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Quando e come un Papa favorisce l'eresia .....

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2016 23:30
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18/06/2016 22:35
 
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Spaemann: "Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità"



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spaemann


Il professor Robert Spaemann, 89 anni, coetaneo e amico di Joseph Ratzinger, è professore emerito di filosofia presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. È uno dei maggiori filosofi e teologi cattolici tedeschi. Vive a Stoccarda. Il suo ultimo libro uscito in Italia è: "Dio e il mondo. Un'autobiografia in forma di dialogo", edito da Cantagalli nel 2014.


Lo scorso 28 aprile fece colpo in tutto il mondo l'intervista sulla "Amoris laetitia" che egli diede a Catholic News Agency, rilanciata lo stesso giorno in italiano da Settimo Cielo:


> Spaemann: "È il caos eretto a principio con un tratto di penna"


Questo che segue è un ulteriore intervento del filosofo sulla "Amoris laetitia", questa volta pubblicato il 17 giugno sul giornale tedesco "Die Tagespost" e rilanciato lo stesso giorno sull'edizione tedesca di Catholic News Agency:


> "Die Kirche ist nicht grenzenlos belastbar"


*


"ANCHE NELLA CHIESA C'È UN LIMITE DI SOPPORTABILITÀ"


 


di Robert Spaemann


Le mie osservazioni critiche nel colloquio con la Catholic News Agency sull’esortazione apostolica "Amoris laetitia" hanno suscitato delle vivaci reazioni, in parte di assenso entusiastico, in parte di rifiuto.


Il rifiuto riguarda in primo luogo la frase secondo cui la nota 351 rappresenta una "rottura nella tradizione del magistero della Chiesa cattolica". Quel che volevo dire era che alcune affermazioni del Santo Padre si trovano in una chiara contraddizione con le parole di Gesù, con le parole degli apostoli e con la dottrina tradizionale della Chiesa.


Di rottura, in realtà, si deve parlare solo quando un papa, richiamandosi in maniera univoca ed esplicita alla sua potestà apostolica – dunque non incidentalmente  in una nota a piè di pagina –, insegni qualcosa che è in contraddizione con la citata tradizione magisteriale.


Il caso qui non si verifica, anche solo per il fatto che papa Francesco non ama la chiarezza univoca. Quando, poco tempo or sono, ha dichiarato che il cristianesimo non conosce alcun "aut aut", evidentemente non lo disturba affatto che Cristo dica: "Il vostro parlare sia sì, sì, no, no. Il di più viene dal maligno" (Mt 5, 37). Le lettere dell’apostolo Paolo sono piene di "aut aut". E, infine: "Chi non è per me, è contro di me! (Mt 12, 30).


Papa Francesco, però, vuole solo "fare proposte". Contraddire delle proposte non è vietato. E, a mio parere, lo si deve contraddire con energia, quando in "Amoris laetitia" ritiene che anche Gesù avrebbe "proposto un ideale esigente". No, Gesù ha comandato "come uno che ha autorità, e non come gli scribi e i farisei" (Mt 7, 29). Lui stesso, ad esempio quando parla con il giovane ricco, rinvia all’intima unità della sequela con l’osservanza dei dieci comandamenti (Lc 18, 18-23). Gesù non predica un ideale, ma fonda una nuova realtà, il regno di Dio sulla terra. Gesù non propone, ma invita e comanda: "Vi do un comandamento nuovo". Questa nuova realtà e questo comandamento si trovano in stretta relazione con la natura della persona umana, conoscibile attraverso la ragione.


Se ciò che asserisce il Santo Padre si adatta così poco a quello che io leggo nella Scrittura e mi arriva dai Vangeli, questo non è ancora un motivo sufficiente per parlare di una "rottura" e non è neppure un motivo per fare del papa oggetto di polemica e di ironia, come purtroppo ha fatto Alexander Kissler [1]. Quando san Paolo si trovò davanti al sinedrio per difendersi e il sommo sacerdote ordinò di percuoterlo sul viso, Paolo reagì con le parole: "Dio percuoterà te, muro imbiancato!". Quando i presenti gli dissero che quello era il sommo sacerdote, Paolo disse: "Fratelli, non sapevo che fosse il sommo sacerdote. Infatti sta scritto: 'Tu non insulterai il capo del tuo popolo'" (At 23, 3-5). Kissler, quando ha scritto del papa, avrebbe dovuto moderare il tono, anche se il contenuto della sua critica in gran parte è giustificato. A causa della polemica sarcastica, il suo intervento ne è uscito limitato quanto ad efficacia.


Il papa si è lamentato del fatto che, incitati dai media, si finisca più o meno per non cogliere le sue numerose esortazioni sull’allarmante situazione della famiglia, per fissarsi su una nota a piè di pagina sul tema dell’ammissione alla comunione. Ma il dibattito pubblico presinodale girava tutto attorno a questo tema, perché su questo punto, di fatto, va detto un sì o un no.


Il dibattito continuerà ancora, e non meno controverso di prima, poiché il papa si rifiuta di citare su questo argomento le dichiarazioni chiarissime dei suoi predecessori e poiché il suo responso è manifestamente così ambiguo che ciascuno può interpretarlo, e lo interpreta, a favore della propria opinione. "Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà al combattimento?" (1 Cor 14, 8). Se nel frattempo il prefetto della congregazione per la dottrina della fede si è visto costretto ad accusare apertamente di eresia il più stretto consigliere e ghostwriter del papa, vuol dire che la situazione è davvero andata sin troppo oltre. Anche nella Chiesa cattolica romana c’è un limite di sopportabilità.


A papa Francesco piace paragonare chi è critico con la sua politica con coloro che "si sono seduti sulla cattedra di Mosè". Ma anche in questo caso il colpo ritorna su chi l’ha tirato. Erano proprio gli scribi quelli che difendevano il divorzio e tramandavano delle regole su di esso. I discepoli di Gesù erano, invece, sconcertati per il severo divieto del divorzio da parte del Maestro: "Chi vorrà ancora sposarsi?" (Mt 19, 10). Come la gente che se ne andò via quando il Signore annunciò che Lui diveniva il loro cibo: "Questo linguaggio è duro. Chi può intenderlo?" (Gv 6, 60).


Il Signore "aveva pietà del popolo" ma non era un populista. "Volete andarvene anche voi?" (Gv 6, 67). Questa domanda rivolta agli apostoli era la sua unica reazione al fatto che chi lo ascoltava se ne andava via.


*


[1] Alexander Kissler, intellettuale tedesco, saggista, è capo redattore del principale periodico politico-culturale di Germania, "Cicero".


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NOTA BENE !


Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister, che offre a un pubblico internazionale notizie, analisi e documenti sulla Chiesa cattolica, in italiano, inglese, francese e spagnolo.


Gli ultimi tre servizi di "www.chiesa":


17.6.2016
> Non un papa ma due, uno "attivo" e uno "contemplativo"
È la novità senza precedenti che Ratzinger sembra voler mettere in pratica. L'ha annunciata il suo segretario Georg Gänswein. Raddoppiando le già tante ambiguità del pontificato di Francesco

13.6.2016
> Il papa non è infallibile. Eccone otto prove
Equivoci, gaffe, vuoti di memoria, leggende metropolitane. Un elenco degli errori nei discorsi di Francesco. Il più disastroso in Paraguay

9.6.2016
> O tutti o nessuno. La sinodalità che fa naufragare il Concilio
A pochi giorni dalla sua apertura, il Concilio panortodosso rischia di fallire. I patriarcati di Bulgaria, di Georgia e di Antiochia annunciano il ritiro, e Mosca dà loro man forte. A seminare discordia l'abbraccio tra Kirill e papa Francesco

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Lutero una “medicina” per la Chiesa?

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Prepariamoci alla “canonizzazione” ufficiale di Martin Lutero (anche se, in verità, è stato più una purga che una medicina) nel prossimo 1° novembre da parte di papa Francesco.

Il titolo a questo editoriale è stato ispirato da papa Francesco nell’intervista sull’aereo che lo riportava dall’Armenia: il punto di domanda, naturalmente, è nostro e di tutta la cattolicità dato che, ancora una volta, non è ben chiaro cosa intenda il Vescovo di Roma per “medicina”.

E pensare che Sant'Ignazio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù proprio per combattere l'eresia protestante!
(E pensare che Sant’Ignazio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù proprio per combattere l’eresia protestante!)

La domanda del giornalista è stata molto provocatoria: «Visto che Lei andrà – fra quattro mesi – a Lund per commemorare il 500° anniversario della Riforma, io penso che forse questo è il momento giusto anche per non ricordare solo le ferite da entrambe le parti, ma anche per riconoscere i doni della Riforma, e forse anche – e questa è una domanda eretica – per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero o di una qualsiasi riabilitazione. Grazie».

Riportiamo un passo della risposta, il resto lo trovate qui, nel testo ufficiale:

«Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico.  Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino…».

Innanzitutto, non è vero che “con tutti i protestanti” siamo d’accordo con la rivisitazione sulla Giustificazione. Il mondo protestante è frastagliato, è diviso al suo interno, e non vige assolutamente un “magistero” comune a tutte le comunità. Secondo aspetto non è affatto vero che Lutero “protestò” per la corruzione interna alla Chiesa, questa fu semplicemente la manna per Lutero, per attaccare la Chiesa gerarchica. Il Santo Padre Francesco non può ridurre quella “protesta” ad una colpa della corruzione nella Chiesa. Senza dubbio l’immoralità era alta, e se nella Chiesa il Clero viveva nella corruzione, Lutero studiava il modo di uscire dal convento perché non accettava più la castità e il celibato.

«È molto importante sottolineare che il lusso e lo sfarzo, come pure anche la corruzione di buona parte della Curia Romana, non scandalizzarono più di tanto Lutero (come oggi si vuol far credere) — ha scritto il padre domenicano Roberto Coggi –, il quale, a quanto ci risulta, non trasse da ciò alcun turbamento nella sua fede cattolica e nella sua fedeltà nel Romano Pontefice. È quindi falso attribuire la ribellione di Lutero all’autorità ecclesiastica, quale si verificò pochi anni più tardi, a una sua indignazione contro i costumi corrotti del clero» [1].

Papa Francesco esprime alcune opinioni personali (“io credo”, dice), e sbaglia, forse perché è malamente informato, o forse perché vuole arrivare ad una canonizzazione di Lutero per fare unità con alcune frange protestanti. La qualcosa ci andrebbe anche bene, ma non a discapito della verità, non certo dipingendo Lutero per ciò che non era.

La giustificazione, per Lutero, non consiste come insegna la dottrina cattolica nella purificazione, rigenerazione-conversione e santificazione interiore dell’anima, ma in una “non imputazione” del peccato; l’anima quindi resta passiva perché la grazia non agisce sull’anima, ma solo il “favore di Dio” che non condanna (se proclami la fede in Lui), che “fa grazia”… Ogni opera che l’uomo compie è, in sostanza, ammalata, è peccato! La concupiscenza è per Lutero il vero tarlo insuperabile, insanabile(motivo per cui non crederà più nella grazia del celibato), invincibile che perdura per sempre allo stato di vero peccato personale anche dopo il Battesimo. Quindi ogni azione dell’uomo è per lui inutile in rapporto alla salvezza. Siamo alle fondamenta del Sola Scriptura del Sola Fidei del Solo Christo.

Per Lutero l’uomo, corrotto dal Peccato Originale, non ha in verità alcun modo di riscattarsi, nessuna azione che potrà compiere, per quanto egli si sforzi di fare il bene, potrà meritargli la redenzione, siamo di fronte alla filosofia del pessimismo che da questo momento impernierà gran parte della stessa teologia protestante.

La Chiesa, nel pontificato di Giovanni Paolo II, si prodigò per fare il Documento sulla Giustificazione, ma il testo non fu affatto accolto da tutta la comunità protestante, ancora oggi c’è chi lo rigetta e chi, da parte cattolica, sostiene che quel testo è un grave passo verso il sincretismo dottrinale. Nei vari racconti biografici e storici, si evincono due periodi di Lutero durante la sua permanenza da monaco agostiniano: la prima parte molto regolare e serena, ma sopraggiunta una certa rilassatezza e a causa di un temperamento eccitabile e nervoso, cominciò a non sopportare più le privazioni soprattutto quelle legate al celibato e dunque alla continenza e piuttosto che ammettere di non essere magari portato alla vita monastica, tentò di trovare nella Scrittura una sorta di “nuova giustificazione” ai suoi tormenti e tentazioni legate sempre alla concupiscenza, alla carne.

Lutero era tormentato dal sentimento di trovarsi sempre in uno stato di peccato e fatte le dovute confessioni,  penitenze,  digiuni ripetuti con ansia sempre più inquieta, cede davanti al dubbio atroce di non poter resistere davanti all’inesorabile maestà di Dio; di qui inizia l’atroce dubbio, l’ossessione, di ritrovarsi nel numero dei dannati. Questa tensione crebbe a livelli davvero esasperati da farlo diventare davvero morbosamente angoscioso ed inquieto.

Da qui inizia — ma solo qualche anno più avanti dando il via alla seconda parte della complessa figura di Lutero — la sua critica aspra e amara contro gli abusi veri o presunti degli uomini di Chiesa, da qui la sua autoaffermazione di “riformatore”. Lutero userà la corruzione nella Chiesa per portare avanti la sua propaganda.

Con queste basi dunque, Lutero inizia le sue prediche contro la dottrina cattolica sulla santificazione mediante atti di volontà, contro l’efficacia delle opere buone mettendo da parte, diceva, in secondo piano la fede e la grazia.

Lutero voleva ritornare alla purezza originale di Sant’Agostino, ma di fatto finì con l’esasperare la dottrina anti-pelagiana di Agostino circa il peccato, la grazia e la predestinazione. Di fatto la teologia di Lutero fu uno specchio fedele alla sua personale battaglia interiore per la salvezza della sua anima: la sua nuova concezione teologica fu per lui, di fatto, un atto di vera liberazione dai tormenti che viveva dando origine, così, ad una nuova forma di fede.

Seguendo ciò, tre sono i punti fondamentali della nuova dottrina luterana:

  1. la giustificazione mediante la sola fede;
  2. la negazione del libero arbitrio;
  3. la certezza di essere salvati solo per chi crede con fiducia, indipendentemente dalle opere e dalle azioni che si compiono, dunque “abolizione” del senso del peccato.

Oggi molti onesti studiosi di Lutero concordano nel dire che probabilmente egli non si rese conto, nell’immediato, della portata delle sue affermazioni, come pure non ebbe probabilmente chiaro le conseguenze che questo pensiero avrebbe avuto sul piano soggettivo, così come su altri aspetti.

Le sue tesi comportavano già alla radice il ripudio ai Sacramenti, al Sacerdozio Ordinato, alle indulgenze contenute persino nella Messa, in sostanza a tutto il sistema dell’unica Chiesa di Cristo della quale egli stesso faceva parte, fondata sul diritto divino, affidata a Pietro e al collegio degli Apostoli.

Martin Lutero (1483-1546). La beata Suor Serafini Micheli (1849-1911) vide la sua anima all'inferno, durante una visione mistica del 1883, mentre in Prussia festeggiavano festeggiano il 400° della nascita.
(Martin Lutero (1483-1546). La beata Suor Serafini Micheli (1849-1911) vide la sua anima all’inferno, durante una visione mistica del 1883, mentre in Prussia festeggiavano festeggiano il 400° della nascita.)

L’iniziativa, poi, delle famose 95 Tesi di Lutero spostarono la discussione per le strade e nella politica, il successo che egli raccolse non è che avveniva perché chi le accoglieva volesse abbandonare la Chiesa, ma perché attraverso queste “Tesi” la Chiesa si attivasse per una autentica e sospirata Riforma.

Lutero divenne senza dubbio l’eroe del giorno contro gli abusi e l’immoralità interna alla Chiesa, forse è in tal senso che Papa Francesco lo definisce una “medicina”, ma non è così. Senza dubbio è invece il fatto che Nostro Signore Gesù Cristo si servì degli attacchi di Lutero per una Riforma che la Chiesa fece, infatti, con il Concilio di Trento dal quale, e in poi, la Chiesa vide e visse una grande fioritura di Santi. Più che medicina, perciò, Lutero fu un “castigo”.

Fu chiesto, nel 1985, all’allora cardinale Ratzinger: «Ma perché proprio il protestantesimo – la cui crisi non è certo minore di quella cattolica – dovrebbe oggi attirare teologi e fedeli che sino al Concilio erano restati fedeli alla Chiesa di Roma?».

Il cardinale rispose: «Non è certamente una cosa facile da chiarire. Si impone tuttavia la seguente considerazione: il protestantesimo è nato all’inizio dell’epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato che non il cattolicesimo con le idee-forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l’ha trovata in gran parte proprio nell’incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. È la sua chance ed insieme la sua fragilità questo suo essere molto aperto al pensiero moderno. Così può nascere l’opinione — proprio presso teologi cattolici che non sanno più che fare della teologia tradizionale — che nel “protestantesimo” si possano trovare già tracciate le vie giuste per l’intesa fra la fede e il mondo moderno». [2]

Torniamo a ripeterlo, forse alla nausea, ma il problema di questo pontificato e di certe risposte come queste, sta alla base dell’eresia di Karl Rahner, il gesuita che ha influenzato tutta la discussione teologica, etica e morale del nostro tempo moderno. I Gesuiti sono, dagli anni sessanta, i maggiori responsabili di questa “nuova teologia” –insieme anche ad alcuni domenicani e francescani — non solo aperta al pensiero moderno, ma che ha fatto proprio il Modernismo trasformandolo nella nuova teologia.

Per Lutero ciò che conta non è tanto conoscere “chi è” Dio o “che cosa” Egli ha fatto per noi, quanto sapere semplicemente “in che modo io posso raggiungere la salvezza”. Ed è quanto sostiene Rahner, e molti gesuiti oggi, in forma diversa, eliminando il senso del peccato. Poiché, in definitiva, l’uomo basta a se stesso e può salvarsi da solo.

La prospettiva luterana è apparentemente la via più pratica, forse anche più facile… ma anche la più pericolosa perché in sostanza Lutero dice: “che Gesù sia o non sia il Figlio di Dio non è importante; importa solo che Egli sia il Salvatore”.

È una affermazione gravida di conseguenze nocive per l’identità stessa del Cristo, per l’identità stessa del Cristianesimo, per l’affermazione stessa della Santissima Trinità e che segna, al di la delle intenzioni stesse di Lutero, un decisivo distacco dalla Tradizione cristiana dei secoli precedenti: si pensi solo ai cristiani del tempo del Concilio di Nicea, disposti a dare la propria vita pur di difendere la divinità ed insieme l’umanità acquisita di Gesù Cristo, Figlio di Dio, ma anche Dio; si pensi ai Padri della Chiesa quanto hanno lottato contro l’eresia ariana e di altre eresie che mettevano a rischio l’identità del Cristo.

Per Lutero non è importante il dogma, non conta la conoscenza della realtà obiettiva, della realtà in se stessa, e neppure di Dio (o di Gesù Cristo) in se stesso, ma conta solo ciò che Dio (o Gesù Cristo) è “per me”. Anche in questo, Rahner è molto più vicino a Lutero, anziché alla dottrina cattolica.

Per il gesuita tedesco, il dogma è relativo ad un determinato periodo storico — relativismo storico o storicismo — che non può avere nessun tipo di relazione con la coscienza individuale. Ciò che conta davvero è quello che il mio IO — spiega Rahner — pensa di Dio.

Non a caso la Chiesa Cattolica ha messo nel Catechismo le tre virtù teologali di cui una è il famoso Atto di fede: «Mio Dio, poiché sei Verità infallibile, credo fermamente tutto quello che Tu hai rivelato, e la Santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in Te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte…», per Lutero invece la fede non è tanto l’adesione  a delle “verità rivelate” e quindi ai dogmi o dottrine, ma semplice abbandono fiducioso in Dio.

Intendiamoci: il concetto di fede in se di Lutero non è del tutto sbagliato perché si possono conoscere a memoria le formulette, ma non essere in grado (per difetto o per dolo) di metterle in pratica… il problema suscitato da lui, però, è quello di una fede affettiva contro quella conoscitiva mentre la Chiesa ha sempre insegnato l’equilibrio di entrambe le sfere: affettiva (ti amo mio Dio, ti dono me stesso) e conoscitiva (ti cerco mio Dio, Dio mio perché mi hai abbandonato?). Questo fa comprendere anche perché, oggi, si ha la tendenza ad abbandonare i testi di grandi Santi come sant’Alfonso de Liguori che di questo “Ti amo, o mio Dio”, hanno scritto pagine immense, preferendo testi moderni imbevuti di frasi che non convertono.

Nel saggio Lutero e la salvezza dell’anima — riporta sempre P. Coggi nel suo Ripensando Lutero, dopo aver ribadito che “Il vero motivo dell’abbandono della Chiesa cattolica da parte di Lutero non sta […] nella grave crisi morale e anche, se vogliamo, dottrinale, che travagliava il cattolicesimo dell’epoca del Rinascimento, e neppure nella scarsa conoscenza che Lutero avrebbe avuto della genuina dottrina cattolica”, — l’autore sottolinea come molto spesso non sia stato tenuto nella dovuta considerazione l’aspetto del temperamento e della costituzione psichica dell’eretico di Eisleben.

Così, molto opportunamente, riporta questo giudizio del teologo luterano Gerhard Ebeling: «Lutero appare una personalità prevalentemente ciclotimica, di costituzione picnica e di una scala alternante nell’umore fra gli stadi iper e ipotimici, combinata in pari tempo con una costituzione stenica degli impulsi».

Commenta padre Coggi: «Questo referto medico, per chi sa leggerlo, è notevolmente preoccupante» (pag 66). E aggiunge: «Lutero è irremovibile nella sua idea. Egli scrive nel 1522: “Io non ammetto che la mia dottrina possa venire giudicata da alcuno, neanche dagli angeli. Chi non riceve la mia dottrina non può giungere alla salvezza”» (pag. 73).

Non è necessario commentare ulteriormente quella frase. Ce ne sono moltissime altre del sedicente “riformatore” contro la Messa, contro il Papato, contro i Sacramenti. Come del resto ha già fatto rilevare la storica Angela Pellicciari in un suo recente articolo, a conferma di ciò che scriviamo.

Comunque la pensiate, noi alziamo, come si suol dire, la “posta in gioco” e sosteniamo che, il 1° novembre 2016, Lutero sarà in qualche modo “canonizzato” da parte di papa Francesco (vedi qui). Nella cover dell’articolo, vi riproponiamo un’immagine che spiega come – quanto a queste previsioni di “canonizzazione” – non siamo affatto lontani.


Note

  1. Ripensando Lutero, di Padre Roberto Coggi O.P.
  2. Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger





EDITORIALE
Papa in aereo
 

Ieri sui giornali di tutto il mondo titoli sulle dichiarazioni del Papa sui gay nella conferenza stampa al ritorno dall'Armenia. Una risposta approssimativa a una domanda tendenziosa e il gioco è fatto. Ancora una volta all'opinione pubblica viene data l'immagine del "Papa rivoluzionario" e ai fedeli motivo per disorientarsi. 

di Riccardo Cascioli

Adesso appare proprio inutile cercare di rileggere la risposta del Papa, provare a spiegare che dalla risposta – per quanto confusa - si capisce che parla delle persone con tendenza omosessuale e non del movimento gay, che parla di pastorale e di accompagnamento e non di rivendicazioni politiche; che nel fare riferimento al catechismo si può immaginare che intenda tutto quello che il catechismo dice in materia. È assolutamente inutile, perché il messaggio - frutto dellaconferenza stampa sull'aereo di ritorno dall'Armenia - è già passato su tutti i media internazionali: «Il Papa: la Chiesa si scusi con i gay». 

Potremmo stare qui a discutere giorni, non cambierebbe la storia: anche chi solo si è distrattamente imbattuto in un giornale, in un sito web di informazione, in un notiziario radio e tv, ha già recepito e digerito il messaggio: la Chiesa si è sempre comportata male con i gay e ora deve chiedere scusa (il che, tradotto nel linguaggio mondano, significa assecondare tutte le richieste del movimento gay). 

Purtroppo siamo davanti al solito corto circuito comunicativo frutto di conferenze stampa “senza rete”, ovvero senza avere le domande in anticipo in modo da preparare le risposte. Anche questo sembra inutile ripeterlo, visto che ormai è successo tante volte che non si può onestamente attribuire questi incidenti al caso. Fatalmente in conferenze stampa di questo genere, a domande impegnative che magari richiederebbero risposte ponderate e precise nei termini, arrivano invece risposte approssimative e spesso confuse, tipiche di una chiacchierata colloquiale: gioia per i giornali che hanno assicurato un titolo ad effetto, motivo di disorientamento e confusione per i normali fedeli. 

Non solo le scuse ai gay, nel viaggio di ritorno dall’Armenia un altro punto fortemente critico è venuto dalla risposta su Lutero, presentato come «un riformatore» che forse ha sbagliato un po’ nei modi ma che in fondo aveva anche ragione su tante cose. In particolare, ha detto il Papa, «oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato». In realtà la questione è più complessa, la dichiarazione comune luterani-cattolici del 1999 non ha affatto risolto tutti i problemi legati alla dottrina della giustificazione. Ma certo sono questioni difficili da spiegare in due battute rispondendo a un giornalista che chiede se non sia arrivata l’ora di riabilitare Martin Lutero (clicca qui per un primo affronto dei problemi legati alla dottrina della giustificazione).

Stessa cosa per quel che riguarda la storia delle scuse ai gay. La giornalista americana chiede se ha ragione il cardinale Marx (uno dei 9 cardinali che affianca il papa nella riforma della Curia) a dire che «la Chiesa cattolica deve chiedere scusa alla comunità gay per aver marginalizzato queste persone» e se la strage di Orlando non sia da attribuire anche all’odio alimentato dalla comunità cristiana. 

Avrà letto il Papa ciò che il cardinale Marx ha detto la scorsa settimana a Dublino in occasione di una conferenza? Probabilmente no, così pare dalla risposta che infatti parte con il ricordare la prima conferenza stampa, quella del famoso “chi sono io per giudicare?”. Non c’entrava molto con le dichiarazioni di Marx che non solo ha detto che la Chiesa deve chiedere scusa, ma che è parte delle scuse riconoscere la positività delle unioni omosessuali, discorso già fatto nel Sinodo 2014 scandalizzando – lo ha detto lui – diversi confratelli (clicca qui). Né si può dire che il cardinale Marx sia isolato in questa visione, anche in Italia abbiamo visto sostenere posizioni analoghe ai massimi livelli ecclesiastici, come più volte abbiamo scritto. 

Non possiamo certo pensare che il Papa condivida questo approccio, che sarebbe l’esatto opposto non solo del catechismo ma anche di quanto diverse volte detto dallo stesso papa Francesco a proposito dell’ideologia gender. 

Bisogna dire invece una volta per tutte che a questi monsignori non sta tanto a cuore il destino delle persone con tali tendenze quanto la legittimazione dell’omosessualità. Altrimenti penserebbero a chiedere scusa, casomai, per le persone omosessuali che vengono ignorate nel loro bisogno di sanare la ferita all’origine della loro tendenza, e vengono invece spinte a persistere in comportamenti contro natura.

Sta di fatto che, a prescindere dalle intenzioni di papa Francesco, in un momento in cui tanti vescovi e sacerdoti sono sotto tiro per annunciare con chiarezza la verità sulla sessualità umana e sui rapporti uomo-donna, l’opinione pubblica è portata a pensare che il Papa sia contro di loro. Non c'è dubbio che ad alcuni in Vaticano questo faccia comodo, ma se c’è qualcuno tra i suoi collaboratori che vuole davvero bene a papa Francesco, che almeno lo renda consapevole.



IL CARD. SIRI: IN CONCILIO CI FU IL PERICOLO DI UNA CANONIZZAZIONE DI LUTERO, PAOLO VI NE EBBE PAURA

Il card. Siri: in Concilio ci fu il pericolo di una canonizzazione di Lutero, Paolo VI ne ebbe paura

«Che qualcuno sia venuto in Concilio con l’intenzione di portarlo a Lutero, cioè via la Tradizione divina e via il primato di Pietro, questo è verissimo, tanto che ad un certo punto si è avuto il pericolo, con quanta base non so, che qualcuno potesse proporre la canonizzazione di Lutero. E dicono che Paolo VI abbia avuto paura di questo». 

Testimonianza del cardinale Giuseppe Siri in Il Papa non eletto, di Benny Lai, p.233




[Modificato da Caterina63 29/06/2016 00:56]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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