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Don J.Michel Glize analisi dettagliata sul termine Chiesa conciliare o del concilio

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2015 10:41
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10/02/2015 10:38
 
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     30. Al sesto argomento, si risponde che  la Chiesa cattolica, pur essendo soprannaturale e di origine divina, resta una società vera e propria ed è, come tale, visibile. È visibile sia in quanto società sia in quanto soprannaturale[35]. La prima visibilità la Chiesa cattolica la ha in comune con le altre società terrene: essa consiste nella visibilità di una società dotata di un suo governo e di una sua gerarchia. La seconda visibilità è propria della Chiesa cattolica e consiste nella visibilità del quadruplice miracolo morale delle sue quattro note. Se soltanto la seconda è sufficiente per riconoscere come tale la Chiesa cattolica, entrambe sono ugualmente necessarie alla Chiesa.

La seconda visibilità, cioè quella delle note, include – pur sorpassandola – la prima visibilità, cioè quella della società dotata della sua gerarchia. In effetti, le note della Chiesa sono il miracolo morale di una vita sociale che non può spiegarsi naturalmente e, di conseguenza, presuppongono una vita sociale, come il soprannaturale presuppone il naturale sul quale si innesta. Nella presente obiezione, si argomenta come se la visibilità delle note avesse un’esistenza autonoma, indipendente dalla visibilità sociale, cioè come se il soprannaturale esistesse concretamente senza la natura. In realtà, la Chiesa conciliare non è la gerarchia sprovvista delle sue note che si oppone alla Chiesa cattolica, dotata delle sue note ma priva della gerarchia. La Chiesa conciliare è uno spirito che imperversa all’interno della Chiesa cattolica, fin nella sua gerarchia e che, dovunque imperversa, impedisce la piena manifestazione delle note della Chiesa e offusca la sua origine divina.

        31. Al settimo e ottavo argomento, si risponde che, nella medesima intervista rilasciata un anno dopo le consacrazioni episcopali, mons. Lefebvre afferma: «Non dico che la Chiesa cattolica siamo noi. Non l’ho mai detto. Nessuno può accusarmi di aver mai preteso di essere papa. Tuttavia, noi rappresentiamo veramente la Chiesa cattolica com’era un tempo, perché continuiamo a fare ciò che essa ha sempre fatto. […] Sia ben chiaro, noi non siamo contro il Papa in quanto rappresenta tutti i valori della Sede Apostolica che sono immutabili, della Sede di Pietro, ma contro il Papa che è modernista, che non crede alla sua infallibilità, che pratica l’ecumenismo»[36].
In una conferenza tenuta poco tempo dopo, mons. Lefebvre aggiunge: «Ho creduto di dover restare al di qua di una simile eventuale realtà[[37]], di dover mantenere un contatto con Roma, di pensare che a Roma vi è comunque un successore di Pietro. Un cattivo successore, certo, un successore che non bisogna seguire perché ha idee liberali e moderniste, ma che nondimeno si trova là»[38]. E conclude parlando della «invasione liberale di Roma».
Tutto ciò mostra chiaramente che, a suo avviso, la Chiesa conciliare non è un’altra chiesa, distinta dalla Chiesa cattolica, il cui capo non sarebbe più il successore di san Pietro. L’espressione designa uno spirito nuovo che ispira una serie di riforme contrarie al bene della Chiesa, riforme di cui purtroppo lo stesso successore di Pietro si rende complice. D’altronde, mons. Lefebvre, in un’allocuzione pronunciata poco dopo le consacrazioni episcopali, diceva: «Rovine dappertutto. Ecco i frutti cattivi. Questo avviene perché i pastori non sono buoni, perché non fanno il loro dovere. I pastori non hanno custodito la Tradizione e i tesori che nostro Signore Gesù Cristo ha affidato loro. Hanno voluto inventare di sana pianta una nuova chiesa, ma non è possibile inventare una nuova chiesa.

La Chiesa è quella che è e tale deve restare fino alla fine dei tempi. Non cambierà né può cambiare, perché è stata fondata da nostro Signore Gesù Cristo, che è Dio, e Dio non cambia. […] Coloro che ci scomunicano sono essi stessi scomunicati da molto tempo.

Perché? Perché sono modernisti. Avendo uno spirito modernista, hanno costituito una chiesa conforme allo spirito del mondo. […] E perché ci scomunicano? Perché non vogliamo seguirli in questo spirito di demolizione della Chiesa. […] Non vogliamo collaborare a questa deplorevole opera che si sta compiendo nella Chiesa da vent’anni a questa parte»[39]. L’espressione Chiesa conciliare non designa altro che questa opera, che persiste all’interno della Chiesa.

     32. Al nono argomento, si risponde che è necessario, seguendo san Tommaso d’Aquino, distinguere due generi di relazione[40]. Da una parte, vi è la relazione fondata su una operazione attuale, cioè sull’esercizio del potere di conseguire il fine, come, per esempio, la relazione di ciò che scalda rispetto a ciò che è scaldato. Dall’altra, la relazione fondata sul potere di effettuare l’operazione o sulla potenza ordinata all’operazione attuale, cioè la relazione di ciò che ha la capacità di scaldare rispetto a ciò che ha la capacità di essere scaldato. Analogamente, il Papa è in relazione con la Chiesa in due modi: in quanto può governarla e in quanto la governa ottenendole il suo fine. Ma l’autorità del Papa, che nella Chiesa è l’autorità suprema, ha il suo fondamento nel potere di giurisdizione e non nel suo esercizio in atto. Analizzando più in profondità questo genere di relazione, in cui il rapporto si fonda non su un’operazione attuale ma su una pura potenza, san Tommaso fa rilevare[41] che tale potenza può intendersi secondo tempi diversi, ossia secondo il passato o il futuro dell’atto al quale è ordinata.

Vi è, per esempio, la relazione fondata sulla potenza secondo un atto passato, come quella del padre rispetto al figlio da lui generato in passato. E vi è la relazione fondata sulla potenza secondo un atto futuro: a questo genere appartengono, secondo il Dottore Angelico, anche le relazioni che corrispondono ad una privazione presente di un atto. Applicando tali considerazioni al Papa e alla Chiesa nel contesto scaturito dal Vaticano II, osserviamo che è indubbiamente possibile che, il più delle volte, un Papa non eserciti in atto il proprio governo rispetto alla Chiesa, nella misura in cui, per varie ragioni, non contribuisce in atto al bene comune della Chiesa, che si identifica con la predicazione della fede, ma preferisce sacrificarlo agli ideali del liberalismo massonico[42].
Ed è vero che oggi, a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa soffre il più delle volte di tale carenza. Tuttavia, l’autorità resta, perché resta una relazione tra il Papa e la Chiesa, fondata sulla inclinazione radicale del potere del Papa rispetto al fine e al bene della Chiesa, per lo meno secondo un atto futuro, anche se il più delle volte la Chiesa è privata di tale atto al presente. Come spiega san Tommaso, la privazione presente dell’atto non equivale necessariamente all’impossibilità di tale atto, cioè alla sua privazione passata e futura, e quindi alla privazione pura e semplice del potere di esercitare l’atto. Nel potere, infatti, resta sempre l’inclinazione radicale al fine.

Pertanto coloro che, dall’atto del liberalismo o del modernismo personale del Papa, giungono direttamente alla conclusione che egli non è più il capo della Chiesa cattolica, dimostrano di ignorare la distinzione essenziale tra i due aspetti testé ricordati. D’altra parte, quand’anche il Papa utilizzasse la maggior parte delle volte il suo potere in senso contrario al fine della Chiesa, da ciò non deriverebbe necessariamente che egli sia in atto il capo di un’altra Chiesa. Si potrebbe solamente dire che il Papa insegna e governa contro il bene della Chiesa, allo stesso modo di un tiranno che non sia stato ancora deposto.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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