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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (3)

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2015 18:05
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06/08/2015 00:27
 
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 Don Eliseo Pasinelli, parroco di Sant’Anna a Bergamo manda una mail ad alcuni suoi collaboratori, ma poi la mail, per il suo contenuto molto chiaro, diventa di dominio pubblico e finisce addirittura sulle colonne del Corriere della Sera. 
Ecco il testo: 
«Attenzione! Quando inizierà la scuola, a settembre, vi sarà consegnato il “Patto di corresponsabilità”. 
Vi diranno di firmarlo ma attenzione, con la vostra firma autorizzerete la scuola a impartire lezioni gender a vostro figlio, e non potrete più opporvi. Vi diranno che non è vero, che non c’entra niente con il gender. 
Vi parleranno di cose buone come il rispetto, la lotta al bullismo, lotta alla violenza contro le donne e simili. 
Parità di genere, educazione all’affettività: parole chiave dietro le quali vogliono nascondere l’indottrinamento all’ideologia gender, dicendovi anche che questa non esiste. Non cascateci: con l’inganno vi faranno firmare la vostra condanna, e non potrete fare più niente, perché avrete dato il vostro consenso. 
Non posso ammettere una cosa, come l’omosessualità, che il Vangelo condanna. Chi non è d’accordo, si prenderà le sue responsabilità. 
Il Signore ha creato l’uomo e la donna affinché diventino marito e moglie, non ha detto altro». 

Se tutti i parroci di Italia avessero queste idee così chiare, la teoria del gender sarebbe presto archiviata.


 


LA PROVOCAZIONE
La Chiesa del dialogo rinuncia alla sua missione
 

La Chiesa cattolica è ancora in grado di fare battaglie culturali (non dico religiose) o sa solo dialogare? 
La Nuova Bussola Quotidiana sta mettendo in evidenza come a proposito di unioni civili, omosessualismo e gender, parte consistente e autorevole della Chiesa italiana abbia già rinunciato ad una battaglia di idee. 

di Stefano Fontana

La Chiesa cattolica è ancora in grado di fare battaglie culturali (non dico religiose) o sa solo dialogare? La Nuova Bussola Quotidiana sta mettendo in evidenza come a proposito di unioni civili, omosessualismo e gender, parte consistente e autorevole della Chiesa italiana abbia già rinunciato ad una battaglia di idee e abbia già percorso il tragitto, teorico prima ancora che pratico, verso il dialogo. Quando il dialogo non è con le persone ma con le idee sbagliate, esso comporta già una loro accettazione. Ci sono parroci e vescovi che disapprovano lo stile di lotta delle “Sentinelle in Piedi”. Lo considerano, nonostante la sua modalità inoffensiva, impositivo e non dialogico.  

Ora, come ha spiegato questo quotidiano, emergono gli intellettuali che chiedono un doveroso dialogo con l’ideologia gender, fingendo di non vedere che essa è ormai ben altro dalla vecchia questione dei tempi degli “studi di genere”. Diocesi istituiscono tavoli di discussione in cui invitano anche l’onorevole Cirinnà, la firmataria del disegno di legge sulle unioni civili. Dirigenti di associazioni ecclesiali sostengono che nelle scuole è inutile e dannoso che i genitori scrivano lettere alla dirigenza o ritirino i figli per protesta contro l’ideologia gender che vi viene insegnata, mentre dovrebbero invece partecipare in forma di dialogo e tutto si stempererebbe nella normalità. Coloro che in questa fase sentono che c’è una battaglia culturale da combattere su questi temi, sentono anche di essere solo una parte, non si può dire quanto piccola o grande, della Chiesa e del mondo cattolico. Ma chiediamoci: perché sembra che la Chiesa non sia più capace di fare battaglie di idee?

Ammettiamo che la rivelazione di Dio non avvenga dall’esterno del mondo e della nostra storia, ma avvenga dall’interno della natura e della storia, tramite la nostra esperienza e abbia quindi un carattere esistenziale. Ammettiamo che i cattolici non siano in possesso di verità che Dio, aprendo il Cielo stellato, ha comunicato, ma che la Sua comunicazione avvenga dall’interno di quanto ci capita nella vicenda della nostra vita. Ammettiamo che Dio non ci abbia rivelato un “ordine” frutto della Sua sapiente creazione, una nostra natura come progetto da completare, il nostro fine come vocazione già inscritta nella nostra natura ed elevata fin dall’inizio al soprannaturale. Ammettiamo che Cristo non ci abbia dato risposte. In questo caso i cattolici sarebbero, insieme a tutti gli altri uomini, persone che cercano. La differenza sarebbe solo che essi sanno per fede che in questo loro cercare si rivela Dio e che l’unico suo comandamento sia stato proprio questo: di cercare, camminando insieme a tutti gli altri uomini.

Se supponiamo tutto questo, risulta evidente che il dialogo, da metodo diventa sostanza. E non solo il dialogo con gli altri uomini, ma il dialogo con le cose che accadono nel mondo, con le dinamiche dell’esistenza, con le ideologie. In questo caso la Chiesa non può più “dire” una verità ma solo dialogare. C’è chi dice che proprio dialogando la Chiesa può affermare meglio le sue verità, ma è solo una scusa che assume ancora il dialogo come metodo e non come sostanza. Nella situazione che ho brevemente descritto sopra, non c’è più il bene e il male, divisi in modo netto, almeno in certe occasioni. In tutte le situazioni di vita c’è del bene e del male e il dialogo tra gli uomini dovrebbe aiutarci a discernere, ma mai in modo definitivo. Anche il peccato risulta avvolto nella complessità dell’esistenza e difficilmente decifrabile.

Capita così che in un’unione omosessuale ci può essere del bene che va considerato e apprezzato, che in una convivenza ci possano essere degli aspetti positivi che vanno fatti emergere ed eventualmente sviluppati. Nessuna situazione di vita è però condannabile. Nessuna idea è da combattere. Le cosiddette azioni intrinsecamente cattive (gli intrinsece mala della morale cattolica) non esistono e diventa inutile dire a chi condivide questa teologia che l’adulterio, l’esercizio del sesso fori del matrimonio, l’omosessualità sono sempre atti sbagliati. Per lui di atti sempre sbagliati non ne esistono, perché ogni atto è dentro una narrazione, va quindi contestualizzato ed affrontato non dottrinalmente ma esistenzialmente.

In questo contesto teologico in cui il dialogo diventa sostanza è logico che i contenuti diventino accidente. Con queste premesse è logico che la pastorale (dialogica) assuma il primo posto e la dottrina l’ultimo: quando nelle parrocchie si parla di gender, in realtà, se ne discute. Oppure, come oggi si dice, ognuno porta la propria “narrazione”. Poiché la posizione teologica che ho sommariamente descritto sopra è molto diffusa nella Chiesa, anche italiana, e viene ormai quasi sistematicamente insegnata e condivisa negli ambiti pastorali, si comprende perché la Chiesa non sia in grado oggi di fare una battaglia di idee sul gender, e come essa cerchi invece il compromesso, o l’incontro, o il dialogo. La Chiesa non pensa oggi di avere una propria cultura, pensa di avere la cultura del dialogo. 

Ecco spiegato anche perché coloro che invece si battono contro il gender lo fanno perché non condividono la teologia che ho richiamato sopra. Alla base non ci sono solo posizioni personali o la pressione di interessi vari, c’è una grande questione teologica che ci stiamo trascinando da molto e molto tempo. Chiedere al Papa, come hanno fatto i firmatari della “Richiesta Filiale”, di chiarire dottrinalmente i termini della questione omosessualità, della questione gender e affini, è come chiedergli implicitamente di chiarire decenni di teologie diverse dentro la Chiesa. Altrimenti che bisogno ci sarebbe di un simile chiarimento? Il Magistero ha già parlato, solo che le sue parole cadono su terreni teologici ormai molto diversi. Il punto è questo.

   

 

Il cardinale Menichelli a Rovereto (TN): chiaro intervento su gender, matrimonio e utero in affitto

Chiede che ci si metta alla scuola di Maria nella “sapienza della normalità” il cardinale Edoardo Menichelli*, Arcivescovo di Ancona-Osimo e segretario della commissione episcopale CEI per la famiglia, che – su invito dell’arciprete decano di Rovereto, Mons. Sergio Nicolli – stamattina ha presieduto la Santa Messa nella Solennità dell’Ausiliatrice, patrona della Città della Quercia.

Per riscoprire la “sapienza della normalità”, il porporato marchigiano ha preso in esame alcuni titoli della Vergine Maria: donna, sposa e madre. 

Nel parlare di Maria come donna, Menichelli ha subito chiarito che la Madonna aveva chiara la propria identità, quella di donna, non di essere un qualcosa di indeterminato come vorrebbe la teoria del gender. Donna, dedita come tutte le donne alla propria casa e con occhio attento alle necessità altrui. In questo contesto il cardinale ha messo per ben due volte esplicitamente in guardia dalla perniciosità della teoria del gender, “dietro la quale – ha ricordato – vi sono poteri economici, culturali e scientifici”.

Proseguendo nell’omelia, pronunciata interamente a braccio, Menichelli ha preso in esame Maria come sposa, constatando come nella temperie odierna questo termine sia scomparso, a favore di termini meno forti quali “compagno” e “compagna”. Una tale scomparsa porta con sé, secondo il cardinale, la perdita del senso di una reciproca donazione totale e dell’impegno pubblico del proprio legame.

Infine, ha affermato il porporato, la Madonna è madre. Vediamo l’aspetto umano della sua maternità nell’apprensione per il figlio, che manifesta assieme a Giuseppe, nell’episodio evangelico dello smarrimento di Gesù nella carovana. Secondo il cardinale, inoltre, Maria aveva ben chiaro che un figlio non è possesso dei genitori, né un diritto, bensì dono da accogliere. Menichelli ha dunque esortato a ricuperare il senso autentico della maternità e della paternità in un contesto culturale che propone uteri in affitto.
Riassumendo la prima – e più cospicua – parte della sua omelia, Menichelli ha affermato che il più grande peccato del nostro tempo è quello contro la vita, invitando di conseguenza ad adoperarsi per la promozione della vita ed il ricupero della “sapienza della normalità”.
 
* Edoardo Menichelli è arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo dal 2004. Il Santo Padre Francesco lo ha nominato membro della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia dell’ottobre 2014 e ha annunciato la sua creazione a cardinale “a sua insaputa” – come ha ricordato monsignor Nicolli nei saluti iniziali – durante l’Angelus del 4 gennaio 2015. Menichelli ha ricevuto quindi la porpora nel successivo Concistoro del 14 febbraio.




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Athanasius Schneider: “Le buone intenzioni del Concilio Vaticano II sono finite nelle mani di uomini senza Dio”

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Monsignor Athanasius Schneider.

Monsignor Athanasius Schneider.

Dopo l’intervista in esclusiva rilasciata a www.lafedequotidiana.com, monsignor Athanasius Schneider, Segretario della Conferenza Episcopale del Kazakhstan e uno dei vescovi più impegnati in difesa delle verità cattoliche, ha rilasciato alcune dichiarazioni al sito spagnolo Adelante la Fè. Ricordando il beato Alexis Saritski, Mons. Schneider rammenta che era «affabile e simpatico» ma allo stesso tempo era un uomo «senza compromessi» che «ha insegnato la verità piena della legge di Dio», e che invitava a «mantenere la purezza del cuore e la fedeltà alla fede cattolica». Ripescando nei suoi ricordi, Schneider ha ricordato anche Padre Janis Pawlowski che, celebrando «la Messa con tanta devozione e riverenza» ha lasciato un’impronta indelebile nella sua anima, tanto che, «quando, a dodici anni, ho sentito la chiamata del sacerdozio – ricorda Schneider – mi è venuto improvvisamente in mente il volto santo del sacerdote».

Autore di Dominus est (pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2009), testo che spiega benissimo i motivi della contrarietà alla pratica della Santa Comunione data sulla mano, Schneider ha detto che «è innegabile che una parte considerevole di quelli che ricevono la Santa Comunione sulla mano, soprattutto i più giovani, non hanno conosciuto la ricezione del ginocchio dell’Eucaristia e sulla lingua e non hanno la fede cattolica piena nella Presenza reale». Parlando delle cinque piaghe del Corpo mistico liturgico di Cristo (il sacerdote celebrante che guarda verso i fedeli e non più verso Cristo, la Santa Comunione data sulla mano, le nuove orazioni dell’offertorio, la scomparsa del latino nelle celebrazioni liturgiche, il lettorato e l’accolitato dato alle donne), Schneider ricorda che «nessuna di queste ferite liturgiche trova supporto, anche lontanamente, nella Costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia Sacrosanctum Concilium» ma «sono state introdotte in conformità con un piano specifico elaborato da un piccolo gruppo di liturgisti che, fatalmente, occupavano posizioni chiave nella Curia romana durante l’immediato periodo post-conciliare».

Schneider  denuncia che tutto ciò è stato fatto «con astuzia e inganno», facendole passare come «se fossero la volontà del Papa» mentre le manipolazioni sono state documentate, ad esempio, nei libri del cardinale Antonelli e nei ricordi di Louis Bouyer, entrambi membri della Commissione post-conciliare sulla Liturgia, e quindi testimoni oculari. «Per qualche misteriosa ragione – sottolinea Schneider – Dio ha permesso che le buone intenzioni dei Padri del Concilio Vaticano II cadessero nelle mani di uomini senza Dio e ideologi-rivoluzionari liturgici. Hanno messo la sacra liturgia di Santa Romana Chiesa in stato di prigionia, in una sorta di esilio ad Avignone». Secondo il vescovo kazako, per guarire da queste piaghe sono necessarie delle contromisure, per esempio studiare «attentamente il testo della Sacrosanctum Concilium e, in particolare, i verbali delle discussioni del Consiglio su questo tema, al fine di conoscere la vera intenzione dei Padri conciliari (mens Patrum)», «scoraggiare e limitare la ricezione della Comunione sulla mano», «istruire catechesi e omelie sull’ineffabile mistero divino della Santa Eucaristia, la liturgia cattolica perenne e immutabile della sacra teologia, e il significato spirituale dei dettagli dei riti», «organizzare conferenze scientifiche e liturgiche per seminaristi, sacerdoti e laici per insegnare i principi liturgici perenni e la natura organica della liturgia, interrompendo i moderni “miti liturgici”», applicare e non ostacolare «gli insegnamenti del motu proprio Summorum Pontificum del Papa Benedetto XVI».

Schneider insegna che «l’essenza del protestantesimo è di respingere la piena verità dell’Incarnazione, con tutte le sue conseguenze: la visibilità della Chiesa, la vita sacramentale, la realtà e la grandezza della Presenza eucaristica, le caratteristiche “incarnative” della liturgia. L’attuale crisi della Chiesa si manifesta principalmente in questi due atteggiamenti: una spiritualità gnostica e un naturalismo orizzontale, la cui radice è l’antropocentrismo, che a sua volta è una caratteristica tipica del protestantesimo”.

In conclusione di intervista Schneider sottolinea che «se la Chiesa non riesce a influenzare, o non lo fa a sufficienza, il mondo e le sue realtà attraverso doni soprannaturali (la grazia, la luce della verità divina) e, invece, si occupa principalmente di questioni naturali e realtà temporali (ad esempio la giustizia sociale, l’ecologia), priva il mondo della dimensione eterna del cielo. L’attività principale della maggior parte della struttura ufficiale della Chiesa cattolica (associazioni, commissioni, etc.) è immersa nel temporale e orizzontale, isolandoci dal sovrannaturale, dal cielo. È questo il problema centrale della crisi della Chiesa. Un tale atteggiamento conduce al relativismo dogmatico, morale e liturgico, e, infine, a una grave mancanza di fede, al confine con l’apostasia e il paganesimo».

Matteo Orlando



 

[Modificato da Caterina63 10/08/2015 21:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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