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Dal Giappone un libro su Papa Benedetto XVI di grande rilievo mondiale

Ultimo Aggiornamento: 08/08/2015 14:43
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Benedetto XVI come nessuno l'ha mai visto prima. Dal Giappone

Nel paese del Sol Levante, un grande libro con un'interpretazione nuova di Ratzinger teologo e papa. Scritto da uno specialista di storia e cultura tedesche. E titolato in latino: "Renovatio Europae Christianae" 

di Sandro Magister




ROMA, 6 agosto 2015 – Dopo oltre due anni di regno di Francesco, il papa forse più universalmente osannato della storia, nel lontano Giappone è uscito un importante libro che fa il ritratto non di lui ma – a sorpresa – del suo umile e maltrattato predecessore.

È lontano, il Giappone, per storia e per cultura, proprio da quell'Europa, e ancor più da quell'Europa cristiana, che l'autore del libro individua come la chiave di comprensione del pontificato di Benedetto XVI. Proclamandolo fin dal titolo anche in latino: "Renovatio Europae Christianae".

Eppure, proprio questa lontananza del punto d'osservazione è ciò che rende il libro originale. Benedetto XVI il volume l'ha ricevuto in dono, ne ha letta l'ampia sintesi preparatagli in tedesco dall'autore e l'ha trovato lui stesso "sorprendente" e nuovo. Perché ideato e scritto "né dall'interno della comunità di fede e nemmeno dalla prospettiva dei miei avversari, bensì da un terzo luogo, dall'esterno".

Questo è ciò che l'autore ha letto nel biglietto autografo di ringraziamento che il papa emerito gli ha fatto pervenire tramite la nunziatura di Tokyo.

L'autore si chiama Hajime Konno. Ha 42 anni, è agnostico, pur discendendo da una famiglia di fede cristiana ortodossa. Tra il 1998 e il 2002 ha studiato storia e cultura germaniche a Berlino, alla Humboldt Universität, e già allora si interessò al "Kulturkampf" che in Germania divideva la stessa Chiesa cattolica, sulla questione dei consultori per l'aborto. Dal 2006 insegna germanistica all'Università della Prefettura di Aichi, importante città sulla direttrice tra Tokyo e Osaka. Sul finire del pontificato di Joseph Ratzinger è tornato in Germania, a Monaco, a studiare dal vivo il cattolicesimo della Baviera, con i pellegrinaggi a piedi al santuario mariano di Altötting e con le processioni del Corpus Domini. È autore di numerosi saggi, tra i quali un libro su Max Weber tradotto anche in tedesco. Ma la sua opera maggiore è ora questo libro, che in quasi 500 pagine offre per la prima volta al pubblico giapponese un ritratto ragionato di Ratzinger teologo e papa, sullo sfondo della storia d'Europa:

Hajime Konno, "Kyoko Benedikutusu Jurokusei. Kirisutokyoteki Yoroppa no Gyakushu [Benedictus PP. XVI. Renovatio Europae Christianae]", Tokyo, University of Tokyo Press, 2015.

Anche per i non giapponesi il libro è di grande interesse. L'autore ne ha scritto un'ampia sintesi in tedesco, che si può leggere in queste due pagine web sia in lingua originale che in traduzione italiana:

> "Renovatio Europae Christianae". Papst Benedikt XVI in der europäischen Geschichte

> "Renovatio Europae Christianae". Papa Benedetto XVI nella storia europea

Più sotto è riprodotta la parte finale della sintesi, in cui fa spicco l'affermazione:

"Benedetto XVI è stato soprattutto il papa del 'logos'. Con la forza delle sue parole, la sua arma più potente, ha combattuto per l'Europa cristiana".

Ma ancor più interessante è il secondo capitolo della sintesi e del libro. Lì Konno mette a fuoco la pretesa universalistica dell'Occidente contemporaneo, che vuole imporre a tutto il mondo i propri valori, escludendo le culture non occidentali, specie asiatiche.

Derivano da ciò – fa notare Konno – dei conflitti culturali non solo dentro l'Occidente tra progressisti e conservatori, ma anche dentro l'Oriente, come ad esempio in Giappone tra universalisti e nazionalisti.

E la Chiesa cattolica? Konno risponde che il cristianesimo è stato sì, in Occidente, la fonte dei valori moderni, ma è oggi a sua volta in conflitto proprio con gli esiti e le imposizioni anticristiane di questa modernità. Per cui la Chiesa cattolica è come un "Oriente" nell'Occidente. E Ratzinger, prima come teologo e infine come papa, è stato grandissimo, lucido protagonista di questo incontro/scontro planetario tra Chiesa e modernità.

Ecco qui di seguito l'indice del volume:

PREFAZIONE - "Lo scontro delle civiltà" rivisitato vent'anni dopo

I - LA RISCOPERTA DELL'"EUROPA CRISTIANA"

1. Cooperazione di Chiesa e Stato in Germania
2. Un tedesco conservatore come papa

II - "L'ORIENTE IN EUROPA"

1. La formazione della Chiesa cattolica romana
2. Il cammino verso l'antimodernismo
3. L'età delle guerre mondiali e della mobilitazione delle masse

III - SEMINARISTA NELLA GERMANIA DI HITLER, 1927-1945

1. La nascita nell'Alta Baviera
2. Padre Georg Ratzinger
3. La Baviera e il nazionalsocialismo

IV - SUPERVISORE AL CONCILIO, 1945-1966

1. La Germania nel 1945. "Adattamento" o "distruzione"?
2. "Prodigio della teologia". Ordinazione e ricerca teologica
3. Papa Giovanni XXIII e il concilio Vaticano II
4. L'azione in concilio come teologo

V - PROFESSORE CONTRO L'ONDATA, 1966-1977

1. La Germania negli anni Sessanta. La "distruzione" soverchia l'"adattamento"
2. Professore all'università di Tubinga
3. 1968. Punto di svolta della Germania del dopoguerra
4. Scetticismo verso la "dittatura del tempo"

VI - CAPO SPIRITUALE DELLA BAVIERA, 1977-1982

1. Arcivescovo di Monaco e Frisinga
2. Dichiarazioni durante gli anni bavaresi
3. Commiato dalla madrepatria

VII - CARDINALE DI FERRO IN VATICANO, 1982-2005

1. Prefetto della congregazione per la dottrina della fede
2. L'intervista con Vittorio Messori
3. 1990. La fine della guerra fredda e l'inizio della globalizzazione
4. Colloqui con Peter Seewald
5. Strategia a due facce per l'"Europa cristiana"

VIII - SUCCESSORE DI SAN PIETRO, 2005-2013

1. "Habemus papam"
2. Papato del "logos" e cauta apertura
3. Fede e ragione
4. Morale sessuale
5. Gerarchia e liturgia
6. Risposte allo "scontro delle civiltà"
7. Tra "bavarese" e "tedesco"
8. Papa emerito

IX - IL NONCONFORMISTA DELLA SANTA SEDE

POSTFAZIONE - Dalla cattedrale di San Nicola di Tokyo ad Altötting in Baviera. Il mio viaggio nel cattolicesimo bavarese

*

Ecco dunque qui di seguito la parte finale della sintesi del libro scritta dal suo stesso autore, con omesse le note e i rimandi bibliografici, che invece abbondano nel testo integrale.

Tra i testimoni citati nel volume c'è anche un giapponese, Yasuaki Satono, già allievo di Ratzinger teologo e tuttora membro dello "Schülerkreis", il circolo dei suoi ex allievi che si riunisce periodicamente a Roma.

Yasuaki Satono ha pubblicato in Giappone tre saggi sul suo maestro, che hanno per titolo:

- "Gli insegnamenti del professor Ratzinger e i miei ricordi di lui";
- "Il nuovo papa. Il mio cammino di fede";
- "Benedetto XVI. Osservazioni sull’islam".

__________





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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"Renovatio Europae Christianae". Papa Benedetto XVI nella storia europea

L'autore è docente di studi germanici all'Università della Prefettura di Aichi, Giappone. Traduzione dall'originale tedesco di Simona Storioni


di Hajime Konno





Il presente saggio si basa sulla biografia di Joseph Ratzinger che ho pubblicato in giapponese: Hajime Konno, "Kyoko Benedikutusu Jurokusei. 'Kirisutokyoteki Yoroppa' no Gyakushu [Benedictus PP. XVI. Renovatio Europae Christianae]", Tokyo, University of Tokyo Press, 2015.

Ringrazio di cuore il professor dott. Horst Möller, all’epoca direttore dell’Istituto di storia contemporanea, come anche il signor Bernd Wilken e sua moglie Antonie per il sostegno che mi hanno dato durante il mio soggiorno di ricerca a Monaco nel 2012-13. Ringrazio inoltre il signor Reinhard Markner di Berlino per le correzioni linguistiche e per le utili informazioni.

__________



1. La posizione del problema



Le elezioni del papa nel 2005 furono vinte da un candidato tutt’altro che indiscusso: Joseph Aloisius Ratzinger, nato nel 1927. Quanti da anni lo criticavano all’inizio rimasero a corto di parole, poi presero d'assalto gli archivi bavaresi per trovare materiale incriminante del passato di Benedetto XVI, senza però riuscirci. Nell'opinione pubblica tedesca, e soprattutto in Baviera, l’elezione suscitò però anche entusiasmo. Molti scritti del nuovo papa furono ripubblicati e a Ratisbona l’Istituto Papa Benedetto XVI, appena fondato, cominciò a pubblicare i suoi "opera omnia". Le personalità politiche, scientifiche e religiose tedesche si espressero con ammirazione sul primo papa tedesco eletto dopo secoli. Nell’Alta Baviera fu perfino realizzata una “via di Benedetto”. Ciascuno dei suoi tre viaggi apostolici in Germania e parecchie delle sue affermazioni suscitarono molte discussioni. Per otto anni, il mondo intero osservò ogni passo e ogni mossa di quest’uomo, fino a quando, improvvisamente, nel febbraio 2013 annunciò le sue dimissioni, primo papa in assoluto a farlo.

La presente analisi vuole essere un tentativo di descrivere la sua vita e definire il suo ruolo storico. Chi è Joseph Ratzinger? E qual è il suo pensiero? Da dove veniva e dove voleva guidare la Chiesa cattolica? Perché ha attirato su di sé tanta avversione pubblica? Che cosa resterà di lui?

Mentre i tedeschi vivevano la guerra fredda e la rivolta studentesca, Joseph Ratzinger diventava uno tra i teologi più in vista della Chiesa cattolica. Pur essendo sacerdote sin dal 1951, fu attivo più nell'ambito scientifico che in quello pastorale. Giovane ordinario a Bonn, durante il concilio Vaticano II si segnalò come teologo progressista e dischiuse al pubblico tedesco scorci del futuro di una Chiesa rinnovata. Negli anni Sessanta, però, avvenne un cambiamento percettibile; l'atteggiamento di Ratzinger verso la Chiesa e la situazione del tempo si fece più pessimistico e lui stesso fu sempre più percepito come esponente di una teologia conservatrice. Pur avendo un contegno piuttosto riservato, il suo modo tagliente di esprimersi poteva mettere soggezione. La sua materia era la dogmatica cattolica, ma scrisse molto anche sulla liturgia, l’arte sacra e la pietà popolare. Cercava palesemente di comprendere la Parola di Dio a prescindere dallo spirito dei tempi e di giudicare la situazione del tempo sulla base della fede. Fino all'aprile del 2005 pubblicò circa 135 libri e 1375 saggi, senza contare i libri da lui curati, guadagnandosi l'epiteto di “bambino prodigio della teologia” (1). Di avversari ne aveva tanti, e le risposte che dava loro suscitavano altre antipatie nei suoi confronti. I media in parte lo criticavano, cosa che però non rallentò la sua ascesa nella gerarchia della Chiesa cattolica. Dopo aver servito per quattro anni come arcivescovo di Monaco e Frisinga, fu chiamato a Roma da papa Giovanni Paolo II, che lo nominò prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Questa nomina fece sì che Ratzinger venisse rappresentato come il “grande inquisitore”. Gli universalisti, che vogliono vincolare il mondo intero ai valori politici moderni (libertà individuale, democrazia, uguaglianza delle persone, e così via), considerano piuttosto problematico il fatto che la Chiesa cattolica romana si sia in parte opposta alle correnti dell’epoca moderna. Accolsero dunque con favore il concilio Vaticano II come progetto di riforma della Chiesa. In seguito, l’universalismo trovò sempre più sostenitori anche all’interno della Chiesa cattolica. Il cardinale Joseph Ratzinger, come prefetto della congregazione per la dottrina della fede, era da loro considerato un grosso ostacolo sul cammino verso la modernizzazione della Chiesa. Questo modo di vedere, propagato in modo determinante dal suo opponente di Tubinga Hans Küng, ha caratterizzato l’immagine di Ratzinger nei mass media, come per esempio in “Der Spiegel”. Küng sosteneva che il suo collega Ratzinger, che durante il concilio era ancora uno dei progressisti più in vista, a causa dello choc procuratogli dal movimento studentesco a Tubinga aveva irrigidito la sua posizione teologica e, ambendo a una carriera ecclesiastica, ora reggeva lo strascico del papa conservatore venuto dalla Polonia (2). Hermann Häring (collaboratore di Küng), John Allen (giornalista cattolico americano) e Christian Feldmann (allievo di Ratzinger a Ratisbona) condividevano questo punto di vista. Alan Posener ha addirittura definito il suo pontificato una crociata contro la modernità (3)

Ratzinger è stato però percepito e rappresentato anche in maniera del tutto diversa, ovvero come teologo timido e sempre aperto al dibattito. Amici, studenti, collaboratori e biografi di Ratzinger si sono opposti alla campagna di Küng, sottolineando che la sua rettitudine e il suo atteggiamento aperto nel corso del tempo non erano cambiati. “Papa Bemedetto XVI, nella sua bontà, veracità e umanità è una roccia in mezzo al mare che, con la sua teologia del cuore, dà sostegno e orientamento a molte persone (Alfred Läpple) (4). “È un’autorità, ma non è autoritario” (cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone) (5). Il giornalista italiano Gianni Valente negò che in Ratzinger vi fosse stato un cambiamento, proprio come il suo collega tedesco Peter Seewald, il quale spiegò che non era cambiato Ratzinger, bensì il mondo intorno a lui. Yasuaki Satono, uno studente giapponese di Ratzinger, affermò addirittura che egli aveva tutt'al più criticato la “teologia della liberazione” e l’islam (6).

Infine, la terza immagine di Ratzinger è quella di un liberatore della Germania e dell’Europa da tendenze masochiste, autodistruttive. Secondo questa interpretazione socio-psicologica, nel mondo moderno i cattolici, specialmente in Germania, sono esposti a pregiudizi negativi e per questo provano un senso di inferiorità. Dinanzi all’emergere del multiculturalismo, gli europei addirittura non possono nemmeno più fare riferimento al fatto storico che la loro cultura poggia su fondamenta cristiane. L’elezione di Ratzinger, invece, ha rafforzato tutti i cattolici, in particolare i tedeschi, e li ha incoraggiati a mostrare pubblicamente la loro identità. Il giornalista tedesco Martin Lohman ha definito una “svolta benedettina” la rinascita dell’identità europeo-cristiana che si aspettava, e il suo collega Matthias Matussek riteneva che l’elezione di un tedesco come papa potesse rafforzare la sua patria, esattamente come era accaduto alla Polonia con l’elezione di Giovanni Paolo II (7).

Al di là di tutti i malintesi e le esagerazioni, queste tre immagini riportano comunque ad aspetti importanti e si completano a vicenda. Qui di seguito, s’intende osservare Ratzinger da una prospettiva originale, ovvero quella del “paradosso dell’intellettualismo”, cioè dell’effetto di stratificazione dei valori occidentali moderni.


2. La Chiesa cattolica romana come “Oriente” in Occidente


Il mondo moderno ha un ordine autoritario. A tutti i paesi, alle organizzazioni e agli individui viene chiesto di essere pienamente coerenti con i suoi valori. Di fatto, però, è difficile pensare che tutti i soggetti, che possiedono bagagli storici differenti, possano rispondere in modo identico a questa pretesa. È dunque inevitabile che si produca una gerarchia che va dai “progressisti” ai “conservatori”. Non si tratta di una dicotomia, bensì di una gradazione tra i due poli. È paradossale il fatto che i valori politici moderni, intesi come idee "emancipatrici" dagli intellettuali occidentali, portino a una nuova stratificazione delle persone a livello globale (8).

Nella politica mondiale, i valori dell’età moderna sono la fonte di potere più importante dell’Occidente, specialmente degli Stati Uniti d'America, della Gran Bretagna e della Francia, poiché è soprattutto in questi paesi che si decide quali sono, in concreto, quei valori. Dalla metà del XX secolo, gli Stati Uniti hanno, in un certo senso, il diritto all'“aggiornamento” di questi valori, mentre gli intellettuali progressisti del resto del mondo si sforzano di “installare” al più presto nel proprio paese la versione aggiornata. Gli elementi conservatori sono esposti agli attacchi continui dei progressisti e devono difendersi contro critiche unilaterali e addirittura contro aggressioni violente. Le potenze non-occidentali come il Giappone e la Cina sono percepite dall’Occidente solo come potenze economiche o militari, difficilmente come partner intellettuali. Politica e cultura, però, in fondo sono inscindibili, sicché il dominio dei valori moderni forma per l’Occidente anche la base della sua egemonia culturale. La cultura occidentale attuale, che dalla seconda metà del XX secolo è soprattutto quella statunitense, intende se stessa come cultura mondiale, e tuttavia esclude quasi completamente le culture non occidentali, perlomeno dall’ambito politico. Al massimo possono emergere in ambiti non politici, ad esempio come attrazioni turistiche.

Su questo sfondo, anche nei paesi e nelle organizzazioni stigmatizzati come conservatori è iniziata una lotta di potere tra progressisti e conservatori. I progressisti vogliono salvare le loro rispettive organizzazioni attraverso riforme, renderle più moderne. I conservatori, al contrario, ritengono che quelle riforme non risolvono la crisi dell’organizzazione, ma l’aggravano. Così, per esempio, nel Giappone moderno i due fronti – gli universalisti e i nazionalisti – si combattono sin dall’apertura del paese al mondo, nel 1854. In paesi islamici come l’Iran e la Turchia, le due parti – gli occidentalisti e gli islamisti – lottano per l’egemonia. I paesi non occidentali non sono in grado di modernizzarsi completamente, poiché di fatto modernizzazione significa occidentalizzazione. D’altro canto non sono nemmeno in grado di rifiutare del tutto la modernizzazione.

Anche la Chiesa cattolica romana è in balia delle onde dei valori moderni: è “Oriente” in Occidente, per dirla con Manuel Borutta (9). Dal punto di vista storico, il cristianesimo cattolico è stato, di fatto, una fonte di tali valori. La somiglianza degli uomini a Dio, la loro uguaglianza dinanzi a Dio, la separazione dei poteri tra le autorità religiose e laiche: sono idee di fondamentale importanza. Per di più, il cattolicesimo, o il cristianesimo in generale, nei paesi non occidentali si contrappone all’autorità locale, come per esempio il divino impero in Giappone. Di conseguenza, rispetto all’ortodossia cristiana e alle religioni non cristiane il cattolicesimo si comporta con il senso di superiorità della religione “maggiormente occidentale”. D’altro canto, il cristianesimo cattolico come religione è inscindibile da concetti trascendenti, come ad esempio l’assunzione di Maria o l’immacolata concezione. Ogni tentativo di razionalizzazione porta a problemi dogmatici. Poiché il cristianesimo è la religione dell’antica area del Mediterraneo, rimane attaccato all’immagine che si aveva a quel tempo della società e della famiglia e ai corrispondenti concetti morali. Nei duemila anni della sua esistenza, nella Chiesa hanno gradatamente preso forma numerose usanze, rituali e istituzioni, che sono irrinunciabili per la pietà popolare attuale. È dunque piuttosto inevitabile che il cristianesimo – e proprio le Chiese antiche, sia quella cattolica romana sia quella ortodossa – non possa sempre corrispondere ai dettami dei valori moderni, costantemente attualizzati. 

Dopo la riforma, e ancor più dopo la rivoluzione francese, la Chiesa cattolica romana si è vista costretta ad assumere un ruolo antimodernistico. Nel XIX secolo a volte tra la curia antimodernista e i governi progressisti degli stati europei ci sono stati scontri violenti, cosa che ha influenzato il clima del concilio Vaticano I del 1870. Nel 1962 papa Giovanni XXIII inaugurò il concilio Vaticano II per sedare i conflitti. Non è però possibile affermare che il concilio abbia portato alla Chiesa la pace con se stessa e con il mondo. C’è anche da domandarsi se papa Giovanni XXIII possedesse una strategia realistica di adeguamento alla modernità. Ad ogni modo, dinanzi all’agitazione della Chiesa, le forze anticlericali inasprirono la loro critica all’“ingorgo delle riforme”.

Anche all’interno della Chiesa cattolica, dopo il concilio entrarono in campo forze progressiste che, indipendentemente dalle decisioni realmente prese, invocavano lo “spirito” del concilio. Hans Küng, che ne era il principale esponente, ottenne grande considerazione presso l’opinione pubblica mondiale. D’altro canto, anche i conservatori estremi si fecero notare. L’arcivescovo Marcel Lefebvre e i suoi seguaci si ribellarono al corso delle riforme del concilio e nemmeno la minaccia di scomunica riuscì a distoglierli dal loro cammino. Così, già negli anni Settanta la Chiesa cattolica piombò in una crisi senza precedenti. All'epoca sembrava addirittura possibile che potesse scomparire, come accadde nel decennio seguente all'Unione Sovietica con la perestroika. A quel tempo Ratzinger era arcivescovo di Monaco e Frisinga.

La carriera teologica di Joseph Ratzinger è strettamente collegata al concilio Vaticano II. In concilio, all'inizio egli apparteneva ai progressisti. In seguito ha sempre sostenuto che le sue idee effettivamente corrispondevano alle decisioni del concilio e che non c'era stato nessun cambiamento nei dogmi tra il periodo preconciliare e quello postconciliare. Ciò è corretto nella misura in cui le decisioni conciliari rappresentano un cangiante compromesso. A seconda dell’aspetto che si vuole evidenziare, sulla loro base è possibile fondare concezioni del tutto diverse. Ratzinger fu un “apprendista stregone” nel senso di Goethe. Dovette confrontarsi con le conseguenze in parte non volute delle riforme da lui appoggiate. I suoi principi si modificarono in maniera graduale, ma non totale, e i cambiamenti non furono così drammatici come sosteneva Küng.








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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3. Un “bambino prodigio della teologia”


Joseph Aloisius Ratzinger è nato il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn. Durante la sua giovinezza la Chiesa cattolica romana era oppressa dal nazionalsocialismo e oscillava tra resistenza e adattamento. In quel tempo drammatico, Ratzinger ricevette dalla sua famiglia la fede cattolica e il patriottismo bavarese. Sotto forti pressioni imparò a impegnarsi con coerenza per preservare il mondo in cui viveva. Evidentemente imparò anche quanto sia pericoloso adeguarsi incondizionatamente allo spirito del tempo.

Dopo il crollo del regime nazionalsocialista, quando ampie cerchie vennero colte dalla nostalgia dell’“Europa cristiana”, lo studente Ratzinger visse il clima di ripartenza della nuova teologia a Frisinga, Fürstenried e Monaco. All'epoca, nella teologia orientata alle riforme di Monaco c’erano umori antiromani. Così, il professor Gottlieb Söhngen, già professore a Braunsberg, si espresse in modo critico sulla dogmatizzazione dell’assunzione di Maria da parte di Pio XII. Anche il giovane Ratzinger condivideva il tono di fondo progressista che c'era a Monaco, come testimonia Uta Ranke-Heinemann, sua compagna di studi, ammiratrice e poi avversaria (10). Con il fattivo sostegno di Söhngen – nonostante qualche dissidio – il “bambino prodigio della teologia” riuscì a laurearsi con il secondo relatore, il professor Michael Schmaus, e ad assumere poco dopo l’incarico di ordinario all’università di Bonn.

Al concilio Vaticano II Joseph Ratzinger partecipò come "peritus". Il cardinale Josef Frings, arcivescovo di Colonia e ordinario di Ratzinger, ripose in lui la sua fiducia come consulente, mentre Schmaus lo definì in modo canzonatorio il "teologo teenager" (11). Durante il concilio si batte all'inizio come teologo progressista, pur iniziando a mostrare anche qualche sua riserva. Puntò il dito contro il vicolo cieco dell'antimodernismo, l'inettitudine della curia e la pomposa cerimonia di apertura (12). Si pronunciò con spirito critico sui tradizionalisti, che nonostante le carenti conoscenze del latino rimanevano aggrappati alla liturgia antica e all'uso della lingua latina (13). Contrappose la "Chiesa dei poveri" alla "Chiesa dei principi barocchi" (14). Pose l'accento sulla "collegialità dei vescovi e del papa" (15) e considerò il concilio come l'inizio di altre riforme (16). Quanto a papa Giovanni XXIII, lo riteneva il motore della riforma della Chiesa e non mise mai in dubbio il primato pontificio (17). Avvertì che il movimento ecumenico portava a evitare la ricerca della "verità" (18), che "un certo sentimentalismo" dell'idea di "Chiesa dei poveri" portava a una sorta di "romanticismo" (19) e che il concilio applicava troppo liberamente termini politici come "democrazia" alla Chiesa (20).


4. Un professore controcorrente



Dalla fine del concilio (1965) fino alla morte del cardinale Julius Döpfner (1976), il cambiamento di Joseph Ratzinger fu lento. Non è vero che mutò in modo improvviso a causa dello choc causato dal movimento studentesco e delle sue ambizioni di carriera. Era sempre stato molto riflessivo e con il passare del tempo lo divenne ancora di più, perdendo anche la passione giovanile per le riforme. Già nelle sue lezioni di Tubinga raccolte in "Introduzione al cristianesimo" (1967), la sua distanza da Küng era chiaramente riconoscibile. La posizione di Küng era: "vox temporis vox Dei". Secondo lui, la Chiesa cattolica in realtà non aveva un contenuto solido, per cui poteva e doveva rispondere in modo flessibile alle esigenze dei tempi. Ratzinger, invece, riteneva che i dogmi cattolici dovessero basarsi sempre sulla Bibbia e sulle tradizioni cristiane. Parlando di "Hans im Glück" [cioè facendo riferimento alla fiaba dei fratelli Grimm "La fortuna di Gianni", N.d.T.], mise in guardia contro proposte di riforma prive di radici, sia che con "Hans" si riferisse di fatto a Hans Küng o meno (21).

Il movimento studentesco fu, in effetti, piuttosto spiacevole per Joseph Ratzinger. Come decano della facoltà cattolica, dovette confrontarsi con l'assalto degli studenti. Sottoscrisse il Manifesto di Marburgo del 17 aprile 1968, nel quale si affermava che gli studenti in rivolta pregiudicavano la libertà d'insegnamento e di ricerca. Tra i firmatari c'erano, accanto a Ratzinger, Peter Beyerhaus, Alfons Auer, Hans Küng e Thomas Nipperdey, ma non Jürgen Habermas, Ernst Bloch, Jürgen Moltmann, i fratelli Mommsen e Hans-Ulrich Wehler (22). Edgar Lersch, "portavoce" della facoltà teologica cattolica, inviò una lettera aperta di protesta ai docenti di teologia di Tubinga che avevano firmato, nella quale diceva che gli "ordinari" arrogantemente ignoravano la democratizzazione dell'università (23). In modo laconico Ratzinger rispose che i firmatari non si sottraevano al dialogo con gli studenti e che Lersch, con la sua polemica, aveva frainteso il contenuto del Manifesto (24). Alcune settimane dopo. Lersch organizzò una tavola rotonda sul tema "Obbligo del celibato e futuro della Chiesa", che doveva tenersi il 29 ottobre 1968 nell'aula nuova, e alla quale era stata invitata Luise Rinser, la nota femminista e socialista cattolica, presunta combattente della resistenza contro il nazionalsocialismo e amica segreta del gesuita Karl Rahner. Il decano, certamente controvoglia, autorizzò la manifestazione, facendo però allo stesso tempo chiaramente intendere di non avere intenzione di parteciparvi (25).

Nel novembre 1968 sorse un nuovo problema: il caso Halbfas. Il libro di Hubertus Halbfas "Fundamentalkatechetik" venne messo in discussione dalla curia vaticana. Sebbene all'inizio molti professori di Tubinga si fossero schierati con il loro collega di Reutlingen, Ratzinger, con la sua abilità retorica, durante la riunione di facoltà riuscì a spingerli a rinunciare a dare questo sostegno. Ciò suscitò una nuova ondata di proteste contro di lui da parte degli studenti radicali. Per disturbare le sue lezioni, le studentesse si denudarono, come spesso accadeva in quei tempi (26).

All'epoca Joseph Ratzinger e Hans Küng erano ancora uniti nell'oposizione al movimento studentesco, ma Ratzinger vedeva con disappunto la crescente combattività dell'altro nei confronti della curia. Anche se nel 1968/1969 partecipò – piuttosto malvolentieri – ad altre due iniziative di Küng (27), dopo la partenza di Ratzinger per Ratisbona le loro strade si divisero definitivamente. Da quel momento egli si comportò come avvocato della curia contro Küng.


5. Supremo pastore della Baviera


La nomina di Joseph Ratzinger ad arcivescovo di Monaco e Frisinga (1977) sottolineò il ruolo guida da lui svolto nello schieramento conservatore, sebbene non avesse ancora perso del tutto il proprio lato progressista. Il suo confronto con gli attivisti marxisti si inasprì e questi disturbarono una sua lezione nell'aula magna dell'università di Monaco (28). Come supremo pastore della Baviera mantenne contatti con gli ambienti monarchici: ai Wittelsbach assicurò che avevano un posto nel cuore della Baviera (29), e quando l'arciduca Ottone d'Asburgo-Lorena, ultimo principe ereditario austro-ungarico, si candidò alle prime elezioni europee, difese il candidato della CSU contro le accuse di razzismo lanciategli da Helmut Rothemun della SPD (30). Quando nel 2011 Ottone morì a Pöcking, vicino a Monaco, papa Benedetto XVI inviò una cordiale lettera di condoglianze (31). Seguendo l'esempio di Michael Faulhaber, rifiutò la nomina di Johann Baptist Metz, allievo di Karl Rahner, all'università di Monaco (32). Nel 1979, a Frisinga, definì la teologia di Küng come non più cattolica (33). Sebbene, da studente, all'università di Monaco, avesse condiviso lo scetticismo di Gottlieb Söhngen dinanzi all'esagerata venerazione mariana di papa Pio XII, ora volle promuovere espressamente le tradizioni bavaresi relative alla "Patrona Bavariae" (34). Ad ogni modo, a quel tempo approvava la nuova liturgia in lingua tedesca, criticava i "tradizionalisti" lefebvriani e riteneva che la comunione amministrata sulla mano non costituisse un problema (35). Mentre gli uni lo vedevano come uno spietato principe della Chiesa, gli altri lo consideravano un eccellente teologo e un bavarese di saldi principi (36).


6. Corazzato custode della fede


Gli anni in cui Ratzinger guidò la congregazione per la dottrina della fede come persona di fiducia di papa Giovanni Paolo II, lo resero palesemente più romano. Pur non potendo evitare la rottura con i lefebvriani, iniziò a esprimere pubblicamente il suo scetticismo riguardo alla nuova liturgia (37). Sebbene durante il concilio non avesse condiviso l'attaccamento dei tradizionalisti alla lingua latina, ora espresse la sua preoccupazione che il latino avrebbe potuto scomparire dalla Chiesa. Vedeva nel latino la base comune di tutti i cattolici (38). A Roma, la sua considerazione per la venerazione mariana divenne ancor più pronunciata che in Baviera (39). Come custode della fede si schierò contro tutte le forze centrifughe, come la "teologia della liberazione", l'avvicinamento senza principi alle altre confessione e religioni, e anche il femminismo (40). Poco a poco si abituò alla vita in Italia, considerando invece la Germania addirittura come il focolaio di crisi della Chiesa universale (41). Sebbene Ratzinger negli anni Sessanta avesse criticato la stagnazione romana, ora diventò lui stesso la combattiva mente principale della curia, ricevendo il soprannome "Panzerkardinal".

La fine della guerra fredda ebbe una duplice importanza per la curia. Da un lato, ci fu grande sollievo per il fatto che le dittature del terrore del marxismo-leninismo, ostili alla religione, fossero finalmente terminate. Con sguardo freddo, Ratzinger osservò la perplessità degli intellettuali che prima erano stati marxisti (42). Nel maggio 1996, in Messico, disse: "Per questa teologia della prassi politica liberatrice, la fine dei governi di ispirazione marxista dell'Europa orientale è diventata una sorta di crepuscolo degli dei: proprio lì dove è stata applicata con coerenza, l'ideologia liberatrice marxista ha portato a una radicale mancanza di libertà, i cui orrori oggi si manifestano chiaramente agli occhi dell'opinione pubblica mondiale" (43). D'altro canto, il crollo del blocco dell'Europa dell'Est scatenò una spinta irrefrenabile alla globalizzazione. La diffusione più vasta dell'"edonismo" e del neoliberalismo, la multiculturalizzazione dei paesi cristiani e l'incombente "scontro delle civiltà" (Samuel P. Huntington) recavano in sé nuovi pericoli per la Chiesa cattolica romana e i suoi insegnamenti. Su questo sfondo, il discusso documento della congregazione per la dottrina della fede "Dominus Iesus" del 2000 fu una dichiarazione di guerra alla nuova era.

Dopo le celebrazioni del millennio, la strategia su due fronti per la difesa dell'"Europa cristiana" messa in atto da Joseph Ratzinger divenne più evidente. Da un lato, dinanzi ai progressisti, i quali sono convinti della validità universale dei valori moderni, affermò che il cristianesimo era la religione della ragione, la patria dei valori moderni, e che le fondamenta cristiane continuavano a essere indispensabili per la democrazia liberale. Citava volentieri la famosa tesi di Ernst-Wolfgang Böckenford: "La società democratica vive di forze che non può produrre da sé" (44). Dall'altro, appoggiò la difesa dell'"Europa cristiana" contro la marcia trionfale della ragione. Sosteneva che la Chiesa cattolica dovesse lottare contro l'individualismo sfrenato, l'edonismo, come anche contro l'onnipotenza delle scienze naturali. In questo senso, Ratzinger voleva procedere, insieme con altre religioni e confessioni, contro le superbie della ragione.

Dopo il 2000 Joseph Ratzinger tenne tre importanti discussioni con intellettuali atei. Il 21 febbraio 2000 partecipò a Roma a una serata di dibattito con Paolo Flores d'Arcais, un socialdemocratico italiano. Facendo riferimento ad Agostino, Ratzinger si sforzò di presentare il cristianesimo il più possibile come religione della ragione, cosa che gli fece ottenere gli applausi del pubblico, mentre Flores d'Arcais non diede mostra di ricambiare questo amore (45). Il 19 gennaio 2004 Ratzinger partecipò a un circolo riservato di discussione con Jürgen Habermas all'accademia cattolica di Monaco. È vero che Habermas non riuscì ad accettare facilmente la tesi di Ratzinger sulla coincidenza del cattolicesimo con la ragione, tuttavia riconobbe la necessità di riflettere insieme con i teologi sulla moralità nella società attuale (46). Nel maggio del 2004 Ratzinger ebbe l'occasione di uno scambio di opinioni con il presidente del senato italiano, nonché filosofo neoliberale, Marcello Pera. Nel segno dello "scontro delle civiltà", Pera sottolineò espressamente l'importanza dei valori universali occidentali e le basi cristiane della cultura occidentale. Si schierò contro la critica dell'eurocentrismo e il relativismo dei valori degli intellettuali di sinistra americani. Ratzinger apprezzò la professione di cultura occidentale fatta da Pera, pur non appoggiando la "guerra contro il terrore" e non potendo condividere la proposta di Pera di creare un cristianesimo sovra-confessionale come base morale dell'Occidente (47).


7. Il papa del "logos" e una curia che cautamente si apre


Benedetto XVI è salito sulla scena della politica mondiale come un capo di Chiesa dotato di chiari principi e di forte volontà. Il nome scelto come papa, Benedetto, indicava la sua diagnosi pessimistica dei tempi, ossia il suo paragone tra la situazione di oggi e la decadenza tardo-romana ai tempi di san Benedetto (48). Già nella sua omelia alla vigilia dell'elezione al soglio, il 18 aprile 2005, aveva preso chiaramente posizione a tale riguardo (49).

L'obiettivo del papa era anzitutto la difesa e il rafforzamento delle fondamenta cristiane dell'Europa, sebbene durante il suo pontificato la curia si sia occupata in modo intenso anche di rapporti con paesi non europei, come per esempio le repubbliche socialiste della Cina e del Vietnam. Benedetto non intendeva assoggettarsi alla moda e limitarsi a governare con diligenza. Voleva decidere che cosa andava cambiato e che cosa no, sempre a partire dalla posizione della Chiesa e indipendentemente dallo spirito dei tempi. Non si era affatto votato del tutto all'antimodernismo. Semplicemente intendeva preservare gli elementi che riteneva necessari per la Chiesa, a prescindere dal fatto che fossero moderni o premoderni. Ha eliminato la tiara papale dallo stemma pontificio, ha rinunciato al titolo di "patriarca d'Occidente", si è confrontato con passione con i problemi ambientali.

Soprattutto è stato, di fatto, il papa del "logos": con la forza delle sue parole, la sua arma più potente, ha combattuto per l'Europa cristiana. Ha aperto la Chiesa ai mezzi di comunicazione più recenti, compresi YouTube e Twitter, ha riabilitato il latino e la messa tridentina, ha teso la mano alla Fraternità San Pio X, ha consolidato la liturgia come attualizzazione solenne [dei misteri], ha messo l'eucaristia al centro della vita cristiana, ha incoraggiato l'amministrazione della comunione in bocca (50) e non ha avuto paura, nemmeno dopo il tanto criticato discorso di Ratisbona, di mettere a tema la violenza degli islamisti radicali (51).

Quali interlocutori nel movimento ecumenico, papa Benedetto XVI ha scelto con cura Chiese come quella ortodossa e quella anglicana, intessendo buoni contatti con entrambe, pur invitando i dissidenti conservatori anglicani a unirsi alla Chiesa cattolica (52). Culmine dell'amicizia tra cattolici e ortodossi è stato l'incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli (53). Benedetto XVI si è inoltre recato in visita in Gran Bretagna, incontrando sia la regina Elisabetta II che l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e beatificando, a Glasgow, il cardinale John Henry Newman. Non fu possibile organizzare un viaggio in Russia, tuttavia Benedetto era in buoni rapporti anche con il patriarca di Mosca, Cirillo I, sin da quando questi era metropolita di Smolensk e Kaliningrad. Sebbene al tempo del concilio Ratzinger si fosse impegnato per una valutazione positiva del protestantesimo (54), papa Benedetto XVI ha mantenuto le distanze con le "comunità ecclesiali" della riforma (55).

I progressisti interni ed esterni alla Chiesa cattolica non hanno riconosciuto al papa la facoltà di agire autonomamente al di là dello spirito del tempo. A questi ambienti, un pontefice che aveva come motto "cooperatores veritatis" appariva come un principe della Chiesa arrogante, insopportabile. Hanno cercato con ogni mezzo di produrre un'immagine negativa del papa e hanno esultato per la sua inaspettata rinuncia. Tra i mezzi impiegati, un ruolo importante l'ha avuto l'antigermanismo. Il metodo di stigmatizzare Ratzinger come tedesco, sebbene egli abbia evidenziato solo raramente la sua identità germanica, assomiglia a quello usato dall'antisemitismo quando persino agli ebrei convertiti si continua a lanciare l'accusa di continuare ad essere ebrei.

In Germania, sua terra natale, papa Benedetto XVI è sempre stato discusso. Da un lato la sua elezione è stata una sorta di colpo liberatorio. Il fatto che un tedesco fosse stato eletto papa e quindi, per così dire, somma autorità spirituale dell'Occidente, era di per sé sensazionale. I tabloid inglesi come "The Sun" non riuscirono a fare a meno di comporre titoli canzonatori ("From Hitler Youth to... Papa Ratzi"). Benedetto reagì a tutto ciò mettendo in evidenza il suo patriottismo bavarese piuttosto che quello tedesco e andando a visitare, il 28 maggio 2006, l'ex campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Allo stesso tempo, però, evidenziò anche l'importanza della Germania (56). I progressisti non lasciarono nulla d'intentato per dare risalto ai problemi degli abusi sessuali e della Fraternità San Pio X, al fine di minare l'autorità del papa. I cattolici conservatori tedeschi, rquelli ad esempio riuniti nell'iniziativa "Deutschland pro Papa" o nel "Forum Deutscher Katholiken", si trovarono disarmati dinanzi al clima pronunciatamente anticlericale che regnava nell'opinione pubblica tedesca.

Sebbene Benedetto XVI non intendesse farlo espressamente, di fatto mise in discussione il dominio dei valori moderni. Nel contesto della sua critica al marxismo, egli appoggiava la democrazia parlamentare occidentale, ma il suo schierarsi a favore della democrazia non era affatto incondizionato. Rifiutò con decisione di introdurla nella Chiesa, ordinata in modo gerarchico. Guardava con scetticismo anche alla demoscopia. La sua distanza dalla volontà popolare non si spiega soltanto con l'esperienza da lui vissuta negli anni Sessanta col movimento studentesco, ma è radicata già nella sua presa di distanza dal nazionalsocialismo, che a suo tempo era accompagnato dagli scroscianti applausi della maggioranza della popolazione. Inoltre non condivideva la valutazione ottimistica dell'uomo attuale e dei progressi della società.

Il suo atteggiamento era nel solco del conservatorismo sociale cristiano. L'apprezzamento della famiglia e del matrimonio eterosessuale era in contraddizione con l'attuale moltiplicarsi dei modelli di famiglia. L'enfasi posta sul ruolo del cristianesimo come base prepolitica della democrazia liberale si rivolgeva contro il secolarismo. Benedetto ha disapprovato la critica all'eurocentrismo e ha ribadito il carattere cristiano dell'Europa. Non solo nelle questioni politiche, ma anche e soprattutto in quelle culturali ha preso posizione e ha agito come paladino attivo dell'antica cultura europea contro le onde della globalizzazione.


8. Il nonconformista sulla cattedra 


Papa Benedetto XVI è stato un nonconformista sulla cattedra di Pietro. Quando dallo scranno dorato impartiva la benedizione in latino, scomunicava i dissidenti, teneva insieme la Chiesa universale e affermava l'unicità della fede cattolica, di fatto mostrava il suo lato autoritario. Non sorprende che i suoi detrattori, come Leonardo Boff o Johann Baptist Metz, lo criticassero. Tuttavia, la questione può essere vista anche in modo diverso se s'inquadra la situazione nella quale si trova la Chiesa. Se si guarda alla posizione di dominio dei valori moderni, la Chiesa cattolica è una minoranza oppressa mentre i suoi critici appartengono alla maggioranza. Pertanto, l'atteggiamento autoritario di Ratzinger era una reazione alla situazione vigente.

Ad ogni modo, lo spirito combattivo è stato solo un lato di Joseph Ratzinger. Pur corazzandosi, in un certo senso, contro i suoi contestatori, non ha mai perso la disponibilità al dialogo. Così, anche il suo critico più acceso, Hans Küng, è stato accolto amichevolmente a Castel Gandolfo (57). Nelle sue encicliche, papa Benedetto XVI ha trattato ripetutamente temi come "amore" e "speranza". Sostanzialmente è rimasto un patriota bavarese, con sempre nel cuore l'entusiasmo per la processione del Corpus Domini. In questo senso assomiglia al principe dell'antica Cina Lan Ling Wang (Gao Changgong). Anche se sul campo di battaglia egli combatteva indossando la maschera del diavolo, i tratti del volto che questa nascondeva erano delicati.

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(1) Schülerkreis Joseph Ratzingers (a cura di), "Joseph Ratzinger (Papst Benedikt XVI). – Das Werk.Veröffentlichungen bis zur Papstwahl", Augsburg, Sankt Ulrich, 2009; Bernhard Hülsebusch, "Professor Papst. Benedikt XVI – Neue Episoden & Erinnerungen", Leipzig, St. Benno, 2007, pp. 26-28

(2) Peter Seewald, "Benedikt XVI. Ein Porträt aus der Nähe", Berlin: Ullstein, 2006, pp. 135-137; Hans Küng, "Erkämpfte Freiheit. Erinnerunge", München, Piper, 2004, pp. 168-171, 179, 561-564, 597; Hans Küng, "Umstrittene Wahrheit. Erinnerungen", München, Piper, 2004, pp. 225.

(3) Hermann Häring, "Theologie und Ideologie bei Joseph Ratzinger", Düsseldorf, Patmos, 2001; Alan Posener, "Benedikts Kreuzzug. Der Angriff des Vatikans auf die moderne Gesellschaft", Berlin, Ullstein, 2009; Christian Feldmann, "Papst Benedikt XVI. Eine kritische Biographie", Reinbek bei Hamburg, Rowohlt, 2006; John L. Allen Jr., "Cardinal Ratzinger. The Vatican’s Enforcer of the Faith", New York, Continuum, 2000.

(4) Alfred Läpple, "Benedikt XVI und seine Wurzeln. Was sein Leben und seinen Glauben prägte", Augsburg, Sankt Ulrich, 2006, p. 9.

(5) Benedikt XVI, "Gedanken, Impulse, Visionen", a cura di Jürgen Erbacher, Leipzig, Benno-Verl., 2005, p. 6.

(6) Gianni Valente, "Student. Professor. Papst. Joseph Ratzinger an der Universität", Augsburg, Sankt Ulrich, 2009; Peter Seewald, "Benedikt XVI. Ein Porträt aus der Nähe", Berlin, Ullstein, 2006; Yasuaki Satono, "Ratsinga kyoju kara uketa koto, sono omoide [Gli insegnamenti del professor Ratzinger e i miei ricordi di lui]", in "Shin-Kyoko waga shinko no ayumi [Il nuovo papa – Il mio cammino di fede]", Tokyo, Shunju-Verlag, pp. 191-267; Ibid., "Benedikuto Jurokusei no isuramu hatsugen ni tsuite [Benedetto XVI. Osservazioni sull’islam]", Shunju, n. 487 (2007), p. 417.

(7) Martin Lohmann, "Maximum. Wieder Papst Deutschland verändert", Gütersloh, Gütersloher Verlagshaus, 2007; Matthias Matussek, "Das katholische Abenteuer. Eine Provokation", München: Goldmann, 2012; Ibid., "Ratzinger-Kür: Der deutsche Segen", in: Spiegel online, 19 aprile 2005 (http://www.spiegel.de/panorama/ratzinger-kuer-der-deutsche-segen-a-352312. html); Horst Herrmann, "Benedikt XVI. Der neue Papst aus Deutschland", Berlin, Aufbau Taschenbuch Verl., 2005, p. 88 s.

(8) Qualcosa di analogo è stato detto anche da papa Benedetto XVI nel 2010: “La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa” (Benedikt XVI, "Licht der Welt. Der Papst, die Kirche und die Zeichen der Zeit. Ein Gespräch mit Peter Seewald,", Freiburg Br., Herder, 2010, p. 72).

(9) Manuel Borutta, "Antikatholizismus. Deutschland und Italien im Zeitalter der europäischen Kulturkämpfe", Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2010, pp. 51 s. e 117-120.

(10) Uta Ranke-Heinemann, "Mein Leben mit Benedikt", in: Zeit online, 13 febbraio 2013 (http://www.zeit.de/gesellschaft/ zeitgeschehen/2013-02/papst-benedikt-ratzinger-ranke-heinemann).

(11) Joseph Ratzinger, "Zur Theologie des Konzils, in: Joseph Ratzinger Gesammelte Schriften (JRGS) 7/1. Zur Lehre des Zweiten Vatikanischen Konzils. Formulierung – Vermittlung – Deutung", Freiburg (Br.), Herder, 2012, p. 92-120; Norbert Trippen, "Josef Kardinal Frings (1887-1978). Bd. 2: Sein Wirken für die Weltkirche und seine letzten Bischofsjahre", Paderborn, Schöningh, 2005, p. 241; Joseph Ratzinger, "Aus meinem Leben. Erinnerungen", München, Deutsche Verlags-Anstalt, 1998, p. 100; Josef Frings, "Für die Menschen bestellt. Erinnerungen des Altbischofs von Köln", Köln, J. P. Bachem, 1974, p. 248; Peter Neuner, "Michael Schmaus und der Neubeginn der Theologie an der Universität München nach 1945", in: Münchener Theologische Zeitschrift 57 (2006), pp. 386-398.

(12) "Neue Dogmen setzen neue Grenzen", in: Kölnische Rundschau, n. 224, 27 settembre 1963; Joseph Ratzinger, "Die erste Sitzungsperiode des Zweiten Vatikanischen Konzils. Ein Rückblick", Köln, J. P. Bachem, 1963, pp. 8-14, 32, 39 s., 42, 44, 54; Ibid., "Das Konzil auf dem Weg. Rückblick auf die zweite Sitzungsperiode", Köln, J. P. Bachem, 1964, p. 28; Ibid., "Ergebnisse und Probleme der dritten Konzilsperiode", Köln, J. P. Bachem, 1965, p. 7.

(13) Ratzinger, "Die erste Sitzungsperiode", pp. 8-14, 32, 54.

(14) Ratzinger, "Die zweite Sitzungsperiode", p. 30.

(15) Ratzinger, "Die zweite Sitzungsperiode", p. 34 s.; Ibid., "Ergebnisse und Probleme der dritten Konzilsperiode", pp. 13, 56 s.

(16) Ratzinger, "Die erste Sitzungsperiode", p. 59; Ibid., "Ergebnisse und Probleme der dritten Konzilsperiode", p. 82; Ibid., "Die letzte Sitzungsperiode des Konzils", Köln, J. P. Bachem, 1966, pp. 71, 73.

(17) Ratzinger, "Zum Einfluß des Bettelordensstreites auf die  Entwicklung der Primatslehre, in: Ders., Das neue Volk Gottes. Entwürfe zur Ekklesiologie", Düsseldorf, Patmos, 1981, pp. 49-71.

(18) Ratzinger, "Die erste Sitzungsperiode", pp. 46 s., 59; Ibid., "Die zweite Sitzungsperiode", pp. 60-67.

(19) Ratzinger, "Die zweite Sitzungsperiode", p. 30.

(20) "Neue Dogmen setzen neue Grenzen", in: Kölnische Rundschau, n. 224, 27 settembre 1963; Ratzinger, "Die zweite Sitzungsperiode", p. 16 s.; Ibid., "Der Eucharistische Kongress im Spiegel der Kritik", in: JRGS 7/1, pp. 52-72.

(21) Küng, "Umstrittene Wahrheit", p. 182; Joseph Ratzinger, "Einführung in das Christentum. Vorlesungen über das Apostolische Glaubensbekenntnis. Mit einem neuen einleitenden Essay", München, Kösel, 2005, p. 27; Ibid., "Salz der Erde. Christentum und katholische Kirche im neuen Jahrtausend. Ein Gespräch mit Peter Seewald", München, Wilhelm Heymann, 2006, p. 84.

(22) Manifesto di Marburgo del 17 aprile 1968, in: FAZ, n. 152, 6 luglio 1968, p. 42.

(23) Lettera aperta di Edgar Lersch a tutti i firmatari del “Manifesto di Marburgo” della facoltà di teologia cattolica dell’università di Tubinga, in: Universitätsarchiv Tübingen [UAT] 183/147,5.

(24) Lettera di Joseph Ratzinger a Edgar Lersch, rappresentante di facoltà della facoltà di teologia cattolica dell’università di Tubinga, 4 settembre 1968, in: UAT 183/147,4.

(25) Lettera di Joseph Ratzinger a Edgar Lersch, 4 settembre 1968, in: UAT 183/147,4; Schwäbisches Tagblatt, 31 ottobre 1968, Tübinger Chronik, in: UAT 183/147,4; Luise Rinser, "Gratwanderung. Briefe der Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984", a cura di Bogdan Snela, München, Kösel, 1994. La partecipazione alla resistenza antinazista di Luise Rinser è stata messa in dubbio dopo la sua morte (Michael Kleeberg, "Luise Rinsers Vergesslichkeit", in: Der Spiegel, n. 2, 10 gennaio 2011, pp. 100-105; Jose Sanchez de Murillo, "Luise Rinser. Ein Leben in Widersprüchen", Frankfurt Main, S. Fischer, 2011, in particolare pp. 75-217; Küng, "Umstrittene Wahrheit", p. 65 s.).

(26) Hubertus Halbfas, "Fundamentalkatechetik. Sprache und Erfahrung im Religionsunterricht", Düsseldorf, Patmos-Verl., 1968; UAT S 4/258 Raccolta di pamphlet; Küng, "Erkämpfte Freiheit", p. 597; Küng, "Umstrittene Wahrheit", p. 31; "In Tübingen den Schock fürs Leben?", in: Reutlinger General-Anzeiger, 23 settembre 2011; Joseph Ratzinger/Hans Maier, "Demokratie in der Kirche. Möglichkeiten, Grenzen, Gefahren", Limburg, Lahn, 1970, p. 13 s. 

(27) "Für die Freiheit der Theologie", in: FAZ, n. 293, 17 dicembre 1968, p. 10; "Befristete Amtszeit residierender Bischöfe?", in: Theologische Quartalschrift 149 (1969), pp. 105-116.

(28) Pfister (a cura di), Arcidiocesi di München-Freising, p. 379 f.; "Marxisten sprengen Ratzinger-Vortrag. Referat 'Kirchenpolitik' nach St. Ludwig verlegt / 1200 Hörer – Offene Diskussion", in: Süddeutsche Zeitung, 11 giugno 1980; Irmi Schwartz, "Empörte Reaktion auf Vertreibung von Kardinal Ratzinger durch linksextreme Studenten", in: Münchner Merkur, 12 giugno 1980.

(29) "Kardinal Ratzinger versichert den Wittelsbachern. Ein Platzim Herzen des bayerischen Volkes", in: Münchner Merkur, n. 215, 17 settembre 1980; Peter Pfister (a cura di), "Joseph Ratzinger und das Erzbistum München und Freising. Dokumente und Bilder aus kirchlichen Archiven, Beiträge und Erinnerungen", Regensburg, Schnell & Steiner, 2006, p. 226.

(30) "Ratzinger verteidigt Habsburg. Brief des Kardinals an Rothemund – Pan-Europa-Tagung christliche Initiative", in: Münchner Merkur, 24 aprile 1979; Stephan Baier/Eva Demmerle, "Otto von Habsburg 1912-2011. Die Biographie", Wien, Amalthea, 2012, pp. 15, 418-421, 464-467, 555-558.

(31) Jeannette Handler, "Otto von Habsburg. Abschied", Graz, Leopold Stocker Verl., 2012, p. 31.

(32) “Esgibtk eine Moral der reinen Hände”, in: Der Spiegel, n. 4, 22 gennaio 1979, pp. 210-213; Pfister (a cura di), "Erzbistum München-Freising", pp. 364-367; “Inflessibile, ostinato, smisurato”, in: Der Spiegel, n. 1/2, 7 gennaio 1980, pp. 34-42; "Kardinal Ratzinger widerspricht Rahner. Intervention gegen Berufung des Theologen Metz mit Sorge um Unterricht begründet", in: SZ, 18 dicembre 1979; Küng, "Umstrittene Wahrheit", p. 516; Christian Feldmann, "Papst Benedikt XVI. Eine kritische Biographie", Reinbek bei Hamburg: Rowohlt, 2006, p. 81 s.

(33) Norbert Greinacher/Herbert Haag (a cura di), "Der Fall Küng", München, Piper, 1980, pp. 77 s., 82-92; Pfister (a cura di), "Erzbistum München-Freising", p. 361 s.; Küng, "Umstrittene Wahrheit", p. 568-665; "Rabenschwarzer Tag", in: Der Spiegel, n. 52, 24 dicembre 1979, p. 150 s.

(34) Pfister (a cura di), "Erzbistum München-Freising", p. 312; Joseph Ratzinger/Hans Urs von Balthasar, "Maria – Kirche im Ursprung", Freiburg, Herder, 1980.

(35) Pfister (a cura di), "Erzbistum München-Freising", pp. 305-309, 352-355, 381 s.

(36) Pfister (a cura di), "Erzbistum München-Freising", pp. 439-441.

(37) Joseph Ratzinger, "Zur Lage des Glaubens. Ein Gespräch mit Vittorio Messori", Freiburg (Br.), Herder, 2007, pp. 31-33, 122-124; Roland Scheulen, "Die Rechtsstellung der Priesterbruderschaft „St. Petrus“. Eine kritische Untersuchung auf dem Hintergrund der geltenden Struktur und Disziplin der Lateinischen Kirche", Essen: Ludgerus, 2001.

(38) Ratzinger, "Zur Lage des Glaubens", pp. 123-126.

(39) Ratzinger, "Zur Lage des Glaubens", pp. 104-114.

(40) Ratzinger, "Zur Lage des Glaubens", pp. 85-104, 160-172, 176-197, 200-207; "Kongregation für die Glaubenslehre, Instruktion über einige Aspekte der 'Theologie der Befreiung'. Mit einem Kommentar von Prof. Dr. Leo Scheffcyzk und einer Erklärung von Kardinal Joseph Höffner", Stein am Rhein, Christiana Verlag, 1984; "Rauch des Satans", in: Der Spiegel, n. 48, 25 novembre 1985, pp. 161-164.

(41) Ratzinger, "Zur Lage des Glaubens", pp. 67 s., 172-175.

(42) Ratzinger, "Einführung in das Christentum", p. 10 .

(43) Citato in: Claudia Jahnel (a cura di), "Theologie befreit. Transformationen und Rezeptionen der Lateinamerikanischen Befreiungstheologie", Erlangen, Martin-Luther-Verl., 2009, p. 7.

(44) Ratzinger, "Salz der Erde", p. 289. Più precisamente, la tesi di Böckenförde è la seguente: “Lo stato liberale, secolarizzato, vive di presupposti che esso stesso non può garantire”. (Ernst-Wolfgang Böckenförde, "Die Entstehung des Staates als Vorgang der Säkularisierung", in: Ibid., "Kirche und christlicher Glaube in den Herausforderungen der Zeit. Beiträge zur politisch-theologischen Verfassungsgeschichte 1957-2002", Berlin, Lit, 2007, p. 229).

(45) Joseph Ratzinger/Paolo Flores d’Arcais, "Gibt es Gott?", Berlin, Wagenbach, 2006.

(46) Jürgen Habermas/Joseph Ratzinger, "Dialektik der Säkularisierung. Über Vernunft und Religion", Freiburg, Herder, 2005.

(47) Joseph Ratzinger/Marcello Pera, "Ohne Wurzeln. Der Relativismus und die Krise der europäischen Kultur", Augsburg, Sankt Ulrich, 2005.

(48) Udienza generale del 27 aprile 2005; udienza generale del 9 aprile 2008.

(49) Martin Posselt (a cura di), "Benedikt XVI. Die Predigten und Reden zum Beginn des Pontifikats", München, Langenmüller, 2005, p. 48 s.; "Beifall für Ratzingers Predigt", in: Süddeutsche Zeitung, 19 aprile 2005, p. 5.

(50) "Licht der Welt", p. 186 s.; Benedikt XVI, "Gedanken,Impulse,Visionen", p. 59 s.

(51) Per esempio gli Angelus del 24 settembre 2006, del 22 ottobre 2006, del 29 luglio 2007, del 14 ottobre 2007, del 2 marzo 2008, del 20 settembre 2008, del 28 Febbraio 2010, del 17 novembre 2010, del 6 marzo 2011, ecc.

(52) Alexander Smoltczyk, "Benedikts Herbstoffensive", in: Der Spiegel, n. 45, 2 novembre 2009, p. 114 s.

(53) Alexander Smoltczyk, "Mission Konstantinopel", in: Der Spiegel, n. 49, 4 dicembre 2006, p. 76.

(54) Joseph Ratzinger, "Protestantismus. Beurteilung vom Standpunkt des Katholizismus", in: JRGS 8/2. "Kirche – Zeichen unter den Völkern. Schriften zur Ekklesiologie und Ökumene", Freiburg (Br.), Herder, 2010, pp. 810-815.

(55) "Licht der Welt", pp. 119-121; "Papst enttäuscht Hoffnung auf mehr Ökumen", in: FAZ, 24 settembre 2011, p. 1.

(56) "Licht der Welt", p. 101 s.

(57) Küng, "Erlebte Menschlichkeit", pp. 550-563.

 



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6.8.2015







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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