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CRISI DEL SACERDOZIO? Cerchiamo di capire le ragioni (3)

Ultimo Aggiornamento: 03/06/2017 14:45
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12/10/2015 00:23
 
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EDITORIALE
Il prete omossessuale è un problema per la Chiesa
 

Ho ricevuto diverse mail di commento al mio articolo “Quelli che: "l'omosessualità di un prete non è un problema”, qualcuno educata, qualcuna un po' meno. Suppergiù, le osservazioni di queste mail sono le seguenti: bisogna distinguere tra atti omosessuali e omosessualità; i primi sono peccato, la seconda no.... (sic) 

di Roberto Marchesini

Ho ricevuto diverse mail di commento al mio articolo “Quelli che: "l'omosessualità di un prete non è un problema” (clicca qui), qualcuno educata, qualcuna un po' meno. Suppergiù, le osservazioni di queste mail sono le seguenti: bisogna distinguere tra atti omosessuali e omosessualità; i primi sono peccato, la seconda no; quindi l'omosessualità di un prete non è un problema. È verissimo: il Magistero distingue tra atti omosessuali e tendenza omosessuale; i primi sono in peccato, la seconda no. Ma non finisce qui.

Nel 1986 la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall'allora cardinale Ratzinger, ha pubblicato una Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (clicca qui). Una lettera che il santo padre Giovanni Paolo II ha voluto onorare della sua firma, cosa insolita se non eccezionale. In questa lettera leggiamo: «[...] furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona. Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata»(§ 3).

Questo giudizio sull'orientamento omosessuale è confluita anche nel catechismo della Chiesa Cattolica (clicca qui), che al § 2358 definisce l'omosessualità come una inclinazione «oggettivamente disordinata». Riassumiamo quindi fino a qui: bisogna distinguere tra atti omosessuali e omosessualità; i primi sono peccato, la seconda no; pur non essendo un peccato, l'omosessualità non è né indifferente né buona, bensì oggettivamente disordinata. Veniamo dunque all'ultima affermazione: l'omosessualità di un prete non è un problema. 
Nel 2005 la Congregazione per l'Istruzione Cattolica ha promulgato una Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri (clicca qui) nella quale, al § 2, leggiamo: «Alla luce di tale insegnamento, questo Dicastero, d'intesa con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ritiene necessario affermare chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».

La stessa cosa è ribadita della stessa Congregazione in un documento del 2008 intitolato Orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio (clicca qui). In questo documento leggiamo: «Il cammino formativo dovrà essere interrotto nel caso in cui il candidato, nonostante il suo impegno, il sostegno dello psicologo o la psicoterapia, continuasse a manifestare incapacità ad affrontare realisticamente, sia pure con la gradualità di ogni crescita umana, le proprie gravi immaturità (forti dipendenze affettive, notevole mancanza di libertà nelle relazioni, eccessiva rigidità di carattere, mancanza di lealtà, identità sessuale incerta, tendenze omosessuali fortemente radicate, ecc.)» (§ 10). Dunque, almeno per la dottrina cattolica, l'omosessualità di un prete è un problema.

   



EDITORIALE
Vescovi
 

Siamo diventati bacchettoni con preti e vescovi sul come amministrano i soldi, ma poi li perdoniamo e li incoraggiamo se dicono eresie o se cercano di deviare dalla dottrina facendoci cadere tutti nel baratro. E il vero problema è che oggi non si parla più del Paradiso.

di Andrea Zambrano

Spendete quel che vi pare. Ma portatemi in Paradiso. Avari e faraoni? I preti e i vescovi che ho conosciuto io sono spesso degli spendaccioni che il più delle volte agiscono d'impulso riempiendo le canoniche di cianfrusaglie. Per il solo gusto di non dire di no o di apparire avari, di far sembrare che mancano di qualche attenzione alle loro comunità. Io li conosco questi preti.

Sono stati i preti della mia infanzia, i miei padri nella fede. Avevano sempre la stessa giacca, un po' sciattina, sgualcita e vivevano senza perpetua in stanze fumose mischiate all'odore del ragù abbrustolito. Però quando avevi bisogno aprivano il portafoglio: con una generosità commovente e a volte stupida: fosse per un venditore di fazzoletti magrebino capitato alla porta o per un piazzatore di enciclopedie agiografiche o ammenicoli da sagrestia.

E quando andavi da loro io me la ricordo quella generosità. Se ci fossero oggi e arrivasse un censore dei conti o se qualcuno facesse trapelare da fuori quelle spese, sarebbero messi alla pubblica gogna. Il fatto è che tutti questi preti che io ho conosciuto e che non sono negli elenchi di proscrizione nella nuova caccia di faraoni annidatisi nelle sacre stanze, questi preti di barbe incolte e portafoglio gonfio, ma sempre aperto sapevano parlare della vita eterna e trattavano il denaro con distacco perché consapevoli che non se lo sarebbero portati nell'aldilà.

Ora al prete sono richieste competenze manageriali e se sgarra di qualche euro il bilancio viene trattato come un malfattore. Per di più se viaggia in business. Che se poi il cardinale Pell viaggia in business al limite fa anche bene: ha il fisico di un giocatore di rugby, ce lo vedete stringersi per un'ora di volo nei seggiolini scatoletta di un volo Ryanair? Ma per favore. Siamo diventati bacchettoni con i vescovi che amministrano beni, ma li perdoniamo e li incoraggiamo se dicono eresie o se cercano di deviare dalla retta dottrina facendoci cadere tutti nel baratro. A che giova al vescovo guadagnare il mondo intero, e qualche punto di pil domestico, se poi perde se stesso?

Ché io i soldi glieli lascerei sperperare anche tutti se avessero a cuore solo ed esclusivamente la mia fede. I miei preti erano così, non erano avari ma nemmeno esempi di maniacale razionalizzazione applicata alla pastorale perché sapevano che oltre al portafoglio c'era una vita eterna da conquistare. E a quella si dedicavano. Una volta, prima che il meccanismo dell'8 per mille li rendesse dei funzionari del sacro, i parroci erano acuti amministratori di ingenti fortune parrocchiali costruite con la generosità dei fedeli, ma anche con uno spirito imprenditoriale sano.

Avevano un fondo? Lo davano a lavorare a 3, 4 a volte anche 5 mezzadri. Lo facevano fruttare per sfamare bocche e per promuovere pastorale: campi da calcio, scuole, opere parrocchiali. Tutto era incentrato a far fruttare quel microcosmo che le parrocchie erano.

Infatti non è un caso che quando sul finire della Seconda guerra mondiale i comunisti iniziarono la loro opera di indottrinamento nelle campagne e nei paesi, partirono proprio dall'illudere i contadini che con la vittoria dei Comunisti, i preti latifondisti se ne sarebbero andati via e «diventerete tutti padroni».

Loro intanto continuavano a predicare Gesù, la vita eterna, contro il peccato, tutto il peccato, mica salvaguardando il peccato più alla moda, fedeli e obbedienti alla loro vocazione.

Oggi della vita eterna non se ne parla più e il rischio del clero è quello di mischiarsi con il secolare quel tanto che basta per stravolgere la sua natura. Il caso “Vatileaks due” nasce da questa pretesa da stato di polizia mediatica di cui il clero è succube: «Consegnate i vostri iban e vediamo come gestite il malloppo, che qualche cosa di sconveniente lo troveremo».

Reati finanziari? Macché, sembra che in Vaticano non ce ne sia traccia. Eppure basta una spending review fatta alla “viva il parroco” per farli finire sulla graticola. Io sulla graticola vi metterei perché non mi parlate più del Paradiso, non perché occupate appartamenti nobili, i quali tra l'altro ve li siete trovati non perché volevate vivere da boss, con le maniglie d'oro, ma perché in questi secoli la bella arte a Palazzo era un rimando all'eterno che ci aspetta. E siccome il Palazzo Apostolico era il cuore di questo rimando all'eterno doveva essere bello. Perché ciò che è bello è anche buono, dicevano i greci.

Se avete le mani bucate saranno affari vostri e del vostro titolare. Io da voi vorrei commuovermi mentre celebrate messa, vorrei sentirvi parlare della mia poca fede. Non di come utilizzate ingenti risorse per sistemare o accomodare questo o quello. Sono miserie che ci sono sempre state e sempre ci saranno perché l'avarizia, come la generosità, sono vicende umane, troppo umane. Noi vorremmo vedervi attaccati a quel divino che invece in questo nuovo corso molti di voi hanno dimenticato. Spendete quanto volete, ma rivoglio quella tensione verso l'infinito che avete perso abbandonandovi così facilmente tra le braccia del mondo, che adesso, perfido, vi sta presentando il conto: con tanto di ricevuta fiscale e arretrati a bilancio.

 

 


LE MONETE DEL VANGELO
La Chiesa scossa da Vatileaks
 

Quante volte il Vangelo parla di soldi? Negli ultimi giorni è andato a raffica, nelle letture delle messe quotidiane segnate nella programmazione liturgica. Troppo stretta la coincidenza con le notizie sventagliate in Tv e in tutti i media per denunciare i soldi usati o sprecati da prelati o da istituzioni vaticane.

di Angelo Busetto


Quante volte il Vangelo parla di soldi? Negli ultimi giorni è andato a raffica. Nei Vangeli delle Messe quotidiane segnate nella programmazione liturgica, Mercoledì scorso Gesù raccontava di un tale che progetta di costruire una torre, e siede prima a calcolare se ha i mezzi per portarla a compimento. Giovedì è stata la volta della donna che perde una delle sue dieci monete ed è tutta contenta quando la ritrova, fino a chiamare le amiche; Gesù non dice se avrà speso la moneta per far festa con loro, ma a noi sta bene. 

Poi, venerdì Gesù ha messo a disagio tutti i commentatori con lastoria dell'amministratore disonesto, lodato dal padrone perché aveva agito con scaltrezza. Non è finita. Ieri Gesù ha parlato di chi non sa maneggiare bene nemmeno la ricchezza disonesta; come gli si potrà affidare quella vera? E nel Vanagelo di oggi ecco i farisei che fan bella figura gettando grosse monete nel tesoro del tempio e la vedova elogiata perché, gettando due monetine, vi ha messo tutto quanto aveva per vivere.

Tutti questi soldi citati nel Vangelo ci rimbalzano nel cuore. Troppo stretta la coincidenza con tuttequelle notizie sventagliate in Tv e in tutti i media per denunciare i soldi usati o sprecati da prelati o da istituzioni vaticane. Troppo stringente e puntuale il richiamo di papa Francesco in questi giorni, e non solo, sull'uso del denaro. Gesù avrà fatto una soffiata al Papa, dicendogli che non c’era da aver paura: paginate di Vangelo l’avrebbero accompagnato con perfetto tempismo. Gli avrà anche sussurrato il fatto della borsa di Giuda, o l'episodio dei mercanti scacciati dal tempio, o del tributo pagato lealmente allo Stato. Ma non si sarà dimenticato di ricordargli la donna che ha sprecato un sacco di soldi per comperare una quantità esagerata di profumo da versargli sui piedi. E poi ancora i profumi preziosi del mattino di Pasqua. 

Gli avrà ricordato il daziere Matteo, che papa Francesco tante volte ha visto nel dipinto di Caravaggio, con il bancone pieno di soldi abbandonato subito alla chiamata del Signore, o le tasche di Zaccheo, piene di denaro sporco prontamente restituito alle persone alle quali era stato sottratto e ai poveri. Gesù sapeva e sa ancora bene come andava il mondo e come va adesso. Avessimo sotto gli occhi il suo volto, vedremmo che consola il Papa con un sottile sorriso ironico, ricordandogli di essere stato venduto per trenta denari e la musica forse non è molto cambiata.

Eppure... Eppure questa Chiesa va ancora. Questa Chiesa - abitata da peccatori - è stata ed èluogo di salvezza, casa di bellezza, albergo di carità, madre di santi; ospedale da campo per gli uomini e le donne di tutti i continenti, e tra i feriti non mancano certo i cristiani. Il Vangelo è pieno di ironia e ci ricorda ogni giorno che Dio ha scelto pescatori e peccatori, anime candide e prostitute, delinquenti e  innocenti: per parlare di Lui, costruire chiese e cattedrali, ospedali e scuole, soccorrere poveri e malati, vecchi e bambini, testimoniare una misericordia che attraversa mari e monti in cerca della pecora perduta.

Convertendosi a Gesù e amandolo con tutto il cuore, uomini e donne hanno donato i soldi e tutta lavita, con un'energia che non si spegne e un'inventiva che si rinnova ad ogni tornante della storia. Volete voi che qualche intrigo del Vaticano o dell'intera Chiesa e qualche scandalo di prelati o amministratori - ben miscelato nella salsa di giornalisti e imbonitori - fermino l'opera di Dio che ha posto la sua tenda accanto alle case degli uomini e continua ad abitarvi?

 










[Modificato da Caterina63 09/11/2015 11:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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