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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (3)

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2015 18:05
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05/06/2015 10:25
 
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Il papa non approva la proposta sulla Comunione del cardinale Kasper

In un'intervista, il porporato tedesco fa marcia indietro sulle dichiarazioni rilasciate in passato

Papa Francesco non ha approvato la proposta del cardinale tedesco Walter Kasper di permettere ai cattolici divorziati e risposati di ricevere la Comunione dopo un periodo di penitenza.

Lo ha affermato lo stesso porporato in un'intervista rilasciata a EWTN durante una sua visita negli Stati Uniti, dichiarando che il papa voleva che il cardinale “presentasse la questione” e che in seguito ha “espresso soddisfazione per il mio discorso”, ma aggiungendo: “Non direi che abbia approvato la proposta, no, no, no” (Catholic Herald, 4 giugno).

Queste osservazioni sembrano in qualche modo rappresentare una ritrattazione di alcune dichiarazioni rilasciate in precedenza.

Nell'ottobre scorso, infatti, il cardinale aveva detto al Catholic News Service: “Ho avuto l'impressione che il papa sia disponibile a un'apertura responsabile e limitata della situazione... Ho l'impressione che il papa sia pronto a ribadire questo fatto, ma ora dipende anche dalle voci dei vescovi al Sinodo”.

Il cardinale Kasper aveva presentato per la prima volta la sua proposta in un discorso ai cardinali nel marzo 2014. Il giorno dopo il papa aveva definito il suo intervento di “profonda teologia”.

sources: ALETEIA




Silvio Brachetta. Intervista al Card. Velasio De Paolis - 30/05/2015

 
Ringrazio Silvio Brachetta e vi richiamo anche a quanto pubblicato qui: altre dichiarazioni del card. De Paolis nel marzo scorso.

Dopo il Card. Raymond Leo Burke, anche il Card. Velasio De Paolis ha fatto visita a Trieste (il 30 maggio), per presiedere la S. Messa a conclusione delle celebrazioni mariane di maggio. De Paolis, come Burke, è uno degli autori del libro “Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica” (Cantagalli, 2014).

L’opera è la risposta di alcuni studiosi alle tesi ambigue del Card. Walter Kasper, che in preparazione al Sinodo sulla famiglia aveva ipotizzato la possibilità per i divorziati risposatisi civilmente di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Ma De Paolis, come del resto gli altri autori, escludono la possibilità di essere perdonati, se nel penitente non vi sia un pentimento autentico e il proposito di abbandonare la situazione di peccato. Abbiamo chiesto al Cardinale un approfondimento sulla relazione tra misericordia e giustizia.


 
Oggi si conclude il mese di maggio, dedicato alla Santissima Vergine Maria, la Mater misericordiae, ma anche lo Speculum iustitiae. Può chiarire quali sono gli equivoci sulla misericordia, se intesa come opposta alla giustizia?

Bisogna distinguere la misericordia dall’amore. Sono due concetti che si richiamano, ma non s’identificano necessariamente, nel senso che la categoria dell’amore è molto più ampia. C’è in essa tutto quel mondo di affetti, di benevolenza, che racchiude tutte le espressioni che può contenere. La misericordia è invece un’espressione - sia pure molto nobile e forse anche la più bella - del perdono. Però, proprio perché procede dall’amore, la misericordia non sempre può essere applicata, poiché l’amore potrebbe esigere anche altri interventi. Si pensi, ad esempio, all’attività dei genitori: nel caso di un bambino disobbediente, essi agiscono con severità. Anche questa prassi fa parte dell’amore che, alle volte, esige operazioni non misericordiose. Ovvero, non sempre l’amore passa attraverso la misericordia.
La misericordia, inoltre, presuppone un certo atteggiamento dello spirito, che è consapevole di avere sbagliato e bisognoso di ottenere il perdono. La misericordia, allora, implica questa relazione tra chi la usa e chi ne ha bisogno, perché sa di avere sbagliato, si pente di quello che ha fatto di male e intende rimediare. Ecco dunque che il Signore è l’amore perdonante in chi riconosce di avere sbagliato, si pente e invoca l’aiuto di Dio. Dove non c’è penitenza, non si è più nella categoria della misericordia.

Quanto alla situazione dei divorziati risposatisi civilmente, da lei trattata nel libro, non potrebbe mutarsi in pretesto o in opportunità vocazionale alla castità, per mezzo della quale, tra l’altro, accederebbero di nuovo ai sacramenti?

Difatti il problema della misericordia, che consiste nel pentimento e nel proposito di emendarsi, implica di dover uscire da quella situazione per la quale si vuole essere perdonati. I mezzi per uscirne sono diversi. Se, ad esempio, si convive con una persona che non è il marito o la moglie, è da rimuovere tale relazione. Se poi questa relazione fosse proprio necessaria, per diverse ragioni, può essere mantenuta per i motivi di necessità, ma non per quelli di natura coniugale, poiché non sono coniugi. Sotto questo profilo si può accettare, per certi aspetti, una convivenza che però, non essendo coniugale, non può esprimersi nei rapporti tra coniugi. Tuttavia questo tipo di situazioni sono anche un appello a fare una cosa grande, come può essere la pratica della castità, che può sembrare difficile. Quando però ci si prospetta qualcosa come un nostro dovere, siamo chiamati a fare anche quello che è difficile.
 
Non mancano poi, per la catechesi, testi grandiosi di San Girolamo o di Tertulliano, che potrebbero addirittura rendere la castità desiderabile, invidiabile…

Il rifiuto di prendere in considerazione la convivenza senza i rapporti coniugali, risente di una mentalità eccessivamente pansessualista, quasi che senza il sesso non si possa vivere. Quindi è vero che il sesso è una realtà che il Signore ha impresso in modo profondo nella persona umana, proprio in vista del matrimonio e dei bambini, però Gesù ha predicato pure la continenza, la castità: abbiamo l’esempio della vita religiosa, dei sacerdoti celibi o di tanti coniugi malati che supportano i loro congiunti.
Sant’Agostino usava spesso questa massima: «si non es vocatus, fac ut voceris» - «se non sei chiamato, fa in maniera di esserlo». Nel caso dell’indissolubilità del matrimonio, noi non possiamo portare alcun pretesto, poiché il Signore la esige; ma se Dio comanda qualcosa, dà anche la grazia per obbedire.
 
Divorzio a parte, osserviamo spesso oggi situazioni d’impenitenza, come ci fosse un’inclinazione congenita al male o l’ignoranza stessa su ciò che è male. Cosa decide la bontà o la cattiveria di un’azione umana?

Non si può pensare alla remissione del peccato senza il pentimento e, quindi, almeno la volontà di non farlo più. Persistendo nella situazione di peccato, si contraddice lo stesso bisogno di penitenza. E se io ottengo misericordia in una situazione dove non mi pento, allora io distruggo la stessa misericordia, poiché non è fondata. Se io non penso di aver peccato, perché mai appellarmi alla misericordia? Non c’è una logica. La misericordia presuppone necessariamente un individuo che invoca il perdono di Dio per una situazione disordinata che dispiace al Signore.
Quanto al criterio sulle azioni umane, è difficile discernere l’aspetto soggettivo di un atto. Per questo è sempre da tenerne presente il dato oggettivo. La moralità, prima di tutto, è la violazione di una norma oggettiva, che deriva dalla Legge eterna. Se io ritengo che la Legge sia buona, pur non condannando, devo sempre avvertire il mio prossimo quando sbaglia. Noi ci riferiamo alla Legge di Dio, che è la Legge annunciata da nostro Signore Gesù Cristo, dalla Chiesa e dalla ragione umana. San Tommaso parla della Legge, che è «ordo rationalis» - «ordine della ragione». Se, infatti, una cosa non è razionale, difficilmente la si potrà riferire all’«ordine».




Mons. Galantino: no a gender, uniti nel difendere la famiglia

"Una proposta che esprime il sentire di questo tempo": è il parere di mons. Galantino, presidente Cei, al documento non vincolante dell'Ue sulle famiglie gay. - ANSA

10/06/2015 

“Il documento non vincolante dell’Europa sul riconoscimento delle famiglie gay risponde allo spirito del tempo, al modo in cui alcuni vogliono che si pensi”. Così mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, commentando il voto, ieri del Parlamento Europeo, al rapporto: “Strategia per la parità di genere” 2015/2020. Si tratta di un documento nel quale viene definita “famiglia” anche una coppia omosessuale con figli. Luca Collodi ha intervistato lo stesso mons. Nunzio Galantino:

R. – Sì, lei ha detto bene, l’UE fa una raccomandazione che, tra l’altro, non è nuova da quella parti. Intanto vorrei far notare che, a differenza di quello che è capitato in Italia per alcune questioni come il divorzio breve, per esempio, ci sono state percentuali risicate dal Parlamento UE, anzi risicatissime a favore di questa raccomandazione. Questo, già, la dice lunga. 
Vorrei dire, però, che questa raccomandazione, di fatto, continua ad andare sulla linea di questa cultura, di questo sentire abbastanza diffuso in Europa, e che tende a imporre un certo modo di vedere, di pensare, rispetto a questi temi. La raccomandazione, evidentemente, non vuol dire da parte nostra, da parte di chi ha un modo di sentire e di pensare diverso, non vuol dire assolutamente adeguarsi o doversi adeguare o potersi adeguare. Bisogna che continuiamo con chiarezza, senza tentennamenti, a dire la verità sulle cose, nel rispetto di tutti, nel rispetto dei diritti dei singoli, evitando che queste forme di raccomandazione creino soltanto appiattimento e facciano danno a quella che, invece, è la bellezza della differenza.

D. – Se l’Europa raccomanda, in Italia la proposta di legge Cirinnà sembra raccogliere questo invito…

R. – Per certi versi, vale quello che ho già detto per quanto riguarda l’Europa, e cioè che un certo modo di procedere e di far proposte – perché quella della Cirinnà è una proposta di legge – evidentemente risponde allo spirito del tempo, cioè al modo in cui alcuni vogliono che si pensi, ma poi, di fatto, si capisce che non è il modo di pensare di tutti. A questo proposito penso che noi, come Chiesa, come Chiesa italiana, abbiamo un dovere grandissimo e penso che faccia bene a tutti ricordare una cosa: Faccia bene alla Chiesa italiana, alla nostra società, agli obiettivi che come credenti, come cittadini, vogliamo raggiungere a fronte di questa proposta e di proposte che vanno nella stessa direzione: qual è la mia proposta? Cos’è che penso debba essere chiaro a tutti quanti, cattolici e non cattolici.
Dentro e fuori la Chiesa? Intanto, come credenti cattolici e come cittadini italiani è fuor di dubbio la nostra contrarietà alla proposta di legge Cirinnà, come è chiara la contrarietà ad ogni tentativo di omologazione, di equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale. Questo deve essere chiaro, come il fatto - approfitto di questa circostanza per dirlo – che vada ostacolato in ogni modo il tentativo di scippare in maniera subdola alla famiglia il diritto di educare i figli alla bontà della differenza sessuale. Ora, detto questo, di questa contrarietà e di questo rifiuto, che si è sempre – e da parte di tutti – accompagnato con la chiara affermazione che non stiamo solo a dire ‘no’. Anche la Chiesa, i cattolici, i laici, i vescovi, i sacerdoti, continuamente affermano e riaffermano con chiarezza e senza tentennamenti il ruolo centrale ed insostituibile della famiglia costituzionale, fatta di padre, madre e figli, quando il buon Dio ne fa dono. Lo stiamo dicendo in tutti gli aeropaghi contemporanei. Io stesso non ho fatto queste affermazioni standomene seduto al tavolino: sono andato, ho partecipato a trasmissioni, che notoriamente sono orientate in senso diverso da quello della Chiesa, e lì con chiarezza, senza mezzi termini ho riaffermato – ripeto – la contrarietà della Chiesa a qualsiasi equiparazione di convivenze con la famiglia costituzionale.    

D. – Su questi temi stiamo notando che molti laici si stanno organizzando a difesa della centralità della famiglia naturale, anche con iniziative che nei prossimi giorni si concentreranno a Roma – il 20 giugno – sul tema dello stop al gender nel mondo della scuola. Lei come guarda a questa attività laicale ?

R. – In genere, l’attività dei laici, di tutti i laici, la ritengo veramente una benedizione del Signore, perché i laici – ci ricordava il Papa – non hanno bisogno dei vescovi pilota. Grazie a Dio abbiamo un laicato in Italia che è capace di grandi sensibilità, che è capace di grandi passioni, che è capace anche di grandi e belle iniziative. 
E’ chiaro che di fronte alla difesa della famiglia naturale che, ripeto, è di tutti, non è di una parte del laicato, non è di una parte dei vescovi, non è dei vescovi e non dei laici o dei laici e non dei vescovi, è chiaro che le modalità concrete con le quali far valere la chiara posizione che è di tutta la Chiesa, la modalità concreta può essere espressa legittimamente in forme diverse. Una diversità che deriva da sensibilità, da letture della situazione anche diverse
. E proprio a proposito di quello che lei mi chiedeva, voglio dire che c’è stato un incontro, un momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni. Si sono incontrate e da lì, da questo incontro, è emersa una diversa valutazione, relativa solo alla modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e condiviso dissenso – ripeto – nei confronti sia della Cirinnà, sia di questa dittatura che si vuole imporre del pensiero unico, attraverso la gender theory.   

D.- Cosa è stato detto in questo incontro?

R. – Questo incontro dice la vivacità, l’intelligenza, la capacità di lettura diversificata della storia da parte dei cattolici italiani. Accanto a chi ha proposto forme legittime di manifestazioni pubbliche di dissenso per affermare  - ripeto – il diritto della famiglia costituzionale ad esistere e ad educare i propri figli nella bontà della differenza sessuale, c’è stato anche chi, assolutamente senza negare ogni forma di impegno a favore della famiglia, ha ritenuto, per questo momento storico, sia più ragionevole e più urgente l’apertura di un processo - che al di là del singolo evento  - veda tutti i impegnati a fronteggiare la cultura individualista che è alla base di leggi e proposte estemporanee che tendono a mettere all’angolo la famiglia costituzionale e a privilegiare i diritti dei singoli sul bene comune. Ora, questo processo, non meno impegnativo, anzi più esigente di altri, richiede comunque un sentire e un impegno comune che non è solo frutto di paure, ma si costruisce invece sul dialogo e sulla consapevolezza che, pur nel rispetto dei differenti modi di farsi sentire, c’è bisogno di tenere insieme motivazioni e ragioni per mantenere salda la realtà della famiglia, i suoi diritti e prima di tutto quelli dell’educazione e della formazione dei figli.
Ripeto.
Penso che sia importante capire come il differente modo di definire la modalità del dissenso, non significa assolutamente che ci siano supposizioni diverse rispetto alla valutazione oggettiva di quello che sta succedendo.
Lo ripeto per l’ennesima volta: nessuno nella chiesa cattolica italiana in questo momento, né vescovi né sacerdoti né laici si sognano di dire di “sì”, alzare bandiera bianca - come ha detto qualcuno - rispetto alla Cirinnà, rispetto all’equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale, rispetto all’introduzione subdola della gender theory nella scuola. Nessuno si sogna questo. È evidente che ci sono modi diversi per dire: “Diciamo di no in maniera diversa”.

D. - Quindi difesa della centralità della famiglia naturale. Non importa come. L’importante è dialogare e non dividersi all’interno del laicato cattolico…

R. – Assolutamente. Qualunque sia la modalità con la quale tenere ferma con chiarezza e senza tentennamenti la centralità della famiglia fatta di padre, madre e figlio - penso sia opportuno che la diversità di modalità – ripeto – non diventi occasione per divisioni ingiustificate che fanno il gioco di coloro che  vogliono portare avanti altre realtà. La diversità dei modi, non deve diventare occasione di divisioni ingiustificate, indebolimento della stima reciproca tra quanti custodiscono il valore inestimabile della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna né – ripeto - divisioni ingiustificate né indebolimento della stima reciproca. Perché dico questo? Guardate, non si difende la famiglia e i suoi diritti nutrendosi di divisione o peggio ancora non si sostengono valori calpestandone altri, quali il rispetto per l’altro, il dialogo e l’uso della verità al posto di vere e proprie aggressioni verbali; non si risolvono così i problemi. Le aggressioni verbali lasciamole ad altri, a noi non servono! D’altra parte è bellissima quell’espressione di San Pietro: “Date ragione della vostra fede”.
Noi tutti siamo chiamati a fare questo: dare ragione della nostra fede nei confronti di coloro i quali di ragioni per dire quello che dicono, affermare quello che affermano attraverso alcune proposte di legge, non ne hanno; hanno soltanto il desiderio di accontentare questa o quella lobby, perché nessuno ha mai negato i diritti dei singoli; però far confusione prima lessicale e poi di fatto sulle realtà non è compito di nessuno, tantomeno lo è di coloro i quali sono chiamati a governarci.
Quindi di fronte a questo comune atteggiamento, il bisogno di difendere la famiglia, stiamo attenti: non dobbiamo né dividerci né far venire meno – ripeto – la stima reciproca tra coloro che custodiscono gli stessi valori. A volte – mi permetta di fare questa considerazione un po’ amara – la passione per il raggiungimento di obiettivi legittimi e condivisi gioca brutti scherzi e si trasforma in rabbia. Così si assiste a ingiustificate e dannose scomuniche reciproche che sono fuori posto; si assiste e si leggono dei blog che si nutrono di affermazioni e quindi di giudizi offensivi verso persone che hanno l’unico torto di voler difendere con la stessa passione e intensità gli stessi valori.
Questa è una ricchezza: la diversità del modo di sentire anche nella Chiesa.
Ma questo succede dall’inizio! Noi abbiamo quattro Vangeli… Perché? Perché rispondevano a quattro modalità diverse di accogliere il Kerigma, di annunciarlo, di viverlo, di testimoniarlo. Certo, fa tristezza vedere trasformate in derive negative passioni nate invece dal desiderio del bene e di fare il fare il bene. Quindi ben venga tutto ciò che può servire in questo momento a far  capire qual è la posizione della Chiesa, dei vescovi, evitando di ergerci a giudici degli altri. 
Le modalità possono essere diverse, ma dobbiamo essere tutti uniti per poter contrastare in maniera ragionevole, cercando il dialogo, derive individualiste che ci stanno – ahimè – travolgendo in Italia ma anche in Europa.







[Modificato da Caterina63 11/06/2015 22:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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