ecclesiae, / Doctor veritatis, / Rosa patientiae, / Ebur castitatis, / Aquam sapientiae / propinasti gratis, / Praedicator gratiae / nos junge beatis.
 

**********
 

Luminare della Chiesa, / dottore di verità, / miracolo di pazienza, / splendore di castità, / gratuitamente hai effuso ovunque / la luce della sapienza: / Predicatore della grazia, / ricongiungi anche noi ai santi del cielo.
 

V. Prega per noi, San Domenico.
 
R. E saremo degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
Per intercessione di S. Domenico, nostro Padre e Protettore, ti supplichiamo, Dio Onnipotente, di sollevarci dal peso dei nostri peccati. Per Cristo nostro Signore.
Amen.


 

     


Che cos'è il Giubileo   versione testuale
Mandati a predicare il Vangelo
 
 
 
 
L’ordine dei Predicatori celebrerà un Anno Giubilare, avente per tema “Mandati a predicare il Vangelo”. Queste parole si riferiscono all’incipit delle Bolle promulgate da Papa Onorio III otto secoli fa, che nel 1216 e nel 1217 confermarono la fondazione dell’Ordine.
Propriamente parlando, l’Anno Giubilare sarà celebrato tra il 7 Novembre 2015 (festa di Tutti i Santi dell’Ordine) e il 21 Gennaio 2017 (la data della Bolla Gratiarum omnium largitori di Pope Honorius III).

Approccio di conversione

Per il popolo d’Israele il Giubileo era un tempo di gioia e di rinnovamento, in cui «ognuno di voi ritornerà alla sua proprietà e alla sua famiglia» (Lev 25,10). Se il nostro Giubileo ci inviterà a ritornare alle origini dell’Ordine, paradossalmente sarà così che ci ricorderemo di come S. Domenico mandò via i primi frati dalle loro case, famiglie e nazioni per scoprire la gioia e la libertà dell’itineranza. La nostra mobilità significa di più che muoverci da un posto all’altro; come discepoli di Cristo, noi siamo mandati a predicare il Vangelo.
È stato proposto un duplice modo di avvicinarci a quest’occasione del nostro Giubileo: un approccio di gratitudine per il dono della vocazione nell’Ordine, per la fiducia del Signore in noi e la sua fedeltà a noi, per la tradizione che ci è stata tramandata, per la ricchezza e la diversità con cui i frati di oggi adempiono alla missione di predicare, e per le nuove vocazioni che ci sono state date. Un approccio di verità e umiltà che deriva dalle fonti della nostra storia e della nostra tradizione in spirito di gratitudine e di conversione, pregando il Signore di rinnovare la generosità e la libertà interiori che ci renderanno di nuovo pronti ad essere mandati a proclamare il Vangelo con passione, creatività e gioia, proprio come fecero i primi confratelli di Domenico.

Rinnovamento dell’Ordine

Preparare il Giubileo durante i prossimi tre anni significa entrare in un pocesso dinamico di rinnovamento. L’Ordine cerca di rinnovarsi entrando in un processo che culmini nel mandare i frati a predicare in modo nuovo, proprio come Domenico mandò i primi confratelli. Condividiamo la gioia e la libertà di essere mandati, seguendo S. Domenico, con l’intera Famiglia Domenicana.
Preparandoci per il Giubileo affermiamo che, come Domenicani, siamo mandati a predicare la Buona Novella della Resurrezione di Cristo. Mentre ci prepariamo ad essere nuovamente «mandati» ci chiediamo: da chi siamo mandati? A chi siamo mandati? Con chi siamo mandati? Che cosa portiamo con noi nell’essere mandati?
Il capitolo generale ha scelto di richiamare l’attenzione di tutti i nostri frati e di tutte le nostre comunità su certi aspetti concreti della nostra vita, invitandoci a trarre vantaggio da questo tempo di preparazione al Giubileo come da una possibilità di rafforzare la vita e la missione dell’Ordine. Lungi dall’essere semplicemente un’effimera auto-celebrazione, il capitolo propone che il Giubileo sia un sentiero – una «scuola» – di verità e di umiltà, un sentiero verso la conversione che ci inviti, come individui e come comunità, a riempire pienamente di significato ognuna delle dimensioni e delle esigenze della vita che professiamo.

Criteri per la celebrazione del Giubileo

La celebrazione dovrebbe essere orientata verso Dio, dal quale riceviamo il dono della nostra vocazione domenicana, e verso coloro ai quali siamo mandati.
Ricordare la nostra storia è ricordarci delle nostre origini in spirito di gratitudine, e aiutare noi stessi a scoprire il ruolo dell’itineranza nel nostro stile di vita.
La celebrazione del Giubileo è un’opportunità per noi, in spirito ecumenico, di avventurarci in «mondi nuovi» in dialogo e solidarietà con gli ultimi, i poveri, le vittime della violenza e dell’oppressione. Noi dovremmo stendere la mano ai credenti di altre tradizioni religiose come ai non credenti, vicini a loro nella loro ricerca di significato.
La celebrazione del Giubileo dovrebbe riflettere la creatività che è oggi necessaria per predicare attraverso le arti e i moderni mezzi di comunicazione.
La celebrazione del Giubileo deve includere tutti i rami della Famiglia Domenicana, e riuscire a catturare la voce e l’immaginazione dei giovani.



[Modificato da Caterina63 06/04/2015 10:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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 I laici di S. Domenico - disse Pio XII in un Congresso del Terz’Ordine domenicano (29 Agosto 1958) sono un gruppo scelto di laici dediti ai maggiori obiettivi dell’apostolato contemporaneo.”
Oggi in particolare i laici sono chiamati a svolgere compiti speciali nella missione di salvezza della Chiesa: sono testimoni privilegiati del vangelo nelle “cose del mondo”.

Per questo i suoi compiti possono essere svolti più facilmente se appartiene ad un gruppo o famiglia per sua natura apostolica, come la famiglia domenicana.

Il laico domenicano ha una funzione molto importante nell’ambito della “famiglia di S. Domenico”. Sull’esempio di Domenico egli è consacrato a “rendere testimonianza alla verità”, a donare “la verità che libera” e a indicare la via della salvezza.
 
Di esse fanno parte uomini e donne, giovani e anziani, operai e professionisti, professori, studenti, artisti.... tutti uniti da una comune vocazione, la vocazione dell’Ordine di S. Domenico: l’amore alla verità, verità da amare, verità da conoscere, da vivere nella fedeltà al vangelo, verità da annunciare con la vita e la parola.



I Laici Domenicani   versione testuale
Storia
 
 
 
Il Laicato Domenicano, ramo della Famiglia Domenicana, esisteva già ai tempi di San Domenico, forse preesistente all'Ordine stesso, nato come «Ordine della Penitenza» in altri casi si riconoscevano con il termine "Le Mantellate" per via della mantella nera che portavano in segno di austerità e penitenza nel costume, Figlia di maggior splendore, fra le Mantellate, è proprio Santa Caterina da Siena.
Movimento penitenziale, che gravitava attorno ai conventi, ebbe la sua prima Regola dal Maestro Generale dei Domenicani Munio di Zamora nel 1285. Approvata da Innocenzo VII nel 1405, la regola fu manuale di intere generazioni di Laici che, pur restando nel mondo, si ispiravano e vivevano la spiritualità dell'Ordine, di cui si sentivano membri effettivi.
Dopo varie modifiche, l'ultima stesura della Regola fu elaborata dal Congresso Internazionale dei Laici Domenicani nel 1985 a Montreal, approvata definitivamente dalla Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari nel gennaio 1987.

La Regola del Laicato Domenicano si compone di due parti. La prima parte, dal titolo "Costituzione fondamentale", riguarda i laici in senso lato, cioè fissa in maniera molto generica le condizioni che una qualsiasi associazione deve osservare per poter venire aggregata alla Famiglia Domenicana.
Ai Laici Domenicani in senso stretto è destinata la seconda parte della Regola, che ha conservato il significativo titolo di «Regola delle Fraternite Laicali di San Domenico».

Le attuali Fraternite fanno capo ad una regola molto generica destinata a tutte le Fraternite sparse nel mondo e ciascuna nella sua situazione nazionale a un Direttorio Nazionale, creato dal Maestro Generale dell'Ordine e destinato ad applicare la regola alle diverse situazioni.

I Laici Domenicani sono, come sottolinea la stessa denominazione, laici, cioè battezzati con una missione e una loro dignità e indipendenza. Sono, però, dei veri domenicani che, in forza della loro professione emessa in nome del Maestro Generale, vengono incorporati all'Ordine accettandone in pieno la giurisdizione, garantendogli anche quella fedeltà alla Chiesa, al Magistero e al Papa. Sono, pertanto, giuridicamente al pari dei frati e delle monache, membri dell'Ordine a pieno titolo.
In quanto laici, come tutti gli altri, devono certo santificarsi vivendo nel mondo; in quanto Domenicani, dovranno farle impostando la loro vita «sull'esempio di San Domenico e di Santa Caterina da Siena,, illustrando la vita dell'Ordine e della Chiesa» (Reg. 5).

Devono vivere il carisma dell'Ordine Domenicano: la predicazione ordinata alla salvezza delle anime. Come ribadisce il Direttorio Nazionale, il Laico Domenicano «si considera e si comporta sempre e dovunque da apostolo di Cristo, secondo il progetto di vita di S. Domenico» (D.N. 14).
Tale progetto si avvale di quattro mezzi essenziali: vita comune, penitenza, studio e preghiera.
La vita comune, nell'intento di S. Domenico, non è importante solo per l'esercizio reciproco della carità fraterna, ma anche per la predicazione che, appoggiata e coordinata da una comunità, risulta molto più efficace dell'attività di un individuo isolato.

Il Laico Domenicano in forza della propria vocazione è chiamato non solo a una vita spirituale e apostolica personale, ma anche a esprimere l'indole secolare in una vita di comunione e di impegni con la propria Fraternita» (D.N. 16).
Gli incontri della Fraternita diventano così per il Laico, non solo l'occasione per l'esercizio della carità fraterna, ma il luogo della sua formazione dottrinale (D.N. 21), il luogo della sua preghiera comunitaria (D.N. 22), il luogo dove si organizzano le attività apostoliche e caritative secondo lo spirito di S. Domenico (D.N. 17 e 23).

La Regola, pur nella libertà di scelta, impegna i singoli a sentire il bisogno della mortificazione e della penitenza. Per quanto riguarda lo studio, esso è un obbligo anche per i Laici Domenicani, essendo tenuti, in forza della loro professione, ad essere dei predicatori. Questo aspetto si snoda in diversi punti: studio della Parola (la Bibbia, specialmente i Vangeli); studio dei Documenti nati all'interno dell'Ordine Domenicano e che possono anche essere le vite dei Santi dell'Ordine come ad esempio s.Caterina da Siena e il suo Dialogo, come le opere di s.Tommaso d'Aquino; studio del Magistero della Chiesa, specialmente quello specifico sui Laici e sulla loro missione nel mondo come la Christi fidelis Laici; a tutto questo si aggiunga la specifica materia che è data dal culto alla Beata Vergine, prima fra tutti il Rosario che diventa materiale di studio (la Parola) e di Preghiera (contemplazione).

La formazione viene affidata sia all'Assistente ( di solito un frate o una suora) che al Maestro di formazione (laico), ma soprattutto il Priore negli incontri di Fraternita «deve preoccuparsi di dare spazio alla cultura e allo studio, che sono alla base del progresso spirituale, sia individuale che comunitario» (D.N. 21).
S. Domenico volle infine come quarto mezzo, ma il più importante di tutti, la preghiera, sia quella personale che quella comunitaria. Il parlare con Dio, cioè pregare, è indispensabile per parlare di Dio al prossimo, cioè per predicare.
La preghiera permette al Laico Domenicano di mettere in pratica il carisma dell'Ordine sintetizzato da S. Tommaso nel motto: «Contemplata aliis tradere»: portare agli altri il frutto della propria contemplazione.

Essere Domenicani vuol dire sentire come S. Domenico l' ansia della salvezza delle anime, predicando la parola di Dio e testimoniando la Verità, servendosi, per fare ciò, dei mezzi messi a disposizione dal Santo Fondatore.

I Laici Domenicani devono vivere non solo il carisma, ma anche lo spirito dell'Ordine, cioè quello stile di pensiero e di vita che concorre a coltivare e amare di più il carisma. Fanno parte dello spirito dell'Ordine anche le varie devozioni, che sono parte integrante della vita della Famiglia Domenicana: la devozione Eucaristica che è la fonte primaria, la devozione al SS. Nome di Gesù, la devozione alla Passione del Signore e la devozione alla Madonna.

La Vergine Maria, considerata ispiratrice e patrona dell'Ordine, occupa un posto del tutto speciale nella vita dei figli di S. Domenico. E' risaputo che i Domenicani sono stati e sono tuttora sostenitori e diffusori della pia pratica del Rosario, diventata, per merito di Pio V, papa domenicano, preghiera universale della Chiesa.....




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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  Domenicani e Predicazione (articolo 2012-2013 pubblicato su Rosarium, rivista del Movimento Domenicano del Rosario per la Provincia San Domenico)


Siamo nell'Anno della Fede e, in qualità di Terziaria Domenicana, non posso non chiedermi cosa mi offre l'Ordine Domenicano nel campo della cosiddetta "nuova evangelizzazione" così insistentemente consegnata anche a noi, Christifidelis Laici, dal Santo Padre Benedetto XVI attraverso il MP Porta Fidei.


Certo, in virtù del Battesimo (ed anche  con gli altri Sacramenti quali l'Eucaristia e la Cresima), noi Laici, siamo "chiamati" ad una predicazione costante e quotidiana, fatta soprattutto di testimonianza. Tuttavia, se bastasse questo a cosa mi servirebbe essere aggregata all'Ordine di san Domenico?


Si potrebbe approfondire l'argomento iniziando a parlare, dopo aver appreso il dono del Battesimo con la grazia santificante, dell'efficacia della Cresima attraverso la quale riceviamo il dono dei Carismi. Vista la brevità dello spazio ci limiteremo qui, naturalmente, al Carisma Domenicano.


La vastità e la ricchezza dello Spirito Santo spinge i battezzati verso una gamma infinita di situazioni attraverso le quali i Laici restano nel mondo, e vi operano, in un legame con la Chiesa ma senza altre scelte di vita. Nel nostro caso si tratta di una ulteriore e vera chiamata che lo Spirito Santo rivolge ad alcuni per seguire la forma di vita evangelica di San Domenico. Non si tratta di casualità! Lo Spirito Santo sa nascondere sotto l'apparenza del fortuito, il Suo progetto nei confronti di ogni battezzato.


La vocazione domenicana, come ben sappiamo, è fondamentalmente la Predicazione, l'evangelizzazione, stile di vita fedele e coerente al Vangelo, ma anche uno stile da predicare e far conoscere.


Non è dunque un caso che il Carisma donato a San Domenico è stato sempre riconosciuto fin dall'inizio con il termine inequivoco di: Ordine dei Predicatori.


La stessa "coincidenza" che S. Domenico nulla ci ha lasciato di scritto, ci fa comprendere come tutta la sua esistenza e la testimonianza di una vita dedita alla predicazione, sia davvero come un Opera Omnia ed un testamento perenne.


E' davanti a tutti il motto dell'Ordine: Contemplata aliis tradere, ossia, contemplare e predicare. La contemplazione, la Preghiera, lo studio precede dunque la predicazione e del resto come e cosa si potrebbe predicare se prima non ci si è lasciati istruire dallo Spirito Santo attraverso la preghiera, la contemplazione dei Misteri di Dio, lo studio della Sacra Scrittura attraverso lo stesso Magistero della Chiesa?


Quindi, il primo successo di S. Domenico e dell'Ordine stesso è proprio la Preghiera, la contemplazione e, la predicazione, non è altro che il frutto di questa realtà che nel 2016 compirà ben 800 secoli.


Scrive di S. Domenico il beato Giordano di Sassonia: " Con tanta assiduità e avidità beve ai rivoli della Sacra Scrittura, che per la sete di imparare passa le notti quasi insonne... e la traduce nelle opere" (Libellus n.t pp.21-22).


San Domenico non fonda un Ordine "chiuso", ma di Predicatori perché comprende che moltissime persone "muoiono letteralmente di fame", una fame della fede, una fame della Scrittura, una fame atta a soddisfare le incomprensioni tra la gente e la predicazione stessa della Chiesa del suo tempo. Un caso ben conosciuto è l'eresia Catara-Albigese: San Domenico non si rivolge a loro mai in modo ostile o offensivo, al contrario, la sua pazienza, la sua fiducia in Dio, la sua fede maturata, nutrita ed arricchita dalla contemplazione, portano frutti di conversione.


Questa sollecitudine, oggi diremmo "pastorale" appunto, è la grande eredità ancora viva ed operante nel Carisma domenicano, pur senza negare i gravi problemi che anche noi viviamo in questo tempo di "apostasia spesso silenziosa" come diceva il beato Giovanni Paolo II, la crisi delle vocazioni e quant'altro, ma del resto non è un caso che Benedetto XVI abbia indetto l'Anno della fede!


Lo stesso Carisma Domenicano ci insegna che non dobbiamo mai dubitare dell'opera dello Spirito Santo, ma piuttosto dobbiamo sempre correggere in noi l'autentica "imitazione di Cristo".


San Domenico vive la santa inquietudine, trasferendola come eredità all'Ordine, verso la conversione delle Anime. Pur vivendo le opere di misericordia e di carità, non si sente soddisfatto se, dalle opere caritatevoli, non sopraggiungesse la grazia della conversione; la salvezza propria delle Anime.


Mi sembra qui utile inserire un passo dell'ultimo Messaggio di Benedetto XVI in questa Quaresima del 2013: " Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana".


La "vita apostolica", dunque, sia dell'Ordine stesso quanto dei Laici ad esso aggregato, è proprio la "nostra vita", "una vita in cui la predicazione e l'insegnamento sgorgano dall'abbondanza della contemplazione" (Cfr. Costituzioni Domenicane).


Quindi, essere "contemplativi" o usare alcuni momenti della giornata per dire il Rosario e fare magari una sosta davanti al SS.mo Sacramento, non è mai una perdita di tempo, al contrario, per un Domenicano è la fonte primaria dalla quale si attinge per una predicazione efficace.


Da S. Domenico ai nostri giorni, infatti, tutta la storia della santità ci dimostra che la corona benedetta del S. Rosario è un eccellente strumento di grazia, un mezzo efficacissimo di elevazione spirituale, un alimento prezioso della vita interiore alla quale segue sempre una vita eccellente di predicazione,  non a caso il Rosario è stato un dono di Maria. È stato il suo Vangelo, la sua Eucaristia, il suo Breviario, messo fra le mani di tutti, grandi e piccoli, dotti e non dotti. S. Carlo Borromeo chiamava il Rosario: «devozione divinissima» inculcata a tutti; San Vincenzo de' Paoli lo chiamava il «Breviario dei laici», il beato Card. Schuster il «Salterio del popolo».


Un esempio dell'efficacia di questa predicazione la troviamo nell'opera di San Pio V.


Il ragazzo aveva circa dodici anni quando capitarono al suo Borgo due Frati Predicatori. Michele rimase folgorato, incantato non solo dalle loro parole, ma anche dalla loro rettitudine, e con essi prese confidenza, una certa dimestichezza che rivelarono ai due religiosi le grandi doti del ragazzo.


Ispirati da Dio quei frati non si fecero perdere l'occasione e fecero una proposta al ragazzo: " Te la sentiresti di venire con noi? Ti piacerebbe diventare come noi, Frate Predicatore?"


I due religiosi non potevano certo sapere che il giovane non si aspettava di essere esaudito proprio di un suo inconfessato desiderio che invocava ogni giorni attraverso il Rosario, i suoi occhi si aprirono alla meravigliosa proposta, il suo cuore esultò di gioia, quei due Frati avevano indovinato il suo segreto, e per lui non c'erano più dubbi: il Signore aveva espresso la sua volontà per mezzo dei due frati.


Di fronte a tanta semplicità ci chiediamo come mai davvero, oggi, è diventato così difficile esprimere solamente la più semplice delle domande: " Ti piacerebbe diventare come noi, Frate Predicatore?" , è vero che i tempi sono cambiati, ma anche noi non ci siamo un pò troppo scoraggiati dalla confusione del mondo a tal punto da non formulare più, noi stessi, questa semplice domanda ai giovani d'oggi? Certo, potrebbero rispondere anche negativamente, è necessario un buon discernimento, ma quanta responsabilità abbiamo noi oggi nel non sollecitare alla vocazione i giovani? 


Non ci soffermeremo a descrivere le numerose glorie di questo Pontificato. Ci basterà ricordare che egli rimase fedelissimo alla sua vocazione religiosa di Domenicano, anche sotto il manto papale, anzi, fu con lui che da quel momento i Pontefici vestirono di bianco perchè non volle togliersi l'abito domenicano. Egli seguitò a vestire il glorioso abito gusmano, conservando le austerità del proprio istituto.


Quando si parla di San Pio V di solito si mette Lepanto come la più grande vittoria ottenuta, certo, politicamente parlando si dimostrò assai abile, eppure la vittoria più grande del nostro Santo Pontefice non fu quella riportata sui Turchi che per altro fu la vittoria della Madonna del Rosario, ma quella riportata sui Cristiani, ovvero, la vittoria riportata sull'ordinamento della Curia Romana e su tutta la gerarchia ecclesiastica, alle quali impose con sovrumana energia i canoni del Concilio di Trento, appoggiato e sostenuto da san Carlo Borromeo.


Per merito suo cominciava per la Chiesa un tempo di rinnovata morale dalla quale copiosi frutti si riversarono su tutte le imprese e le opere della Chiesa, nonchè una vasta e fruttuosa propagazione del Rosario.


E quanti aneddoti o episodi potremmo narrare di Santa Caterina da Siena nella storia travagliata del suo proprio tempo.


Non c'è Pontefice che da quel momento in poi non l'abbia citata quale esempio di autentica laicità, libertà di azione nella Chiesa, autentica creatività. Paolo VI, che ben conosceva le straordinarie doti di sapienza e i carismi di Caterina da Siena, unitamente alle alte vette di santità da lei raggiunte, parlò al terzo congresso mondiale per l'Apostolato dei laici del 15 ottobre 1967, manifestando di voler "riconoscere" alla santa senese, la quale era laica pur essendo una "terziaria domenicana consacrata", il titolo di Dottore della Chiesa universale, indicandola proprio ai Christifidelis Laici quale esempio e modello.


Mercoledì, 24 novembre 2010, così diceva Benedetto XVI all'Udienza Generale:


"....Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio. Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte:


“Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (...) O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie".


Seppur intorno a lei si formò subito un nutrito gruppo misto di dotti, sacerdoti, gente semplice, una sorta di "cenacolo", sappiamo anche come dovette combattere contro l'apostasia del suo tempo. Quando, illuminata dallo Spirito Santo decide di intraprendere il famoso viaggio ad Avignone (accompagnata sempre dal suo Confessore) per supplicare il Papa di fare ritorno alla Sede romana petrina, la sua coscienza era veramente politica, della politica del suo tempo ben nutrita dal Vangelo e dall'insegnamento domenicano. Non va ad improvvisare o ad impetrare una sua visione di Chiesa, o le sue opinioni personali. L'opera che in questo senso metterà in pratica Caterina è il "mandato profetico" che mentre noi riceviamo nel Battesimo e nella Cresima, ella riceve anche personalmente dal Cristo: "Gesù mi dava la croce e l'ulivo in mano, quasi come io volessi, e così diceva che io portassi a l'uno popolo e all'altro. Ed Egli (Gesù) diceva a me: Dì loro - io vi annunzio gaudio magno... io vo predicando pace, pace, pace....".


E tutti noi ben sappiamo che il vessillo di Caterina non era di un partito o una ideologia, ma Cristo Crocefisso. 


Mi vengono a mente le parole pronunciate dal nuovo Pontefice, Papa Francesco, nella sua prima Omelia ai Cardinali il 14.3.2013: "Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso".


Questo è realmente il classico linguaggio cateriniano, per chi conosce le Lettere e il Dialogo della Santa senese, e che tutto rimanda a Cristo Crocefisso, nostro vanto e gloria, vessillo di predicazione e di vita coerente.

Il Calendario dei Santi, Beati, Martiri o anche solo Venerabili Domenicani, è davvero immenso, ma questi nomi non stanno lì per riempire un calendario, non sono orpelli irraggiungibili o intoccabili, la loro preziosità sta proprio in quel toccarli, farli propri, sono come una scala non per scendere, ma per far salire noi al Cielo.

Potremmo citare santa Zdislava boema, sposa e madre, un esempio di famiglia oggi davvero prezioso, tremendamente attuale. Oltre ad occuparsi del marito e dei figli come si conviene ad una vera discepola di Cristo, ella si occupava quotidianamente alla preghiera ed alle opere di misericordia. Si preoccupava molto della presenza dei Frati nella sua terra a tal punto da fondare alcuni conventi affinché non mancassero i Predicatori, alimentando copiose conversioni e numerose vocazioni.

Come non citare il beato Alberto da Villa d'Ogna, un grande pellegrino nel suo tempo, anch'egli terziario domenicano era un semplice contadino che dedicò la sua vita a compiere lunghi pellegrinaggi in diversi Santuari come in Terra Santa e a Compostela, esercitando quotidianamente le opere di misericordia assistendo personalmente i poveri per i quali andava a mendicare lui stesso, in nome di Gesù Cristo, di porta in porta e, al tempo stesso, alimentando in chi lo incontrava, una vera forza di conversione tanto da unirsi a lui in questi pellegrinaggi di espiazione.

Potremmo citare anche la beata Osanna da Cattaro, iugoslava. Nata da famiglia scismatica, dopo aver conosciuto i Frati Predicatori da adulta decide di ritornare in seno alla Chiesa Cattolica e diventa terziaria indossando le bianche Lane che a quel tempo, laici consacrati, potevano indossare. Quando si rende conto che le chiacchiere non portano frutti decide, sostenuta e autorizzata dal proprio Vescovo, di vivere in solitudine e Preghiera continua per espiare la gravità delle divisioni. Non per nulla è considerata uno degli antesignani dell'autentico spirito ecumenico giunto a noi oggi.

L'apostolato domenicano è così molto vario.

Potremmo infatti citare il noto beato Angelico, Guido di Pietro, che ha saputo predicare attraverso l'arte. E' bene rammentare che la dichiarazione di "beato - angelico" gli venne fatta dal popolo sia per la religiosità dei suoi dipinti attraverso i quali egli davvero "predicava" che per la santità della sua vita, tale culto gli fu confermato da Giovanni Paolo II nel 1984, che contemporaneamente lo dichiarò patrono degli artisti.

Così come la venerabile Maria Rosa Agostini la quale trascorse la sua vita di terziaria domenicana all'ombra del Santuario di Loreto dove pregava e ricamava per gli arredi della Chiesa. Nel 1769 fu proprio il Comune di Loreto a farsi promotore per la sua causa di beatificazione.

Commovente è la testimonianza di un sacerdote vietnamita, San Bernardo Duè, ammesso al Terz'Ordine nonostante fosse diventato vecchio e quasi cieco e messo a morte durante le persecuzioni con sua immensa gioia.

Così come anche il catechista San Giuseppe Pietro Uyen, anch'egli giovane vietnamita. Terziario domenicano viene messo in carcere a causa della sua predicazione e morto a seguito di indicibili torture che subì perdonando i persecutori e inneggiando a Cristo Crocefisso.

Come non citare Paolina Maria Jaricot, ideatrice del Rosario Vivente e della Propagazione della Fede?

Il 14 settembre 1999 Giovanni Paolo II inviava una Lettera al Vescovo di Lione per il bicentenario della nascita di Paolina, con queste parole:

"Come scriveva Papa Leone XIII il 13 giugno 1881, "in virtù della sua fede, della sua fiducia, della sua forza d'animo, della sua dolcezza e dell'accettazione serena di tutte le croci", Pauline si dimostrò una vera discepola di Cristo. Al fine di proseguire l'opera da lei intrapresa per diffondere il Vangelo fino agli estremi confini della terra, incoraggio i cattolici di Francia a conoscere meglio questa eccezionale vocazione che aggiunge ulteriore bellezza ad una lunga tradizione di testimoni di Cristo, cominciando con i martiri di Lione e sant'Ireneo".

La bellissima storia di Paulin mi porta alla mente anche  una moltitudine di nomi noti e meno noti di persone che, in qualche modo associati alla grande Famiglia Domenicana, hanno irradiato nel mondo nuove fondazioni.

Potremmo citare la venerabile Madre Antonia Lalìa prima monaca Domenicana che lascia il Monastero di Misilmeri e, con l'approvazione del Vescovo, giunge a Roma per fondare una nuova Congregazione di Suore domenicane missionarie.

Possiamo rammentare la terziaria colombiana Gabriella Duran Parraga che fonda le Domenicane di Santa Caterina da Siena.

Come la terziaria maltese Carolina Cauchi che fonda le Suore Domenicane di Malta.

La venerabile terziaria Luigia Tincani, il cui ricordo è ancora vivo perchè deceduta nel 1976, e che ha fondato le Missionarie della Scuola di ispirazione, appunto, domenicana.

Mi viene in mente anche uno dei veggenti delle Apparizioni di Maria a La Salette, Melanie Calvat che, nel Terz'Ordine Domenicano si chiamava Marie Dominique de la Croix.

E come non citare l'avvocato, il beato Bartolo Longo, Terziario Domenicano che con il Rosario di Maria ha saputo fondare la colossale opera di Pompei con il suo Santuario, meta di Pellegrini e di Pontefici come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per la recita della Supplica alla Madonna del Rosario.

E ancora abbiamo la testimonianza e l'esempio di una predicazione particolare con la mistica Luisa Piccareta la quale, trascorrendo ben sessantadue anni della sua vita immobile nel letto, non solo ha ricevuto molte grazie dal Signore, ma le ha sapute a sua volta ritrasmetterle a quanti la ascoltavano.

Tutti questi esempi ed altri ancora di cui è ricca la nostra storia domenicana, testimoniano la grandezza di questo specifico Carisma della predicazione in piena libertà, quella libertà non del "faccio da me" ma quella libertà che assunta nel Battesimo e negli altri Sacramenti, ci rende davvero testimoni di Colui che è l'unica vera "Via, Verità e Vita".

Siamo così chiamati a vivere nel nostro tempo la realizzazione del Progetto di Dio a favore dell'uomo attraverso i segni che ci sono tipici, quali lo spirito, ossia la mentalità aperta e al tempo stesso fedele a Dio così come ci ha insegnato San Domenico; la sua spiritualità, ossia i contenuti di ciò che vogliamo vivere e predicare; e il suo carisma, ossia l'esercizio pastorale proprio della Parola.

Ciò che non deve mai mancare ad un battezzato perché sia veramente domenicano, è il suo carisma, l'impronta propria: il culto della verità intensamente contemplata e fedelmente vissuta e annunciata. Tutti possono svolgere un autentico ministero domenicano, purché si facciano docili discepoli della verità. La vera Sapienza non è privilegio dei dotti, ma dei santi e dei "piccoli" correttamente intesi dal Vangelo.
La suora domenicana, o la catechista domenicana che insegna catechismo ai bambini, è una predicatrice; la mamma che vive del carisma Domenicano e che in famiglia accudisce il focolare domestico e cresce i figli nutrendoli anche degli alimenti per lo spirito, è una mamma "predicatrice"... così è per il laico domenicano che vive appunto nel mondo come ci è dimostrato, per esempio, dal beato Frassati.

L'autentica vita domenicana, perciò, è una vita di contemplazione, preghiera alla quale fa seguito la predicazione, non è possibile separare questi elementi senza rischiare non solo il fallimento, ma persino il tradimento verso questo Carisma. Solo accorpando queste realtà, dono dello Spirito Santo, diventiamo "uomini e donne evangeliche".

Potremmo fare ulteriori esempi che qui purtroppo non possiamo sottolineare, ma oltre a quelli citati ci sia di aiuto una dolce bambina, la beata Imelda Lambertini che ha saputo incarnare il carisma della predicazione attraverso una passione così sconvolgente e coinvolgente da lasciare il segno nella storia pur senza aver vissuto a lungo per predicare.

Sono scolpite nel nostro cuore le parole che il beato Giovanni Paolo II ci ha consegnato nella Esortazione Apostolica Christifideles Laici, dove dice:

" ... sempre nella storia della Chiesa l'aggregarsi dei fedeli ha rappresentato in qualche modo una linea costante, come testimoniano sino ad oggi le varie confraternite, i terzi ordini e i diversi sodalizi (...) le aggregazioni dei fedeli laici devono diventare correnti vive di partecipazione e di solidarietà per costruire condizioni più giuste e fraterne all'interno della società".

La grande novità portata da San Domenico non è in un semplicistico "parlare con Dio; parlare di Dio", questa deve essere l'esperienza di tutta la Chiesa e di ogni battezzato, la sua novità sta proprio in quel "incarnare la Parola", in quel contemplarla, acquisirla e fondere insieme la propria volontà. Ecco perché l'Ordine Domenicano è così legato alla Beata Vergine Maria. E' nel mistero dell'Incarnazione reale vissuta dalla Madre di Dio che S. Domenico ha saputo maturare l'efficacia dell'incarnazione della Parola nel cuore dell'uomo di ogni tempo, in un legame indissolubile con l'esperienza di Maria Santissima e da Lei, attraverso proprio il Rosario con la contemplazione-meditazione dei Misteri contenuti, ricevere il "frutto benedetto del suo seno" attraverso il dono della Predicazione efficace e altrettanto fruttuosa.

L'invito di Benedetto XVI nel suo MP Porta Fidei per questo Anno della Fede, riepiloga ogni nostra riflessione con queste parole:

"La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. (..)

Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato".

 

Dorotea Lancellotti (Caterina Terziaria Domenicana)

   




[Modificato da Caterina63 09/12/2014 11:35]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Coraggio di credere, la bella storia di san Domenico di Soriano sara’ film


Il libro di Graziella Ida’ diventerà film col titolo “Il coraggio di credere” per la regia di Pasquale DeMasi


 SORIANO CALABRO sabato 04 gennaio 2014
Convento domenicano di Soriano Calabro

Convento domenicano di Soriano Calabro


 



1510 è l’anno in cui i Domenicani vi edificarono il grande convento dell’Ordine dei Predicatori per volontà di Padre Vincenzo da Catanzaro. Da questa data e dopo il rinvenimento della tela Achiropita di san Domenico, comunque attribuita ad un artista del ‘400, Soriano diventa punto di riferimento per credenti, religiosi ed artisti provenienti da ogni parte del mondo ed addirittura in alcune città dell’America Latina è venerato san Domenico di Soriano come in Perù, Uruguay, Argentina e altri.
E non solo, il convento sorianese fu definito la “Santa Casa” per antonomasia ed anche considerato “l’occhio destro dell’Ordine Domenicano”.

Attorno al taumaturgico Quadro, al grande Convento, ai miracoli e a tutta la storia domenicana di Soriano e dello stesso paese sono arrivate fino a noi moltissime pubblicazioni di qualificatissimi autori: da fra’ Silvestro Frangipane (1621), fra’ Pio Vandendyek (1746), G.B. Melloni del 1791e P. Giovanni da Fiore e, ai nostri giorni, gli scritti di P. Antonino Barilaro, Angelo Fatiga, Nicola Provenzano, Tonino Ceravolo, Sharo Gambino, P. Pietro Lippini e P. Giovanni Calcara e ultimo, in ordine cronologico, Graziella Idà col suo Il Quadro – il Coraggio di Credere, oggetto di questa nota.
I Domenicani di Soriano non si son fermati alla sola preghiera e cultura, anzi.
Negli anni difficili e poveri della nostra terra di Calabria rovinata non solo dai tanti dominatori ma anche da carestie, pestilenze e terremoti, il più devastante quello del 1783 che distrusse anche l’antico e imponente Convento sorianese e la Certosa rinascimentale della vicina Serra San Bruno, i frati di san

Graziella Ida'

Graziella Ida’

Domenico di Guzman si attivarono per il rifiorire delle terre, dell’artigianato, edificarono fattorie, mulini e frantoi, accrebbero la manifattura della cera, del sapone, del miele e della terracotta. Ecco come si giustifica l’intensa industriosità dei Sorianesi di oggi. Come detto prima Soriano deve la sua fama alla presenza del Convento fondato nel 1510 da fra’ Vincenzo da Catanzaro.
Distrutto una prima volta dal sisma del 1659, il monastero fu subito riedificato per volontà del Re di Spagna Filippo IV.
L’incarico di progettare il nuovo edificio sacro fu affidato dal Vicere di Napoli il Conte di Pigneranda a P. Bonaventura Presti, architetto certosino, che lo disegnò, fatte le debite proporzioni, a somiglianza dell’Escoriale di Madrid, imponente monastero fatto edificare da Filippo II per perpetuare la vittoria di San Quintino.

Così il primo convento sorianese occupava una superficie di 23 mila mq con chiostri attorno alla chiesa a croce latina di cui ancora è viva la facciata dalle sei paraste barocche con voluta ionica ed al centro un imponente portale con quattro grandi nicchie dai timpani semicircolari. All’interno, tra le tante opere d’arte, vi era l’altare maggiore in marmi policromi del maestro Cosimo Fanzaga, lo stesso che impreziosì la Certosa serrese e basti vedere, oggi, fra le altre opere, il preziosissimo ciborio sull’altare della chiesa dell’Addolorata in Serra San Bruno.
Nella chiesa sorianese, completata la sua costruzione nel 1693, fu collocata la miracolosa tela del Santo portoghese che secondo la tradizione apparve il 15 settembre 1530. Ma il valore artistico impareggiabile del dipinto è stato ampiamente dimostrato, anche per l’insuperabile difficoltà d’imitazione più volte tentata e mai riuscita ad alcuno dei molti talenti che hanno lasciato in convento le loro copie imperfette.

Tra i tanti disseminati in ogni dove cito un quadro del Guercino nel duomo di Bolzano, un altro del Mela in San Domenico e Sisto a Roma ed un altro ancora di anonimo nella chiesa parrocchiale di San Domenico in Il Quadro. Il coraggio di credereCrotone.

Dopo l’altro terremoto, quello del 1783, nel 1838 fu ricostruito ancora il Convento e la chiesa consacrata il 15 dicembre 1860. Per rendere ancor più viva la trama intrecciata di storia, arte e soprattutto spiritualità che da Soriano attraverso il “Quadro” ne derivano, la giovane scrittrice sorianese Graziella Idà ha voluto offrirci una piece storica in forma teatrale. “il Quadro – il Coraggio di Credere”, edito da Calabria Letteraria nel 2012, che, come scrive lo storico dell’arte Mario Panarello, in prefazione, “non è solo l’attualizzazione di un evento miracoloso che Graziella Idà inscena, ma è la volontà di ripercorrerne la dimensione spirituale dell’identità di un luogo”. Con questa pubblicazione, si realizza il sogno dell’Idà “il sogno di chi ama il proprio paese è farlo salire un giorno sul palcoscenico, per narrarne le vicende e presentarne i personaggi” come scrive il vaticanista della Rai Enzo Romeo. Il libro della Idà ruota, in forma di rappresentazione teatrale, attorno ai personaggi che hanno vissuto e costruito la storia del Quadro e della cittadina sorianese.

È una pagina bella, questa offertaci dalla giovane scrittrice sorianese, dalle intense sollecitazioni interiori, col recupero di valori mai traditi. È teatralità che si fa storia, racconto – poesia della libertà di un popolo che si affranca solo col “suo” Santo. Ed è di questi la notizia che presto il libro di Graziella Idà diventerà film col titolo “Il coraggio di credere” per la regia di Pasquale DeMasi, consorte della scrittrice, con le riprese di Pino Messina, le immagini di Bruno Arena, le musiche di Pino Greco e tra gli attori il M° Mike Arruzza. Il tutto confortato dalla guida spirituale di P. Giordano Procopio. Il cast è già al lavoro fra le antiche pietre del gran Monastero di Soriano.

 
Mimmo Stirparo




http://www.ilcirotano.it/2014/01/04/il-coraggio-di-credere-la-bella-storia-di-san-domenico-di-soriano-sara-film/ 

http://www.ibs.it/code/9788875742584/idagrave/quadro-coraggio-credere.html 

http://ilcoraggiodicredere.wix.com/il-film#!rassegna-stampa/c1vud 

https://www.facebook.com/pages/IL-Coraggio-di-Credere/202680349919024 









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23/02/2015 16:33
 
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  Il santuario di Chioggia con il Crocefisso "parlante"

di Margherita Del Castillo 21-02-2015 da laBussola

La chiesa di san Domenico a Chioggia

Un ponte omonimo, su un omonimo canale, consente di raggiungere dalla terraferma la chiesa di San Domenico a Chioggia, un tempo officiata dai frati domenicani che la costruirono intorno al 1287. Dell’antico edificio romanico resta ancora il campanile trecentesco con le bifore che si aprono al livello della cella campanaria. Il tempio subì nei secoli diverse traversie e venne completamente ristrutturato tra la metà del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. 

L’impianto attuale è a navata unica con il soffitto a volta e cappellelaterali dove si conservano pregevoli opere d’arte. Una in particolare comportò la trasformazione della chiesa da semplice parrocchia a santuario: si tratta dell’imponente Crocefisso collocato sopra l’altare maggiore, la devozione verso il quale è testimoniata dall’elevato numero di ex voto, per lo più di umili pescatori, conservati nella chiesa. Sono diverse le leggende che spiegano la provenienza di questo straordinario manufatto di arte sacra. Quella più diffusa racconta che sia stato scolpito ai piedi del Cristo morente da Nicodemo, che invocò l’aiuto degli angeli per rappresentare le fattezze del Santo volto così sofferente. Nicodemo si assopì e al suo risveglio trovò l’immagine divina perfettamente riprodotta. 

Dalla Terra Santa il Crocefisso sarebbe poi giunto a Iesi, nelle Marche, dove si animò colloquiando con San Pietro Martire che diede ordine di trasferirlo a Venezia. L’imbarcazione che lo trasportava naufragò e il Crocefisso venne ritrovato dai domenicani sul litorale di Chioggia, nel punto in cui venne eretta la chiesa. Il prezioso simulacro, le cui dimensioni sono il doppio di quelle naturali, domina l’aula domenicana e si impone al fedele o al visitatore, attraendolo a sé. La croce è un legno nodoso con i bracci ricurvi, la cui conformazione a ipsilon è piuttosto diffusa nell’iconografia cristiana. Alla sua sommità un cartiglio recita in caratteri longobardi il dramma che si sta consumando: Mors Christi dura monstratur in ista figura, la morte di Cristo è svelata in tutta la sua durezza in questa effigie. Sormonta la scritta un pellicano simbolo del sacrificio di sé per donare ad altri l’esistenza.  Paradossalmente questo corpo condannato alla pena capitale è un Albero della Vita, la cui gemma che fa rifiorire l’umanità è il Cristo stesso.

Il capo, reclinato sulla spalla, incassato nel torace, con rivoli abbondanti di sangue che scaturiscono dalle ferite inferte dalle spine, è estremamente curato nella chioma fluente e nella barba a riccioli ben definiti.  Al contrario, il corpo è estremamente stilizzato e le membra esili risultano essere quasi scheletriche. Osservandolo dal basso il viso esprime tutta la sofferenza del Cristo agonizzante se guardato dal lato destro. Viceversa, dal lato sinistro il Cristo appare ormai sereno nel riposo della morte e nella certezza della Resurrezione. L’immagine sacra ebbe una grande diffusione e venne ampiamente riprodotta sulle vele e sulle prue delle barche.

San Domenico conserva, inoltre, l’ultima tela di Vittore Carpaccio, dal punto di vista artistico l’opera più pregevole del complesso domenicano. Il dipinto rappresenta un san Paolo stigmatizzato con la tunica verde e il manto vermiglio che su un prato fiorito regge nelle mani, rispettivamente, il libro delle Epistole e la spada. Anche il suo sguardo, però, è fisso in un Crocefisso infilzato nel suo petto.





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26/02/2015 13:47
 
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[SM=g1740758] Il padre domenicano Austin Dominic Litke attraversa la Grande Mela cantando un riarrangiamento di The Call ("La chiamata"), stupendo inno religioso del secolo XVII composto dal poeta inglese George Herbert (1593-1633) e poi reso famoso dal compositore inglese Ralph Vaughan Williams (1872-1958), accompagnato al piano dal frate benedettino Bob Koopman e dalla violinista Leah Sedlacek.

www.youtube.com/watch?v=Y3SSCuSMLK4#t=13


segue: Dominican Salve Regina and O Lumen Ecclesiae

www.youtube.com/watch?v=xlaGTer_zW4


ed anche: Canto Salve Regina nella Basilica di San Sisto - Suore domenicane missionarie di San Sisto.


www.youtube.com/watch?v=GDWBR8ay9yU












[SM=g1740733]



San Domenico di Guzman: una vita a fumetti!

CarismaDomenicano 10/09/2013

Una vita di San Domenico di Guzman molto dettagliata a fumetti con splendide voci narranti.
www.gloria.tv/media/tCRwqF65Uup

Per conoscere di più S. Domenico e i suoi frati visita
- www.dominicanes.it
- www.facebook.com/fratidomenicani






[SM=g1740738]



Il 24 giugno 2010 il Papa Benedetto XVI ha desiderato fare visita al monastero delle monache domenicane di Monte Mario, in Roma .
Dopo il saluto della Priora il Santo Padre ha rivolto alla comunità una intensa meditazione inerente la loro vocazione specifica, quella, dice, di essere "interpreti della Chiesa Sposa, che si unisce in modo speciale con il suo Signore".


CELEBRAZIONE DELL'ORA MEDIA
E INCONTRO CON LE MONACHE DI CLAUSURA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Monastero Domenicano Santa Maria del Rosario
Giovedì, 24 giugno 2010



Care sorelle,

a ciascuna di voi rivolgo le parole del Salmo 124, che abbiamo appena pregato: “La tua bontà, Signore, sia con i buoni e con i retti di cuore” (v. 4). È innanzitutto con questo augurio che vi saluto: su di voi sia la bontà del Signore. In particolare, saluto la vostra Madre Priora, e la ringrazio di cuore per le gentili espressioni che mi ha indirizzato a nome della Comunità. Con grande gioia ho accolto l’invito a visitare questo Monastero, per poter sostare insieme con voi ai piedi dell’immagine della Madonna acheropita di san Sisto, già protettrice dei Monasteri Romani di Santa Maria in Tempulo e di San Sisto.

Abbiamo pregato insieme l’Ora Media, una piccola parte di quella Preghiera Liturgica che, come claustrali, scandisce i ritmi delle vostre giornate e vi rende interpreti della Chiesa-Sposa, che si unisce, in modo speciale, con il suo Signore. Per questa preghiera corale, che trova il suo culmine nella partecipazione quotidiana al Sacrificio Eucaristico, la vostra consacrazione al Signore nel silenzio e nel nascondimento è resa feconda e ricca di frutti, non solo in ordine al cammino di santificazione e di purificazione personale, ma anche rispetto a quell’apostolato di intercessione che svolgete per la Chiesa intera, perché possa comparire pura e santa al cospetto del Signore. Voi, che ben conoscete l’efficacia della preghiera, sperimentate ogni giorno quante grazie di santificazione essa possa ottenere alla Chiesa.

Care sorelle, la comunità che voi formate è un luogo in cui poter dimorare nel Signore; essa è per voi la nuova Gerusalemme, a cui salgono le tribù del Signore per lodare il nome del Signore (cfr Sal 121,4). Siate grate alla divina Provvidenza per il dono sublime e gratuito della vocazione monastica, a cui il Signore vi ha chiamate senza alcun vostro merito. Con Isaia potete affermare “il Signore mi ha plasmato suo servo fin dal seno materno” (Is 49,5). Prima ancora che nasceste, il Signore aveva riservato a Sé il vostro cuore per poterlo ricolmare del suo amore. Attraverso il sacramento del Battesimo avete ricevuto in voi la Grazia divina e, immerse nella sua morte e risurrezione, siete state consacrate a Gesù, per appartenerGli esclusivamente. La forma di vita contemplativa, che dalle mani di san Domenico avete ricevuto nelle modalità della clausura, vi colloca, come membra vive e vitali, nel cuore del corpo mistico del Signore, che è la Chiesa; e come il cuore fa circolare il sangue e tiene in vita il corpo intero, così la vostra esistenza nascosta con Cristo, intessuta di lavoro e di preghiera, contribuisce a sostenere la Chiesa, strumento di salvezza per ogni uomo che il Signore ha redento con il suo Sangue.

È a questa fonte inesauribile che voi attingete con la preghiera, presentando al cospetto dell’Altissimo le necessità spirituali e materiali di tanti fratelli in difficoltà, la vita smarrita di quanti si sono allontanati dal Signore. Come non muoversi a compassione per coloro che sembrano vagare senza meta? Come non desiderare che nella loro vita avvenga l’incontro con Gesù, il solo che dà senso all’esistenza? Il santo desiderio che il Regno di Dio si instauri nel cuore di ogni uomo, si identifica con la preghiera stessa, come ci insegna sant’Agostino: “Ipsum desiderium tuum, oratio tua est; et si continuum desiderium, continua oratio”: "il tuo desiderio è la tua preghiera; e se è desiderio permanente, continuo, è anche preghiera continua" (cfr Ep. 130, 18-20); perciò, come fuoco che arde e mai si spegne, il cuore è reso desto, non smette mai di desiderare e sempre innalza a Dio l’inno della lode.

Riconoscete perciò, care sorelle, che in tutto ciò che fate, al di là dei singoli momenti di orazione, il vostro cuore continua ad essere guidato dal desiderio di amare Dio. Con il Vescovo di Ippona, riconoscete che è il Signore ad avere messo nei vostri cuori il suo amore, desiderio che dilata il cuore, fino a renderlo capace di accogliere Dio stesso (cfr In Io. Ev. tr. 40, 10). Questo è l’orizzonte del pellegrinare terreno! Questa è la vostra meta! Per questo avete scelto di vivere nel nascondimento e nella rinuncia ai beni terreni: per desiderare sopra ogni cosa quel bene che non ha uguali, quella perla preziosa che merita la rinuncia ad ogni altro bene per entrarne in possesso.

Possiate pronunciare ogni giorno il vostro “sì” ai disegni di Dio, con la stessa umiltà con cui ha detto il suo “sì” la Vergine Santa. Ella, che nel silenzio ha accolto la Parola di Dio, vi guidi nella vostra quotidiana consacrazione verginale, perché possiate sperimentare nel nascondimento la profonda intimità da Lei stessa vissuta con Gesù. Invocando la sua materna intercessione, insieme a quella di san Domenico, di santa Caterina da Siena e dei tanti santi e sante dell’Ordine Domenicano, imparto a tutte voi una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle persone che si affidano alle vostre preghiere.


www.youtube.com/watch?v=j3j_Fc0cuGM






[SM=g1740757]

[Modificato da Caterina63 15/03/2015 21:25]
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15/03/2015 22:02
 
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[SM=g1740717] Verso la solennità di san Domenico visitando un monastero al giorno.
Intervista alle Monache Claustrali Domenicane del Monastero Santo Rosario Azzano San Paolo.
Realizzata da Padre Riccardo Barile o.p., priore provinciale della Provincia San Domenico in Italia il 7 luglio 2012.
www.domenicaneazzano.com

www.youtube.com/watch?v=nIUes5ZNdiE


[SM=g1740717] Verso la solennità di san Domenico visitando un monastero al giorno.
Intervista alle Monache Claustrali Domenicane Corpus Domini di Bergamo. Realizzata da Padre Riccardo Barile o.p., priore provinciale della Provincia San Domenico in Italia il 6 luglio 2012. Sito delle monache di Matris Domini: www.matrisdomini.org

www.youtube.com/watch?v=mBrLzCEFWZg


[SM=g1740717] Verso la solennità di san Domenico visitando un monastero al giorno.
Intervista alle Monache Claustrali Domenicane del Monastero Beata Margherita di Savoia di Alba.
Realizzata da Padre Riccardo Barile o.p., priore provinciale della Provincia San Domenico in Italia il 7 luglio 2012.

parte 1: www.youtube.com/watch?v=KGPyuuPP0T0
parte 2: www.youtube.com/watch?v=or2k2TbonP8


[SM=g1740717] Verso la solennità di san Domenico visitando un monastero al giorno.
Intervista alle Monache Claustrali Domenicane del Monastero Corpus Domini di Montefiore dell'Aso.
Realizzata da Padre Riccardo Barile o.p., priore provinciale della Provincia San Domenico in Italia il 13 luglio 2012.

www.youtube.com/watch?v=ZXUX-WuY2YY


[SM=g1740720] ma anche una triste notizia:
12PORTE - 17 gennaio 2013: E un'altra triste notizia ci viene dal mondo monastico femminile, perché da alcuni giorni è stata soppressa il monastero di clausura delle domenicane di Sant'Agnese.
www.youtube.com/watch?v=FR3ZxUJ-9AA

Altri video: www.youtube.com/channel/UC94JZYJMxshZAcad8vevlvg

[SM=g1740717] Infine, per ora:
presentazione del Monastero Corpus Domini di Macerata delle Monache Domenicane

www.youtube.com/watch?v=cwrrKYTGkvE



















[SM=g1740738]
[Modificato da Caterina63 15/03/2015 22:17]
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  Spiritualità domenicana


 


EDITTO di apertura della Causa per la Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio Suor Maria Petra Giordano o.p.


 



Il 21 giugno 2006, a 94 anni, terminava l'esilio terreno di Suor Maria Petra (al secolo Nicoletta) Giordano, monaca domenicana.
All'interno del monastero aveva trascorso ben 72 anni di vita, tutti protesi a ricercare nella preghiera una sempre maggior unione d'amore con il Signore. 
La sua esistenza, preziosa agli occhi di Dio, non passò inosservata agli occhi di quanti ebbero il privilegio di conoscerla e di apprezzarne il cammino compiuto per il raggiungimento dell'evangelica perfezione. 

Nicoletta Giordano nacque a Napoli il 4 luglio 1912, primogenita di nove figli. 
Il padre, Luigi, aveva un'azienda con 350 operai. Nel 1927 la famiglia ebbe un momento di difficoltà dal momento che il signor Luigi non volle iscriversi al Partito Nazionale Fascista. Tutta la famiglia si trasferì a Roma dove il Padre Luigi accettò un lavoro di commesso in un negozio. 

Nicoletta in famiglia era sempre obbediente, non litigava con i fratelli e non parlava mai male degli altri. Era molto vivace, ma amava i giochi tranquilli. Sin dalla tenera età, iniziò a suonare il pianoforte e le piaceva cantare.
A causa della sopraggiunta infermità della madre, dovette provvedere a fratelli e sorelle più piccole; non trascurava però l'impegno cristiano e la cura della propria spiritualità tanto che diventò “Figlia di Maria” e poi Terziaria Domenicana presso la Basilica domenicana di Santa Maria sopra Minerva; inoltre collaborava assiduamente con le attività parrocchiali.
Giovanissima, veniva spesso chiamala al capezzale di moribondi e riuscì a far riconciliare con Dio alcuni peccatori. 

A circa vent'anni, si legò al Cuore di Cristo con voto di vittima. Iniziò ben presto a maturare una forte attrattiva per la vita religiosa e, in particolare, per la spiritualità domenicana. Dapprima era trattenuta a fare questa scelta dai suoi doveri famigliari. Rotti infine gli indugi, a ventidue anni, il 4 novembre 1934, entrò nel Monastero di Bibbiena, Arezzo, presso il Santuario S. Maria del Sasso per darsi ad una vita di contemplazione. 

All'interno della comunità svolse importanti uffici, attirandosi sempre l'ammirazione di consorelle e superiori; in particolare, fu maestra delle novizie, priora del monastero e inoltre membro della Commissione per l'aggiornamento delle Costituzioni dopo il Concilio Vaticano II. 

Dopo una vita spesa nell'osservanza puntuale dei doveri del proprio stato, mori il 21 giugno 2006. 
La sua memoria è ancora viva oggi ed aumenta, col passare degli anni, la sua fama di santità. Per questo. accogliendo la richiesta del Rev.do Fra Francesco Maria Ricci, O.P ., postulatore legittimamente costituito, elle in data 7 ottobre 20l3 ci ha chiesto con il Supplex libellus di introdurre: La Causa per la Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio, dopo aver ottenuto il consenso della Conferenza Episcopale Toscana, nel portarne a conoscenza la Comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire alla Curia Vescovile (Piazza Del Duomo, l , 52100 Arezzo) tutte quelle notizie, dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità della detta Serva di Dio. 
Dovendosi.
Inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni legali, tutti gli scritti a lei attribuiti, ordiniamo, col presente EDIITO, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine alla medesima Curia Vescovile qualsiasi scritto, che abbia come autrice la Serva di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla Postulazione della Causa. 

Ricordiamo che col nome di scritti non s'intendono soltanto le opere stampate, che peraltro sono già state raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altra scrittura privata della Serva di Dio. Coloro, che gradissero conservarne gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata. 
Stabiliamo, infine, che il presente EDITTO rimanga affisso per la durata di tre mesi alle porte della Curia Vescovile di Arezzo - Cortona - Sansepolcro, e di tutte le Chiese delle nostra Diocesi e che sia pubblicato sull'Osservatore Romano, sul "Nuovo Bollettino Diocesano", il sito web della Diocesi, nonché sulla rivista della Provincia religiosa domenicana Santa Caterina da Siena "Domenicani". 
Dato in Arezzo, dalla mia Sede presso S. Donato, il 31gennaio 2014. 
Riccardo Fontana 
Arcivescovo

Sac. Dott. Luigi Buracchi 
Cancelliere Diocesano

Per saperne di più visita il sito ufficiale della Serva di Dio sr. Petra




    • Un nuovo beato tra i domenicani italiani: padre Giuseppe Girotti

      1. Con atto solenne da parte della Chiesa il 26 aprile 2014 il padre Giuseppe Girotti viene posto sopra il moggio per illuminare con la sua esemplarità tutta la casa: l’ordine di San Domenico, la diocesi di Alba, la Chiesa tutta, il mondo intero.
      Alba, in provincia di Cuneo (Piemonte), è la città dove padre Girotti è nato il 19 luglio 1905 e dove ha vissuto i primi quattordici anni di vita. 
      Terminata da poco la prima guerra mondiale, nel gennaio del 1919 entra nella Scuola apostolica dei domenicani della provincia di San Piretro Martire a Chieri (Torino). Qui, a Chieri, nel 1922 fa il suo noviziato e il 3 agosto 1930 viene ordinato sacerdote.


    • Successivamente viene inviato a Gerusalemme presso l’Ècole biblique dei domenicani francesi per perfezionare i suoi studi in scienze bibliche sotto la direzione del p. Marie-Joseph Lagrange, celebre biblista di cui è in corso il processo di beatificazione e fondatore di quella Scuola.
      Terminati gli studi inizia il suo insegnamento presso i domenicani di Torino e anche presso i missionari della Consolata di questa città.


    • Nel 1936 subentra a p. Marco Sales, domenicano piemontese e Maestro del Sacro Palazzo (oggi viene chiamato: “teologo della casa pontificia”), nella continuazione del Commentario biblico interrotto con la sua morte.
      L’esegesi di Padre Girotti è sulla stessa linea di quella del padre Sales, e cioè scientifica e spirituale insieme.
      Pubblica un Commento ai libri Sapienziali nel 1938 e un altro al profeta Isaia nel 1941. (clicca qui per leggere la biografia curata da Padre Angelo Bellon op


In omaggio al nuovo beato domenicano italiano, il biblista e martire padre Giuseppe Girotti, presentiamo ai nostri visitatori la sua ampia Introduzione generale ai Profeti anteposta al Commento del libro del profeta Isaia

Avvertenze per la lettura dell’Introduzione di padre Girotti al Profeta Isaia

1. È necessario tenere presente che Padre Girotti ha scritto questa Introduzione nel 1942.
A quei tempi il testo di riferimento della Sacra Scrittura era la Volgata scritta in latino.
La versione italiana della Bibbia, voluta dalla CEI e valevole anche per l’uso liturgico, ha comportato una traduzione dai testi originari e non semplicemente dal latino.
Per questo si può trovare qualche differenza col testo usato da Padre Girotti sia nella classificazione di alcuni libri sia in alcuni versetti nella la loro numerazione. (leggi tutto...)

LA SACRA BIBBIA
COMMENTATA DA P. M. M. SALES e G. GIROTTI, O. P.
IL VECCHIO TESTAMENTO - Volume VII
Introduzione generale ai profeti
Il Libro di Isaia
commentato da P. G. GIROTTI, O. P.

Presentazione
Quei che seminan tra le lacrime, nel giubilo mieteranno (Salm. 125, 5).
Abbiamo speranza che il Signore nella sua bontà verifichi almeno nell'altra vita la seconda parte della divina affermazione. È certo che la prima ha la sua piena realtà nella vita presente. Questo volume esce appunto di mezzo alle molteplici e gravi tribolazioni colle quali il Signore ha voluto visitarci : solo per la sua misericordiosissima bontà e per l'efficacissima intercessione della Vergine Santissima, Consolatrice degli afflitti, si è potuto condurre a termine l'opera che ora presentiamo al pubblico, continuando il commento alla Sacra Scrittura del Rev .mo P. M. Sales.
Nella nostra solitudine ci è stato di conforto la meditazione assidua della parola di Dio e abbiamo gustato la piena verità di ciò che dice S. Giovanni Grisostomo : « Come colui il quale saldamente se ne sta sopra la roccia permane sicuro e si fa beffa dei flutti che spumeggiano attorno a lui, così colui il quale con gioia è perseverante alla riunione eucaristica e disseta il suo spirito con la parola di Dio non rimane impigliato in nessuno degli intrighi umani, in quanto avendo collocato se stesso in una dottrina che lo sostiene come roccia ed apre il suo spirito a rettamente giudicare le cose, si è costituito molto al di sopra di quei maneggi dai quali nella vita egli può essere assalito» (Panegirico del Santo martire Luciano, n. 1).

(leggi tutto...)

Leggi la puntata quotidiana

Leggi le puntate finora pubblicate


LA CARITÀ SEGRETA 
Il beato Giuseppe Girotti O. P. martire

«La biografia che stiamo per leggere è quella di un testimone della fede. Fra Giuseppe Girotti, dell’Ordine dei Predicatori, è stato in effetti riconosciuto nella Chiesa come beato e martire, dopo aver dato testimonianza della fede con la vita.
Fra Giuseppe è stato arrestato, imprigionato, malmenato e, deliberatamente, condotto alla morte a causa della scelta che aveva fatto, come tanti altri che ancora oggi sono anonimi, «di aiutare gli ebrei». La sua pasqua nel campo di Dachau dove era stato rinchiuso con molti compagni, preti e laici, viene a chiudere una vita interamente afferrata dall’esigenza della carità – «Tutto quello che faccio è solo per carità» – di cui la fragilità stessa fu la sola forza che lo rese capace d’affrontare l’orrore del nazismo.
Attraverso la Parola di Dio, lo studio costante della storia del popolo scelto da Dio. Alla scuola del padre Lagrange, lui imparò a scrutare appassionatamente la Scrittura, lasciando il mistero della Verità rivelarsi alla sua intelligenza e nello stesso tempo al suo cuore.
Come san Domenico, fra Giuseppe non poteva studiare questa Parola di vita tenendosi a distanza dalle esigenze della carità. Durante tutta la sua vita, è stato condotto a farsi prossimo e amico dei poveri.
Martire della fede, il beato Giuseppe lo è stato, per aver desiderato – tutta la sua vita e a causa della carità manifestata nella Parola di vita che è il Figlio – essere predicatore della risurrezione». Fra Bruno Cadoré, Maestro dell’Ordine dei Predicatori (dallaPrefazione).
In appendice al testo 15 tavole fotografiche a colori.

(per ulteriori informazioni e leggere l'anteprima del libro)

Visita il sito delle Edizioni Studio Domenicano









Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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06/04/2015 10:16
 
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   Un sacerdote risponde

Vorrei sapere cosa distingue la povertà vissuta dai domenicani rispetto a quello per esempio francescana

Quesito

Buongiorno padre Angelo Bellon, 
le scrivo per chiederle un'informazione: ho letto, nel codice di diritto canonico, che ogni istituto deve stabilire nelle costituzioni il modo in cui, secondo la propria forma di vita, si devono osservare i consigli evangelici. Vorrei sapere cosa distingue la povertà vissuta dai domenicani rispetto a quello per esempio francescana (sia dal punto di vista personale che dal punto di vista comune).
Vorrei anche chiederle un'altra cosa: può essere concesso a un frate di andare a teatro o al cinema?
La ringrazio moltissimo per l'attenzione e ringrazio Dio continuamente per il dono che ha fatto alla Chiesa dell'ordine domenicano e ringrazio anche lei caro padre per il servizio che svolge mediante questo meraviglioso sito.
Distinti saluti
Marco


Risposta del sacerdote

Caro Marco,
1. la povertà dei domenicani è del tutto identica a quella dei francescani: non possono possedere in proprio, ma quanto hanno o ricevono lo mettono in comune.
In antico tanto i domenicani quanto i francescani non potevano possedere neanche collettivamente, come comunità. Per questo erano mendicanti.
Si legge nelle nostre Costituzioni: “Con la nostra professione promettiamo a Dio di non possedere nulla per un diritto di
proprietà personale, ma di avere tutto in comune e di servirci delle cose materiali per il
bene comune dell'Ordine e della Chiesa, secondo le disposizioni dei superiori. Perciò nessun frate può ritenere come propri i beni, il danaro o
altre cose che riceve, qualunque ne sia la provenienza, ma deve consegnare tutto alla comunità” (LCO 32).

2. Tuttavia la legislazione dei domenicani, pur essendo rigorosissina nei riguardi della povertà,
non ha mai dimenticato che essa è un mezzo, e quindi diventa oltremodo indulgente tutte le
volte che il raggiungimento del fine (la predicazione e la salute delle anime) lo richieda.
Mentre per i francescani la povertà è quasi il fine della loro istituzione, per noi domenicani non è così: il fine è la salvezza delle anime attuata attraverso la predicazione espressa in tutte le sue forme.
Per questo nelle nostre Costituzioni si legge: “I frati possono tenere alcuni libri e delle suppellettili ad uso personale, ma con
moderazione e secondo quanto è stabilito dal Capitolo provinciale. A coloro che, per
obbedienza, devono attendere a speciali studi o incarichi, col permesso del provinciale, dopo aver sentito il parere del superiore locale, si possono concedere i libri e gli oggetti di cui hanno bisogno” (LCO 38).

3. S. Tommaso, da pari suo, ha espresso nella Somma teologica il motivo per cui è necessario che i predicatori del Vangelo siano poveri.
“Fu opportuno che Cristo sulla terra vivesse povero.
Anzitutto perché ciò era consono
all'ufficio della predicazione, per il quale, secondo le sue parole, egli era venuto in questo
mondo... Ora, i predicatori della parola di Dio, per dedicarsi interamente alla predicazione, è
necessario che siano completamente liberi di ogni occupazione di ordine temporale. Il che non
è possibile per chi possiede le ricchezze. Per questo il Signore, inviando gli Apostoli a
predicare, diceva; Non prendete né oro né argento» (Mt 10,9)... 
Inoltre perché il possesso
delle ricchezze non facesse pensare che la sua predicazione fosse ispirata dalla cupidigia. Ecco perché S. Girolamo dice che se gli Apostoli avessero posseduto ricchezze sarebbe potuto
sembrare che essi predicavano non per la salvezza delle anime, ma a scopo di lucro” (Somma teologica, III,
40, 3).

4. San Tommaso precisa anche il tratto caratteristico della povertà dei domenicani con queste parole: “La perfezione della vita cristiana (santità) non consiste
essenzialmente nella povertà volontaria, perché questa, in ordine alla perfezione, agisce a
modo di strumento.
Perciò non è detto che dove c'è più povertà ci sia maggiore perfezione” (Somma teologica, II-II,
185, 6, ad 1).
Questo concetto è ripreso dalle Costituzioni dei domenicani del 1690: “La povertà non si
identifica con la perfezione, ma ne è soltanto uno strumento.
E siccome uno strumento non lo
si vuole per se stesso ma per il fine al cui raggiungimento esso serve, il meglio non sta
nell'averne di più, ma di averlo più adatto al fine” (II, 1h.).

5. Papa Sisto IV (secolo XV) dispensò sia i Domenicani che i Francescani dalla povertà
collettiva. Erano mutati i tempi e la gente comprendeva di meno la mendicità. Si permise allora che le comunità (non i singoli frati) potessero possedere dei beni.
Il Capitolo generale dei domenicani, celebrato a Perugia nel 1478,  accettò, tale
dispensa. E quello di Roma del 1501 la giustificò asserendo che “nell'Ordine ha assai
più importanza la salvezza delle anime da procurarsi mediante la predicazione e
l'insegnamento che non la povertà, e perciò giustamente questa deve essere a quella
sacrificata, quando le circostanze lo richiedano”.

6. Mi chiedi se sia lecito per un frate andare al teatro o al cinema.
Se è soltanto per svago, io penso di no. 
San Tommaso ricorda la necessità di riposarsi e di ricreare lo spirito e per questo parla di una virtù particolare alla quale lascia il termine greco di eutrapelia.
Scrive: “L’uomo ha bisogno del riposo fisico per ritemprare il corpo, il quale non può lavorare di continuo a causa dei limiti delle proprie energie, così ne ha bisogno per l’anima, le cui forze sono adeguate solo per determinate attività….
Tuttavia si deve badare a tre cose: 
- che il piacere non si cerchi mai in atti o parole turpi o dannose; 
- che l’anima non abbandoni mai del tutto la sua gravità; 
- che, come in tutte le altre azioni, il divertimento sia adatto alle persone, al tempo, al luogo e a tutte le altre debite circostanze” (Somma teologica, II-II, 168, 2). Ib). 
Credo dunque che un frate dovrebbe astenersene proprio per lo stile di vita che ha scelto.
Sebbene andare al teatro e al cinema non sia di per sé un male, e anzi per per tanta gente sia un bene, chi segue Cristo nella povertà evangelica rinuncia volentieri a tanti beni che non sono necessari e che magari non sono accessibili a persone che non possono permetterselo.
Con il voto di povertà, come del resto anche con gli altri voti di castità e obbedienza, non si rinuncia a dei mali, ma a dei beni.
Vi si rinuncia per stare uniti a beni più grandi: “Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9).
Se invece andare a teatro o al cinema fosse necessario per motivi pastorali (ad esempio poter parlare adeguatamente di determinati argomenti che sul momento magari sono sulla bocca di tutti) allora il bene delle anime potrebbe richiederlo.

7. Sono contento che “ringrazi Dio continuamente per il dono che ha fatto alla Chiesa dell'ordine domenicano”. 
Anch’io lo ringrazio.
La carità della verità espressa con linguaggio ardente e nello stesso tempo  “non complicato o contorto o troppo rozzo o addirittura ambiguo” come Paolo VI ha definito il linguaggio di San Tommaso, è un bene molto importante se si mira alla salvezza delle anime.
Ti ringrazio anche per la stima per il nostro sito.

Il Signore ti benedica.
In suo nome ti benedico anch’io e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo




Spiritualità domenicana

Lettera del Maestro dell’Ordine a tutta la famiglia domenicana per il 550° della canonizzazione di San Vincenzo Ferrer 
Servire Cristo con Passione


 

       L'espressione che funge da titolo di questa lettera era utilizzata con frequenza nei suoi sermoni da San Vincenzo Ferrer, canonizzato il 29 giugno 1455 dal Papa valenziano Callisto Ill. II 550° Anniversario di questo evento si presenta come una buona occasione per volgere lo sguardo a questo grande Predicatore che viaggiò per gran parte dell'Europa. Predicò infatti non solo nella sua Spagna natale, ma anche in Francia, Italia, Svizzera, Fiandre e Belgio. Visse in una società che si può definire di transizione, in un'epoca in cui nuove correnti culturali cercavano di aprirsi un varco all’interno del mondo medievale. La realtà sociale era afflitta da molte prove: guerre tra le nuove nazioni e territori; pestilenze; crisi dell'industria e del commercio, decadenza culturale, carestie che colpivano vaste zone. 

       Ad aggravare il quadro contribuiva non poco anche la situazione della Chiesa, sebbene si fosse ancora in un'epoca di cristianità, a causa di nuove opinioni ecclesiologiche che facevano riferimento non solo al sistema di governo, ma anche all'appartenenza al Corpo mistico di Cristo. Soprattutto pesava sulla Chiesa la divisione provocata dal dubbio su quale fosse il vero Papa al quale prestare obbedienza, dubbio che sfociò nel grande Scisma d'Occidente. E' in questo contesto, in questo punto cruciale della storia europea tra la fine del XIV sec. e l'inizio del XV, che si svolse la vita di San Vincenzo Ferrer, figura di perenne attualità. 

       Valenza, sua terra natale, lo ricorda con grande affetto e venerazione, e lo stesso avviene a Vannes, in Bretagna, dove egli morì il 5 aprile 1419. Ma anche molti altri paesi ne conservano la memoria, specialmente a motivo della sua predicazione che si impresse in loro in modo indelebile. Altri lo ricordano perché la sua testimonianza di vita, il suo pensiero e la sua protezione non hanno smesso di splendere. 
       
       Ben si può dire -parafrasando Santa Caterina da Siena quando si riferisce a San Domenico- che San Vincenzo Ferrer «predica ancora e predicherà sempre». Un'eco della sua memoria è percepibile in tutti continenti: in America Centrale vi sono una Vice Provincia e una Pontificia Facoltà di Teologia collegata all'Ordine dedicate a lui; gli sono intitolate molte chiese e lo stesso vale per centri educativi, altari, immagini e dipinti che si trovano in tutto il mondo, a volte nei diversi luoghi dove ha predicato. Vi sono paesi nei quali i suoi devoti ne implorano costantemente e assiduamente l'aiuto per superare le necessità spirituali e temporali. 
       
       * * * 
       
       Nel 1955, la celebrazione del V Centenario della Canonizzazione offrì l'occasione e costituì un punto di partenza per la conoscenza e la valorizzazione di San Vincenzo e da allora fino ad oggi l'interesse per lui è aumentato. In quella circostanza si distinsero l'Arcivescovo di Valenza, D. Marcelino Olaechea e il Maestro dell'Ordine Fra Michael Browne. Il primo, in una sua memorabile Lettera pastorale, desiderava che gli fosse riconosciuto il posto che meritava all'interno della storia dell'Europa, e che si ponessero le basi “perché la Santa Madre Chiesa lo dichiarasse un giorno, su richiesta del popolo cristiano, Dottore della Pace” (BOAV 60 nn. 26292630(1955) 156-157). 

       Il Cardinal Browne, anch'egli nel 1955, si rivolse a tutto l'Ordine mettendo in risalto la libertà di San Vincenzo nel predicare, la sua chiarezza nel presentare la verità, la sua compassione verso le necessità del suo tempo. Sottolineò che la sua vita è tutta un esempio e che per l'epoca attuale rappresenta una sfida, specialmente per suoi fratelli, frati Predicatori, chiamati ad essere più consapevoli della dignità del loro ministero e ad esercitarlo con l'assiduità e le caratteristiche che San Vincenzo seppe imprimere al proprio. (AOP 630955) 172-179). 
       Nel 1955, inoltre, il Santo Padre Pio XII volle inviare una Lettera al citato Arcivescovo di Valenza. In essa ricordava la vita e il messaggio del nostro Santo, inviato speciale del Signore per porre rimedio, nel suo Nome e per mezzo della predicazione evangelica, ai molti mali che affliggevano la Chiesa. San Vincenzo, scriveva il Papa, realizzò in se stesso ciò che, nel prologo al Tratado de la vida espiritual, proponeva ad altri come programma: “Chiunque desideri essere utile al suo prossimo ed edificarlo con parole, procuri prima di fare egli stesso ciò che deve insegnare agli altri, diversamente non sarà loro di grande aiuto. La sua parola sarà inefficace se gli uomini non scopriranno che incarna in se stesso quanto insegna, e anche molto di più”. (MS 47 (1955) 491-494). 

       Nel contesto delle celebrazioni del V Centenario della Canonizzazione, il nostro Ordine fece suo questo intenso desiderio e così, al Capitolo Generale di Caleruega (1958), venne formulata una raccomandazione affinché si operasse per ottenere per San Vincenzo il titolo di “Dottore della Chiesa” (Acta Cap. Gen. 1958, n. 154, p. 73). La Provincia di Aragona, nel suo Capitolo Provinciale celebrato l'anno seguente, si impegnò a operare nella stessa direzione. A partire da quel momento fino ad oggi, sono andate aumentando le petizioni da parte di molte entità diverse. 
       Accanto alle varie richieste, sono state realizzate importanti e necessarie iniziative. Sono stati celebrati Congressi e incrementati gli studi. Attualmente vi sono nuove edizioni dei suoi scritti, sia filosofici che ecclesiologici, di teologia spirituale o riguardanti il suo epistolario. I risultati più significativi sono stati raggiunti a riguardo dei suoi Sermones. 

       San Vincenzo fu innanzitutto un predicatore il cui ministero si estese per molti anni. La sua predicazione lasciò una traccia indelebile in particolare attraverso le copie manoscritte che si facevano dei suoi sermoni, che poi si moltiplicavano e venivano diffuse in varie parti del mondo. Molti predicatori li utilizzavano nelle loro predicazioni e, quando fu inventata la stampa, e furono editati più volte; così poterono consultarli personalità molto autorevoli come Fra Luis de Granada, S. Giovanni d'Avila, San Ludovico Bertràn, San Vincenzo de Paoli, Sant'Alfonso Maria de Liquori, o San Luigi Maria Gñgnion de Montfort, per citare alcuni nomi. 
       Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti dei suoi sermoni, sia nella lingua nativa in cui era solito predicare, che in latino e in spagnolo. Un ruolo molto importante hanno avuto ed hanno le Associazioni Vincentine e il Comune della città di Valenza che come hanno fatto in varie occasioni, al presente si stanno impegnando affinché quanto prima venga pubblicata, per la prima volta, una raccolta di sermoni manoscritta di gran valore, conservata con cura nel nostro convento di San Domenico di Perugia. 

       In questa lettera ci interessa cogliere quello che può essere il suo messaggio per il nostro tempo. San Vincenzo fu un frate domenicano disponibile per la missione che l'Ordine gli affidava e per la quale lo sosteneva. Non ebbe paura di fronte all'estensione del campo che aveva da evangelizzare, né si tirò indietro davanti alle difficoltà presentate da un mondo sempre più frammentato in nazioni, con sensibilità e lingue diverse. Colse con chiarezza che il Signore gli chiedeva di seminare la dottrina evangelica là dove il seme cresceva a stento, semplicemente per mancanza di operai solleciti e preparati; in molti casi si trattava di portare a compimento un'opera di “nuova evangelizzazione” delle regioni dell'Europa, o di stabilire contatti con gruppi religiosi distanti dal mondo cattolico. E' importante ripensare alle sue azioni e considerare le opere che ne manifestano il mondo interiore, lo zelo apostolico. 

       II Processo di canonizzazione, nelle sue diverse fasi, svela alcune costanti della sua vita che possono essere ricordate anche oggi. La sua predicazione scaturiva dal contatto intimo con Cristo che raggiungeva il suo culmine nell'Eucaristia, celebrata quotidianamente con particolare solennità. La Parola di Dio alimentava la sua preghiera ed era al centro del suo studio, anch'esso quotidiano, sia di giorno che di notte. Aveva una coscienza molto viva della sua condizione di «inviato» che lo ricolmava di forza straordinaria, anche nel momento della debolezza fisica e nell'anzianità. Si avvertiva in lui l'impegno per far sì che la ricchezza di dottrina che Dio gli donava giungesse a tutti senza distinzione, ai bambini, ai giovani e agli adulti. Possedeva e coltivava la capacità di coinvolgere molte persone nel lavoro apostolico. Era aperto ad ogni popolo e gruppo religioso. Presentava il contenuto della rivelazione in modo sistematico e ordinato per mezzo di una teologia solida e comprensibile a tutti. Alla luce della fede illuminava le realtà concrete che gravavano sulla vita dei gruppi e delle persone del suo tempo. Lavorava con tutte le sue forze affinché l'unità e la pace regnassero nelle coscienze e nella società. 

       A partire dalle dichiarazioni dei molti testimoni che deposero al processo, la figura di San Vincenzo si distingue non soltanto come “predicatore apocalittico e di cose tremende” o come “taumaturgo che operava strani miracoli”, ma anche come apostolo impegnato nella sua missione secondo lo stile di san Paolo, dotato di una grande capacità di esporre il vangelo alle masse che cercavano risposte alle loro inquietudini più profonde. Egli lo faceva con vera pedagogia, senza provocare noia o stanchezza e sollecitando sempre più l'interesse, nonostante i sermoni durassero a volte due o tre ore. 

       Predicava con dolcezza, eleganza e in modo comprensibile, riuscendo a suscitare compassione e solidarietà gli uni verso gli altri. Possedeva un raro genere di umiltà consistente nel saper dubitare e nel chiedere consiglio agli altri. Frutto della sua predicazione fu un vero cambiamento di costumi in estesi territori d'Europa, cambiamento che fu duraturo. Affermavano di non aver conosciuto fino ad allora un predicatore tanto insigne e che formasse così alla fede cattolica. 
       
       * * * 
       
       Sebbene siano molti gli anni che ci separano da questo discepolo di San Domenico, è indubbio che egli continui ad essere un valido interlocutore a motivo delle sue azioni e della sua dottrina e, senza dubbio, è uno stimolo ai suoi fratelli di fronte alle grandi sfide che il nostro mondo presenta all'inizio del terzo millennio. Non è solo l'Europa che reclama oggi che il “grano ammucchiato nei granai” -per servirsi di un'espressione di Onorio III, forse suggerita da San Domenico-, sia sparso con generosità: è tutto l'immenso mondo, mai così popolato, e senza dubbio, affamato dello stesso pane con cui San Vincenzo Ferrer saziava le moltitudini. Le costanti a cui ci riferiamo e che resero la sua vita “salutare per sé ed esemplare agli altri”, come scriveva il Beato Giordano di Sassonia nel ricordare le suore di Prouilhe, costituiscono ancor più oggi il nostro fondamento e compito, così come ricorda la nostra Costituzione fondamentale. 

       Una bella figura quella di San Vincenzo Ferrer, che opportunamente ricordiamo agli inizi del pontificato di Papa Benedetto XVI, il quale in diverse occasioni ha fatto presente la sua preoccupazione di offrire al mondo in modo nuovo la luce di Cristo, che non toglie nulla all'uomo ma anzi lo coinvolge totalmente. Impegno missionario che recentemente ha elogiato nella nostra suora Beata Ascension Nicol, ricevendo i pellegrini giunti a Roma per la sua beatificazione; dopo l’invio degli Apostoli nel giorno di Pentecoste -diceva-, “altri hanno accolto il mandato missionario ponendo le loro energie al servizio del Vangelo. Fra loro la Madre Ascension che si lasciò infiammare anch'essa dal fuoco della Pentecoste e si impegnò a diffonderlo nel mondo”. 
       Di nuovo desidero esprimere il mio desiderio e la mia disponibilità nel sostenere il cammino da compiere affinché la Famiglia domenicana possa offrire alla Chiesa un nuovo Dottore nella persona di San Vincenzo Ferrer. 
       
      

Fra Carlos A. Azpiroz Costa, OP Maestro dell'Ordine

       Roma, 29 maggio 2005, Solennità del SS. Corpo e Sangue di N.S. Gesù Cristo






Lettera del Maestro dell'Ordine. La riscoperta del rosario, come mezzo di contemplazione e strumento per la predicazione profetica



1° Gennaio 2008

Solennità di Maria Madre di Dio
Giornata Mondiale della Pace

Cari fratelli e sorelle,

Fra pochi giorni, con la festa dell’Epifania, chiuderemo l’anno del giubileo, ringraziando il Signore per ottocento (800) anni di vita concessi alle nostre monache dell’Ordine. E’ stato un anno di molte benedizioni, sia per l’Ordine come per la Chiesa in generale. Ho avuto il grande piacere di osservare le numerose iniziative realizzate dalle nostre monache. Hanno pubblicato libri, scritto inni, iniziato nuove ricerche sulle fondazioni più antiche e la loro preghiera contemplativa è stata e continua a rinnovarsi. In effetti, tutto l’Ordine è giunto ad apprezzare di più il fatto che le monache sono al cuore dell’Ordine e che la base della nostra predicazione non è niente di meno che la contemplazione profonda della nostra fede. Credo che il rinnovamento della vita delle nostre monache sia in relazione diretta con il rinnovamento di tutto l’Ordine.

Mentre questo anno del Giubileo va verso la sua fine, ci proponiamo di incominciare una novena di anni che culminerà con il Giubileo del 2016, 800 anni dalla conferma dell’Ordine dei Predicatori da parte del Papa. I capitolari del recente Capitolo Generale di Bogotá hanno chiesto che il tempo tra questi due anni di Giubileo (2006 – 2016) sia consacrato a un serio rinnovamento della nostra vita e missione di predicatori (Capitolo Generale di Bogotá, n. 51). Pertanto, desidero invitare ogni entità dell’Ordine, comunità e individui, a cominciare un lungo processo di rinnovamento attraverso la riflessione, decisione e azione in relazione a tutto ciò che riguarda la nostra vita di predicatori del Vangelo.

Per illuminare questo primo anno propongo che ci impegnamo per la rinnovazione della nostra vita di predicatori attraverso la riscoperta del rosario, come mezzo di contemplazione e strumento per la predicazione profetica. Sebbene il rosario non è più una ricchezza esclusivamente nostra ma è diventato ormai in diversi modi un contributo domenicano alla vita di tutta la Chiesa, senza dubbio questa forma di preghiera continua ancora a vivere e a prosperare tra di noi. Con questa lettera vi offro una modesta meditazione sul rosario, partendo dai punti di vista della memoria, della riflessione teologica e della pietà popolare.

1. Memoria

Permettetemi di evocare qualcuna delle mie memorie, che spero risveglino anche in voi qualcuna delle vostre. I ricordi sono importanti per forgiare la nostra identità, dare corpo alle nostre idee e per permetterci di vivere e re-interpretare eventi chiave della nostra vita.

Il mio primo ricordo del rosario risale ai miei primi anni alla scuola di Champagnat dei fratelli Maristi a Buenos Aires con il primo rosario che ebbi nelle mie mani. I fratelli ci inculcarono un vero amore a Maria, come madre che ci ama incondizionatamente e che intercede per i suoi amati figli e figlie, la Maria del Vangelo di san Giovanni. Per questo motivo si celebrava il mese di Maria con processioni, rosari e litanie. Già da giovane portavo una decina del rosario nel mio portafoglio. La ripetizione del Padre Nostro, l’Ave Maria e del Gloria permettevano che questa orazione mettesse profonde radici nella mia vita.

Adesso mi piace pregare in questo modo specialmente mentre cammino. Mi accompagna per i differenti paesaggi, che siano lungo i viaggi o in città. E’ la “contemplazione ambulante”, della quale fra Vincent de Couesnongle ci parlò una volta. Comincia a segnare il ritmo dei miei passi, consentendomi di fermare un mondo sempre in movimento. Mi permette di dare anima, vita e cuore alla città o al luogo per il quale passo, e agli incontri che mi aspettano con le loro gioie e speranze, luci e ombre.

Qualche tempo fa, durante uno dei nostri ritiri, il Consiglio Generalizio meditava sul mistero della morte. Uno dei frati descriveva come i fratelli agonizzanti quasi sempre chiedono il loro rosario, anche se soltanto per stringerlo nella mano. Ricordo che nel film “Batismo de Sangue” (Battesimo di Sangue), che racconta la storia dei nostri fratelli brasiliani torturati negli anni 70 sotto la dittatura dei Medici, fra Tito de Alancar, mentre lo trascinavano fuori dal convento, gridava a suo fratello che andasse a prendergli il suo rosario. Che significato aveva per lui in quel momento spaventoso?

Quali sono i tuoi ricordi del rosario? Che significato hanno per te? Per me? Cosa ci dice a questo riguardo il nostro studio e riflessione teologica?

2. Riflessione Teologica

Io credo che questi ricordi ci parlino della prossimità di Dio. Il mistero dell’Incarnazione, non comprende solo la nascita del Signore in un passato millenario, ma anche l’incarnazione della grazia, la nascita di Dio, nella nostra vita quotidiana. Gesù vive e il suo Spirito continua a sanarci, insegnarci, perdonarci, consolarci e a sfidarci. Questa non è una vana astrazione, ma piuttosto si fa visibile nelle immagini associate ai misteri del rosario. La coscienza dell’incarnazione si accresce nella misura in cui si permette a queste immagini di entrare nelle vicende della nostra vita quotidiana. E’ così che il rosario è profondamente incarnatore, biblico, Cristo-centrico e contemporaneo.

Ovviamente, il rosario è Mariano. Chiariamo cosa significa questa affermazione. In Maria si uniscono il divino e l’umano, la creatura si unisce al Creatore. In Maria riconosciamo la nostra identità e il nostro destino. Vediamo la comunione santa di “Dio-con-noi” e di “Dio-tra-di-noi”. Riconosciamo che il nostro Dio è Dio – in quanto con noi – redentore e salvatore, santificatore e glorificatore.

In effetti, Maria è figura centrale nella nostra vita di fede. Mentre la consideriamo figlia del Padre, madre del Figlio e sposa dello Spirito, dobbiamo anche considerarla una credente nella valle delle ombre e come piena di speranza quando si confronta con una situazione disperata. La si può vedere come protettrice delle donne incinte che partoriscono nella povertà, patrona di coloro che emigrano in terre straniere per sopravvivere e come quella che soffre per il figlio arrestato, torturato e assassinato. E non inutilmente, attraverso tutto questo, siamo testimoni del trionfo della fede, della speranza e della carità. Già papa Giovanni Paolo II ci invitava a contemplare il volto di Cristo attraverso gli occhi di Maria.

Cosa potrebbe significare questo per noi? Come Maestro dell’Ordine sono missionario che dà incoraggiamento ai suoi fratelli e sorelle sparsi per il mondo, ascolto le loro storie e le loro realtà. Porto il ricordo dei volti delle famiglie cristiane ferite a morte a Bahawalpure (Pakistan 2001), dei vicini delle nostre suore nei quartieri più poveri di Kinshasa (Congo), i bambini che ci seguivano in Camerun, la piazza della guerra civile a Campodos (Tibu), Colombia, le famiglie che pescavano sulle loro canoe nei dintorni di Gizo nelle Isole Salomone o sul fiume Urubamba nelle Amazzonie peruviane. Queste immagini, accompagnate ai misteri del rosario, si convertono nella mia intercessione, unita a quella di Maria, mentre metto le loro ferite ai piedi di Gesù.

Il nostro mondo sembra essere sempre diviso dalle guerre. Nella mia mente appare prima un Iraq raso al suolo dalla guerra, e poi, poco più in là, si trova l’incessante flusso di sangue tra israeliani e palestinesi. Il ventesimo secolo fu segnato dalle guerre e dalla devastazione di tutto il pianeta. In effetti, non furono questi i punti fondamentali della devozione di Fatima per la conversione della Russia e non è da allora che si invoca Maria come Regina della Pace? Al tempo stesso, non sottovalutiamo le guerre fratricide che si manifestano dentro le nostre famiglie, comunità e all’interno delle nostre anime e cuori. Non potrebbe il rosario darci la pace? Quest’anno celebriamo anche il 50° anniversario di fra Dominique Pire, nostro confratello belga, che ricevette il premio Nobel per la pace per aver fondato le “isole di pace”. Forse la sua ispirazione a riguardo di questo progetto nacque da una riflessione mentre recitava il suo rosario per la pace.

Le parole della preghiera che accompagnano la mia riflessione ci parlano del Regno di Dio, del pane quotidiano, della liberazione dal male, del frutto del ventre, dei peccatori e dell’ora della morte. Il Regno di Dio è giustizia e pace, la volontà di Dio è in disaccordo con l’oppressione, il pane si condivide e il perdono si dona. Il frutto benedetto del ventre materno è sacro. Sì, il Rosario – le parole bibliche e la nostra meditazione – ne fanno un’orazione sia profetica che contemplativa, che tanto annuncia quanto denuncia, una preghiera che al tempo stesso consola, trasforma. Le parole di lode alla Trinità ci invitano a vivere in comunità, senza soggiogarci e in apertura e inclinazione verso l’altro. Sì, “la volontà di Dio” si realizzerà e per questo non perdiamo mai la speranza. La nostra predicazione è piena di speranza poiché è “ciò che era fin dal principio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che contempliamo e tocchiamo con le nostre mani in riferimento alla Parola di vita” (1Giovanni 1). Vivendo in compagnia di Gesù, come fece Maria, ci convertiamo in questo discepolo e apostolo di cui il mondo ha bisogno e che Dio desidera.

3. La Pratica della Pietà Popolare

Dopo il Vaticano II, abbiamo teso a sottovalutare l’importanza della “pietà popolare”. Non senza sbagliarci, abbiamo insistito sullo studio biblico e una maggiore partecipazione liturgica. Nel farlo abbiamo anche minimizzato quelle manifestazioni che permettevano una maggiore espressione dei sentimenti religiosi, cioè esposizioni del Santissimo, processioni, pellegrinaggi a santuari, devozione al rosario ecc. Ora, dopo quaranta (40) anni di esperienza costatiamo che la gente, sia gli anziani, sia i giovani, ha bisogno di queste espressioni perché “si ravvivi il carisma di Dio che è in te” (2 Timoteo 1,6).
Questa pietà popolare ancora perdura con fermezza nei santuari mariani attorno al mondo. Quest’anno celebriamo 150 anni di Lourdes (Francia) e 90 di Fatima (Portogallo). Potremmo ricordare anche Guadalupe (Messico), Czestochowa (Polonia), Knock (Irlanda), Chiquinquirá (Colombia), Coromoto (Venezuela), Luján (Argentina), Manaoja (Filippine) e molti altri. Quasi ogni popolo del mondo possiede un santuario nazionale della Vergine, che riunisce in un abbraccio materno i fedeli di ogni regione.

Si notano ancora sulle auto le medaglie di san Cristoforo e il rosario che pendono dagli specchietti retrovisori, così come piccoli altari domestici o statue nei giardini. Abbiamo i rituali dell’imposizione delle ceneri all’inizio della quaresima e i rami all’inizio della settimana santa che ci segnalano i desideri e i sentimenti religiosi del popolo. Questi riti introducono un certo ordine e stabilità, un certo ritmo e dimensione incarnata nelle vite della gente comune, permettendo loro di vivere più profondamente questi eventi religiosi. Potremmo noi, i domenicani, recuperare la pietà popolare che ci caratterizza: il rosario?
In effetti, sono giunto a considerare il rosario come una preghiera stimata universalmente. Sia in Italia come in Ucraina, Messico o Stati Uniti, Filippine o Vietnam, Kenia o Nigeria, il rosario è pregato e amato. Credo che una ragione di questo sia la sua realtà di preghiera tangibile. E’ un oggetto che possiede quasi ogni cattolico. Si dà come regalo. E’ un rituale che si celebra sia in privato, sia in comune. E’ qualcosa che si può toccare, tenere e afferrare nei momenti difficili della nostra vita, è come prendere la mano della stessa Vergine. Il rosario è posto nelle nostre mani nell’ “ora della nostra morte” e nel giorno della nostra sepoltura. Le sue preghiere sono i riassunti della nostra fede, apprenderle è come imparare a parlare, sono il principio di una vita di preghiera e sí, anche la fine della nostra vita di preghiera – “sia fatta la tua volontà” “adesso e nell’ora della nostra morte”. Riceviamo un rosario nella nostra gioventù, un rosario al momento della vestizione e un rosario ci accompagna nella nostra sepoltura.

Conclusione

Ho condiviso con voi alcune mie riflessioni, spero che siano tanto semplici quanto profonde; forse sono più che altro una meditazione e riflessione del cuore. Nel Capitolo Generale di Bogotá, è stato mio privilegio nominare fra Louis-Marie Arino Durand della Provincia di Tolosa promotore del rosario, egli già gestisce un vasto sito-web che potrà esservi utile nel prossimo anno. Dall’altra parte, vi chiedo che cooperiate al suo lavoro rispondendo alla sollecitudine di fra Louis-Marie. Insieme possiamo costruire un sito-web a beneficio della Chiesa intera.
All’inizio di questa novena di nove anni in preparazione alla celebrazione dell’anniversario del 1216, potremmo usare questo prossimo anno, che va dall’Epifania 2008 all’Epifania 2009, come un anno per riscoprire di nuovo il rosario nella nostra vita personale, nella vita comunitaria e nel rinnovamento della nostra predicazione sia profetica che contemplativa? Potremmo contribuire al futuro della pietà popolare della nostra gente realizzando di nuovo le novene del rosario, missioni e processioni ai santuari? Potremmo contemplare il nostro Maestro con gli occhi del discepolo perfetto? Potremmo contemplare il Figlio attraverso gli occhi di sua madre? Potremmo contemplare questo mondo con le sue abissali necessità di trasformazione attraverso il Vangelo? Potremmo giungere a vivere e predicare appassionati, con la creatività di Dio Padre e di Maria, Madre del Figlio amato?
Ringrazio per l’opportunità che ho di condividere con voi le mie riflessioni. Nei prossimi mesi, il Consiglio Generalizio determinerà i distinti passi e temi per i prossimi anni, che dedicheremo al continuo rinnovamento della nostra vita e missione. Chiedo ai provinciali e vicari generali, priore e presidenti delle fraternite laiche, di far circolare questa lettera tra i loro membri.
Durante l’Anno Nuovo, sappiate che sarete molto presenti nella mia mente e nelle mie preghiere, e in cambio, spero di essere presente nelle vostre.

Fratelli e sorelle, percorriamo uniti questo tratto di rinnovamento. Poniamoci in cammino con la fiducia che Domenico riponeva in Maria, Madre di Dio.

Vostro fratello in Domenico,

fra Carlos Azpiroz Costa, O.P.
Maestro dell’Ordine dei Predicatori

 






 


[Modificato da Caterina63 06/04/2015 10:48]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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   Alle Zattere - in Venezia -  in contrada sant'Agnese, nel 1397 si stabilirono alcuni religiosi laici nella Compagnia dei "Poveri Gesuati" la quale venne soppressa nel 1668 (la chiesa che si vede accanto al Tempio più grande), subentrarono i Domenicani con il Tempio dedicato a Santa Maria del Rosario. Il nuovo Tempio fu edificato accanto a quello dei Gesuati perchè era diventato insufficiente ad accogliere i fedeli. Questo ci da l'idea della frequentazione dei fedeli nelle Chiese....
Questa Chiesa fu iniziata nel 1726 e consacrata solennemente il 29 settembre del 1743. Il pittore Giambattista Tiepolo, nel 1738, eseguì una serie di capolavori divenuti poi celebri, tra cui la Gloria del Rosario che la Vergine consegna a San Domenico di Guzman.




entrata della Chiesa dei Gesuati....

Il Crocefisso posto nella zona del confessionale-penitenzieria.




di Sebastiano Ricci del 1733 il Particolare di San Pietro martire nell'altare di sinistra.



Il famoso dipinto del Tiepolo - 1748 Santa Caterina da Siena, Santa Rosa da Lima e Sant'Agnese da Montepulciano sotto lo sguardo e la protezione di Maria Regina del Rosario



La famosa Crocifissione del Titnoretto del 1526



I gloriosi Santi Domenicani: San Tommaso d'Aquino, San Pio V e San Pietro Martire, del Ricci 1733 - nelle dispute teologiche: san Tommaso con la Summa Theologica; san Pio V con la devozione del Rosario e san Pietro Martire con la formula del Credo, le ultime parole prima di morire.




Nel Confessionale il promemoria dell'Atto di contrizione....



L'insegna per le processioni di una antica riproduzione della Madonna del Rosario datata nella prima metà dell'800




Il Crocefisso posto all'entrata datato al 1746 a firma di Bortolo Ceroni


L'esterno del Tempio






[Modificato da Caterina63 10/04/2015 13:17]
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di Beverly De Soto

Sono quasi 800 gli anni che separano la sua morte dalla mia nascita, ma rivendico Domenico di Guzmán come mio maestro, tanta è l'influenza di questo spagnolo nato nella rurale Calaruega, vicino all'abbazia benedettina di Santo Domingo de Silos, nel 1169.

Educato a Palencia, Domenico è protagonista di una leggenda relativa a un fatto che si sarebbe svolto nel 1191 durante una carestia. Il giovane Domenico diede via il suo denaro e vendette i suoi abiti, i suoi mobili e preziosi manoscritti per nutrire i suoi vicini affamati. Sembra che abbia detto ai suoi colleghi studenti: “Non posso studiare su pelli morte (cioè le pergamene) mentre delle persone vive muoiono di fame”.
 

I suoi genitori, Juana e Felix, erano “onorevoli e ricchi”, e alcuni dicono che venivano da una branca minore della grande famiglia nobile dei Guzmán. La madre di Domenico, Juana d'Aza, è stata beatificata da papa Leone XII nel 1828. Si dice che prima della nascita di Domenico Juana abbia compiuto un pellegrinaggio all'abbazia e lì abbia sognato che un cane saltava dal suo grembo portando una fiaccola in bocca e “sembrava infiammare la terra” (1).

Incontro con i catari
Nel 1194, quando aveva circa 25 anni, Domenico si unì ai Canonici Regolari Agostiniani. Dieci anni dopo accompagnò il vescovo in missione diplomatica in Danimarca. Gli inviati viaggiarono attraverso l'Aragona e il sud della Francia. Lì incontrarono i catari, una setta religiosa eretica con convinzioni gnostiche e dualistiche che si stava diffondendo nella Francia meridionale. Sarebbe stato un incontro singolarmente di buon auspicio per la Chiesa.

I catari assomigliavano un po' ai culti moderni per il fatto che sottolineavano il vegetarianesimo e il vivere in modo “puro”. Fortemente elitisti, i loro seguaci aspiravano ad essere “illuminati” - ovvero ritenevano di avere un accesso privilegiato a verità spirituali superiori. Disprezzavano la sessualità e la vita familiare, pretendendo di concentrarsi solo su “beni spirituali” invisibili. Si chiamavano “i puri” dalla loro dea nota come la Pura, la “Vergine Grande Creatrice Madre Maria”.

Nascita dei Domenicani
L'influenza dei catari era particolarmente sentita nelle città emergenti dell'epoca, e Domenico rispose con un nuovo concetto di un ordine religioso che combinasse dedizione ed educazione sistematica, con maggiore flessibilità organizzativa rispetto sia agli ordini monastici che al clero secolare dell'epoca.

Sottomise anche se stesso e i suoi compagni alle regole monastiche della preghiera e della penitenza, e il vescovo locale Foulques diede loro per iscritto l'autorità di predicare nel territorio di Tolosa. Nel 1215, Domenico vi si stabilì con sei seguaci. Nel gennaio 1217 ricevettero l'approvazione papale per l'Ordine dei Predicatori (“Ordo Praedicatorum” o “O.P.”, noto popolarmente come Ordine Domenicano).

Domenico “l'Inquisitore”
Nonostante il fatto che Domenico sia morto nel 1221, dieci anni prima che venisse istituita l'Inquisizione nel 1231, “Domenico l'Inquisitore” divenne una delle figure più famose della “leggenda nera” relativa alla Spagna.

Gli storici ora concordano sul fatto che i polemisti protestanti del XVI e XVII secolo hanno creato e perpetuato la leggenda di Domenico l'Inquisitore. Questa immagine ha dato ai protestanti tedeschi che criticano la Chiesa cattolica un'argomentazione contro l'Ordine Domenicano, la cui predicazione si era rivelata un oppositore formidabile nelle terre della Riforma.

Secondo il suo biografo Guiraud, il vero Domenico conduceva una vita austera, “osservava regolari digiuni e periodi di silenzio”, sceglieva “gli alloggi peggiori e i vestiti più modesti” e “non si permetteva mai il lusso di un letto”.

“Quando viaggiava, ingannava il tempo con istruzioni spirituali e preghiere”, e “non appena passava i confini di città e villaggi si toglieva le scarpe, e per quanto aguzze fossero le pietre o le spine, arrancava scalzo”. “La pioggia e altri disagi non gli strappavano altro che lodi a Dio”.

I “cani di Dio” nel terzo millennio della cristianità
Forse non dovrebbe stupire nessuno che siano i Domenicani – frati, sorelle attive e suore – a guidare il cammino nel terzo millennio della cristianità. In netto contrasto con le loro controparti moderniste, le vocazioni alle comunità domenicane ortodosse stanno aumentando in tutto il mondo – soprattutto in Nordamerica e in America Latina –, con giovani uomini e donne che rispondono alla chiamata ad essere insegnanti e predicatori. Da persona che ha studiato dai Domenicani decenni fa, posso dire che il mondo è veramente fortunato.

 
FAMOSA DISPUTA TRA SAN DOMENICO E I CATARI: I libri di entrambi vennero gettati tra le fiamme, ma gli scritti di Domenico miracolosamente si salvarono.





SAN DOMENICO era “magro e di altezza media. Il suo volto era bello. Aveva capelli e barba biondo rame e begli occhi... Le sue mani erano lunghe e belle e la sua voce piacevole. Non è mai stato calvo, anche se portava la tonsura intera, che era mescolata a qualche capello grigio” - beata Cecilia Cesarini, suora domenicana.
 
NEL 1219, PAPA ONORIO III AFFIDÒ AI DOMENICANI L'ANTICA BASILICA ROMANA DI SANTA SABINA per il lorostudium conventuale, precursore del loro studium generale a Santa Maria sopra Minerva. Trecento anni dopo, è diventato la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, il famoso “Angelicum”.
 
UN'EREDITÀ INTELLETTUALE: l'Ordine dei Predicatori è noto per la sua tradizione intellettuale, avendo “sfornato” molti teologi e filosofi di spicco, il più famoso dei quali è San Tommaso d'Aquino.
 
FONDATI PER PREDICARE IL VANGELO E PER COMBATTERE L'ERESIAl'insegnamento e l'organizzazione scolastica dei Domenicani li hanno posti alla guida della vita intellettuale dell'Alto Medioevo.
 
BLACK FRIARS: nei Paesi anglofoni, i frati domenicani vengono spesso indicati come black friars per via della cappa o mantello nero sopra l'abito bianco.




L'ORDINE DOMENICANO include frati, suore, sorelle attive e Domenicani laici o secolari.
 
LE PRIME SUORE DOMENICANE erano giovani donne rinnegate dalle proprie famiglie catare. Vennero istituite da San Domenico nel sud della Francia.
 
LA LEGGENDA DEL ROSARIO: dato a Domenico dalla Madonna. La diffusione del Rosario, una devozione mariana, è attribuita alla predicazione di San Domenico.
 
“IL ROSARIO DI MARIA È IL PRINCIPIO E LA BASE su cui si poggia l'Ordine di San Domenico per rendere perfetta la vita dei suoi membri e ottenere la salvezza degli altri” - Papa Pio XI
 
AUMENTO DELLE VOCAZIONI: nell'ultimo decennio, in tutto il mondo l'Ordine dei Predicatori ha sperimentato un aumento del 15% delle vocazioni, alimentate da leader ortodossi come la fiorente Provincia Orientale statunitense.

MORTE DEL “CANE DI DIO”: Domenico morì a 51 anni, “stremato dalle austerità e dai lavori del suo incarico”. Arrivando a Bologna “stanco e con la febbre”, “chiese si monaci di deporlo su tela di sacco poggiata a terra” e che “il breve tempo che gli rimaneva venisse speso nell'esortare i suoi seguaci ad avere carità, a mantenere la loro umiltà e a fare della povertà il loro tesoro”. Morì a mezzogiorno del 6 agosto 1221.

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(1) L'identificazione come Domenicani diede luogo al gioco di parole per il quale erano i Domini canes, o Cani del Signore.


[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]




   





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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31/05/2015 12:14
 
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una stupenda testimonianza della Comunione dei Santi che spesse volte ripetiamo, purtroppo, meccanicamente nel Credo ....
Che belle cose ci accadono! Quanta edificazione "ascoltare" due persone che si raccontano i meravigliosi progetti di Dio....




Un sacerdote risponde

Mentre ero a casa mi è venuto un desiderio incredibile di recitare una corona del Rosario ed ecco che cosa è successo

Quesito

Carissimo Padre Angelo,
Mi perdoni se la disturbo di nuovo ma devo raccontarle di un fatto bellissimo accaduto oggi. Mi pare si chiamino Dio-incidenze, ma non ne sono sicuro. Vado con ordine. Mentre ero a casa mi è venuto un desiderio incredibile di recitare una corona del Rosario. Ma non ci riuscivo perché c'era altra gente e volevo starmene un po' in pace da solo. Allora, avendo finito i compiti, ho deciso di fare una passeggiata tenendo una mano nella tasca col Rosario e pregando. Per concentrarmi meglio, però, dopo i primi misteri, avendo raggiunto il Santuario vicino a casa mia ho deciso di fermarmi lì per concludere la preghiera. All'interno ci saranno state 3 persone, sacerdote compreso. Mi sono seduto su una panca. Stavo benissimo, l'atmosfera era perfetta e mi sentivo in comunione con Gesù, nella pace totale. Verso la fine della recita, sono stato assalito da dubbi sulla mia Vocazione e quello che Dio volesse per me. Allora ho chiesto al Signore, mentre meditavo, di fare luce sul mio destino. Non ricordo esattamente le parole, ma deve essere stato qualcosa del genere: "Signore, sono pronto a servirti, farò qualsiasi cosa mi dirai". In quel momento ho girato il volto a sinistra e sono stato fulminato da un colpo di gioia ed entusiasmo! Sulla parete laterale c'era esattamente l'immagine che vi è sulla pagellina della Confraternita del Santo Rosario che lei mi ha inviato! Quella meravigliosa immagine sulla consegna del Rosario. Non una simile, proprio quella! Ora, non so se sia una copia o se sia un'immagine diffusa, ma in quell'istante ogni mio dubbio è svanito. Quanto è grande il Signore! Anche se fosse stata una semplice coincidenza, mi ha aiutato moltissimo. Sono sempre più convinto ormai che Egli mi voglia proprio nell'Ordine Domenicano. Ho riacquistato tutto il mio fervore e ne ho anche di più di quando ho scoperto la Vocazione.
Grazie Padre per le sue preghiere che mi sostengono sempre, sono più che felice di ricambiare almeno in parte con le mie. La ricordo sempre.
Che Dio la benedica!


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la mail che mi hai inviato ieri coincideva col 26 settembre che quest’anno segna l’inizio della novena in preparazione alla festa della Madonna del Rosario che tradizionalmente si celebra la prima domenica di ottobre.
Ha voluto così San Pio V in ricordo della strepitosa vittoria riportata dalla flotta cristiana contro il pericolo ottomano che già dominava tutto il Mediterraneo e cercava il momento propizio per invadere l’Europa.
Che quanto mi hai narrato sia avvenuto proprio il giorno d’inizio della novena per la festa della Madonna del Rosario è una coincidenza alla quale forse non avevi pensato.
L’espressione Dio-incidenze non è un’espressione tecnica, ma è stata usata da un nostro visitatore e certamente intende sottolineare che in determinati momenti Dio interviene incidendo in modo particolare nella nostra vita.

2. Che dire di quello che ti è capitato?
Procedo con ordine commentando tutte le tue parole. 
Scrivi: “Mentre ero a casa mi è venuto un desiderio incredibile di recitare una corona del Rosario. Ma non ci riuscivo perché c'era altra gente e volevo starmene un po' in pace da solo”.
Si tratta evidentemente di un’ispirazione molto forte.
San Paolo dice: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore” (Fil 2,13).
Quel desiderio incredibile era la voce dello Spirito Santo che sempre secondo San Paolo “intercede con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26).
San Tommaso dice che l’intercessione dello Spirito Santo non è altro che una spinta molto forte a pregare: “Domandare è proprio dell’inferiore… Perciò bisogna intendere intercedere nel senso di far domandare a noi, come del resto in Gn 22,12 si legge: “Ora conosci che tu temi il Signore” nel senso che ti hi fatto conoscere il timore del Signore” (Commento a Rm 8,26).

3. Grazie a Dio hai corrisposto a questa ispirazione e quante cose ne sono seguite!
Aveva ragione Giovanni XXIII a dire che quando si asseconda una grazia che il Signore ci vuole dare, ad essa ne seguono molte altre (Giornale dell’anima).

4. “Allora, avendo finito i compiti, ho deciso di fare una passeggiata tenendo una mano nella tasca col Rosario e pregando”.
“Avendo finiti i compiti”. Anche questo è importante, perché dobbiamo sottoporre a discernimento le varie ispirazioni ed esaminare se vengono da Dio o da qualche altra parte.
Orbene, qui avevi fatto il tuo dovere e nessuno in casa avrebbe potuto farti osservazione o dire qualcosa.
Portavi in tasca la corona del Rosario.
La corona benedetta del Rosario portata con sé è accompagnata da tante grazie anche perché spinge a prenderla in mano, a pregare e pertanto ad aprire la nostra anima a ricevere le grazie che Dio ha già decretato di darci.

5. “Per concentrarmi meglio, però, dopo i primi misteri, avendo raggiunto il Santuario vicino a casa mia ho deciso di fermarmi lì per concludere la preghiera”.
Sembra tutto calcolato. Non c’era modo migliore per raccoglierti e pregare bene che entrare nel Santuario che era proprio davanti a te.
Uscendo di casa forse non avevi pensato di entrare in Santuario. È stata un’ispirazione venuta sul momento. E anche a questa hai acconsentito.

6. “All'interno ci saranno state 3 persone, sacerdote compreso. Mi sono seduto su una panca. Stavo benissimo, l'atmosfera era perfetta e mi sentivo in comunione con Gesù, nella pace totale”.
Sarebbe già stato sufficiente aver sperimentato questa pace per essere contento. Avevi corrisposto prontamente ad un’ispirazione ed ecco ti sentivi in comunione con Gesù. Lo percepivi non soltanto davanti a te nel tabernacolo, ma anche e forte dentro di te.
Eri “nella pace totale”.
Davide dice nel Salmo 16,11: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”.
Ecco il Signore ti aveva chiamato per colmarti della sua presenza e farti gustare la sua dolcezza senza fine.
E ne eri sazio.

7. “Verso la fine della recita, sono stato assalito da dubbi sulla mia Vocazione e quello che Dio volesse per me. Allora ho chiesto al Signore, mentre meditavo, di fare luce sul mio destino. Non ricordo esattamente le parole, ma deve essere stato qualcosa del genere: "Signore, sono pronto a servirti, farò qualsiasi cosa mi dirai". In quel momento ho girato il volto a sinistra e sono stato fulminato da un colpo di gioia ed entusiasmo! Sulla parete laterale c'era esattamente l'immagine che vi è sulla pagellina della Confraternita del Santo Rosario che lei mi ha inviato! Quella meravigliosa immagine sulla consegna del Rosario. Non una simile, proprio quella!”.
Era il giorno dell’inizio della novena in preparazione alla festa del Santo Rosario. 
Per un attimo erano affiorati dubbi sulla tua vocazione. Ma ti sei subito riconsegnato al Signore: “Qualunque cosa mi dirai, la farò”.
Ed ecco che ti giri e vedi san Domenico che riceve dalla Madonna la corona del Santo Rosario in un’immagine perfettamente conforme a quella della pagellina che invio in formato elettronico a chi chiede di far parte della confraternita del SS. Rosario.
Non ci poteva essere risposta più chiara ed eloquente.
È come se il Signore ti avesse voluto dire: “Ti voglio così”.
Chi non sarebbe “stato fulminato da un colpo di gioia ed entusiasmo” come sei stato fulminato tu in quel momento”!
Beninteso, la vocazione non si misura solo da questo. Sarebbe imprudente e superficiale.
Ma dopo aver fatto l’opportuno discernimento sui vari aspetti della tua vita e dopo aver capito che il Signore ti vuole sacerdote e domenicano, quell’immagine non potevi non sentirla se non come una conferma dolce e luminosa che ti veniva dal Cielo.

8. Infine con molta prudenza, quasi non volessi scomodare Dio a darti quel segno, scrivi: “ Anche se fosse stata una semplice coincidenza, mi ha aiutato moltissimo. Sono sempre più convinto ormai che Egli mi voglia proprio nell'Ordine Domenicano. Ho riacquistato tutto il mio fervore e ne ho anche di più di quando ho scoperto la Vocazione”.
Era proprio quello che il Signore ti voleva comunicare quando ti metteva quella spinta fortissima a pregare mentre eri in casa.

9. Voglio dirti infine un’altra cosa che riguarda me.
Proprio ieri, iniziando la novena in preparazione alla festa della Madonna del Rosario, ho chiesto come grazia particolare per la festa di quest’anno la confermazione e la perseveranza della tua vocazione nell’Ordine di san Domenico. 
Non potevo ricevere segno più bello, proprio nel giorno d’inizio della novena.
È anche questa una coincidenza casuale? Oppure, per usare il linguaggio di que nostro visitatore, una Dio-incidenza?

Ti ringrazio di avermi fatto partecipe di questa grazia. 
Penso che tanti visitatori saranno contenti della tua vocazione e di quanto ti è capitato. Anch’essi ringrazieranno il Signore e pregheranno per te, forse più di quanto non lo faccia io.

Ti benedico.
Padre Angelo



   




Un sacerdote risponde

Mi ha colpito l'affermazione secondo cui il predicatore, prima d’essere apostolo, deve essere asceta e contemplativo

Quesito

Caro padre Angelo,
grazie per aver risposto alla mia ultima mail. La pubblicazione spero possa aiutare quanti la leggeranno ad avvicinarsi alla fede cattolica.
Mi ha stupito e al contempo molto confortato che l'ordine domenicano è nato proprio per combattere l'eresia. Per evangelizzare, portare Cristo agli altri. Insomma richiamando il Vangelo, si potrebbe dire che sono i custodi della Parola seminata da Dio; strappano le erbacce dell'eresia che soffocano la piantina del regno dei cieli, seminata dal Padre. 
Il suo sottolineare le mie frasi mi ha fatto comprendere proprio che l'ordine domenicano ha nella sua spiritualità, l'evangelizzazione, il combattimento dell'eresia e la vita di preghiera e comunitaria. Mi viene da pensare appunto agli apostoli, e alle prime comunità cristiane di cui ci parlano gli Atti. Vivevano insieme, pregavano e lodavano e benedicevano Dio, evangelizzavano, e combattevano l'eresia e gli errori teologici di chi incontravano nel loro cammino. Non posso non pensare al povero Paolo, che insieme con Barnaba, ad Atene, cercando di spiegare che gli dei non esistono è stato scambiato per una divinità egli stesso: credo che sia il colmo per un predicatore. E qui non può non scapparmi una risata!

Leggo che in un approfondimento che ho trovato sul sito, riguardante l'ordine dei predicatori, che: Prima d’essere apostolo, il Frate Predicatore è dunque asceta e contemplativo
E' proprio la vita di preghiera, l'unione con Dio che è propulsore alla vita apostolica e di missione. La parola asceta mi fa pensare ad una vita in costante ricerca della purificazione, della conversione continua che cerca e tende alla santità. La contemplazione è invece scoprirsi immersi in Dio, essere in costante comunione con Lui.
L'apostolato scaturisce, direi quasi, automaticamente dalla contemplazione. Quando si è a contatto col mistero di Dio dentro di sé non si può tacere. Direi anche quando si è innamorati. Si deve parlare agli altri. E' una gioia che contenuta manderebbe il cuore in brandelli. 
Non conosco bene gli ordini religiosi. Ma dalla mia frase, da lei riportata sottolineata, intravedo che mi avvicino alla spiritualità domenicana; In effetti questa spiritualità insieme con quella della Compagnia di Gesù, la sento a me vicina.
Grazie per le preghiere al Sacro Cuore di Gesù. E la sua benedizione. Ricambio con la preghiera


Risposta del sacerdote

Caro Diego.
Sono contento di approfondire l’affermazione centrale della tua mail, che vale certamente per i domenicani ma anche per tutte le persone che intendono fare autentico apostolato.

1. Circa l’esercizio ascetico in ordine alla predicazione San Tommaso dice: “nessuno deve assumere l’ufficio della predicazione prima di essersi purificato e perfezionato nella virtù, come si legge anche di Cristo che "cominciò a fare e a insegnare" (At 1,1)” (“Nullus autem debet assumere praedicationis officium, nisi prius fuerit purgatus et in virtute perfectus”, S. Tommaso, Somma teologica, III, 41, 3, ad 1).
Ricordando le parole di San Paolo “Tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù perché non succeda che dopo aver predicato agli altri io stesso venga squalificato” (1 Cor 9,27) San Tommaso dice ancora: “Bisogna darsi alla predicazione solo dopo aver soggiogato la propria carne” (Ib.).

2. Sicché il padre Mariano Cordovani, un grande domenicano del secolo scorso che è stato maestro del Sacro Palazzo (oggi viene chiamato teologo della casa pontificia) ha potuto scrivere che “la predicazione può fare a meno di molte regolette ma non può fare a meno dell’esemplarità e della vita interiore del predicatore, dal quale sgorga come una preghiera e un canto” (Corso di predicazione, p. 92).
È veramente bella la predicazione che “sgorga come una preghiera e un canto” dal cuore del predicatore.
Se è così, la predicazione non può non conquistare. Non può non toccare i cuori.
Quello che il vero predicatore dice è stampato nella sua vita, nel suo modo di esprimersi e di parlare.

3. La contemplazione richiede una certa quies animi, che possiamo tradurre con serenità dello spirito.
Questa serenità dello spirito è il più bel frutto delle virtù morali, soprattutto della temperanza. 
San Tommaso dice che “la contemplazione viene impedita dalla violenza delle passioni e dai tumulti esteriori” (Somma Teologica, II-II, 180, 2) e che “le virtù morali predispongono alla vita contemplativa causando pace e purezza” (Ib., ad 2.). 
E aggiunge: “Ed è per questo che la virtù della castità è quella che più di ogni altra rende idonei alla contemplazione: poiché i piaceri venerei sono quelli che più immergono l’anima nelle realtà sensibili, come insegna S. Agostino (Solil. 1,10)” (Somma Teologica, II-II, 180, 2, ad 3).

4. Mi piace ricordare che il Santo Padre Domenico sul letto di morte ha voluto pronunziare una parola in particolare sulla purezza, sulla castità.
Disse: “Figli miei, la misericordia di Dio mi conservò fino ad oggi una carne pura e una verginità senza macchia.
È la custodia di questa virtù che rende il servo di Dio gradito a Cristo e che gli dà gloria e credito davanti agli uomini”.
Se è vero, come ha detto Nostro Signore che “ognuno parla dall’abbondanza del proprio cuore” (Mt 12,24) la parola che esce da un’anima pura ha un timbro tutto particolare.
Magari gli ascoltatori non sapranno ricondurla subito alla purezza, ma certo la collegano alla virtuosità di chi parla e facilmente sono indotti a dire: colui che parla in questo modo è diverso dagli altri e talvolta dicono pure che è un santo.
Ecco il “credito davanti agli uomini” di cui parlava il santo Padre Domenico.

5. “Sgorga come una preghiera e un canto”.
Sgorga come una preghiera e come un canto perché quella predicazione eleva.
Ed eleva perché esce da un cuore che in quel momento è elevato, vive l’unione con  Dio.
Di san Domenico si legge che “parlava con Dio o di Dio e voleva che i frati facessero altrettanto”.
Non ci meravigliamo che la sua predicazione portasse così grandi frutti. Dicono che abbia convertito 100.000 eretici nella lingua d’Oca (Francia meridionale) e centomila anche nell’Italia settentrionale.
Non capita spesso di sentire prediche che sgorgano dal cuore del predicatore come una preghiera e come un canto.
Ma sarebbe bello se tu, assecondando la chiamata del Signore, fossi così buono da accrescere il numero di questi predicatori.
Il mondo ne ha bisogno.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo





 Presto beatificati martiri uccisi in Spagna e Laos ed anche Madre Lalìa Fondatrice delle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto Vecchio

I decreti autorizzati da Papa Francesco riconoscono inoltre le virtù eroiche di quattro personalità ecclesiali italiane:

(...)


la Serva di Dio Maria Antonia del Sacro Cuore di Gesù (al secolo: Rachele Lalia), Fondatrice della Congregazione delle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto, nata a Misilmeri il 20 maggio 1839 e morta a Ceglie Messapica il 9 aprile 1914.   



(A cura di Alessandro De Carolis da Radio Vaticana)


 


[Modificato da Caterina63 07/06/2015 10:08]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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07/06/2015 10:08
 
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[SM=g1740738] Il breve video vi invita a conoscere e ad approfondire la storia di Madre Antonia Lalìa, Fondatrice delle Suore Domenicane Missionarie di san Sisto Vecchio in Roma...
Sito di divulgazione
freeforumzone.leonardo.it/forum.aspx?c=169899&f=169899

Sito ufficiale della Congregazione
www.domenicanedisansisto.org/web

Si ringrazia il gruppo "Amici di Madre Lalìa" di Misilmeri, in particolare Daniele Bruno, per la concessione dell'Inno dedicato a Madre Lalìa e che potete trovare, con relative informazioni per unirvi agli "Amici di Madre Lalìa", visitando il sito ufficiale:
www.madrelalia.it

www.gloria.tv/?media=153084



[SM=g1740717]


ASCOLTATE IL VIDEO FINO IN FONDO,

.. e preghiamo con loro e per loro ..

www.youtube.com/watch?v=bkMD118JS2w




[SM=g1740750] [SM=g1740752]


Laudare, Benedicere, Praedicare: Official Hymn of the Jubilee of the Order of Preachers.

l'Inno domenicano per il Giubileo [SM=g1740733]

www.youtube.com/watch?v=wAT7zMzavdw








[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 08/06/2015 19:56]
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San Marco non deve morire

È il convento domenicano più famoso al mondo. Da Firenze è stato per secoli faro di santità, di arte, di cultura. Ma ora è sul punto di essere soppresso, proprio per volontà dell'ordine di san Domenico 

di Sandro Magister




ROMA, 17 luglio 2015 – La sentenza finale potrebbe arrivare da un momento all'altro, nella distrazione dell'estate. E riguarderà la vita o la morte del convento domenicano più famoso al mondo, il convento di San Marco a Firenze.

La posta in gioco ha dell'incredibile. È come se i frati francescani decidessero di chiudere il convento di Assisi. Eppure è ciò che potrebbe accadere, per volontà dello stesso ordine di san Domenico, se il maestro generale dell'ordine, padre Bruno Cadoré, rendesse esecutiva la decisione che il capitolo della provincia domenicana dell'Italia centrale, intitolata a santa Caterina da Siena, ha preso nell'autunno del 2013: la decisione, appunto, di sopprimere la "casa", cioè il convento di San Marco a Firenze.

Il maestro generale ha preso tempo. Nel marzo dello scorso anno ha compiuto un visita al convento in procinto d'essere soppresso. Ha poi scritto una lettera ai domenicani della provincia interessata, chiedendo loro di ristudiare da capo la questione, con l'ausilio di "esperti". Ma senza effetto. I padri della provincia di santa Caterina da Siena si sono di nuovo riuniti a capitolo alla fine dello scorso mese di giugno e hanno reiterato al maestro generale la richiesta di sopprimere il convento di San Marco.

Se ciò accadesse, nei chiostri e nelle celle mirabilmente affrescate dal Beato Angelico (vedi sopra l'Annunciazione, del 1442) non pregherebbe più alcun frate. Dalla biblioteca architettata da Michelozzo, la prima biblioteca dell'età moderna aperta al pubblico, scomparirebbero le tonache dei dotti. Quello che è stato per secoli un cenacolo di letterati, di artisti, di vescovi, di santi, cederebbe il passo a una banale foresteria.

A officiare le messe, nella chiesa annessa al defunto convento, verrebbe semplicemente qualcuno da fuori: dal non lontano convento di Santa Maria Novella, l'unico convento domenicano che resterebbe aperto a Firenze.

È vero che la penuria di vocazioni, nell'ordine di san Domenico, ha toccato livelli drammatici. Ma è anche vero che un buon numero dei conventi domenicani nel mondo sopravvivono con solo due o tre frati, senza per questo essere raggruppati o soppressi.

E il convento di San Marco è una posta simbolica troppo alta per poter essere impunemente cancellata.

Il servo di Dio Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, in via di beatificazione, alloggiava nella cella VI di San Marco e parlava così del suo amatissimo convento:

"Firenze è il centro del mondo. San Marco è il centro di Firenze e l'Annunciazione del Beato Angelico lì affrescata è il centro di San Marco. Quindi l'Annunciazione è il centro del mondo".

La Pira parlava da profeta e da visionario qual era, da operatore di pace tra le nazioni, in Medio Oriente, in Russia, in Vietnam. Ma davvero il convento di San Marco è stato un faro imprescindibile di santità e di cultura non solo per Firenze, ma per l'Europa e il mondo.

Lo è stato nella stagione dell'umanesimo e del rinascimento, con il Beato Angelico, Savonarola, sant'Antonino da Firenze, Poliziano, Pico della Mirandola. Lo è stato sino ai giorni nostri con ad esempio un La Pira.

Non meraviglierebbe, quindi, che un convento che ha tanto dato al mondo riceva oggi dal mondo un aiuto a restare in vita. Magari con un affluire nelle sue celle e nei suoi chiostri di frati domenicani da altre nazioni e continenti.

Già un anno fa al maestro generale dei domenicani è stata rivolta una petizione per il mantenimento in vita del convento di San Marco, con quattromila firme:

> Salviamo il convento di San Marco a Firenze dalla chiusura

Tra i sottoscrittori, cattolici e non, c'erano il filosofo Sergio Givone, assessore alla cultura del comune di Firenze, l'altro celebre filosofo Massimo Cacciari, gli storici del cristianesimo Daniele Menozzi, Roberto Rusconi e Roberto de Mattei, i sociologi Pietro De Marco e Arnaldo Nesti, lo studioso di mistica Marco Vannini.

C'è solo da sperare che quella petizione non cada nel vuoto. I tempi stringono. San Marco non deve morire.

__________


Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

14.7.2015
> Sinodo. Nel documento preparatorio c'è un'Araba Fenice
Che vi sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa. È la "via penitenziale" per la comunione ai divorziati risposati. Il teologo domenicano Thomas Michelet ne mette a nudo le contraddizioni

9.7.2015
> Benedetto e Francesco, un coro a due voci
In Paraguay grande musica per papa Francesco: quella dei gesuiti delle "Reducciones". E da Castel Gandolfo Benedetto XVI fa da eccezionale guida all'ascolto

6.7.2015
> Nel paese delle matriarche
È il Paraguay, meta finale del viaggio latinoamericano di papa Francesco. Una nazione  che solo le donne hanno saputo salvare, in un momento cruciale della sua storia. E che ancora vive del lascito delle "Reducciones"

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13/08/2015 17:25
 
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  Un sacerdote risponde


Avrei delle domande da farle sulla Vita nell’Ordine domenicano

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4253 

Quesito

Salve Padre,
avrei delle domande da farle (possiamo definirle curiosità anche se il termine non mi garba molto!) sulla Vita nell’Ordine:

1) Sono affascinato dal Vs Abito che ritengo magnifico e assolutamente comunicante purezza. La cappa nera so che viene indossata in coro.
    Ma è possibile per un frate vestirla comunque liberamente durante il resto dell’anno e fuori convento o ci sono delle limitazioni?
    All’esterno un frate può indossare l’abito talare sacerdotale o il clergyman o non è consentito?
2) So che dal Concilio Vaticano II la tonsura è stata ritenuta non più necessaria. C’è ancora qualche frate che la richiede o è impossibile farlo?
3) Come si svolge la Vita fuori dal Convento? Intendo: in che occasioni si può uscire per ragion di predicazione, incontri culturali, visita nelle parrocchie o per qualsiasi altra ragione?
Sono curioso e affascinato dunque non posso fare altro se non esultare della chiamata di Cristo e domandare...


Risposta del sacerdote

Carissimo,
mi dispiace di risponderti dopo diversi mesi, ma la tua mail è stata sommersa da tante altre e soprattutto dagli impegni di scuola e di ministero.

1. Mi dici che sei affascinato dall’abito dei domenicani.
Paolo VI, ricevendo un giorno un gruppo di parroci domenicani italiani, vedendoli tutti in abito bianco e cappa nera, disse: “Ma che bell’abito!”.
Tu però aggiungi che ritieni “magnifico e assolutamente comunicante purezza”.
A questo proposito mi piace ricordare come nacque la vocazione del padre Marie-Joseph Lagrange, fondatore dell’Ècole Biblique di Gerusalemme e del quale è in fase avanzata il processo di beatificazione.
Scrive nel suo Diario personale che la sera della prima comunione (aveva 11 anni ed era in seminario per la prima media), quando i ragazzi si presentarono ai piedi della statua della Vergine come erano soliti fare tutte le sere, «come dopo il mio battesimo, Maria mi riceveva sotto la sua protezione: lei è stata la Vergine fedele» (b. montagnes, Marie-Joseph Lagrange, p. 27).
In quel momento «sono certo di avere sentito la chiamata di Dio. Lo confessai a mia madre, venuta a trovarmi appena le fu possibile, all'ombra di un grande albero, posto all'estremità del giardino. Essa ascoltò le mie parole con commozione. Allora pensavo solo a diventare sacerdote, senza una vocazione speciale: mia madre benedisse Dio, ma non sembrò dare troppa importanza all'effusione di pietà di un ragazzo” (Ib.).

2. Questo primo seme di attrazione per il servizio di Dio si farà più insistente e chiaro in una data particolare:  «In prima superiore, il giorno dell'Annunciazione (25 marzo 1870), ho avuto la rivelazione che sarei entrato nell'Ordine di san Domenico» (b. montagnes, Marie-Joseph Lagrange, p. 27).
Che cosa era successo?
Era andato al Louvre di Parigi a visitare le opere d’arte ed era rimasto colpito dall’immagine di san Domenico in un particolare dell’Incoronazione della Vergine del Beato Angelico.
Ecco le sue parole: “Ero stato sedotto dall'immagine radiosa del santo rappresentata nell'Incoronazione della Vergine dal beato Angelico di Fiesole.
Non avevo dubbi sull'esattezza di questo ritratto: rappresentava infatti l'ideale della visione adorante di un'anima pura.
Molto prima di entrare nel suo Ordine, ero suo figlio, lo pregavo tutti i giorni» (Ib. pp. 31-32).
Di san Domenico dunque lo colpì “la visione adorante di un'anima pura”.
Tutto emanava purezza da San Domenico e questa purezza diventava la premessa migliore del suo atteggiamento adorante.

3. Il Beato Raimondo da Capua, che fu confessore di Santa Caterina da Siena e suo primo biografo e che divenne in seguito Maestro generale dell’Ordine domenicano, quando parla della genesi dei terziari domenicani, dice che il Santo Padre Domenico “diede loro il proprio abito perché si distinguessero dagli altri laici e facessero qualcosa di più di più che quel che non facevano gli altri” (Beato Raimondo da Capua, Santa CaterinaLegenda maior, n. 77).
Volle perciò che “uomini o donne, qualunque taglio di abito vestissero,  sempre lo portassero di colore bianco e nero, affinché anche esteriormente,  i due colori apparissero come contrassegno di innocenza e umiltà” (Ib.).
Non ti sei sbagliato dunque nel dire che l’abito dei domenicani emana purezza.

4. La cappa nera si indossa in coro dal 1° novembre fino alla Veglia pasquale.
In passato era obbligatorio portarla quando si andava fuori convento, a meno che non si fosse in campagna.
Adesso, oltre al coro, è prevista in determinate circostanze come celebrazioni accademiche, processioni, visite al Vescovo o al Sommo Pontefice…
Inoltre oggi si indossa tutto il giorno, anche in refettorio, il venerdì santo e il sabato santo.

5. Non vi sono limitazioni nel portarla.
Uno potrebbe portarla in coro anche fuori del tempo che ti ho indicato. E non pochi la portano, almeno nel mantello senza il cappuccio, anche per motivi di freddo.
Andando fuori convento la si può portare liberamente. Anzi, come ti ho detto, in passato si doveva indossare, a meno che non  si fosse in campagna.

6. Fuori convento è lecito portare il clergyman, ma non è lecito indossare la talare dei sacerdoti diocesani.
Tutt’al più si può indossare un capotto nero come usano anche i sacerdoti diocesani sopra la talare, da mettere sopra l’abito bianco. 

7. Dopo il Concilio Vaticano II, in seguito al permesso di usare il clergyman,  venne “sospesa” la tonsura monastica.
Le Costituzioni rinnovate del 1968 non ne parlano.
Personalmente non conosco frati che attualmente la portino e neanche sono a conoscenza se in qualche parte del mondo ve ne siano.
A lume di naso mi verrebbe da dire che, non essendo proibita, non è escluso che qualcuno la porti o la possa portare.

8. Mi chiedi infine come si svolga la Vita fuori dal Convento.
I domenicani, pur vivendo in convento, non sono fatti per stare in convento come avviene invece per i monaci, per i quali non è previsto che escano dal monastero se non eccezionalmente.
Il fine dell’Ordine porta i domenicani ad uscire di convento. La salus animarum (la salvezza delle anime), per mezzo di ogni forma di predicazione, richiede di cercare e incontrare le persone là dove si trovano lo impone.
Pertanto il domenicano sta in convento per uscire di convento!
Fuori convento ogni domenicano si comporta come le esigenze richiedono.
Ma nella sua vita personale rimane sempre un sacerdote religioso e pertanto dedicato a Dio nella preghiera, nello studio, nella contemplazione e in uno stile di vita povero, casto  e umile.

9. Mi dici infine che sei “curioso e affascinato” e che al momento non puoi far altro che  “esultare della chiamata di Cristo e domandare...”.
Sono contento per questo tuo atteggiamento spirituale. Ti assicuro la mia preghiera e anche il ricordo nella S. Messa che vado a celebrare, perché il Signore ti confermi sempre più in questa chiamata, che farà del grande bene a te e alle persone che il Signore metterà sui tuoi passi perché le porti a salvezza.

Nella speranza che tu possa essere nostro confratello in questa vigna eletta del Signore ti abbraccio e ti benedico. 
Padre Angelo





Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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31/10/2015 16:07
 
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Sua Santità Papa Francesco concede la possibilità di ricevere l'indulgenza plenaria a tutti i fedeli che partecipano alle celebrazioni giubilari che si svolgono sia a livello internazionale e in ogni provincia e a tutti coloro che visitano in pellegrinaggio chiese e cappelle della Famiglia Domenicana.

I termini e le condizioni per ricevere l'indulgenza sono descritte nel documento inviato dalla Penitenzieria Apostolica. Il Santo Padre ha incoraggiato tutti i sacerdoti dell'Ordine di mettersi a disposizione per celebrare il il sacramento della penitenza nei luoghi giubilari e di amministrare spesso la Comunione agli ammalati. Invitiamo tutta la Famiglia Domenicana a far conoscere e a ricevere l'indulgenza plenaria che rafforza e promuove l'impegno comune di rinnovamento dell'Ordine intero in questo anno giubilare.







 

Fraternamente CaterinaLD

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01/11/2015 19:00
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Giubileo Domenicano parlano i Papi

Cari Amici, il 7 novembre, Festa dei Santi dell'Ordine Domenicano, iniziano anche le celebrazioni per il nostro Giubileo: 800 anni dalla fondazione 1216-2016 e siamo davvero felici di poter condividere con voi questo evento che non è un traguardo, ma una tappa di questo lungo cammino ancora lontano dalla meta.
In questo video abbiamo scelto un breve itinerario fatto dalle parole usate da alcuni Pontefici, del passato e del presente, che descrivono l'opera e la missione di San Domenico di Guzman e della sua grande Famiglia.
Buon ascolto e... pregate per noi e con noi il Santo Rosario.

Movimento Domenicano del Rosario

A seguire un video Karaoke con il canto a San Domenico Luminare della Chiesa

www.youtube.com/watch?v=ZfT31VlOEXE

gloria.tv/media/pwdeiLyAgC8

________

Luminare della Chiesa video Karaoke

gloria.tv/media/P5f9nadkhGD

www.youtube.com/watch?v=ZgR974pxH1M








[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]



[Modificato da Caterina63 01/11/2015 20:10]
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BELLA NOTIZIA 
oggi, Festa dei Santi Domenicani e apertura Giubileo Domenicano, il Papa ha nominato Padre Lorenzo Piretto O.P. già Vicario generale della Nunziatura apostolica a Istanbul, nuovo Vescovo di Smirne-Turchia 
Preghiamo per lui!!!



qui a seguire in una vecchia intervista del 2006 - Dialogo quotidiano

Dialogo quotidiano

Istanbul, Aya Sofia (foto G. Vujovic)

La Chiesa cattolica in Turchia. Il rapporto con la maggioranza musulmana e con le autorità, il clima in cui si svolge il viaggio di Papa Ratzinger. Nostra intervista al Vicario generale della Nunziatura apostolica a Istanbul, padre Lorenzo Piretto

Padre Lorenzo Piretto è un padre domenicano che vive a Istanbul da 23 anni. Attualmente è Vicario generale della Nunziatura apostolica. Ci riceve nella chiesa domenicana dei Santi Pietro e Paolo, incastrata tra le stradine che dalla genovese torre di Galata scendono verso il Corno d'Oro

Perché la Chiesa cattolica in Turchia non gode del riconoscimento accordato ad armeni, greci ed ebrei dal Trattato di Losanna del 1923?

All'epoca del trattato di Losanna la Chiesa cattolica non ha fatto la richiesta di essere inclusa tra le minoranze, perchè essere riconosciuta come minoranza avrebbe significato adeguarsi alla Costituzione turca: essa prevede che i sacerdoti della comunità debbano essere di nazionalità turca ma all'epoca tutto il personale religioso cattolico era composto solo da stranieri. E poi questo personale, sempre secondo la Costituzione, avrebbe dovuto essere riconosciuto dal governo centrale. Ad esempio anche il patriarca ortodosso deve avere l'approvazione del governo di Ankara prima di essere nominato. Quindi i sacerdoti devono essere di nazionalità turca e approvati da Ankara. Questa è stata la ragione principale che ha determinato la scelta della chiesa di non chiedere il riconoscimento di minoranza. E si è sempre andati avanti così.

Qual è attualmente il vostro status?

Noi siamo riconosciuti nei documenti ottomani come sacerdoti domenicani, e questi documenti sono passati poi all'amministrazione della Repubblica. Per quanto riguarda il catasto, ad esempio, siamo ancora iscritti così. Altre congregazioni, per le quali è difficile trovare documenti sulla fondazione in Europa, non vengono riconosciute ed i loro beni sono passati allo stato turco. Il problema delle proprietà dal punto di vista legale è particolarmente intricato.

Quale soluzione auspicate?

Noi chiediamo che la Chiesa e le congregazioni religiose siano riconosciute così come lo sono in Europa, altrimenti resteremo sempre in una situazione di incertezza. Grazie a Dio qui ad Istanbul noi non abbiamo mai avuto problemi.

La particolarità della vostra situazione come si riflette nei rapporti con le autorità turche?

Di fatto è come se fossimo riconosciuti. Dal punto di vista formale il vescovo non è riconosciuto, però viene invitato ovunque come capo della comunità cattolica latina. Parliamo con le autorità che ci promettono sempre di arrivare ad una soluzione, ma poi nessuna cosa viene scritta. Aspettiamo fiduciosi.

In Turchia giungono regolarmente da ambienti diversi le accuse di proselitismo ed attività missionarie rivolte genericamente ai cristiani...

Si tratta soprattutto delle sette protestanti americane. Sono questi gruppi, non i luterani classici, che fanno del danno a tutti. Organizzano piccole chiese, forse 300 solo a Istanbul, piccoli gruppi, comunità... Sono soprattutto americani o nord-europei. Probabilmente hanno anche imperi finanziari alle spalle, spesso le voci secondo cui distribuirebbero bibbie con dentro dei dollari si dimostrano fondate. Come Chiesa cattolica noi lavoriamo per il dialogo. Naturalmente se una persona insiste cerchiamo di capirne bene le intenzioni, andiamo cauti. E' un processo che può durare anche una decina d'anni. Nel nostro caso si tratta di alcune decine di casi l'anno, è un cammino lungo, lento. Ci sono delle conversioni, non si può negare, ma qui c'è un centro di dialogo, non vogliamo convertire nessuno.

Lei ha una lunga esperienza come insegnante di latino alla Facoltà di Teologia dell'Università di Marmara. Quale accoglienza ha trovato?

Ho insegnato latino per tredici anni e ho sempre trovato grande rispetto e grande curiosità. Ed anch'io ho sempre risposto alle loro domande con grande rispetto. Nel 2004 abbiamo organizzato anche un seminario con un gruppo di professori della facoltà di teologia ed esperti provenienti dall'Italia. Abbiamo scelto un tema neutro, l'atto umano, e ne abbiamo discusso per due giorni, leggendo un testo di Aristotele, un testo di Avicenna, Averroè e poi San Tommaso d'Aquino. Due di noi, due di loro, è stato molto bello, una bella esperienza. La conoscenza è questo. Si possono fare tante cose insieme. Anche a novembre abbiamo fatto qualcosa di simile, discutendo del tema della Salvezza nel Cristianesimo e nell'Islam. Confronti. Conoscersi è molto importante, ci sono molto cose in comune. Il tutto nel quadro della sincerità reciproca. Quando ci si conosce e si vede che non ci sono secondi fine ci si rispetta e si va avanti. I giovani professori poi ci hanno invitato a casa loro durante il Ramadan per il pranzo di fine digiuno, è stato molto bello.

Quali sono le principali curiosità espresse dai suoi studenti? Lei diceva che le crociate sono ancora una piaga che stenta a rimarginarsi...

Lasciamo perdere le cose che riguardano la storia e la politica. Certo però le crociate sono ancora una ferita aperta in qualche modo, per il mondo musulmano ed anche per quello ortodosso. Grazie a Dio noi riconosciamo i nostri sbagli, il Papa stesso ha chiesto perdono.

Per quanto riguarda le domande più frequenti, mi chiedono spesso perchè non riconosciamo Maometto come profeta oppure domande sulla preghiera. Un altro argomento ricorrente è il problema della Trinità, spiegare che non si tratta di tre Dei, e poi sicuramente la questione del celibato dei sacerdoti che a loro appare come un atto contro natura.

Lei mi parlava di un centro per il dialogo interculturale ed interreligioso...

Era un mio desiderio da molto tempo, in un primo momento quello di avere una biblioteca. Un'idea che ha preso maggior forza dopo la richiesta fattami dai professori della Facoltà di Teologia di avere un centro di documentazione cristiana, la possibilità di conoscere il cristianesimo. Attualmente abbiamo una sezione abbastanza ricca sull'orientalistica. Le persone che vengono qui a studiare rappresentano un'occasione di contatto interculturale. E poi la sezione dedicata al cristianesimo per gli studenti che devono fare delle tesi, l'ultima ad esempio era su S. Agostino. Alcuni studenti della facoltà poi sono andati in Italia con una borsa di studio. C'è una grande richiesta di conoscere il cristianesimo, una richiesta sostenuta anche dai miei superiori in Italia, che hanno deciso di inviare due giovani padri che hanno fatto studi di turcologia e mistica islamica.

Quali reazioni ha avuto la vostra inziativa?

Positive, ormai ad Istanbul quando c'è un qualche incontro siamo sempre invitati, siamo conosciuti.

In questo contesto di dialogo come si collocano la visita del Papa e le reazioni di questi giorni?

Io credo che queste tensioni siano state create da gruppi sparuti. Sono convinto che la maggior parte della gente non pensi nemmeno al Papa.

In Italia ed in Europa, come spesso accade quando si tratta della Turchia, hanno avuto, grande risonanza...

Ne hanno fatto un affare di Stato. Si crea la sensazione che ci troviamo in stato di assedio, assaliti, si è trattato in fondo di un centinaio di persone, di fanatici. Come nel caso di padre Andrea padre Santoro, il sacerdote ucciso a Trebisonda lo scorso gennaio, ndr, un sacerdote serio ed austero, una persona indiscutibile. Il suo impegno forse lo ha spinto ad andare un po' oltre, nel suo impegno a favore delle prostitute georgiane l'ha portato anche ad incontrare il vescovo georgiano. Ma lì c'è una rete mafiosa e poi magari un gruppo estremista contrario alla Turchia in Europa, tutto un insieme di fatti.

Qual è l'obbiettivo della venuta di Bendetto XVI? Non è una visita alla Turchia...

Si capisce bene e lo sanno anche le autorità turche che viene prima di tutto per un motivo ecumenico, il patriarcato ortodosso e la visita a Bartolomeos I, l'ha detto espressamente che farà di tutto per l'unità dei cristani. Naturalmente c'è il rispetto per lo Stato turco. Poi la visita a Santa Sofia, alcuni dicono che si tratta di una provocazione, che non doveva andare, ma si tratta di un simbolo storico, importante per la storia del cristianesimo. Adesso si parla anche di una visita alla moschea Sultanahmet - la moschea Blu - la visita è stata confermata, ndr, vediamo, sarebbe veramente una bella cosa.

Dalla sua particolare prospettiva, quella di un sacerdote cattolico in un paese musulmano, come vede questo clima di contrapposizione tra diverse identità religiose?

Io sono convinto che la Turchia rappresenti un punto di osservatorio privilegiato, quasi un laboratorio per il dialogo, l'unico paese laico del mondo islamico, dove si vede che Stato e religione possono convivere. Certo si tratta di vivere fino in fondo questa laicità, anche con il riconoscimento della realtà cattolica. E con l'entrata in Europa spero, sono abbastanza ottimista, che certe cose si sistemeranno. Vedo molti buoni segni, a parte qualche minoranza sparuta che fa molto chiasso. Se andiamo sul viale Istiklal ad esempio, dove c'è questa massa di giovani, chi pensa si tratti di fanatici si sbaglia. Al contrario, forse sono più aperti dei nostri giovani in Europa.

Personalmente poi io sono molto contento di essere qui. A volte dall'Italia mi dicono: "Chissà come devi vivere, come devi avere paura...", ma perchè dovrei avere paura?










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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