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Don J.Michel Glize analisi dettagliata sul termine Chiesa conciliare o del concilio

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2015 10:41
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  33. Al decimo argomento, si risponde che la rottura negata dal Papa, anche se non sussiste tra due Chiese come uno scisma in atto tra due società vere e proprie, sussiste però tra due concezioni della Chiesa. Una di esse è comparsa in occasione del Concilio Vaticano II in opposizione ai princìpi tradizionali della Chiesa cattolica e, in seguito, si è diffusa nell’intera Chiesa, anche tra i membri della gerarchia. Pertanto si può e si deve parlare di una Chiesa conciliare, non però per designare un’altra Chiesa, bensì per caratterizzare il nuovo orientamento che si sviluppa e persiste all’interno della Chiesa in conseguenza dell’aggiornamento voluto da Giovanni XXIII e Paolo VI.


        34. All’undicesimo argomento, si risponde che mons. Lefebvre ha più volte specificato che cosa intendesse per Chiesa conciliare e che pertanto non si vede in che modo il suo successore manifesterebbe l’intenzione di contraddirlo. Mons. Fellay si è limitato a dire che i rappresentanti della gerarchia restano in possesso del proprio potere anche se sono imbevuti di idee false che li conducono ad agire contro il bene della Chiesa. D’altra parte, nella predica tenuta a Parigi che costituisce l’oggetto dell’undicesimo argomento, mons. Fellay, parlando del Vaticano II, afferma che «questo Concilio manifesta una chiara volontà di compiere qualcosa di nuovo.
Non si tratta di una novità superficiale, ma di una novità profonda, in opposizione, in contraddizione con ciò che la Chiesa aveva insegnato o addirittura condannato». Paragonando la novità introdottasi nella Chiesa alla zizzania seminata dal nemico nel campo di Dio, il successore di mons. Lefebvre conclude: «Questo Concilio ha voluto mettersi in armonia col mondo. Ha fatto entrare il mondo nella Chiesa e così ora abbiamo il disastro». E nell’allocuzione pronunciata a Flavigny, mons, Fellay precisa il suo pensiero in un senso che corrisponde esattamente alle affermazioni di mons. Lefebvre. Dopo aver insistito sul fatto che la Chiesa cattolica è la Chiesa di oggi, attuale e concreta, il Superiore Generale della Fraternità San Pio X aggiunge: «Vi è tuttavia un intero organismo, e questo organismo, di cui da un lato dobbiamo professare la santità, dall’altro è fonte di stupore e di scandalo, a tal punto che ci verrebbe soltanto voglia di dire: Non abbiamo niente a che fare con quella gente! Non possiamo stare insieme, non è possibile! Uomini di Dio che inducono i cristiani, i figli della Chiesa, a perdere la fede. Non possiamo stare insieme! È evidente che questi errori devono essere rifiutati con orrore».

Il fatto di insistere sulla realtà concreta della Chiesa di oggi mira soltanto a precisare che la Chiesa mantiene, nonostante tutto, le promesse di vita eterna: «Rifiutando quel che non va, non bisogna rifiutare tutto. Essa è pur sempre la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica. […] Rifiutando il male che si trova nella Chiesa, non bisogna dedurne che essa non è più la Chiesa. Certo, vi sono delle grandi parti che non sono più la Chiesa! Ma non tutto!». Le presenti affermazioni non contraddicono quelle che abbiamo citato nelle risposte al quarto, quinto, sesto e settimo argomento: anch’esse esprimono, sia pure in termini diversi, la stessa idea che la Fraternità San Pio X ha sempre fatto corrispondere all’espressione Chiesa conciliare: idea che esprime l’invasione del pensiero liberale e modernista all’interno della Chiesa e, al tempo stesso, l’indefettibilità di principio di questa stessa Chiesa; idea che trova un’ulteriore formulazione nella metafora del corpo malato, come mons. Fellay ha sottolineato in occasione dell’ultimo Congresso del Courrier de Rome: «La Chiesa cattolica è la nostra Chiesa. Non ne abbiamo un’altra. Non ce n’è un’altra. Dio permette che sia malata. Ed è per questo che ci sforziamo di non farci contagiare. Ma non per questo possiamo dire che stiamo facendo un’altra Chiesa. […]
La malattia è la malattia, non è la Chiesa. La malattia è nella Chiesa, ma la Chiesa resta quello che è. […] Certo, bisogna combattere la malattia. Ma questa Chiesa malata è pur sempre la Chiesa fondata da nostro Signore. A lei sono state fatte le promesse di vita eterna. A lei è stata fatta la promessa che le porte dell’inferno non avrebbero prevalso contro di essa»[43]. In conclusione, si può parlare di una Chiesa conciliare per esprimere il fatto che i capi della Chiesa e un gran numero di fedeli sono guidati da un orientamento e da uno spirito estranei alla Chiesa e contrari al suo fine.

        35. Al dodicesimo argomento, si risponde che la fede e la grazia ci sono sempre trasmesse dalla Chiesa, esclusivamente nella misura in cui essa permane indefettibilmente una società divina, che ha per capo supremo non il Papa, ma Cristo. Nell’allocuzione di Flavigny menzionata nel dodicesimo argomento, mons. Fellay precisa il suo pensiero proprio in questo senso. Dopo aver sottolineato il fatto che la Chiesa cattolica è la Chiesa di oggi, attuale e concreta, il Superiore Generale della Fraternità San Pio X aggiunge: «Vedete, il semplice fatto di usare tali parole solleva questioni immense: come può accadere? Com’è possibile che questi vescovi, che ci dicono ogni sorta di eresie, ci trasmettano la fede? […] È di fede, è assolutamente certo che la fede e la grazia, ciascuna grazia che riceviamo per mezzo dei Sacramenti, la riceviamo dalla Chiesa.
E, ancora una volta, questa Chiesa è concreta, non bisogna trasformarla in un’idea astratta: è reale! Se viviamo in questa Chiesa, la vita la riceviamo dal capo della Chiesa, che è principalmente e anzitutto nostro Signore Gesù Cristo». Come giustamente ricorda il padre Calmel[44], «la Chiesa non è il corpo mistico del Papa; la Chiesa, col Papa, è il Corpo mistico di Cristo». A prescindere dalle mancanze del Papa, la Chiesa è sempre portatrice di verità e di grazia. La verità e la grazia ci sono incessantemente donate da Cristo. E, nel caso in cui il Papa vi frapponga più o meno ostacoli, esse ci sono trasmesse attraverso coloro che, nella Chiesa, restano fedeli alla missione ricevuta da Cristo. Di conseguenza, oggi la fede e la grazia ci sono trasmesse dalla Fraternità non in quanto tale, come se si trattasse di una Chiesa autonoma che crede di rimpiazzare la Chiesa cattolica, ma dalla Fraternità in quanto parte rimasta sana dell’unica Chiesa cattolica. È quel che mons. Fellay ha ricordato in occasione dell’ultimo Congresso del Courrier de Rome, fondandosi sulla dottrina di S. Vincenzo di Lerino: «Vi trovate in un paese, in una diocesi dove, improvvisamente, si diffonde l’eresia.

Che fare? San Vincenzo di Lerino risponde: è semplice, dovete restare uniti alla parte che è ancora sana». Si può dire, dunque, che la fede e la grazia ci sono trasmesse dalla Chiesa per mezzo della Fraternità. E, nella misura in cui esse non sono più trasmesse da coloro che nella Chiesa ostacolano il bene della Chiesa, a causa delle loro idee liberali e moderniste, possiamo parlare di Chiesa conciliare allo scopo di indicare questa parte corrotta della Chiesa che non veicola più né la verità né la grazia.

       36. Al tredicesimo argomento, si risponde che, come abbiamo visto, mons. Lefebvre ha effettivamente usato l’espressione Chiesa conciliare. Per conciliare questo modo di parlare col rifiuto del sedevacantismo, basta rilevare che mons. Lefebvre non ha mai impiegato l’espressione in oggetto nel senso attribuitole nella seconda premessa dell’argomento. Secondo il fondatore della Fraternità San Pio X, l’espressione Chiesa conciliare non indica un’altra Chiesa, formalmente distinta in quanto tale dalla Chiesa cattolica, ma uno spirito nuovo che si è introdotto nella Chiesa, in opposizione al bene e al fine perseguito dalla Chiesa. Rifiutare il sedevacantismo non significa affatto rifiutare di prendere atto di questo spirito nuovo e di opporvisi per il bene della Chiesa. Nella predica tenuta a Parigi, citata nell’undicesimo argomento, mons. Fellay specifica i due aspetti inseparabili della posizione di mons. Lefebvre: «Per restare nella verità, bisogna mantenere queste due nozioni che ci derivano dalla fede insieme alle nozioni che ci derivano dalla ragione». Le due nozioni di fede sono l’indefettibilità della Chiesa romana e il primato del Vescovo di Roma, successore di Pietro e vicario di Cristo. Le nozioni di ragione sono il fatto della penetrazione delle idee liberali e moderniste nella Chiesa.

        37. Al quattordicesimo argomento, si risponde che l’espressione Chiesa conciliare non indica la realtà di un’altra Chiesa, bensì una nuova concezione della Chiesa che ha pervaso le menti. Malgrado l’offuscamento delle menti all’interno della Chiesa, la Chiesa, grazie all’assistenza divina che la rende sempre indefettibile, non cessa di essere tale. Infatti Dio ha il potere di impedire che la sua Chiesa venga meno, anche quando permette che al suo interno si verifichi ciò che mons. Lefebvre definiva una «congiura»[45]. Come spiega san Tommaso[46], «se il male fosse integrale, distruggerebbe se stesso, poiché, distrutto ogni bene (che è richiesto alla consistenza del male), si elimina anche il male stesso, che ha il suo soggetto nel bene». Analogamente, se ciò che per convenzione chiamiamo «Chiesa conciliare» fosse integralmente «conciliare», distruggerebbe se stessa in quanto Chiesa.
Il che è impossibile, anzitutto perché la Chiesa è indefettibile, ma anche perché, se la Chiesa fosse venuta meno, il bacillo del Concilio non potrebbe diffondersi al suo interno: il bacillo, infatti, può svilupparsi solo in un organismo vivente. Per tali ragioni, l’espressione Chiesa conciliare deve intendersi in questo senso: l’aggettivo «conciliare» è attribuito al sostantivo «Chiesa» non come proprietà essenziale che deriverebbe necessariamente dalla definizione del nome, ma come determinazione accidentale che si verifica nella cosa designata dal nome in un dato momento della sua esistenza. In altre parole, la Chiesa è conciliare non essenzialmente e in quanto tale (perché, in tal caso, non sarebbe più cattolica e verrebbe meno), ma accidentalmente e in quanto essa subisce i nefasti effetti di una «infiltrazione nemica».

        38. Al quindicesimo argomento, si risponde come al sesto; aggiungiamo, inoltre, che la visibilità della Chiesa non si limita a quella della sua gerarchia. La Chiesa, come qualunque società, è certamente visibile nella sua gerarchia, ma, come unica società di origine divina, è visibile anche nelle sue note. Le tendenze liberali e moderniste che imperversano all’interno della Chiesa, fin nella sua gerarchia, possono solamente impedire, senza però far scomparire totalmente, la piena manifestazione delle note della Chiesa. Quindi, parlare di una Chiesa conciliare per indicare queste tendenze nefaste non equivale a negare la visibilità della gerarchia della Chiesa e neppure quella delle sue note.
 
       39. Al sedicesimo argomento, si risponde che l’espressione Chiesa conciliare, nel senso in cui l’ha impiegata il fondatore della Fraternità San Pio X, non ha altro scopo che quello di palesare la tattica di infiltrazione propria del modernismo. Infiltrazione che oggi ha raggiunto un livello inimmaginabile, poiché a difendere le idee neo-moderniste vi è lo stesso successore di Pietro. In un testo rimasto, a quanto ci risulta, inedito, il teologo privato di mons. Lefebvre sottolineava la peculiare caratteristica di ciò che è stata definita, a giusta ragione, l’eresia del XX secolo: «Chi è il modernista? È un uomo che, pur essendo privo della fede (perché, per definizione, il modernismo è un’eresia), ne è privo in un modo del tutto particolare. Egli, infatti, conserva tutte le formulazioni dogmatiche modificandone radicalmente il senso o senza attribuire loro alcun senso o associandole a delle formule di senso opposto: la contraddizione, per lui, non è un problema. Non sente il bisogno di uscire dalla Chiesa: anzi, il suo modo del tutto particolare di essere eretico comporta che egli resti al suo interno.

Un modernista al di fuori della Chiesa non è più un modernista: è un protestante liberale o razionalista; è un filosofo incredulo o un esegeta incredulo o uno storico incredulo, a seconda degli studi che ha fatto: tutto ciò che si vuole, tranne un modernista. La nota specifica del modernismo è quella di essere un’eresia interna alla Chiesa. Il modernista non esce dalla Chiesa se non quando viene smascherato e scacciato: dopo l’espulsione, sopravvive come eretico, non come modernista»[47]. Di conseguenza, la constatazione di san Pio X non impedisce in alcun modo di utilizzare l’espressione Chiesa conciliare, come ha fatto mons. Lefebvre, a patto che con ciò si intenda una realtà che è distinta dalla Chiesa cattolica non in atto ma soltanto in potenza e che dunque coesiste con la Chiesa, come nuovo orientamento al suo interno.

Don Jean-Michel Gleize
Professore di ecclesiologia al seminario di Ecône
_________________________________
[1] Mons. Lefebvre, Conferenza tenuta ad Ecône il 18 e 27 agosto 1976, in Vu de haut, n. 13, pp. 37-38.
[2] Mons. Lefebvre, Conferenza tenuta ad Ecône il 2 dicembre 1974, in Vu de haut, n. 13, pp. 9-10.
[3] Mons. Lefebvre, Conferenza tenuta ad Ecône il 29 settembre 1975, in Vu de haut, n. 13, p. 24.
[4] Mons. Lefebvre, Conferenza tenuta ad Ecône il 22 agosto 1976, in Vu de haut, n. 13, p. 24.
[5] Mons. Lefebvre, La visibilité de l’Église et la situation actuelle, in Fideliter, n. 66 (novembre-dicembre 1988), pp. 27 ss.
[6] Intervista a Mons. Lefebvre, Un an après les sacres, in Fideliter, n. 70 (luglio-agosto 1989), pp. 6 e 8.
[7] Entretien avec Mgr Lefebvre, in Fideliter, n. 79 (gennaio-febbraio 1991), pp. 3 e 5.
[8] Benedetto XVI, Discorso alla curia del 22 dicembre 2005, in Acta Apostolicae Sedis, n. 98 (2006), p. 46.
[9] Mons. Fellay, L’épreuve des apôtres et la situation présente de l’Église, predica tenuta domenica 2 settembre al Seminario S. Curato d’Ars di Flavigny, in occasione del Congresso del M.C.F., in Nouvelles de Chrétientés, n. 137 (settembre-ottobre 2012), p. 20.
[10] Id., L’épreuve des apôtres et la situation présente de l’Église, predica tenuta domenica 2 settembre al Seminario S. Curato d’Ars di Flavigny, in occasione del Congresso del M.C.F., inNouvelles de Chrétientés, n. 137 (settembre-ottobre 2012), pp. 16 e 20.
[11] Mons. Fellay, Predica di domenica 11 novembre 2013 a Saint Nicolas du Chardonnet (Parigi), pubblicata sul sito La Porte Latine.
[12] Mons. Fellay, L’épreuve des apôtres et la situation présente de l’Église, predica tenuta domenica 2 settembre al Seminario S. Curato d’Ars di Flavigny, in occasione del Congresso del M.C.F., in Nouvelles de Chrétientés, n. 137 (settembre-ottobre 2012), pp. 15-16.
[13] Mons. Fellay, Predica di domenica 11 novembre 2013 a Saint Nicolas du Chardonnet (Parigi), pubblicata sul sito La Porte Latine.
[14] Ciò è attestato, in particolar modo, dalla Conferenza tenuta ad Ecône il 5 ottobre 1978.
[15] Mt. 16, 18.
[16] Mt. 28, 20.
[17] S. Pio X, Enciclica Pascendi, in Acta Sanctae Sedis, n. 40 (1907), p. 594.
[18] Id., ibidem, p. 620.
[19] Summa Theologica (ST), I, q. 13, a. 1, corpus e ad 3.
[20] ST, I, q. 13, a. 12, ad 3: «È evidente, infatti, che il nostro intelletto concepisce immaterialmente le cose materiali che sono al di sotto di esso, non perché le consideri immateriali, ma perché nell’intendere ha un modo che è immateriale. Parimenti, quando concepisce cose semplici che sono al di sopra di esso, le intende alla sua maniera, cioè sotto forma di cose composte; non già che le consideri composte».
[21] Mons. Lefebvre, Accuso il Concilio, Editrice Ichthys, 2002,p. 9: «Dopo questo Concilio la Chiesa, o per lo meno gli uomini di Chiesa che occupano i posti-chiave, hanno assunto un orientamento nettamente opposto alla Tradizione, cioè al Magistero ufficiale della Chiesa». Cfr. anche la conferenza tenuta ad Ecône il 9 giugno 1988: «La battaglia cominciata al Concilio continua. Continua perché il cambiamento operato al Concilio esigeva una resistenza, esigeva che ci si opponesse a tutte queste tesi moderniste, a tutte queste tesi liberali che hanno pervaso gli spiriti durante il Concilio».
[22] ST, I-II, q. 18, a. 8, ad 1.
[23] ST, I, q. 48, a. 4, corpus.
[24] Caietano, De comparatione auctoritatis Papae et Concilii cum apologia ejusdem tractatus(1512), ed. a cura di V. Pollet (Scripta theologica, vol. I., Romae, apud Institutum Angelicum, 1936), cap. XI, n. 191.
[25] Mt. 16, 18.
[26] Julio Meinvielle, De la cabale au progressisme, Éditions Iris, Ecône, 1a ed. 2008, pp. 361-362; 2a ed. 2012, p. 416.
[27] È il titolo dato dalle Edizioni Fideliter alla raccolta delle cinque principali conferenze tenute da mons. Lefebvre sul tema della crisi nella Chiesa.
[28] R. P. Calmel, La Chiesa e il Papa, in Breve apologia della Chiesa di sempre, Editrice Ichthys, 2007, pp.  111 e 119.
[29] Testo inedito dell’11 febbraio 1973, conservato negli Archivi del Seminario S. Pio X ad Ecône.
[30] Fideliter, n. 66, settembre 1988, pp. 27-31.
[31] Cfr. la Conferenza tenuta ad Ecône il 5 ottobre 1978: «Che bisogna fare? Dobbiamo forse concludere che, se il Papa insegna qualcosa di contrario alla fede che ci è stata sempre insegnata, allora questo Papa sarebbe eretico? È possibile, io non lo so. […] Allora si cade nell’ipotesi, nelle diverse ipotesi teologiche, e la cosa si fa assai difficile. D’altra parte, il Papa ha aderito ad un’eresia formale o ha semplicemente, per così dire, dato all’eresia la possibilità di diffondersi? Si tratta di due cose diverse, non vi pare? Tutto ciò è assai difficile, assai delicato. […] Di fronte alle difficoltà sollevate da tutti questi problemi, confesso che non oso risolverli ricorrendo a dei princìpi, risolverli con tutte queste teorie, queste ipotesi, queste possibilità, in modo assoluto. Non mi sento in grado di farlo, perché non conosco abbastanza tutto ciò che il Papa ha fatto. Non conosco le influenze che ha dovuto subire. Non conosco con esattezza, perché, dopo tutto, non mi trovo nelle stanze del Vaticano. Di tutti questi problemi, di tutte le circostanze legate ad essi, non abbiamo una visione abbastanza chiara per poter giungere ad una soluzione certa. […] Direi, d’altra parte, che ciò non ha molta influenza sulla nostra condotta pratica. Per quale motivo? Perché noi rigettiamo fermamente, coraggiosamente, tutto ciò che è contro la fede. Non c’è nient’altro da fare. Senza sapere da dove proviene tutto ciò, senza conoscerne il colpevole, lasciando a Dio il compito di giudicare il colpevole, se si tratta di questo o di quello». Inoltre mons. Lefebvre scrisse al padre Guérard de Lauriers, uno dei principali «fondatori» del sedevacantismo: «Se Lei ha la certezza che Paolo VI sia giuridicamente decaduto, capisco la logica che ne consegue. Ma personalmente ho un forte dubbio e non una certezza assoluta. Dal punto di vista pratico, la mia condotta si fonda non sull’inesistenza del Papa, ma sulla difesa della mia fede cattolica. Lei invece crede in coscienza di doversi basare su questo principio, che purtroppo è fonte di turbamento e di violente divisioni, tutte cose che io vorrei evitare».
[32] Caietano, De comparatione auctoritatis Papae et Concilii cum apologia ejusdem tractatus, ed. cit., cap. XX, n. 280.
[33] Num. 16, 26:  «State lontani»; Gal. 1, 8: «Sia anatema», cioè ci si separi da lui; 2 Tess. 3, 6: «Tenetevi lontani» 2 Cor. 6, 17: «Uscite di mezzo a quelli e separatevene»; 2 Gv. 1, 10: «Non lo ricevete in casa e non salutatelo»; Tit. 3, 10: «Allontana da te».
[34] Fideliter, n. 66, settembre 1988, pp. 27-31.
[35] Louis Billot, De Ecclesia Christi, tom. I, Prati, Giachetti, 1909, pp. 49-51.
[36] Mons. Lefebvre, ibid., pp. 6 e 8.
[37] [Che cioè il Papa sia decaduto dal suo ufficio, ndt].
[38]  Mons. Lefebvre, «Conferenza al Seminario di Flavigny, dicembre 1988», in Fideliter, n. 68 (marzo-aprile 1989), pp. 12-13.
[39] Mons. Lefebvre, Omelia di domenica 10 luglio 1988, in Fideliter, n. 65 (settembre-ottobre 1988), p. 4.
[40] San Tommaso, In duodecim libros Metaphysicorum Aristotelis expositio, ed. Marietti (Torino, 1950), libro V, lezione 17, n. 1023.
[41] Id., ibid., n. 1025.
[42] Cfr., per esempio, Benedetto XVI, Discorso pronunciato in occasione dell’incontro ecumenico presso l’arcivescovato di Praga, domenica 27 settembre 2009, in Acta Apostolicae Sedis, n.101 (2009), p. 867: «Il cristianesimo ha molto da offrire sul piano pratico e morale, poiché il Vangelo non cessa mai di ispirare uomini e donne a porsi al servizio dei loro fratelli e sorelle. Pochi potrebbero contestare ciò. Tuttavia, quanti fissano il loro sguardo su Gesù di Nazareth con occhi di fede sanno che Dio offre una realtà più profonda e nondimeno inseparabile dall’”economia” della carità all’opera in questo mondo: Egli offre la salvezza. Il termine “salvezza” è ricco di significati, tuttavia esprime qualche cosa di fondamentale ed universale dell’anelito umano verso la felicità e la pienezza. Esso allude al desiderio ardente di riconciliazione e di comunione che spontaneamente sgorga nelle profondità dello spirito umano. È la verità centrale del Vangelo e l’obiettivo verso cui è diretto ogni sforzo di evangelizzazione e di cura pastorale. Ed è il criterio sul quale i cristiani tornano sempre a focalizzarsi, nel loro impegno per sanare le ferite delle divisioni del passato […] Prego perché tali iniziative ecumeniche portino frutto non solo per proseguire il cammino dell’unità dei cristiani, ma per il bene dell’intera società europea».
[43] Mons. Fellay, Intervento finale all’XI Congresso del Courrier de Rome, Parigi, 6 gennaio 2013, pubblicato sul sito di D.I.C.I. (http://www.dici.org/documents/quel-bilan-50-ans-apres-vatican-ii/).
[44] R. P. Calmel, Breve apologia della Chiesa di sempre, cit., p. 112.
[45] «Il Concilio è stato sviato dal suo fine da un gruppo di congiurati» (Mons. Lefebvre, Prefazione al libro Accuso il Concilio, Edizioni Ichtys, 2002, p. 45).
[46] ST, I, q. 49, a. 3, corpus.
[47] Don Victor-Alain Berto, Documento tratto dagli archivi personali di mons. Lefebvre, presso il Seminario S. Pio X ad Ecône.
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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