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La profezia di Luciani a Ratzinger definito profeta da non perdere

Ultimo Aggiornamento: 01/05/2015 20:19
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01/05/2015 20:19
 
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  Quando Luciani chiamò Ratzinger "profeta"


Cari amici,
Sto leggendo l'Opera Omnia di papa Giovanni Paolo I. Nel volume 8, a pag. 193 si trova l'omelia del patriarca Luciani per la festa di s. Rocco dove parla di Joseph Ratzinger, appena fatto arcivescovo di Monaco, parole che sembrano dette oggi, perché riguardano la pietosa situazione in cui si trova la chiesa in Germania:

"Pochi giorni fa mi sono congratulato con il card. Ratzinger, nuovo arcivescovo di Monaco: in una Germania cattolica, ch’egli stesso deplora come affetta, in parte, di complesso antiromano e antipapale, ha avuto il coraggio di proclamare alto che «il Signore va cercato la dov’è Pietro»? Ratzinger m’è parso in quella occasione un profeta giusto.
Non tutti quelli che scrivono e parlano hanno oggi lo stesso coraggio; per voler andare dove vanno gli altri, per paura di non sembrare moderni, alcuni di essi accettano solo con tagli e restrizioni il credo pronunciato da Paolo VI nel 1968 alla chiusura dell’anno della fede‘; criticano i documenti papali; parlano continuamente di comunione ecclesiale, mai però del papa come punto necessario di riferimento per chi vuole essere nella comunione vera della Chiesa"
.

Ma l'omelia merita d'esser letta per intero giacché Luciani sembra parlare alla Chiesa d'oggi ed i pericoli ai quali essa è esposta.

Paparatzifan

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OMELIA NELLA FESTA DI SAN ROCCO (1)

16 agosto 1977

1. Devo lodare la scuola grande di s. Rocco per l’amore che porta ai suoi santi; oggi venera con splendore di riti e di canti il patrono s. Rocco; tra pochi giorni onorerà s. Pio X. Essa si mette così in una buona linea di autentica venezianità; basta soltanto pensare alla folla dei santi, che ci vengono incontro dalle pareti musive delle basiliche di S. Marco e di Torcello. E anche in linea con il concilio, il quale distingue nella chiesa tre categorie di persone: «Alcuni... sono pellegrini sulla tetra; altri, che sono passati da questa vita, stanno purificandosi; altri godono della gloria» (2)
Questi ultimi — continua il concilio — da sempre sono raccomandati «alla pia devozione e alla imitazione dei fedeli» e, oltre che amici e coeredi di Gesù Cristo, sono «nostri fratelli e insigni benefattori»: vanno amati, imitati, invocati.

2. Tanto più lodevole lo zelo della scuola, quanto più grande appare la tiepidezza odierna di alcuni cattolici odierni verso I santi: le loro reliquie sono piuttosto trascurate, le loro statue rimosse, i libri che narrano la loro vita poco venduti e poco letti, la loro intetcessione raramente invocata, a meno che non si tratti di 5. Antonio e di pochi altri. Per contro, sembra invece che salga alle stelle la stima dei profeti viventi: giornali e riviste registrano
continuamente questa o quella «voce profetica»; cristiani impegnati disdegnano nella chiesa l’«ordinaria amministrazione» e reclamano «gesti e uomini profetici».

«Un Elia serve oggi — mi diceva uno — un Elia dalla voce tonante, dal dito puntato contro i nuovi Acab, cioé i capitalisti, gli uomini del potere e del denaro». Ho tentato di spiegargli che proprio al profeta Elia, in una famosa visione, Dio ha fatto capire ch’egli non voleva manifestarsi più né attraverso il vento impetuoso né attraverso il tuono né attraverso i lampi, ma solo attraverso una brezza leggera (cf. 1Re 19,11-12). Niente da fare. Il mio interlocutore ha continuato a voler I’Elia dal braccio teso col dito puntato e la voce tonantemente denunciatrice.

3. Aveva ragione? E buona, sana, di marca giusta questa fame e sete di profeti e di profezia? Apro la Bibbia e trovo scritto in s. Paolo: «Non disprezzare le profezie» (1Ts 5,20). Lo stesso Paolo però, poco dopo, scrive ai Galati: «Vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Gesù Cristo. Orbene... se anche un angelo del cielo vi predicasse un Vangelo diverso... sia anatema» (Gal 1,7-8). Prima di s. Paolo lo stesso Signore aveva messo in guardia: «Sorgeranno molti profeti e inganneranno molti» (Mt 24,11). Prima ancora, nel Vecchio Testamento Dio si lamentava così: «Io non ho inviato questi profeti ed essi corrono lo stesso; non ho parlato a loro ed essi profetizzano lo
stesso» (Ger 23,21). La Bibbia ricorda anche i profeti di Baal ai tempi dell’empia Gezabele e di Jehu (Cf. lRe 18; 2Re 10,19-25); ricorda i profeti di corte preoccupati soprattutto di profetare in modo da piacere non a Dio, ma ai re e ai grandi (lRe 22).
Credo di poter concludere che c’è profezia; che da qualche profeta si può imparare molto; che se non si sa distinguere, però, si possono prendere delle grosse cantonate.

4. Pochi giorni fa mi sono congratulato con il card. Ratzinger, nuovo arcivescovo di Monaco: in una Germania cattolica, ch’egli stesso deplora come affetta, in parte, di complesso antiromano e antipapale, ha avuto il coraggio di proclamare alto che «il Signore va cercato la dov’è Pietro»? Ratzinger m’è parso in quella occasione un profeta giusto. Non tutti quelli che scrivono e parlano hanno oggi lo stesso coraggio; per voler andare dove vanno gli altri, per paura di non sembrare moderni, alcuni di essi accettano solo con tagli e restrizioni il credo pronunciato da Paolo VI nel 1968 alla chiusura dell’anno della fede‘; criticano i documenti papali; parlano continuamente di comunione ecclesiale, mai però del papa come punto necessario di riferimento per chi vuole essere nella comunione vera della Chiesa.

5. Altri, più che profeti, sembrano dei contrabbandieri; approfittano del posto, che occupano, per smerciare come dottrina della Chiesa quello che è, invece, loro pura opinione personale o anche dottrina mutuata da ideologie aberranti e disapprovate dal magistero della chiesa. A sentirli, a leggerli, la resurrezione di Gesù è una pura trovata dei suoi discepoli, i quali, passato — dopo la crocifissione — il primo smarrimento, si sono detti: «E morto? Fa niente, continuiamo la sua opera come se egli fosse ancora vivo tra noi». Resurrezione sì, dunque, ma solo nella mente e nella volontà dei discepoli. Scrivono anche: la confessione auricolare dei peccati o singola non è necessaria: basta la confessione generica fatta in comune; ci si pente, si riceve un’assoluzione generale e tutto è a posto; il resto è uso introdotto da monaci medievali. La fuga per tutti dalle occasioni di peccato, la castità prematrimoniale dei fidanzati —— secondo essi — sarebbero esagerazioni: in realtà, ogni desiderio e piacere sessuale — dentro e fuori il matrimonio — sarebbe buono; la Chiesa è accusata di fare, fra tante altre, anche la «repressione sessuale». Povera chiesa!

6. Come tutto questo vada d’accordo con un Cristo, che ha portato i suoi a vivere contro corrente, invitandoli a sforzi difficili, alla rinuncia, all’ascesi, alla croce, è un mistero. Come essi spieghino le parole «Nessuno può servire a due padroni» (Mt 6,24) e «chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,27), è pure un mistero. Altra cosa misteriosa, che, educando, a scuola, a catechismo, si sopprima tutto ciò che stimola, che sa di gara, che incita all’emulazione. Tutti eguali, nessun ragazzo deve sentirsi superiore agli altri.
Ora, frenare la superbia è gran bella cosa. Ma non è affatto superbia che uno cerchi di diventare qualcuno, di valere, di progredire; superbia è cercate di essere qualcuno smodatamente, pestando i piedi agli altri. Come pretendere che un giovanotto alto un metro e ottanta si dichiari alto solo un metro e cinquanta per non far dispiacere al compagno più piccolo di lui? Come si impegnerà nello studio un ragazzo, se gli si vuol far credere che tutti hanno gli stessi talenti, tutti devono ricevere lo stesso voto scolastico e tutti occupare domani lo stesso posto in società?

7. Altro «mistero», che i profeti non spiegano: ragionare, disporre, programmare come se gli uomini fossero per natura solo buoni, tutti buoni, soltanto e tutti onesti, lavoratori, amanti dello sforzo, incapaci di sotterfugi e di imbrogli. Questo è l’ottimismo di Rousseau e di Victor Hugo. Quest'ultimo ha scritto: «Ogni scuola che si apre, è una prigione che si chiude». Se venisse oggi, Victor Hugo vedrebbe moltiplicate le scuole, ma anche le prigioni. Proprio in grazia della tecnica imparata a scuola i ladri hanno imparato ad adoperare il mitra con silenziatore, la fiamma ossidrica, il motore truccato per fuggire in fretta, ecc. La strada, l'esperienza quotidiana, la Bibbia dicono: siamo pur ottimisti, l’uomo conserva sì un fondo di bontà, ma non chiudiamo gli occhi, non neghiamo che su lui pesa anche l'eredità del peccato originale: la scuola giova, ma a patto che sia associata al timore di Dio.

8. A proposito di Dio, molti «profeti» odierni scrivono e parlano spessissimo della «parola di Dio», con cui confrontarsi.
Benissimo, ma chiaro bisogna parlare soprattutto della «legge di Dio» ossia dei dieci comandamenti da osservare (Es 20,147).
Molti, pur leggendo la Bibbia, considerano il decalogo come sorpassato. Invece, se osservato da tutti, è proprio il decalogo che sarebbe, da solo, capace di far buoni sia gli individui che la società. E del decalogo che Gesù ha detto: «Non passerà neppure uno jota o un segno dalla legge» (Mt 5,18). Bella disinvoltura davvero quella di leggere la Bibbia, saltando o cancellando ciò che Gesù ha confermato solennemente.

9. Concludendo: abbiamo pure fiducia nei profeti, ma che siano autentici. Se poi il Signore dà anche a noi questa vocazione, ricordiamo che il mestiere di profeta è difficile. Specialmente nel caso nel quale, in nome di Dio, volessimo o dovessimo denunciare gli altri, bisogna esser sicuri di due cose: primo, di avere davvero un incarico da Dio; secondo, di essere noi stessi abbastanza a posto. Ha detto Gesù: «Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?» (Mi: 7,3). Ha scritto s. Giacomo: «Chi sei tu, che ti fai giudice del tuo prossimo?» (Gc 4,12). Battere il proprio petto è un buon segno di pentimento. Andare a battere il petto altrui, è cosa molto più delicata: può essere segno di profezia, di carità e di zelo, ma anche di presunzione. A meno che non si ripeta il caso più unico che raro del canonico grasso; era così grasso, poveretto, che non ci arrivava; al momento del confiteor, bisognava che andasse un chierichetto a battergli sul petto il mea culpa; quello del chierichetto diventava un atto di carità senza
profezia. Qui sarà opportuno ricordare, appunto, che s. Paolo ha detto: buona la profezia, buoni gli altri carismi: sopra tutte queste cose, però, c’è la carità, l'amore di Dio e del prossimo (lCor, 13). È questa, soprattutto, che ha fatto santi s. Rocco e s. Pio X.
E farà santi anche noi, se, con la grazia del Signore e a loro imitazione, saremo capaci di praticarla.

1 RV, LXII (1977), pp. 308-310.
2 LG, 11. 50.
3 Cf. <<L’Osservatore Romano», 31 luglio 1977.
4 RV, LIII (1968), pp. 262-268.

Opera Omnia - Albino Luciani, Giovanni Paolo I - Vol. 8
pag. 193 a 196




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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