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Cardinale Antonelli sulla crisi del Matrimonio ed Eucaristia

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2015 13:54
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Sesso: Femminile
16/06/2015 13:39
 
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Crisi del Matrimonio ed Eucarestia

 

 

1. Premessa.

Il tema «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» fa pensare che la prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo (4-25 ottobre 2015) intenda soprattutto proporre positivamente la bellezza e l’efficacia evangelizzatrice della famiglia cristiana. Da parte mia sono fermamente convinto che oggi la principale urgenza pastorale sia la formazione di famiglie cristiane esemplari, in grado di manifestare concretamente che il matrimonio cristiano è bello e possibile da realizzare. Sono esse che possono annunciare il vangelo della famiglia, «non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 14).

A mio parere, in un contesto culturale post cristiano come il nostro, gli impegni di pastorale familiare, su cui la Chiesa a tutti i livelli dovrebbe concentrare le sue energie, sono i seguenti:

a. L’educazione teorica e pratica dei ragazzi e dei giovani all’amore cristiano, inteso come dono di sé agli altri e come comunione nel rispetto delle differenze;

b. La seria preparazione dei fidanzati al matrimonio, perché sia valido e fruttuoso, mediante itinerari commisurati alle diverse situazioni spirituali, culturali, sociali;

c. La formazione permanente dei coniugi, specialmente delle coppie giovani, mediante incontri periodici, inseriti progettualmente nei programmi pastorali annuali, animati da figure ministeriali idonee (per esempio coppie di sposi preparate), valorizzando piccole comunità, movimenti, associazioni.

Ciò premesso, vengo all’argomento, difficile e anch’esso importante, sul quale intendo offrire un mio contributo di riflessione in preparazione alla prossima Assemblea Sinodale: la possibilità di ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati e i conviventi.

Il mio discorso cerca di attenersi ai due saggi e doverosi atteggiamenti, opportunamente suggeriti da Papa Francesco: parresia e umiltà, esprimere con franchezza il proprio pensiero e ascoltare gli altri con rispetto e disponibilità a lasciarsi correggere e completare. Solo così ci si arricchisce reciprocamente e si procede insieme verso la verità e il bene.

I temi principali che entreranno nella mia riflessione sono i seguenti: la coerenza e la perfettibilità della prassi pastorale autorizzata finora; la varietà delle proposte di cambiamento e le obiezioni contro di esse; l’incapacità della cosiddetta legge di gradualità a suggerire criteri generali per l’ammissione dei divorziati risposati e dei conviventi all’Eucaristia; il punto fermo dell’indissolubilità del matrimonio cristiano; l’oblatività dell’amore in relazione alla validità del matrimonio; l’autenticità evangelica per la fecondità missionaria. Mi permetto di richiamare l’attenzione specialmente sui numeri 4, 5, 6, 9.

 

2. La posizione dottrinale e disciplinare finora vigente

Il matrimonio sacramentale, rato e consumato, è indissolubile per volontà di Cristo. La divisione dei coniugi è contro la sua volontà. La nuova unione di un coniuge separato è illegittima e costituisce un perdurante disordine moralmente grave; crea una situazione che contraddice oggettivamente l’alleanza nunziale di Cristo con la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. Perciò i divorziati risposati non possono essere ammessi alla comunione eucaristica, innanzitutto per un motivo teologico e poi per un motivo di ordine pastorale. «La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio» (san Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 84).

L’esclusione dalla comunione eucaristica permane per tutto il tempo che dura la convivenza coniugale illegittima. «Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1650).
Questa esclusione non discrimina i divorziati risposati rispetto ad altre situazioni di grave disordine oggettivo e di scandalo pubblico.
Chi ha l’abitudine di bestemmiare deve impegnarsi seriamente a correggersi; chi ha commesso un furto deve restituire; chi ha danneggiato il prossimo materialmente o moralmente, deve riparare. Senza impegno concreto di conversione, non ci sono assoluzione sacramentale e ammissione all’Eucaristia. Non devono essere ammessi tutti coloro che «perseverano con ostinazione in un peccato grave manifesto» (CIC, 915). Non sembra possibile fare un’eccezione per i divorziati risposati che non si impegnano a cambiare forma di vita o separandosi o rinunciando ai rapporti sessuali.

Esclusione dalla comunione eucaristica non significa esclusione dalla Chiesa, ma solo comunione incompleta con essa. I divorziati risposati rimangono membri della Chiesa; possono e devono partecipare alla sua vita e alle sue attività. D’altra parte gli altri credenti e soprattutto i pastori devono accoglierli con amore, rispetto e sollecitudine, coinvolgendoli nella vita ecclesiale, incoraggiandoli a compiere il bene con generosità e ad avere fiducia nella misericordia di Dio. «Aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio.
La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza… Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore e in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità» (san Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio,84).

La posizione dottrinale e pastorale della Familiaris Consortio è stata confermata dalla Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, a 26 anni di distanza, senza variazioni di rilievo (n. 29). Qualche indicazione aggiuntiva si trova invece in un altro testo di san Giovanni Paolo II, Reconciliatio et poenitentia, di poco posteriore alla medesima Familiaris Consortio, alla quale fa un esplicito riferimento. Il Papa parla dei cristiani che si vengono a trovare in situazioni «particolarmente delicate e quasi inestricabili», ponendo tra di essi i divorziati risposati e quanti «convivono irregolarmente». Nei loro confronti bisogna attenersi a due principi complementari, «il principio della compassione e della misericordia» e «il principio della verità e della coerenza». Alla luce di essi si può camminare verso «una piena riconciliazione nell’ora che solo la Provvidenza conosce». «Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però quelle dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste» (san Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Poenitentia, 34).

Chi dunque si impegna seriamente in un cammino di vita cristiana riceverà prima o poi la grazia della piena conversione e riconciliazione in modo da poter ricevere i sacramenti o almeno la grazia di raggiungere la salvezza eterna al termine della vita terrena. In questa prospettiva si armonizzano la ferma fiducia nella misericordia e il rispetto della verità.

Secondo il medesimo documento, il cammino che prepara la piena riconciliazione comprende anche «la ripetizione frequente di atti di fede, di speranza, di carità, di dolore il più possibile perfetti» (Ivi). Sono atti intimi che solo Dio può vedere e giudicare. Forse non giungono a quella perfezione che occorre per ottenere la giustificazione del peccatore, ma servono almeno a prepararla. Qualcosa di analogo si deve dire riguardo alla cosiddetta comunione spirituale. Con questo nome si indica innanzitutto la partecipazione alla vita divina che è frutto della comunione sacramentale eucaristica. Ma tale significato non rientra nel nostro argomento, perché stiamo considerando ciò che avviene nei casi in cui manca il sacramento. Allora si chiama comunione spirituale il desiderio di ricevere l’Eucaristia o da parte di un giusto che non può riceverla per una circostanza accidentale o da parte di un peccatore che si trova impedito da una situazione di vita incompatibile con essa. Il primo mediante il desiderio riceve un aumento di grazia santificante; il secondo riceve un aiuto che lo prepara alla piena conversione e alla giustificazione. In ambedue i casi il desiderio dell’Eucaristia è buono e idoneo per intensificare il rapporto con il Signore.

La posizione pastorale finora vigente che ho presentato si riferisce soprattutto ai divorziati risposati; ma la Familiaris Consortio dà indicazioni analoghe anche riguardo ai conviventi senza alcun vincolo istituzionale (FC 81) e ai cattolici sposati solo civilmente (FC 82). Sebbene la loro situazione eticamente disordinata sia per certi aspetti più grave, il trattamento riservato a essi è praticamente lo stesso: non ammissione ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, accoglienza nella vita ecclesiale, vicinanza rispettosa e personalizzata per conoscere concretamente le singole persone, orientarle e accompagnarle verso una possibile regolarizzazione.


[Modificato da Caterina63 16/06/2015 13:54]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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