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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Fondamenti biblici della Consacrazione a Maria

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2016 19:16
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p. Settimio M. Manelli. I fondamenti biblici della Consacrazione alla Vergine Maria

 
Il testo che segue, di p. Settimio M. Manelli FI, è tratto dagli Atti del Simposio Mariologico Internazionale sulla Consacrazione alla Vergine Maria - Frigento 5-7 luglio 2010, Casa Mariana Editrice, 2011, pag.11-90.
Si tratta di un testo sapienziale, di quelli che aprono numerosi usci verso la trascendenza e mettono in rapporto col Signore e con la Sua e nostra Madre.
 
La consacrazione a Maria, com'è noto, non è semplicemente un fatto devozionale e privato, come purtroppo sono portate a ritenere le generazioni postconciliari, per effetto dell'attuale scadimento della devozione. La consacrazione alla Madre di Gesù e nostra è un luogo teologico, cioè una realtà rivelata, contenuta per intero nella Rivelazione e nella Tradizione della Chiesa.

Quello che segue è solo uno stralcio, ricavato dalla scansione, che ha richiesto un lungo e paziente lavoro supplementare di ricostruzione delle molte preziose citazioni bibliche dal greco e dall'ebraico.

Ho messo a disposizione il testo integrale in pdf, leggibile e/o scaricabile dal sito internetica.it
Vuol essere un mio piccolo tributo all'Assunta in spirito di gioiosa condivisione con chi leggerà e certamente ne trarrà frutti copiosi secondo la volontà del Signore.

Nello stesso spirito, a domani, la pubblicazione di un altro testo. Una relazione, dagli Atti dello stesso Simposio, del fondatore dell'Ordine,  p. Stefano M. Manelli FI, sul Quarto voto: il Voto mariano di Consacrazione all'Immacolata. (M.G.)

 I FONDAMENTI BIBLICI DELLA CONSACRAZIONE ALLA VERGINE MARIA
Padre Settimio M. Manelli, FI

Introduzione

Da sempre i Pontefici, i concili, i grandi Santi e i dottori della Chiesa che hanno parlato della Madre di Dio, sia attraverso il magistero solenne, sia mediante discorsi spirituali, sia tramite la predicazione popolare, hanno attinto alle pure fonti della Rivelazione, Sacra Scrittura e Tradizione, illustrando così mirabilmente il mistero di Maria e spingendo i fedeli ad amare, servire, pregare con fiducia la loro Madre celeste. Grazie al genio di alcuni uomini ispirati, di generazione in generazione i Pontefici e tutto il popolo di Dio, per esprimere il loro grande amore alla Beata Vergine Maria, hanno adottato pratiche devozionali e formule di preghiera che erano il frutto della meditazione e della rielaborazione dell'insegnamento magisteriale, calato nella vita, nelle aspirazioni, negli affanni e nei bisogni della vita quotidiana, riconoscendo in Maria Santissima la via privilegiata per incontrare Dio e per compiere la sua Volontà. Il Concilio Vaticano II, sulla scia della tradizione ininterrotta, ha continuato a sottolineare l'importanza del legame del culto con le fonti della Rivelazione e ha incoraggiato a mostrare con sempre maggior luminosità i fondamenti biblici e tradizionali delle pratiche devozionali del popolo santo di Dio.


Il presente contributo ha lo scopo di mostrare che la consacrazione a Maria, pratica ampiamente diffusa, è solidamente fondata sulla Sacra Scrittura. Si tenterà di chiarire a livello terminologico in che cosa consista la consacrazione a Maria, cercando di evitare di cadere nel filologismo, ossia in quella tendenza che riduce l'esegesi e la teologia a pura filologia[1], che diventa letteralismo e che, in definitiva, asservisce il testo sacro all'ideologia.

Natura e scopo della consacrazione a Maria

La consacrazione a Maria, intesa in senso analogico[2] rispetto alla consacrazione fondamentale rivolta a Dio e da Dio realizzata, va concepita come l'atto con cui si dona interamente a Lei la propria anima e la propria vita, realizzando una sorta di dipendenza da Lei, allo scopo di raggiungere in modo più rapido e perfetto il fine della propria esistenza, ossia la glorificazione di Dio e la propria santità. La consacrazione a Maria conduce i cristiani alla perfetta unione con Dio nella santità di vita e di opere. In questo senso si può ritenere che la consacrazione a Maria, lungi dall' essere contraria o alternativa alla consacrazione fondamentale di tutti i credenti a Dio, che si realizza con il Battesimo, ne favorisce piuttosto lo sviluppo e l'approfondimento.
 
La consacrazione a Maria ha il suo solido fondamento nella Rivelazione divina ed è frutto dello sviluppo della comprensione teologica del mistero dell'Incarnazione e della missione soprannaturale affidata da Dio alla madre di Gesù. Tale solido fondamento risiede perciò nell'esemplarità di Cristo e nella Maternità spirituale e universale di Maria, proclamata da Cristo dall'alto della Croce[3]. La persona e la missione di Maria sono unite e dipendenti dalla persona e dalla missione di Gesù Cristo. Con lo stesso decreto eterno con cui fu previsto Cristo fu predestinata anche Maria. Per questo il fondamento della consacrazione a Maria va individuato anzitutto nell'esempio stesso di Cristo, che, dal giorno della sua "incarnazione", instaura relazioni filiali con Maria, dunque di una certa "dipendenza" da Lei[4]. Poi nella missione unica della Vergine quale mediatrice materna di salvezza e di Redenzione, in unione e in subordinazione all'unica mediazione universale di Cristo, suo Figlio, di cui non mette minimamente in ombra la missione[5].
a) Una pratica diffusa
Partiamo da una constatazione. La consacrazione a Maria è una pratica diffusa nella cristianità a livello mondiale. Basti pensare ai reiterati atti di consacrazione a Maria fatti dai Pontefici nel secolo XX, soprattutto in risposta agli appelli della Madonna di Fatima, fino alla recentissima consacrazione a Maria di tutti i sacerdoti e di tutti i fedeli, fatta, separatamente, dal papa Benedetto XVI a Fatima durante il suo viaggio apostolico in Portogallo il 12 maggio 2010 ai piedi della statua della Vergine[6], e rinnovata a Roma dopo la Santa Messa di chiusura dell'Anno sacerdotale (19 giugno 2009 - 11 giugno 2010)[7]. Ecco le parole della preghiera recitata dal Pontefice:
«Madre Immacolata,
in questo luogo di grazia,
convocati dall'amore del Figlio tuo Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote,
noi, figli nel Figlio e suoi sacerdoti,
ci consacriamo al tuo Cuore materno
(consagramo-nos ao vosso Coracào materno),
per compiere con fedeltà la Volontà del Padre.
Con questo atto di affidamento e di consacrazione
(Com este acto de entrega e consagracào),
vogliamo accoglierti in modo
più profondo e radicale,
per sempre e totalmente,
nella nostra esistenza umana e sacerdotale...».
Nell'udienza generale tenuta mercoledì 19 maggio a Piazza San Pietro a tre giorni dal ritorno da Fatima, il Santo Padre, facendo il resoconto del suo viaggio apostolico in Portogallo, tra l'altro disse: a Fatima «non ho mancato di affidare e consacrare al Cuore Immacolato di Maria, vero modello di discepola del Signore, i sacerdoti di tutto il mondo». Come si può facilmente osservare, in questi interventi del Papa vengono usati due termini: affidare e consacrare, per esprimere l'atto di donazione di sé alla Vergine. Tutto lascia pensare che non siano usati come sinonimi, ma che attraverso essi il Papa voglia esprimere una realtà spirituale profonda, non più ampia degli angusti confini del vocabolario in nostro possesso.

Prima di papa Benedetto XVI, il servo di Dio Giovanni Paolo II ha scelto come suo motto la frase:"Totus tuus" ego sum, Maria, evidente formula di consacrazione mariana. Con questa scelta il Papa pose tutto il suo pontificato nelle mani e nel Cuore delle Madre di Dio. Nel suo lungo Pontificato, papa Wojtyla molte volte ha fatto riferimento alla consacrazione a Maria, spingendo i fedeli di tutto il mondo a vivere coscientemente e intensamente la loro dipendenza filiale nei confronti di Maria. La pratica della consacrazione a Maria, come ci dicono gli storici della mariologia, ha radici molto antiche, risalendo al periodo patristico. San Giovanni Damasceno sembra il primo a parlare in modo esplicito di consacrazione a Maria[8]. Per indicarla usa il verbo ἀνατίθημι: «Ti consacriamo mente, anima e corpo». Questo verbo, osserva S. De Fiores, «designa una vera consacrazione, come quella alla divinità, salvo le debite proporzioni»[9]. I Pontefici si inseriscono in un filone d'oro, che si è impreziosito lungo i secoli grazie ai numerosi santi che hanno vissuto e insegnato la consacrazione mariana e ai grandi teologi che ne hanno scritto.

Tale pratica ebbe il suo sviluppo maggiore a partire dal XVII secolo con san Luigi Maria Grignion da Montfort, fino ai nostri giorni, con san Massimiliano Kolbe e il Voto mariano dell'illimitata consacrazione all'Immacolata dell'Istituto di diritto pontificio dei Francescani dell'Immacolata (Frati, Suore, Clarisse, Terziari e membri della Missione dell'Immacolata Mediatrice).
 
È utile soffermarsi su uno dei più grandi santi mariani che hanno insegnato e propagato, con la vita e con le opere e gli scritti, la pratica della consacrazione a Maria, san Luigi M. Grignion da Montfort, il quale nel suo mirabile Trattato della vera devozione a Maria parla di consacrazione a Gesù mediante Maria, riconoscendo una profonda unione tra l'atto di consacrazione a Gesù e l'atto di consacrazione alla Madonna[10]. Il da Montfort usa la formula «consacrazione a Gesù mediante Maria», senza rinunciare all'espressione diretta: «consacrazione a Maria». Nella parte terza del suoTrattato, in cui parla dei contenuti della perfetta consacrazione a Gesù Cristo, afferma testualmente che il modo migliore per consacrarsi perfettamente a Cristo è consacrarsi a Maria. Subito dopo spiega poi che questa consacrazione consiste nel donarsi a. Lei senza riserve. Ecco le sue parole: «.Tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo[11]. Perciò la più perfetta di tutte le devozioni è incontestabilmente quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne segue che tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione a Maria, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a lei, più sarà consacrata a Gesù Cristo. La perfetta consacrazione a Gesù Cristo, quindi, altro non è che una consacrazione perfetta e totale di se stessi alla Vergine santissima e questa è la devozione che io insegno. O, in altre parole, essa è una perfetta  rinnovazione dei voti e delle promesse del santo Battesimo» (VD 120).
Nel paragrafo successivo il da Montfort spiega in che cosa consista questa devozione, ossia «nel darsi interamente alla santissima Vergine allo scopo di essere, per mezzo suo, interamente di Gesù Cristo». Specifica poi che questa consacrazione esige che a Maria si dia:
«1. il nostro corpo, con tutti i suoi sensi e le sue membra; 2. la nostra anima, con tutte le sue facoltà; 3. i nostri beni esterni, cosiddetti di fortuna, presenti e futuri; 4. i nostri beni interni e spirituali, vale a dire i nostri meriti, le nostre virtù e le nostre buone opere passate, presenti e future. In breve, bisogna darle tutto quanto abbiamo nell'ordine della natura e della grazia e tutto quanto potremo avere nell'ordine della natura, della grazia o della gloria. E ciò senz'alcuna riserva, nemmeno di un soldo, di un capello e della minima buona azione. E ciò per tutta l'eternità e senza pretendere né sperare altra ricompensa per la nostra offerta e il nostro servizio che l'onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di Maria e in Maria, quand'anche questa amabile sovrana non fosse, come lo è sempre, la più generosa e la più riconoscente delle creature» (VD 121). E poco più avanti: «Con questa forma di devozione ci si consacra nello stesso tempo alla Vergine santa e a Gesù Cristo: a Maria, come al mezzo perfetto che Gesù Cristo ha scelto per unirsi a noi e unirci a Lui; a nostro Signore, come al nostro fine ultimo, cui dobbiamo tutto ciò che siamo, perché è nostro Redentore e nostro Dio» (VD 125).
Dunque, secondo il da Montfort, le due formule formano una cosa sola. Quando si parla di consacrazione a Maria si intende sempre una donazione completa di sé a Lei, fino a raggiungere la quasi "transustanziazione" in Lei, per usare una ardita formula di san Massimiliano Kolbe[12], perché Ella ci aiuti a raggiungere la più stretta unione con Dio[13].

Ora tutto questo è in perfetta linea con la rivelazione biblica. Infatti, la Sacra Scrittura insegna che il Signore Dio, lungo la storia della salvezza, si è sempre servito di mediatori umani per condurre e salvare il suo popolo, come pure la Scrittura insegna che il popolo di Dio ha fatto ricorso a mediatori per avvicinarsi a Dio.

Non esiste contrasto, dunque, tra la consacrazione a Dio e la consacrazione alla Madonna. Padre A. Apollonio giustamente vede nell'esemplarità di Cristo (cf Lc 1,26-38) e nella maternità spirituale di Maria (cf Gv 19,25-27) il fondamento della consacrazione mariana che, proprio per questo, non si può opporre alla consacrazione fondamentale a Dio mediante il Battesimo.

A Dio apparteniamo in quanto Lui è il nostro  Creatore e Signore. A Maria apparteniamo come  figli, in forza della Maternità spirituale universale che Ella ha su di noi, per  volontà di Dio. Si parla, perciò, di consacrazione  a Maria in senso analogico[14]. Così spiega J. De  Finance: 
«Costituita per mezzo della Maternità divina Madre di tutti gli uomini, Maria partecipa misteriosamente al ruolo vivificatore universale del Cristo. Noi dipendiamo da Lei in ciò che abbiamo di più profondo: il nostro essere di grazie. Per questo è possibile, in senso secondario, analogico, ma non metaforico, consacrarsi a Lei»[15].
Si deve dire che la consacrazione a Maria è, in definitiva, un mezzo non solo possibile, ma consigliato per vivere meglio la consacrazione battesimale e per portarla a perfezione.
«La consacrazione battesimale e il rinnovo delle promesse battesimali, dunque - scrive padre Apollonio -, non escludono la consacrazione alla Madonna, se questa viene intesa e vissuta come mezzo per perfezionare la stessa consacrazione battesimale e così progredire nel cammino di santificazione. Essendo un "modo eccellente di consacrarsi a Cristo" (san Luigi M. G. da Montfort)  la consacrazione a Maria non deve essere vista come un doppione parallelo alla nostra consacrazione battesimale, bensì il modo eccellente per realizzarla»[16].




 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Applicando questo criterio alla «prospettiva biblica», va detto che «la consacrazione alla Madonna deve intendersi come dinamico perfezionamento della persona nel cammino spirituale che conduce alla piena conformità a Cristo (cf Rm 8,29)»[17].
 
Per questo S. De Fiores può scrivere che «la Scrittura, riservando il termine "consacrazione" al rapporto con Dio, non condanna l'uso analogico di esso nel senso di un'attribuzione parziale e limitata del suo concetto o di qualche suo elemento a una creatura santa come Maria»[18].
 
In effetti, come è stato notato sopra, il termine e dunque il concetto di consacrazione da secoli è stato pacificamente attribuito all'atto con cui una persona fa l'offerta spontanea di se stesso alla Madre di Dio per manifestare il proprio amore verso di Lei, per mettersi a sua completa disposizione, donandosi interamente a Lei e per mettere se stesso e, spesso, i propri cari sotto la sua potente protezione. Questo atto di devozione veniva e viene fatto a vari livelli di intensità. Ciò che differenzia la consacrazione dal semplice affidamento è l'aspetto attivo della consacrazione. Con essa, infatti, si intende fare un atto positivo di offerta completa di sé a Maria in modo da essere sua proprietà assoluta, cosicché Lei possa prendere pieno possesso del consacrato e agire con la massima libertà in lui e attraverso di lui. L'affidamento sottolinea l'aspetto di fiducia, con cui si chiede una speciale protezione alla Vergine, ma denota un atteggiamento passivo. Inoltre, chi affida rimane proprietario di ciò che ha dato in custodia. È un atto paragonabile a quello di colui che mette del denaro in banca affinché sia custodito, magari con molti interessi, ma al momento opportuno lo riprende e lo usa a suo piacimento. Chi consacra qualcosa o se stesso, lo dona senza condizioni in proprietà. In fondo nell'affidamento manca anche quell'aspetto di totalità del dono, presente invece nel concetto di consacrazione. Non solo. Consacrare e consacrazione hanno una valenza sacra, a differenza di affidamento, soprattutto nel linguaggio attuale, in cui affidamento richiama spesso o l'ambito dell'assistenza sociale o quello bancario[19]. Affidamento rimanda, è vero, al concetto pienamente religioso di fiducia, di abbandono fiducioso. Nel concetto di consacrazione si fa, invece, riferimento ad una sacra consegna totale e incondizionata, dunque a un atto di estrema fiducia e di abbandono senza riserve con un fine soprannaturale.
 
Ma se si volesse privilegiare comunque il termine affidamento nel linguaggio comune, soprattutto nelle preghiere rivolte a Maria Santissima, come sta accadendo in più parti, bisogna ricorrere a spiegazioni aggiuntive per esprimere ciò che il termine consacrazione, usato in senso analogico, esprime con immediatezza e con maggiore precisione e intensità.
b) Alcuni interventi magisteriali
Recentemente la Sacra Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti nel Direttorio su Pietà popolare e Liturgia[20] ha dedicato un paragrafo alla consacrazione-affidamento a Maria" (n. 204), riconoscendone la vasta diffusione soprattutto lungo il corso degli ultimi secoli: «Percorrendo la storia della pietà si incontrano varie esperienze, personali e collettive, di "consacrazione - consegna - affidamento alla Vergine" (oblatio, servitus, commendatio, dedicatio).
 
Esse si riflettono nei manuali di preghiera e negli statuti di associazioni mariane, nei quali troviamo formule di "consacrazione" e preghiere in vista o in ricordo di essa». Aggiunge poi che «Nei confronti della pia pratica della "consacrazione a Maria" non sono rare le espressioni di apprezzamento dei Romani Pontefici e sono note le formule da essi pubblicamente recitate[21]. Un ben conosciuto maestro della spiritualità sottesa a tale pratica è san Luigi Maria Grignion de Montfort, "il quale proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali" (RM 48)».
 
Con queste parole il Direttorio riconosce dunque la validità della pratica della consacrazione, apprezzata dai Romani Pontefici e raccomandata dai Santi. Segue un paragrafo di importanza fondamentale, in cui vengono elencati i presupposti teologici che spingono alla pratica della "consacrazione" a Maria:
«Alla luce del testamento di Cristo (cf Gv 19,25-27), l'atto di "consacrazione" è infatti riconoscimento consapevole del posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa, del valore esemplare e universale della sua testimonianza evangelica, della fiducia nella sua intercessione e nell'efficacia del suo patrocinio, della molteplice funzione materna che essa svolge, quale vera madre nell'ordine della grazia (cf LG 61; RM 40-44), in favore di tutti e di ciascuno dei suoi figli».
Dunque la "consacrazione" presuppone l'approfondimento «del posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa», un posto unico, in cui Maria è elevata al di sopra della condizione del resto dell'umanità ed è posta in una condizione «singolare» per la sua relazione unica con la Trinità Santissima, per la sua Immacolata Concezione, per la sua Maternità divina, per la sua testimonianza evangelica esemplare e per la sua Maternità universale. Ci si consacra a Maria perché Lei è esempio perfetto di vita evangelica, perché ella intercede per noi e ci protegge efficacemente, perché è «Vera Madre nell'ordine della grazia» e per questo svolge molteplici funzioni materne verso tutti i suoi figli[22].

È veramente importante che il Direttorio indichi il fondamento biblico da cui la consacrazione a Maria trae la sua efficacia. Essa va considerata, dice il Direttorio, «alla luce del testamento di Cristo», che dall'alto della Croce ci dona a sua Madre e a sua volta ci fa dono di  Lei: «Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua Madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse  con sé» (Gv 19,26-27).
 
Queste parole di Gesù rivelano il «posto singolare che occupa Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa». Maria diviene «madre nell'ordine della grazia». Consacrarsi a Lei significa riconoscere il legame filiale che ci lega a Lei e che in noi è all'origine del dono della grazia divina. La consacrazione a Maria ha dunque il suo fondamento ultimo nella Volontà divina manifestata da Cristo dall'alto della Croce. Secondo la divina Volontà, esplicitata dal "testamento" di Cristo, è davvero essenziale entrare in questa relazione di figliolanza con Maria.
 
Il Direttorio tocca a questo punto una questione particolare. Recentemente è stato proposto da alcuni mariologi di sostituire il termine "consacrazione" a Maria, il cui uso è da tempo consolidato nella tradizione, con il termine "affidamento". Il motivo principale che spingerebbe a tale cambiamento sarebbe il pericolo di mettere sullo stesso livello la consacrazione a Maria con la consacrazione a Dio.

Il Direttorio mette giustamente in guardia da un uso impreciso del termine "consacrazione", ma non lo vieta in modo definitivo. «Si osserva - dice il Direttorio - che il termine "consacrazione" è usato con una certa larghezza e improprietà: "si dice, per esempio, 'consacrare i bambini alla Madonna', quando in realtà si intende solo porre i piccoli sotto la protezione  della Vergine e chiedere per essi la sua Materna benedizione"[23]».




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Il Direttorio afferma che il termine è usato «con una certa larghezza e improprietà». L'esempio citato è tratto da una Lettera della Congregazione per il Culto con cui si danno degli orientamenti per la celebrazione dell'anno mariano del 1987. In verità, ci si sarebbe aspettati un esempio più consistente a sostegno della critica sull'uso largo e improprio del termine consacrazione. Non sembra, in effetti, che il devoto gesto delle mamme che "consacrano" i figli alla Madonna dopo il Battesimo, possa rappresentare in modo esaustivo e probante l'errata comprensione della "consacrazione" a Maria; né, d'altra parte si possono tacciare tali mamme di essere antibibliche, antiliturgiche e antidogmatiche.

Anche perché se, forse, molte mamme compiono la "consacrazione" dei loro piccoli alla Madonna solo per chiedere la protezione della Vergine per essi, ciò non toglie la possibilità che qualcuna faccia un vero e proprio atto di consacrazione o dedicazione totale dei figli a Maria. A questo punto il Direttorio "suggerisce" di usare invece del termine "consacrazione" quello di "affidamento" o "donazione", e di riservare il primo solo all'offerta a Dio, fondando questo suggerimento sui recenti progressi della teologia liturgica: «Si comprende anche il suggerimento proveniente da più parti di utilizzare al posto di "consacrazione" altri termini, quali "affidamento" o "donazione". Infatti, nel nostro tempo, i progressi compiuti dalla teologia liturgica e la conseguente esigenza di un uso rigoroso dei termini suggeriscono di riservare il termine consacrazione all'offerta di se stessi che ha come termine Dio, come caratteristiche la totalità e la perpetuità, come garanzia l'intervento della Chiesa, come fondamento i sacramenti del Battesimo e della Confermazione».
 
Come si è visto, si tratta solo di un "suggerimento". Il documento, non annulla né condanna, però, l'uso corretto del termine "consacrazione". Il fatto stesso che il Direttorio stesso abbia usato la formula "consacrazione-affidamento", significa che, ponendosi in una posizione mediana, esso lascia aperta la possibilità dell'uso del termine consacrazione riferito a Maria. Di fatto oggigiorno i termini "consacrazione" e "affidamento" sono usati entrambi, a volte anche come sinonimi, in riferimento a Maria, anche in Atti Ufficiali della Chiesa (cf Atto di consacrazione dei Sacerdoti di tutto il mondo a Maria, fatto da Benedetto XVI al termine  dell'Anno Sacerdotale).
 
Pur non negando la validità dell'uso del termine  "consacrazione", tuttavia il Direttorio dà delle indicazioni perché i fedeli siano istruiti sul  corretto modo di concepirla: «In ogni caso,  relativamente a tale pratica è necessario  istruire i fedeli sulla sua natura. Essa, pur  presentando le caratteristiche di dono totale e  perenne, è solo analogica nei confronti della  "consacrazione a Dio"; deve essere frutto non di  un'emozione passeggera, ma di una decisione  personale, libera, maturata nell'ambito di una visione esatta del dinamismo della grazia; deve  essere espressa in modo corretto, in una linea, per così dire, liturgica: al Padre per Cristo nello  Spirito Santo, implorando l'intercessione gloriosa  di Maria, alla quale ci si affida totalmente, per  osservare con fedeltà gli impegni battesimali e vivere in atteggiamento filiale nei suoi  confronti»[24].
 
Dunque i due termini consacrazione-affidamento si possono usare entrambi, anche se il primo va colto in senso analogico rispetto alla consacrazione fondamentale del Battesimo[25]. Il contributo più importante del Direttorio è l'aver individuato nel ruolo singolare di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, come è rivelato dal testamento di Gesù sulla Croce (Gv 19,25-27), il fondamento di questo atto del credente.
 
Va in ogni caso detto che il termine affidamento sembra meno preciso del termine consacrazione e sembra non esprimere esattamente ciò che il secondo fa in un senso molto più profondo. Tuttavia, i due concetti non si escludono ma vanno presi insieme, come fanno i pontefici. Benedetto XVI, il 12 maggio 2010, nella preghiera fatta ai piedi dell'effige della Madonna della Cappellina delle apparizioni usa l'espressione: "affido e consacro a te"[26].

Papa Giovanni Paolo II nel suo abbondante magistero  mariano usa tutti e due i termini. In effetti tutti e due i termini esprimono il riconoscimento della fede nel singolare ruolo svolto da Maria Santissima nell'Opera di salvezza, che si concretizza nella sua mediazione materna e universale. Affidarsi e consacrarsi a Maria significa chiedere a Lei che intervenga ancora più efficacemente nella propria vita per realizzare la più perfetta unione con Dio. In ciò consiste la santità. Perciò la consacrazione e l'affidamento a Maria tendono ad incrementare l'impegno del cristiano nel cammino di santificazione per obbedire alla volontà di Dio. San Pietro scrive: «Come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo» (1Pt 1,15-16). E san Paolo afferma: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Riconoscendo che Maria, in conformità ad una "disposizione di Dio" (LG 60), svolge una funzione, subordinata, di mediazione, la santa Chiesa dunque spinge i fedeli ad amare intensamente Maria Vergine come loro Madre nell'ordine della grazia, perché siano da Lei aiutati e facilitati a essere "intimamente congiunti" con il Signore (LG 62). Poco sopra è stato accennato al fatto che il Santo Padre Benedetto XVI, il 12 maggio 2010 abbia consacrato al Cuore Immacolato di Maria tutti i Sacerdoti del mondo. Ebbene, in quell'atto di affidamento e consacrazione il Papa fa esplicito accenno alla Mediazione di Maria. Subito dopo cita anche un fatto tratto dalla Scrittura, che prova tale funzione, ossia l'intervento di Maria alle nozze di Cana:
«Avvocata e Mediatrice della grazia, tu che sei tutta immersa nell'unica mediazione universale di Cristo, invoca da Dio, per noi, un cuore completamente rinnovato, che ami Dio con tutte le proprie forze e serva l'umanità come hai fatto tu. Ripeti al Signore l'efficace tua parola: «non hanno più vino» (Gv 2,3), affinché il Padre e il Figlio riversino su di noi, come in una nuova effusione, lo Spirito Santo»[27].
La Lumen Gentium afferma anche che la  missione materna di Maria non è mai cessata, e durerà sino alla fine dei tempi: «E questa Maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti» (n. 62). Ciò significa che anche l'atteggiamento di amore filiale dei  fedeli deve durare per sempre, fino alla fine dei tempi.

Interessante notare come il documento conciliare faccia iniziare la Maternità spirituale di Maria dal momento dell'Annunciazione, ossia dal momento in cui Lei divenne Madre di Gesù. Questa Maternità spirituale è legata, perciò, al consenso dato da Maria all'Incarnazione del Verbo.
Il vocabolario della mediazione è applicato dal Concilio in senso proprio all' "unico mediatore", il Cristo, e in senso analogico alla Vergine  Maria, che è «generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico» (LG n. 61). La consacrazione a Maria va compresa con le stesse categorie di LG (nn. 61- 62), in senso cioè analogico rispetto all'unica e fondamentale consacrazione a Dio. La consacrazione a Maria nulla toglie a questa, anzi la facilita e la porta a compimento. La distinzione tra le due consacrazioni è reale e va chiarita ai fedeli. La possibilità di confusione, circa il valore da dare alle due consacrazioni, sembra però molto remota e probabilmente così rara da non costituire affatto un pericolo per la retta fede, né da obbligare ad una sostituzione del termine consacrazione in riferimento alla Madonna[28]. La fede ha bisogno di essere annunciata, ma anche spiegata. In ogni suo aspetto. Necessariamente la fede è espressa mediante il linguaggio comune, cui viene dato, dalla Tradizione e dal Magistero, un senso più profondo, che richiede chiarimenti[29].
 
Come si vedrà, la Bibbia - chiamata in causa da alcuni teologi -, come tutta la rivelazione, non si oppone affatto all'uso del termine consacrazione riferito a Maria perché non si oppone al linguaggio analogico. Anzi, a partire dalla rivelazione biblica si è incoraggiati, sull'esempio stesso di Gesù, a instaurare un rapporto di unione filiale con Maria, che Gesù stesso ci ha comandato di accogliere come Madre (cf Gv 19,25 -27). Di fatto, la storia della mariologia dimostra che, a partire dalla rivelazione (Scrittura e Tradizione), l'amore fiducioso alla Vergine è andato crescendo nel popolo di Dio, sia tra i grandi dottori e teologi che tra la gente semplice[30]. E questo amore è andato crescendo man mano che la riflessione teologica, guidata dal magistero della Chiesa, ha messo in sempre maggiore rilievo lungo i secoli la singolare santità di Maria e il suo ruolo nell'opera di salvezza e di Redenzione[31].
Il nostro studio esaminerà anzitutto il linguaggio della consacrazione nella Scrittura. Poi esaminerà ciò che la Bibbia dice circa l'intervento di Maria nella storia della salvezza e nella vita di ciascun credente. Il Vangelo mostra, infatti, che tutti coloro che entrano in contatto con Maria sono santificati, vengono a trovarsi sotto l'influsso dello Spirito Santo e ricevono i doni messianici.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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L'uso dei termini consacrazione-consacrare nella Bibbia
 
Nell'Antico Testamento viene insegnato che l'uomo deve essere consacrato a Dio. Non solo  l'uomo, ma anche le cose, i luoghi, gli animali sono consacrati a Dio; il popolo di Israele è un popolo consacrato[32]. Esiste una gradazione nella consacrazione, perché evidentemente tutte queste realtà non sono consacrate a Dio nel medesimo rispetto.
 
Nel Nuovo Testamento avviene la consacrazione di tutto in Cristo, che è il consacrato e l'Unto per eccellenza (cf Gv 10,36; At 10,38). Il Messia consacra se stesso perché i suoi siano consacrati nella verità (Gv 17,19; cf anche At 4,27: Dio ha consacrato il Messia). Questa consacrazione «raggiunge ogni uomo per mezzo del Battesimo (cf 2Cor 1,21; lGv 2,20.27) ed è garantita e perenne nel sigillo dello Spirito Santo (cf 2Cor 1,22; Ef 1,13). Anzi, tutta la comunità cristiana è, in Cristo, "stirpe eletta, Sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto" (lPt 2,IO)»[33].

Nel linguaggio cristiano i termini consacrazione-consacrare derivano dal latino "sacro". Per questo, per comprenderne il giusto significato nella teologia e nella spiritualità cristiana, faremo riferimento al loro uso nella Bibbia latina, secondo l'edizione detta Vulgata, divenuta la Bibbia della Chiesa, della sua liturgia e del suo magistero[34]. Vedremo allo stesso tempo quali vocaboli ebraici e greci - le lingue originali della Bibbia - la Vulgata traduca con la radice consecr-, così da risalire al senso biblico originario di essa. Va però detto che il termine consacrazione in italiano comprende sfumature espresse nel latino sacro non solo con la radice consecr-, ma anche con altri termini, come oblatio, dedicatio o con i verbi devoveremancipare[35]. Per motivi di tempo, noi ci soffermeremo ad esaminare più estesamente solo l'uso del termine consecrare-consecratio. Il termine consacrare nell'italiano corrente significa in senso esteso riconoscere solennemente oppure dedicare, destinare interamente e solennemente; in senso religioso significa rendere sacro con un solenne rito religioso o, nella Messa, consacrare il pane e il vino cioè transustanziare le sacre Specie nel Corpo e nel Sangue di Cristo[36].
In latino cum-secrare è composto di cum cioè con, che indica il mezzo dell'azione e secrare, dasacer, sacro. Dunque significa rendere sacro solennemente mediante riti religiosi, da cui dedicare a Dio o al culto. In senso figurato può significare destinare, dedicare, convalidare.
La parola sacro deriva probabilmente dalla radice indoeuropea sac- o sak- o sag- che ha il senso di attaccare, aderire, avvincere, da cui assume il senso di cosa avvinta alla divinità[37].
a) Consecrare-consecratio
La radice consecr- (verbo e sostantivo) ricorre insieme 77 volte nella Vulgata: 48 volte il verbo e 29 il sostantivo. La Bibbia di San Girolamo non segue un uso uniforme del verbo consecrare e del sostantivo consecratio, nel senso che non traduce sempre gli stessi termini ebraici o greci. Nell'AT ebraico il concetto di consacrazione è espresso con vari verbi, ad esempio חֲנך (hanach) (Dt 20,5*2; 1Re 8,63; 2Cr 7,5; da cui il corrispondente sostantivo חֲנֻכָּה (hanuchah) dedicazione, 7 volte), מְשִיחָא (mashah) ungere, חֵרֶם (haram)votare allo sterminio e קָדַש (qadash) santificare.

A titolo esemplificativo riportiamo alcuni passi che illustrano la varietà dei termini che traduce la radice latina consecr- e che può essere utile per comprendere in che senso oggi noi parliamo diconsacrazione all'Immacolata.
Questa radice può indicare:
  1. L'atto di offerta a Dio di qualche oggetto, come l'oro, l'altare e gli oggetti per il culto. Spessoconsecrare nella Vulgata AT traduce il verbo קָדַש che nella forma qal (che è la forma verbale che dà il senso base del verbo) denota lo stato di ciò che appartiene alla sfera del sacro, che è distinto dunque da ciò che è d'uso comune o profano. Nel perfetto della forma base, qal, «designa la condizione presente (Nm 17,2) o futura (Es 29,21) dell'esser santo... L'imperfetto (qal) è ingressivo ("divenir santo"), e atemporale (Es 29,37; 30,29; Lv 6,11.20; Ag 2,12), riferito al presente (1Sam 21,6) oppure al futuro (Dt 22,9).
    La forma Piel spesso ha il significato fattitivo, ossia indica l'azione con cui si viene a produrre la condizione significata dal qal perfetto ("render santo, santificare"...); si ha inoltre, come in Es 20,8; Dt 32,51, il significato estimativo "ritenere santo" e per esempio in Es 19,23 il significato dichiarativo "proclamare santo"»[38]. «Il pual è il passivo del fattitivo: "essere reso santo", l'hitpael ne è il riflessivo: "santificarsi, consacrarsi (dell'uomo), "dimostrarsi santo" (Es 38,23 di Dio)... Nell'hifil domina il senso causativo "dedicare, offrire" con il dativo di Dio quale ricevente; si trova però anche il significato fattitivo "render santo, consacrare" (per esempio Gs 20,7; lCr 23,13; 2Cr 29,19; 30,17)»[39].
    Da un punto di vista filologico si può dire che la radice קּﬢשׁ indica già nel protosemitico (nelle due forme fondamentali *qadis e *qadus) la condizione o la qualità della santità[40]. Il significato fondamentale di "santo" non sarebbe "separato". Questo significato «è solo una derivazione: il santo viene separato dal profano, a propria protezione e a protezione da esso, e viene collocato in un temenos o simile, solo quando viene avvertita la corrispondente necessita di protezione»[41] .
    In Gdc 17,3: «consecravi et vovi argentum hoc Domino». Traduce l'espressione ebraica וַֽיְהִי־אִ֥ישׁ מֵֽהַר־אֶפְרָ֖יִם וּשְׁמ֥וֹ מִיכָֽיְהוּ׃ וַיָּ֛שֶׁב il primo è infinito assoluto hifil di קָדַש, il secondo un perfetto hifil di קָדַש la LXX ha due traduzioni: il codice A ha il sostantivo αγιασμός, con l'indicativo aoristo di αγιάζω: αγιάσμω ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω ; l'altro codice ha il participio presente e l'indicativo perfetto di αγιάζω: αγιάζουσα ηγίασα το αργύριον τω Κυρίω (cf 2Re 12,18; Gc 6,19; Gdc 17,3; ICr 18,11; 26,27; 2Cr 2,3). Mentre dunque il greco traduce con la stessa radice tutt'e due le volte, la Vulgata traduce una volta con consecrare l'altra convovere.
    Es 40,11 usa il termine consecrabis riportando l'ordine di Dio a Mosè di consacrare l'altare e gli oggetti sacri. II v. 11 va letto però con il 9 e il 10: «et adsumpto unctionis oleo ungues tabernaculum cum vasis suis ut sanctificentur (v. 10) altare holocausti et omnia vasa eius(v. 11) labrum cum basi sua omnia unctionis oleo consecrabis ut sint sancta sanctorum». 
    [...]
       b) Sanctificare-sanctificatio

È davvero sorprendente il fatto che la radice latina consecr-, sia come verbo che come sostantivo, non compaia mai nel NT della Vulgata. L'AT della Vulgata traduce con la radice consecr-, i termini greci ἁγιάζω - ἁγιασμός, che spesso, ma non sempre, traducono la radice קּﬢשׁ qds del TM. Nel NT invece ἁγιάζω - ἁγιασμός. sono tradotti dalla Vulgata con i termini sanctificare-sanctificatio[45].
Nel NT αγιάζω è usato appena 28 volte e ἁγιασμός 10. Si ritiene che il verbo αγιάζω sia un verbo denominativo, ossia che abbia origine dal sostantivo ayioc, e quindi dall'ebraico qodes o qados. Nella LXX αγιάζω traduce normalmente la radice קּﬢשׁ qds, e «indica perciò un modo di essere relativo al culto»[46] (cf. Gen 2,3; Es 13,2; 28,34; 29,21,43;  30,29; Lev 10,3, passim). A seconda delle radicali ebraiche che traduce, קּﬢשׁ qds assume un significato particolare. Nella forma hifil, causativa, ha spesso il significato di consacrare; quando invece rende la forma enfatica pielsignifica santificare. La santificazione avviene o attraverso cerimonie cultuali o attraverso feste (Es 20,8; Dt 5,12). Il soggetto è sempre una persona (Dio, il giudice, il popolo), eccetto nella forma qal, in cui può essere anche una cosa (un tabù, per esempio; cf. Nm 17,2.3). L'oggetto del verbo in genere sono i sacerdoti, il popolo, i luoghi e gli oggetti per il culto, «che attraverso la santificazione vengono sottratti alla sfera profana e trasferiti in quella del sacro. Chi commette un sacrilegio, ossia lede le persone e gli oggetti sacri, non soggiace al giudizio degli uomini, ma alla condanna, quasi sempre capitale, di Dio»[47]. Quasi mai il complemento oggetto è Dio (Nm 20,12; 27,14).

Nel NT αγιάζω è usato 17 volte al passivo e 11 volte all'attivo. Sono santificati «il nome di Dio (Mt 6,9 // Lc 11,2), i credenti (Gv 17,19b; At 20,32; 26,18; 1Cor 1,2; 6,11; 7,14; 2Tim 2,21), tutti sono santificati mediante l'unico Figlio (Ebr 2,1 lb; cf. 10,10.14), tutto ciò che Dio ha fatto (1Tim 4,5) e infine Cristo stesso, che è santificato mediante il sangue del patto (Ebr 10,29, citazione di Es 24,8). Soggetto sottinteso della santificazione nella formulazione al passivo è molto spesso Dio (passivum divinum). Solo in Ap 22,11 il passivo va tradotto come medio: "chi è santo, continui a mantenersi santo"»[48]. Nell'attivo abbiamo Dio che santifica Cristo (Gv 10,26) o i credenti (Gv 17,17; 1Tes 5,23); Cristo santifica se stesso (Gv 17,19a), i credenti (Eb 2,1 la), la Chiesa (Ef 5,26).

Di particolare rilievo è la frase del Pater noster riportata da Mt (6,9) e Lc (11,2): ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου, sanctificetur nomen tuum. Dato il contesto, si deduce che il soggetto della santificazione è lo stesso Dio. Solo Lui può santificare infatti il suo nome, attuare il suo regno, realizzare la sua volontà. L'espressione è una richiesta che la santità di Dio sia resa manifesta[49].

Va detto, con Padre A. Apollonio, che il senso di αγιάζω nel NT è «su un livello superiore» rispetto a quello che ha nell'AT, «poiché in esso (nel NT) si manifesta pienamente la consacrazione di Cristo, l'unto del Signore per antonomasia. Infatti, tutte le consacrazioni antico testamentarie erano prefigurazioni dell'unica vera consacrazione realizzatasi pienamente in Cristo, dalla quale e in vista della quale tutte le altre consacrazioni prendono consistenza»[50].

Cristo è stato santificato/consacrato dal Padre e partecipa, a sua volta, la sua consacrazione ai discepoli. In Gv 10,36 si dice: ὃν ὁ πατὴρ ἡγίασεν καὶ ἀπέστειλεν εἰς τὸν κόσμον «colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo»: così traduce l'edizione italiana delle Paoline (IEP), mentre la CEI 2008 ha: «colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo». Questa santificazione del Cristo «dimostra la sua divinità, e lo stesso vale per lo Spirito Santo (Rm 15,16)»[51]. Perciò Gesù può santificare, ossia riconciliare con Dio, i suoi discepoli, perché è il "Santo di Dio", altra espressione che indica la sua divinità[52]. Il noto brano della "preghiera sacerdotale" di Gesù di Gv 17,15-19 è reso così dalla CEI 2008: «15Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità». La Vulgata ha: «15non rogo ut tollas eos de mundo sed ut serves eos ex malo 16de mundo non sunt sicut et ego non sum de mundo 17sanctifica eos in veritate sermo tuus veritas est 18sicut me misisti in mundum et ego misi eos in  mundum 19et pro eis ego sanctifico me ipsum ut sint  et ipsi sanctificati in veritate». Il testo greco ha:  οὐκ ἐρωτῶ ἵνα ἄρῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ κόσμου ἀλλ’ ἵνα τηρήσῃς αὐτοὺς ἐκ τοῦ πονηροῦ. 16ἐκ τοῦ κόσμου οὐκ εἰσὶν καθὼς ἐγὼ οὐκ εἰμὶ ἐκ τοῦ κόσμου . 17ἁγίασον αὐτοὺς ἐν τῇ ἀληθείᾳ· ὁ λόγος ὁ σὸς ἀλήθειά ἐστιν. 18καθὼς ἐμὲ ἀπέστειλας εἰς τὸν κόσμον, κἀγὼ ἀπέστειλα αὐτοὺς εἰς τὸν κόσμον· 19καὶ ὑπὲρ αὐτῶν ἐγὼ ἁγιάζω ἐμαυτόν, ἵνα ὦσιν καὶ αὐτοὶ ἡγιασμένοι ἐν ἀληθείᾳ. 

Gesù santifica i suoi mediante il sacrificio espiatorio di se stesso. Il suo Sangue diventa lo strumento di riconciliazione dei santificati (cf. Eb 2,11; 10,29; 13,12). Dunque espiazione e santificazione sono in stretto rapporto[53].

In san Paolo il verbo ἁγιάζω è usato soprattutto in senso passivo, ed è più evidente il collegamento della santificazione con la giustificazione, piuttosto che come atto divino, avvicinandosi ancora al concetto di sacrificio. Perciò si parla spesso di coloro che sono stati santificati. Il fondamento della santificazione e della giustificazione va individuato nella «comunione battesimale con il Cristo (Rm 6,4; Col 2,12)»[54]. La santificazione è uno stato. Ciò si vede bene in 1Cor 7,14, dove leggiamo che il coniuge santo santifica l'altro coniuge pagano.

In altri testi paolini, più tardivi, il concetto di  santità è vicino a quello di purità (Ef 1,4; 5,26; Col 1,22; lTm 4,5;  2Tm 2,21).

In 1Pt 3,15 l'apostolo invita i cristiani a santificare Cristo «in quanto essi come ἅγιοι. (1,16) costituiscono il Tempio immacolato in cui dimora il Signore. Anche qui la purezza di cuore è vista come la condizione necessaria della santificazione»[55].

Dunque la Vulgata non traduce mai ἁγιάζω con consecro ma con sanctifico. Riserva il termineconsecro all'AT. Ciò potrebbe essere indizio di una scelta mirata. Se per consacrazione si intende l'azione di riservare qualcosa all'uso divino escludendola dall'uso profano, allora si potrebbe supporre che, secondo il NT della Vulgata, i cristiani non sono più solo consacrati a Dio, cioè tolti dal mondo profano e inseriti in una condizione "sacra", ma santificati nell'intimo da Dio in Cristo, mediante l'effusione dello Spirito santificatore.

Gesù è definito "Santo" dall'Angelo («Colui che nascerà sarà dunque Santo»); dagli indemoniati (che ho a che fare con te? Io so chi tu sei, il Santo di Dio). Da Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, 69e noi abbiamo creduto e abbiamo riconosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). Proprio perché Gesù è Santo, santifica anche coloro che credono in Lui. Sempre in Gv è detto che Gesù santifica se stesso e santifica nella verità i suoi. Questo potrebbe stare a significare che secondo la Vulgata i cristiani sono santificati da Dio (con il Battesimo) e che tale partecipazione è più profonda di quella che avveniva nell'AT con la consacrazione a Dio. Con la santificazione operata da Cristo mediante la sua Incarnazione (lettera agli Ebrei) e la sua offerta sacrificale l'uomo è condotto a vivere ad un livello di unione con Dio che non era possibile raggiungere prima (nell'AT).
 
San Paolo scrivendo ai Corinti li saluta così: ἡγιασμένοις ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ, τῇ οὔσῃ ἐν Κορίνθῳ, κλητοῖς ἁγίοις, «ai santificati in Cristo Gesù, chiamati [ad essere] santi» (ICor 1,2).  Poco più avanti nella medesima Lettera san Paolo ricorda ai Corinti che da pagani sono diventati cristiani e dunque sono stati santificati: καὶ ταῦτά τινες ἦτε· ἀλλὰ ἀπελούσασθε, ἀλλὰ ἡγιάσθητε, ἀλλὰ ἐδικαιώθητε ἐν τῷ ὀνόματι τοῦ κυρίου Ἰησοῦ καὶ ἐν τῷ πνεύματι τοῦ θεοῦ ἡμῶν. 12Πάντα μοι ἔξεστιν· ἀλλ’ οὐ πάντα συμφέρει. πάντα μοι ἔξεστιν· ἀλλ’ οὐκ ἐγὼ ἐξουσιασθήσομαι ὑπό τινος, «E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!».

Per questo nel cap. 7 san Paolo insegnerà che i cristiani diventano fonte loro stessi di santificazione per quelli della loro famiglia: ἡγίασται γὰρ ὁ ἀνὴρ ὁ ἄπιστος ἐν τῇ γυναικί, καὶ ἡγίασται ἡ γυνὴ ἡ ἄπιστος ἐν τῷ ἀδελφῷ· ἐπεὶ ἄρα τὰ τέκνα ὑμῶν ἀκάθαρτά ἐστιν, νῦν δὲ ἅγιά ἐστιν., «sanctificatus est enim vir infidelis in  muliere fideli et sanctificata est mulier infidelis per virum fidelem alioquin filii vestri immundi essent nunc autem sancti sunt». In questo senso si inserisce l'attività di Maria nella nostra santificazione.

Il sostantivo ἁγιασμός, è un nomen actionis derivante da ἁγιάζω. Nell'AT LXX è raro. Ricorre 9 volte, con il senso di santità o santificazione, quasi sempre in relazione al culto. Assume il senso di consacrazione nel codice "A" di Gdc 17,3: la madre di un certo Mica decide di consacrare al Signore una somma ingente di denaro presagli di nascosto dal figlio e da lui stesso restituitagli dopo la maledizione lanciata dalla madre contro il ladro. Interessante notare che in 17,5 la vulgata non traduce, come spesso nell'AT, la formula tecnica che indica la consacrazione dei sacerdoti ("riempire le mani") con il verbo consecrare, ma traduce alla lettera: Mica «implevitque unius filiorum suorum», e riempì le mani di un suo figlio, perché gli facesse da sacerdote. In Am 2,11 εἰς ἁγιασμόν traduce לִנְזִרִ֑ים, a nazirei, tradotto nazarenos dalla Vulgata.

All'interno del NT ἁγιασμός, non compare mai nei Vangeli e negli Atti. Compare 9 volte nel corpus paulinum e in lPt 1,2. Non ha alcuna corrispondenza con il sostantivo consacrazione. In tutti i casi significa santificazione o, a volte, santità. In  esso assume un forte rilievo il momento etico. È usato spesso con le preposizioni evij e evn. «L'azione espressa ἁγιασμός; e dal verbo ἁγιάζειν può partire soltanto da una persona santa, sicché può santificare se stesso soltanto chi, avendo acquistato con l'espiazione l'amicizia di Dio, si trova nello stato di santità secondo il principio formulato in Ap 22,11: ὁ ἅγιος ἁγιασθήτω ἔτι. L' ἁγιασμός. presuppone tutto un processo interiore, all'origine del quale sta il dato eminentemente religioso della riconciliazione con Dio»[56].

Possiamo ritenere, perciò, che la radice terminologica italiana consacrare corrisponda, anche se solo in parte, al concetto di ἁγιάζω - ἁγιασμός, del NT.

Riassumendo tutta questa analisi, con S. De Fiores possiamo dire che nel cristianesimo il sacro è «imperniato sulla persona di Gesù Cristo, il "Nato-santo" (Lc 1,35: τὸ γεννώμενον ἅγιον), il "Santo di Dio" (Lc 4,3-4; Mc 1,24; Gv 6,69; lGv 2,20), che rende vicino il Dio santo e fa entrare in comunione con lui. Egli è il Tempio vivo del Dio vivo (Gv 2,19.21), l'unico mediatore dell'accesso al Padre nello Spirito (1Tm 2,5; Ef 2,18). È il consacrato dallo Spirito (Lc 4,18), che si consacra al "Padre santo" (Gv 17,2)  perché a loro volta i fedeli siano consacrati (Gv 17,19)... La Chiesa è il popolo santo, consacrato e  partecipe alla santità di Cristo (lPt 2,9; Ef 5,26). Tempio di Dio è ormai l'assemblea dei battezzati e ogni singolo fedele (1Cor 3,16; 6,19; 2Cor6,16; Ef2,21)»[57].
[...] (continua)





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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_________________________________________
1 Il Santo Padre Benedetto XVI lo ha ricordato al Sinodo sulla Parola di Dio, in un suo memorabile intervento in cui esorta gli esegeti a non separare mai l'esegesi dalla teologia perché l'esegesi vera e utile alla salvezza è quella teologica (cf. L'Osservatore Romano del 19 ottobre 2008, p. 1). Il padre A. Apollonio, nel suo studio sulla consacrazione mariana da parte sua scrive in proposito: «La Vergine Maria occupa un posto centrale nella Storia della Salvezza. Tuttavia, la singolarità e l'eccellenza della Vergine non si desume né dalla quantità dei riferimenti biblico- mariologici espliciti, né da un'analisi puramente filologica dei testi, bensì da una lettura teologica delle fonti, la quale rilevi la singolarità della funzione che Maria di Nazareth svolse nell'Opera della Redenzione, al fianco del suo Figlio Gesù» (A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, inImmaculata Mediatrix 1 (2001/3) 60).
2 La legittimità dell'uso di questo termine in senso analogico viene confermata dal frequente uso fattone dai Sommi pontefici. Ricordiamo l'atto di consacrazione di tutti i sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria fatto dal papa Benedetto XVI il 12 maggio 2010 a Fatima.
3 Cf. A. APOLLONIO La consacrazione a Maria, passim.
4 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, pp. 60-62.
5 S. M. Perrella nota che Pio XII volle che la consacrazione a Maria, da lui fatta il 31 ottobre 1942, «fosse ripetuta in occasione della festa di "Maria Regina", da lui istituita e fissata al 31 maggio, confermando con questo gesto che la consacrazione mariana è legata alla sua Regalità e alla sua Mediazione» (La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea. Saggi di Teologia(Studi Mariologici 4) PAMI, Città del Vaticano 2005, p. 283, nota 477, che cita: cf. G. M. MORREALE, La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria nella dottrina di Pio  XII, Desclée, Roma 1964).
La Lumen Gentium afferma infatti: «La funzione Materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (n. 60). E ancora: «Ciò però va inteso in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore. Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo Incarnato e Redentore. Ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri, quanto dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. La Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente; essa non cessa di farne l'esperienza e la raccomanda all'amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore» (n. 62).
6 In quest'atto il Santo Padre usa una volta il verbo consacrare e una volta il sostantivoaffidamento e una volta consacrazione.
7 Così ne dava notizia l'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice: «Al termine della celebrazione, prima della benedizione conclusiva, il Santo Padre rinnoverà l'atto di affidamento e di consacrazione dei sacerdoti alla Santissima Vergine, secondo la formula usata in occasione del recente pellegrinaggio a Fatima. Tale atto avverrà davanti all'immagine originale della Madonna "Salus populi romani» (tratto da www.vatican.va/news_services/liturgy/2010/documents  /ns_lit_doc_20100610_conclusione-anno-sac_it.html).
8 San Giovanni DAMASCENO (|749 ca.), Omelia I sulla Dormizione, I, 14, in TMPM, II, p. 519, citato da S. De FlORES, Consacrazione, in Maria. Nuovissimo Dizionario, vol. I, EDB, Bologna 2006, p. 361. Cf. anche PG 96, 719.
9 S. DE FlORES, Consacrazione, p. 400, citato da A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 75.
10 S. De Fiores a proposito riconosce che il Montfort giunge a dichiarare la consacrazione a Maria «non solo inseparabile dalla consacrazione a Cristo ma addirittura a considerarla ad modum uniuse a identificarla con essa» (S. De FlORES, Consacrazione, p. 373).
11 Cf. San Luigi M. Grignion da Montfort, Trattato della vera devozione a Maria [=VD], nn. 61-62.
12 Scritti Kolbiani n. 508. In una lettera a padre Antonio Vivoda, scritta da san Massimiliano sulla nave che lo portava da Shangai ad Hong Kong, leggiamo queste parole infuocate d'amore per l'Immacolata: «Noi vogliamo essere cosi e più ancora illimitatamente ossessi da Essa, che Essa stessa pensi, parli, agisca per mezzo di noialtri. Vogliamo essere fino a quel punto dell'Immacolata che non soltanto non rimanga niente in noi che non sia di Essa, ma che diventiamo quasi annientati in Essa, cambiati in Essa, transustanziati in Essa, che rimanga Essa stessa. Che siamo così di Essa, come Essa è di Dio» (Scritti di Massimiliano Kolbe, Centro Nazionale Milizia dell'Immacolata, ENMI Editrice Nazionale M.I., Roma 1997).
13 Scrive padre A. Apollonio: «Nella prospettiva di san Massimiliano, Gesù è l'esemplare della consacrazione a Maria: "Rivolgiamo lo sguardo verso Gesù, il nostro modello più perfetto. Egli, Dio, la santità stessa, si dona all'Immacolata senza alcuna riserva, diviene suo figlio, vuole che Ella lo guidi a proprio piacere per ben trent'anni della sua vita terrena. Abbiamo forse bisogno di un incoraggiamento migliore?» (San Massimiliano M. KOLBE, Volontà di Dio e volontà dell'Immacolata, in Informator Rycerstwa Niepokalanej, IX 1938, p. 34).
14 Cf. A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
15 J. De FlNANCE, La consécration à la Sainte Vierge, Ed. Unions mariales, Paris 1946.
16 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 93.
17 Ivi, v. 68.
18 S. DE FlORES, Maria nella teologia  contemporanea, Centro di Cultura Mariana "Maria Madre della Chiesa", Roma 1991, p.  330.
19 Affidamento, secondo lo Zingarelli 2010 (s.v.), significa: «1) L'affidare. 2) Fiducia, garanzia: una persona non dà nessun affidamento. Fare affidamento su qlcu. o su qlco., contarci. Sinonimo di Assegnamento. 3) Opinione che si basa sull'apparenza di una determinata situazione di fatto o di diritto. 4) Consegna di un minore a una famiglia, a una singola persona o a un ente di assistenza che ne diventano i responsabili. 5) Concessione di credito da parte di una banca a un cliente».Affidare significa: «Dare, consegnare alla cura, alla custodia, alla capacità di una persona fidata: affidare le chiavi ad un amico; affidare la propria salute ad un bravo medico; Assegnare: gli hanno affidato un alto incarico. 2) Rendere fiducioso, sicuro. 3) Concedere fido a una persona» (idem, s.v.). Affidarsi significa: «Mettersi con fiducia nelle mani di qualcuno o confidare in qualcuno: affidarsi a un buon medico; affidarsi all'altrui discrezione, alla sorte» (idem).
20 Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano,  2002. Cf. www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc _con_ccdds_doc_200-20513_vers-direttorio_it.html.
21 Vedi l'Atto di affidamento alla Beata Vergine Maria pronunciato da GIOVANNI PAOLO II la domenica 8 ottobre 2000, in comunione con i Vescovi raccolti a Roma per il Grande Giubileo.
22 S.M. Perrella, valutando l’intervento del Direttorio sulla “consacrazione a Maria”, stranamente salta a piè pari questo paragrafo. In realtà esso è fondamentale, come abbiamo visto, perché spiega l’alto valore teologico di questa pratica. Il nostro autore passa invece direttamente al paragrafo successivo, che mette in guardia dal reale pericolo di scambiare la consacrazione con un semplice sentimento di fiducia nella Vergine. Per questo egli crede di poter accusare di mancanza di senso ecclesiale e di arretratezza teologica coloro che ancora propongono la pratica della consacrazione, secondo lui, con «forme ed espressioni obsolete», di cui però non dà alcuna esemplificazione (Maria nel post-concilio, 291).
23 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera circolare Orientamenti e proposte per la celebrazione dell'Anno mariano, p. 86.
24 Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su Pietà  popolare e Liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002.
25 II Direttorio però tace la differenza reale e sostanziale tra i termini consacrazione e affidamento. In effetti, il secondo dice molto di meno rispetto al primo.
26 Cf. L'Osservatore Romano del 14-15 maggio 2010, p. 7: «Madre amabilissima, tu conosci ciascuno per il suo nome, con il suo volto e la sua storia, e a tutti vuoi bene con la benevolenza materna che sgorga dal cuore stesso di Dio Amore. Tutti affido e consacro a te, Maria Santissima, Madre di Dio e nostra Madre» (tratto il 1 luglio 2010 dal sito: www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/M_benxvi_20100512_prayer-fat&ig... it.html).
27 Atto di  affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria. Preghiera del papa Benedetto XVI. Chiesa Santissima Trinità - Fatima Mercoledì, 12 maggio 2010. Cf. www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/prayers/documents/hf_benxvi_20l00512_affi... fatima_it.html.
28 Nelle comunità di fedeli, sia tra le persone più dotte come tra quelle dalla fede semplice e spontanea, dove vi sia una solida formazione dogmatica, biblica, mariologica e liturgica non si vede assolutamente il pericolo di una perdita del sommo valore del sacramento del Battesimo e dei suoi effetti nella vita, a causa di devoti atti di consacrazione alla Madonna. Il pericolo esiste dove non vi sia questa solida formazione cattolica, che sicuramente deve essere colmata.
29 C'è invece chi propone di sostituire il termine consacrazione con affidamento non tanto in nome di una maggiore aderenza al dato biblico, quanto in nome della mutata mentalità e sensibilità dell'uomo moderno (?!). Secondo S. M. Perrella si deve evitare di parlare di consacrazione a Maria. Il termine consacrazione va riservato solo a Dio. Questa sarebbe una esigenza scaturita dalla riforma liturgica, che viene da una rinnovata teologia (ci domandiamo: cosa significa "rinnovata teologia"? Una Teologia "rinnovata" deve necessariamente essere "in rotta" con la Tradizione?). Perrella alla fine però ammette che il popolo di Dio che si vuole consacrare a Maria deve essere ben istruito, in particolare deve saper che la consacrazione a Maria è in analogia con quella fondamentale a Dio (cf. Id., La consacrazione alla Madre del Signore: un atto martiriale per il Regno. La testimonianza di San Massimiliano M. Kolbe, in Miles Immaculatae 35 (1999/1) 147-228, citazione a p. 206). A noi basti pensare invece che il Papa di recente ha consacrato tutti i sacerdoti del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Inoltre, il Direttorio, come abbiamo appena visto, fa, sì, quell'osservazione sull'improprietà con cui a volte è usato il termine consacrazione, tuttavia dà solo un'indicazione pastorale, senza dare una direttiva definitiva sull'abolizione del termine consacrazione in riferimento a Maria. Anzi, dà delle indicazioni pratiche per coloro che hanno cura pastorale, esortando a «istruire i fedeli sulla sua natura...» (Direttorio, n. 204).
30 Cf. opere specifiche: articoli di padre Stefano M. Manelli su Maria nella storia della salvezza, pubblicati in vari numeri di Immaculata Mediatrix; S. M. RAGAZZINI, Maria vita dell'anima. Itinerario mariano alla Santissima Trinità, Casa Mariana Editrice, Frigento 1984; S. De FlORES, Storia della Mariologia.
31 Cf. articolo di A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, in cui l'Autore fa una sintetica ma densa storia della consacrazione alla Madonna.
32 Scrive perciò bene B. MORlCONI: «La consacrazione è un concetto comune a tutte le espressioni religiose e può riguardare cose, luoghi e persone che hanno una relazione speciale con la divinità (con il sacro), nel senso di "separate" per essa o ad essa "dedicate". Nell'Antico Testamento riguarda, di fatto, oggetti, luoghi e persone scelti e dedicati a Yahweh per mezzo di un rito di unzione»: Maria modello di consacrazione nel Nuovo Testamento, in La Vergine Maria e la vita consacrata (Convegni mariani, n° 15), Centro di Cultura Mariana, Roma 1995, p. 30.
33 B. MORICONI, Maria modello di consacrazione, p. 31. 
34 Curata da san Girolamo alla fine del IV secolo e agli inizi del V per ordine di papa san Damaso allo scopo di evitare la confusione creata dalle numerose versioni latine esistenti. Fu un vero punto di riferimento per la Chiesa. Durante il Concilio di Trento venne proclamata testo giuridicamente autentico (8 aprile 1856), e da Pio XII nella Divino afflante Spiritu testo da usare nelle catechesi e nelle dispute teologiche: «Questa preminente autorità, ovvero, come suol dirsi, autenticità della Volgata fu dal Concilio decretata non già principalmente per motivi di critica, ma piuttosto per l'uso legittimo che se ne fece nelle Chiese lungo il corso di tanti secoli: il quale uso dimostra che essa, nel senso in cui la intese e intende la Chiesa, va affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi. Da questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma, proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare. Perciò quell'autenticità va detta non critica, in prima linea, ma piuttosto giuridica» (Pio XII, Divino afflante Spiritu, cap. II, § 1).
35 Scrive F. Ciardi: «I Padri e i teologi conciliari hanno utilizzato il verbo "consacrare" per indicare l’azione di Dio e il verbo "devovere" o "mancipare" per indicare l’azione o la risposta dell’uomo. Il testo chiave è Lumen Gentium 44: il religioso con la professione dei consigli evangelici "divino obsequio intimius consecratur". Ad un Padre che chiedeva di esplicitare ulteriormente quel "consecratur" la Commissione teologica rispondeva – dando così una interpretazione autorevole al testo – che "consecratur" è "sub forma passiva. subintelligendo ‘a Dio’… consacrare indicat actionem divinam; pro actione umana dicendum est devovere vel mancipare". Per altri testi cf. Perfectae Caritatis 5 e 11». Tratto il 9 maggio 2011 da: www.christusrex.org/www1 /omi/qdv4.htm.
36 Cf. N. Zingarelli, Lo Zingarelli 2010. Vocabolario della lingua italiana, Ed. Zanichelli 2009, s.v. Cf. anche A. Apollonio, La consacrazione a Maria, 49-51, dove cita 8 significati su 16 che vengono dati al termine consacrare da S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. III, UTET, Torino 1971, s.v., 580.
37 Secondo altri potrebbe derivare dalla radice sanscrita sac-ate, che significa seguire,accompagnare e a volte adorare, dunque servireonorare la divinità (cf. www.etimo.it/?term=sacro&find=Cerca).
38 Mueller, col. 532.
39 Mueller, col. 533.
40 H.-P. Mueller, קּﬢשׁ, in E. JENNI-C. Westermann, Dizionario Teologico dell'Antico Testamento, Marietti, Casale Monferrato 1982, col. 532.
41 Mueller, col. 531.
[...]
45 Non sembra tuttavia corretto assimilare sic et simpliciter il termine consecro con sanctifico. Non sempre i due termini vanno considerati sinonimi. Infatti, nell'AT sono, sì, presenti tutte e due le terminologie, ma non sempre hanno lo stesso significato e non sempre traducono gli stessi termini ebraici o greci.
46 O. PROCKSCH, ἁγιάζω, in GLNT, Paideia, Brescia 1965, col. 299.
47 Ivi, col. 300.
48 H. BALZ, ἅγιος;, in H. BALZ-G. SCHNEIDER (a curadi), Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento,  vol. I, Paideia, Brescia 1995, col. 45.
49 Cf. Idem.
50 A. APOLLONIO, La consacrazione a Maria, p. 53.
51 H. BALZ, ἅγιος, p. 45.
52 Cf. O. PROCKSCH, ἅγιος, pp. 272-273. 
53 Cf. O.  PROCKSCH, ἁγιάζω, pp. 301-302.
54 Ivi, p. 303.
55 Ivi, p. 304.
56 O. PROCKSCH, ἁγιασμός, p. 305.
57 S. De FlORES, Consacrazione, p. 382.

   



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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17/08/2015 08:34
 
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  l'articolo che segue è una pacata e legittima critica filiale ad alcune scelte fatte dal Papa Francesco come, ad esempio quella che abbiamo segnalato qui: il Papa quest'anno rinuncia alla Messa della Solennità dell'Assunta al Cielo..... una scelta inaudita anche perchè non è stata fornita alcuna spiegazione e il Papa - grazie a Dio - gode ottima salute, unica motivazione questa che, se fosse stato male, avrebbe potuto giustificare la mancata celebrazione liturgica pubblica....



Danilo Quinto. La Madonna «ingannata»

 
 
L'articolo che pubblichiamo oggi segue i lavori di p. Settimio e p. Stefano Manelli, pubblicati nei giorni scorsi, dedicati alla Consacrazione mariana[qui e qui], che ci hanno fatto raggiungere vette di contemplazione sublimi...
Ora il testo di Danilo Quinto ci riporta con i pedi per terra, riallacciandosi all'attuale temperie ecclesiale. Nello stesso tempo, esso è l'espressione di un sentire limpidamente e profondamente cattolico, che urge continuare a riaffermare e non genericamente, ma proprio in riferimento a verità di fede fondanti, omesse o sfigurate. Si tratta di un'esigenza ineludibile se si vuol continuare a mantenere la rotta nonostante ciò che vediamo e ascoltiamo ogni giorno.
Aggiungo solo una citazione per amore di verità. Riguarda Giovanni Paolo II, come vederemo di seguito impropriamente ed arbitrariamente richiamato da Bergoglio, quando invece era lontano anni luce da certe boutades umanizzanti che svuotano della sua essenza sia il mistero dellaRedenzione di Cristo Signore che quello della Corredenzione della Vergine. Cito dalla Redemptoris Mater, 14 :
« ...le parole di Elisabetta: «E beata colei che ha creduto» non si applicano solo a quel particolare momento dell'annunciazione. Certamente questa rappresenta il momento culminante della fede di Maria in attesa di Cristo, ma è anche il punto di partenza, da cui inizia tutto il suo «itinerario verso Dio», tutto il suo cammino di fede. ...Credere vuol dire «abbandonarsi» alla verità stessa della parola del Dio vivo, sapendo e riconoscendo umilmente «quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi einaccessibili le sue vie» (Rm 11,33). Maria, che per l'eterna volontà dell'Altissimo si è trovata, si può dire, al centro stesso di quelle «inaccessibili vie» e di quegli «imperscrutabili giudizi» di Dio, vi si conforma nella penombra della fede, accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno divino. Mediante questa fede Maria è perfettamente unita a Cristo nella suaspoliazione. ... Ai piedi della Croce Maria partecipa mediante la fede allosconvolgente mistero di questa spoliazione. È questa forse la più profonda «kenosi»della fede nella storia dell'umanità. Mediante la fede la madre partecipa alla morte del Figlio, alla sua morte redentrice; ma, a differenza di quella dei discepoli che fuggivano, era una fede ben più illuminata. Sul Golgota Gesù mediante la Croce ha confermato definitivamente di essere il «segno di contraddizione», predetto da Simeone. Nello stesso tempo, là si sono adempiute le parole da lui rivolte a Maria: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima» ».

La Madonna «ingannata»
 
Lo Spirito Santo, che il Figlio di Dio ci ha lasciato in dono, ci ha protetti nel giorno dedicato all’Assunzione di Maria in Cielo, evitando che Bergoglio celebrasse questo giorno glorioso con una Santa Messa e con una sua predica. La Madre di Dio, questa volta, è stata ricordata solo con l’Angelus, concluso con un «Buon pranzo!», com’è nella tradizione di questi tempi grami e torbidi. Il «Sia lodato Gesù Cristo», che per secoli e secoli ha segnato il saluto del Vicario di Cristo al suo gregge, è abolito, per fare posto al saluto che si può rivolgere ad un conoscente nella piazza del Paese.
Almeno questa volta, comunque, abbiamo scampato il peggio. È difficile dimenticare quanto Bergoglio disse nella meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, il 20 dicembre 2013, quando affrontò il passo del Vangelo di Luca (1, 26-38), che incardina nei cristiani l’amore per il progetto di Dio, attraverso la mediazione della Madonna. “L’Osservatore Romano” del giorno dopo resocontò l’omelia come segue:
«[...] È un “mistero” che, ha proseguito, “non possiamo spiegare. Ma quando non c’è silenzio nella nostra vita il mistero si perde, va via”. [...] Il Papa ha poi dato voce “al silenzio della Madonna ai piedi della croce”, a ciò che passava per la sua mente come — ha ricordato — aveva fatto anche Giovanni Paolo II. In realtà, ha precisato, il Vangelo non riporta alcuna parola della Madonna: Maria “era silenziosa, ma dentro il suo cuore quante cose diceva al Signore” in quel momento cruciale della storia. Probabilmente Maria avrà ripensato alle parole dell’angelo che “abbiamo letto” nel Vangelo riguardo a suo Figlio: “Quel giorno m’hai detto che sarà grande! Tu mi ha detto che gli darai il trono di Davide suo padre e che regnerà per sempre! Ma adesso lo vedo lì”, sulla croce. Maria “con il silenzio ha coperto il mistero che non capiva. E con il silenzio ha lasciato che il mistero potesse crescere e fiorire” portando a tutti una grande “speranza”. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”: le parole dell’angelo a Maria, ha detto ancora il Pontefice, ci assicurano che “il Signore copre il suo mistero”. Perché “il mistero del nostro rapporto con Dio, del nostro cammino, della nostra salvezza non può essere messo all’aria, pubblicizzato. Il silenzio lo custodisce”. Papa Francesco ha concluso la sua omelia con la preghiera che “il Signore ci dia a tutti la grazia di amare il silenzio, cercarlo, di avere un cuore custodito dalla nube del silenzio. E così il mistero che cresce in noi darà tanti frutti”».
Anche il giornale del Papa ebbe pudore, in quell’occasione e preferì in parte modificare e in parte omettere la frase più importante detta da Bergoglio in quella circostanza. L'avevamo letta dal resoconto di Radio Vaticana
«Era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore! “Tu, quel giorno – questo è quello che abbiamo letto – mi hai detto che sarà grande; tu mi ha detto che gli avresti dato il Trono di Davide, suo padre, che regnerà per sempre e adesso lo vedo lì!”. La Madonna era umana! E forse aveva la voglia di dire: “Bugie! Sono stata ingannata!”».
In molti affermano che le omelie a Santa Marta, le prefazioni ai libri, le interviste, non costituiscono Magistero. D’accordo. D’altra parte, in questa circostanza, il Papa fa solo un’ipotesi e sostiene che la Madonna, in quanto persona umana, davanti alla Croce, forse avrebbe voluto dire a Dio «Bugie! Sono stata ingannata!». Cosa vogliamo che sia. Una boutade!
 
Colei che secondo il Papa può pensare di dire a Dio «Bugie! Sono stata ingannata!», è colei che indica all’umanità la strada della salvezza. «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38) dice Maria all’Angelo Gabriele, che le annuncia che Ella ha «trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). Maria si abbandona alla volontà di Dio. Lo fa con fede viva, oltre che con purezza, umiltà, candore, obbedienza. In Lei, però, non c’è servilismo. Lei ascolta le parole l’Angelo con attenzione, riflette e su quello che non comprende e pone delle domande. La Sua obbedienza a Dio è frutto della Sua scelta di libertà. È questa l’essenza del Cristianesimo e ce la insegna per prima Maria. Da quel momento, Lei diviene custode della Verità rivelata, mediatrice tra l’umanità e Dio, attraverso il Figlio che il Suo grembo immacolato porterà alla luce. Scrive Giuseppe Ricciotti (1890-1964) [71]: «Come nel precedente episodio di Zacharia, abbiamo anche qui l’apparizione inaspettata ed il turbamento di chi la contempla; ma questa volta il turbamento è prodotto, non dalla visione in sé, bensì dalle grandiose parole udite ch’erano stimate sproporzionate alla destinataria. Era dunque il turbamento dello spirito ch’è umile ed ha coscienza della propria bassezza».
 
Diceva San Giovanni Bosco, del quale ieri ricorreva il centenario della nascita: «È quasi impossibile andare a Gesù se non ci si va per mezzo di Maria». Aveva compreso la grandezza umile di questa donna, toccata e scelta da Dio per generare immacolata Suo Figlio, per custodirLo e assisterLo nella Sua infanzia, nella Sua adolescenza, fino all’età della Sua predicazione, per starGli accanto sempre, fino alla Sua morte, con sofferenza dignitosa e ferma, per vederLo, per prima, risorto. «Non hanno più vino» (Gv 2,3), dice a Cana, Maria a Gesù, che Le risponde «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). La risposta di Suo Figlio sembra indicare che il Suo intervento, in quel momento, non rientrasse nel disegno divino, ma l’intervento di Maria, Lo induce ad esaudire la Sua richiesta. Maria dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Si compie così il primo miracolo di Gesù, che ci consegna un insegnamento fondamentale: la potenza dell’intercessione di Maria presso Dio, che darà ascolto a tutte le domande che Gli giungeranno attraverso la Mediatrice. L’invito di Maria ai servi è rivolto a ciascun essere umano. Maria implora l’umanità di seguire la volontà di Suo Figlio. Di amarLo, così come Lei Lo ha amato. È il messaggio della salvezza.
 
Quella salvezza passa per la Croce, a ridosso della quale si trovava Maria. Con quale disposizione d’animo? Vediamo come Giuseppe Ricciotti descrive quei momenti:
«Nel gruppo più vicino stava dunque, insieme al discepolo prediletto, la madre di Gesù. Era un conforto quella vista per il crocifisso? Come a lei era impedito dai soldati di avvicinarsi a lui, così a lui i chiodi impedivano ogni gesto verso di lei. Potevano comunicare fra loro solo con lo sguardo: a Maria, la voce era impedita dal pianto, a Gesù dall’estrema debolezza. La madre guardava il figlio, e forse pensava che quelle membra si erano formate nel seno di lei in maniera unica al mondo, mentre adesso erano divenute oggetto di sommo spavento: il figlio guardava la madre, e forse pensava che quella donna era stata proclamata benedetta fra le donne, mentre adesso era divenuta oggetto di somma pietà. Ma ad un certo punto il crocifisso, raccolte alquanto le forze e accennando alla madre con la testa, disse: “Donna, ecco il tuo figlio”; poi, accennando al discepolo prediletto: “Ecco la tua madre”. In questo suo testamento il morituro univa per sempre i suoi più grandi amori terreni, la donna di Bethlehem e il giovane che aveva sentito battere il cuore di lui nell’ultima cena. Da quel giorno, Giovanni prese in casa sua Maria».
In questi momenti, descritti in modo così mirabile dal più grande biografo di Gesù, Maria forse avrebbe potuto pensare, da umana, di essere stata ingannata da Dio! L’intera pastorale post-conciliare ha avuto l’obiettivo di umanizzare, di addomesticare anche il Nuovo Testamento, il messaggio della salvezza eterna, alle esigenze di comprensione e spiegazione umana. Gesù non ragiona mai con i parametri degli uomini. Ammaestra gli uomini e indica loro la strada della santificazione personale secondo la Parola di Suo Padre, che è di origine divina, non umana. Non si può comprendere questa Sua Parola, il Suo essere nella storia dell’uomo, secondo le logiche umane, estranee a quelle di Dio. Il silenzio della Madonna è dovuto al fatto che Ella accoglie senza alcuna riserva l’iniziativa libera di Dio nei Suoi confronti.
 
Maria a Fatima dice: «Il mio Immacolato Cuore sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio». Viene proclamata una certezza, già annunciata da Dio al Demonio, quando questi aveva insidiato la prima donna e l’aveva indotta al peccato. Dio disse: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3,15). Il disegno di Dio per la salvezza dell’umanità dal peccato originale, si compie nel momento in cui l’Angelo Gabriele Le porta la notizia da parte di Dio. Si compie quando Maria si abbandona docile alla Sua volontà. Inizia sin d’allora l’azione del Suo Cuore Immacolato, che genera il Salvatore del mondo, Colui che schiaccerà la testa del serpente. Abbracciando Maria, si abbraccia Suo Figlio. Si sta con Lei, silenziosa e piangente, sotto quella Croce, dove Cristo, dandoci Sua madre come Madre nostra, manifesta l’amore per i suoi fino alla fine (Gv 13,1). «La Vergine Addolorata» – scrisse Padre Pio da Pietrelcina il primo luglio 1915 - «ci ottenga dal suo santissimo Figliuolo di farci penetrare sempre più nel mistero della croce ed inebriarci con lei dei patimenti di Gesù. La santissima Vergine ci ottenga l'amore alla croce, ai patimenti, ai dolori... Sforziamoci... di tenere sempre dietro a questa benedetta Madre, di camminare sempre appresso ad ella... Associamoci sempre a questa sì cara Madre: usciamo con essa appresso Gesù fuori di Gerusalemme». Il 7 luglio 1913, aggiunse: «Adesso mi sembra di penetrare quale fu il martirio della nostra dilettissima Madre, il che non mi è stato possibile per lo innanzi. Oh se gli uomini penetrassero questo martirio! Chi riuscirebbe di compatire questa nostra sì cara corredentrice? Chi le ricuserebbe il bel titolo di ‘regina dei martiri’?».
 
Ci permettiamo di aggiungere: quale uomo potrà mai credere che la Madre del Signore, avvolta nel suo silenzio e lacerata dal suo dolore per suo Figlio e compartecipe fin dall’inizio di quel mistero, tanto che nel sensus fidei della Chiesa è ben presente il suo ruolo di Corredentrice, abbia potuto pensare per un solo istante che Dio l’avesse ingannata? Ci permettiamo anche di chiedere: tacere rispetto a queste invenzioni blasfeme che vengono propinate, è o no un peccato grande davanti agli occhi di Dio?
Danilo Quinto


 








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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Paolo di Tarso e Maria di Nazaret
   

Si affronta in questo testo, un vero saggio, la dottrina dell’Apostolo per la mariologia.
  

È raro trovare l’accostamento di Paolo di Tarso a Maria di Nazaret, due figure bibliche senza evidente legame o necessario richiamo. Basti consultare il Dizionario di Paolo e delle sue lettere (G.F. Hawthorne, C.R. Martin e D. Reid, a cura di R. Penna, San Paolo 2000, pp. 1.886, € 61,97), per accorgersi che il nome di Maria è completamente ignorato, anche come donna che ha generato il Figlio di Dio (Gal 4,4), passo saltato perfino nella voce Lettera ai Galati.

A prima vista sembra che in realtà non ci sia niente di comune tra i due personaggi di rilievo nella Chiesa delle origini. Paolo è il missionario teologo, l’apostolo delle genti e il rappresentante di un cristianesimo libero dalla legge di Mosè e aperto all’ellenismo; Maria è una donna tenuta in grande considerazione come madre di Cristo, ma professante come Pietro e Giacomo un giudeo-cristianesimo fedele alle prescrizioni legali in seno alla comunità di Gerusalemme.

Inizio della Lettera ai Galati. Pagina miniata del sec. XIII, Biblioteca braidense, Milano.
Inizio della Lettera ai Galati. Pagina miniata del sec. XIII, Biblioteca braidense, Milano (
foto Archivio Storico San Paolo).

Eppure il legame tra Paolo e Maria esiste, dal momento che dobbiamo all’Apostolo il primo testo del Nuovo Testamento dove si parla di Cristo come «nato da donna» (Gal 4,4). Riflettendo sul piano della salvezza e in particolare sull’incarnazione, Paolo non può fare a meno di riferirsi a quella donna d’Israele che ha generato il Messia.

Il quadro normativo per l’annuncio di Maria nella Chiesa. Come è risaputo, i discorsi kerigmatici di Pietro (At 2,14-39; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32; 10,34-46) e di Paolo (At 13,16-30; 17,22-31), mirano a comunicare il contenuto essenziale della storia della salvezza: Cristo morto e risorto. Solo una volta si fa riferimento all’attività sanatrice ed esorcistica di Gesù dopo il battesimo di Giovanni (At 10,38) e solo una volta si menziona la discendenza davidica di Cristo: «Dalla discendenza di lui [Davide], secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore» (At 13,23).

In questa prima fase non si nomina mai Maria. La ragione di questo silenzio sulla Madre di Gesù è comprensibile: essa rientra nel più vasto silenzio circa l’intero arco della vicenda storica di Cristo (che sarà oggetto di considerazione accurata da parte degli evangelisti), perché il centro d’interesse degli apostoli è l’annuncio del mistero pasquale.

Fratelli Linnich, San Paolo (part., sec. XX), vetrata del Tempio di san Paolo, Alba (Cuneo).
Fratelli Linnich, San Paolo (part., sec. XX), vetrata del Tempio di san Paolo, Alba (Cuneo – foto E. Necade).

Paolo rompe il silenzio su Maria offrendo in Gal 4,4 la più antica testimonianza mariana del Nuovo Testamento, che risale al 49 o al massimo al 57 dopo Cristo, cioè una ventina d’anni dopo l’Ascensione.

Occasione della lettera ai Galati è l’infiltrazione nelle comunità della Galazia in Asia Minore (attuale Turchia) di alcuni cristiani giudaizzanti, che insegnavano la validità della legge giudaica per nulla abolita da Cristo. A questi Paolo oppone il suo Vangelo, ossia la salvezza mediante la fede in Cristo. Da autentico teologo, Paolo pone il dilemma: chi ci salva, Cristo o la legge? Se la salvezza viene dalla legge, allora «Cristo è morto invano» (Gal 2,21). Ma se Cristo è il salvatore, allora la legge perde la sua funzione e necessità, sicché le genti possono credere ed essere battezzate senza passare dall’obbedienza alle prescrizioni mosaiche. Con questa soluzione, che raccoglie l’accordo degli apostoli e comunità, il cristianesimo cessa di essere un semplice gruppo ebraico (pur mantenendone la fede monoteistica e la profonda spiritualità), e diviene una comunità universale.

In tale contesto polemico contro i giudaizzanti, Paolo introduce il testo di alto interesse cristologico in cui si fa menzione «tangenzialmente e in forma anonima» di Maria, la «donna» dalla quale nacque Gesù: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4).

Boccardino da Firenze, La Trinità, miniatura del sec. XVI, Basilica di san Pietro, Perugia.
Boccardino da Firenze, La Trinità, miniatura del sec. XVI, Basilica di san Pietro, Perugia (foto Lores Riva).

Nonostante la sua laconicità, tale testo è considerato di altissimo interesse mariano, quasi «una mariologia in germe», in quanto «nucleo germinale» aperto «alle successive acquisizioni del Nuovo Testamento».

Lo storico dei dogmi mariani Georg Söll giunge ad affermare: «Dal punto di vista dogmatico l’enunciato di Gal 4,4 è il testo mariologicamente più significativo del NT, anche se la sua importanza non fu pienamente avvertita da certi teologi di ieri e di oggi. Con Paolo ha inizio l’aggancio della mariologia con la cristologia, proprio mediante l’attestazione della divina maternità di Maria e la prima intuizione di una considerazione storico-salvifica del suo significato».

L’importanza del testo paolino è data dal fatto che esso ha una struttura trinitaria ed insieme storico-salvifica.

Paolo ricorre chiaramente allo schema di invio. Il soggetto della frase è il Padre, che determina lapienezza del tempo, cioè il tempo propizio alla salvezza dopo il periodo di sudditanza e di maturazione (Gal 4,1-2), e decide l’invio di suo Figlio. Questi, che preesiste per poter essere inviato, viene nel tempo secondo due modalità e finalità intimamente connesse e contrapposte: nasce in condizione di fragilità (nato da donna) edi schiavitù (nato sotto la legge) in vista della liberazione dalla schiavitù (per riscattare coloro che erano sotto la legge) e del dono della figliolanza divina reso possibile dallo Spirito (perché ricevessimo l’adozione a figli, Gal 4,6).

San Paolo, miniatura del sec. XVI, Certosa di Pavia.
San Paolo, miniatura del sec. XVI, Certosa di Pavia (foto Tagliabue).

Maria è la donna che inserisce il Figlio di Dio nella storia in una condizione di abbassamento, ma ella è situata nella pienezza del tempo e si trova coinvolta nel disegno storico-salvifico della trasformazione degli uomini in figli di Dio.

Nei due versetti (Gal 4,4-6) sono presenti le persone della Trinità in un orizzonte storico-salvifico, sicché si può giustamente osservare che la donna da cui nasce Cristo è incomprensibile al di fuori della sua relazione con le tre persone divine e con la storia della salvezza.

Il «mistero» della donna in Gal 4,4ss è totalmente inserito in un disegno cristologico-trinitario-ecclesiale e posto a garanzia dell’effettiva libertà dei figli di Dio.

La donna, di cui non si menziona neppure il nome, è interamente al servizio dell’evento salvifico che impegna la Trinità intera ed è a vantaggio di tutti gli uomini.

Potremmo dire che Maria è coinvolta nel «complotto» di Dio, meglio nel suo misterioso e sorprendente «disegno», per la salvezza degli esseri umani: «[Maria] è colei che porta in sé Gesù Cristo; ma non vuole conservarlo per sé, perché infine è colei che lo porta al mondo: in questo senso partecipa – come la Chiesa – a quello che si potrebbe chiamare il "complotto" di Dio per salvare il mondo, e si può celebrarla come quella che ha introdotto segretamente tra gli uomini il Cristo, nel quale il regno di Dio è presente».

Paolo tra i Galati, miniatura del sec. XIII, Biblioteca marciana, Venezia.
Paolo tra i Galati, miniatura del sec. XIII, Biblioteca marciana, Venezia (foto S.a.i.e.).

Il genere paradossale per parlare della Madre di Cristo. Nello stesso breve passo di Gal 4,4 Paolo ricorre al genere paradossale, a lui caro (1Cor 1,21-31; 2Cor 5,21; 8,9; Rm 8,3-4), mettendo insieme realtà contrastanti (paradosso, dal greco pará dóxa = a lato dell’opinione): schiavitù-redenzione, fragilità-figliolanza divina. Esiste in realtà un rapporto antitetico tra la modalità con cui il Figlio di Dio si presenta al mondo e la finalità della stessa sua venuta.

In pratica Paolo applica all’invio del Verbo nella condizione umana la legge storico-salvifica dell’abbassamento-esaltazione che lega la prima alleanza al definitivo Testamento.

Il ribaltamento delle sorti è il messaggio del libro di Ester, dove questa è intronizzata e Vasti ripudiata, Mardocheo è esaltato e Amman ucciso. Soprattutto nel Servo di JHWH si realizza l’antitesiabbassamento-esaltazione: egli è umiliato con la persecuzione e la sofferenza, ma poi viene «esaltato e molto innalzato» (Is 50,6; 52,13).

Quando la comunità cristiana cerca un principio che renda comprensibile la vicenda di Gesù, lo trova nello schema del giusto sofferente ed esaltato. In questa linea si svolge il celebre inno cristologico pre-paolino di Fil 2,6-11, dove si passa dalla fase di umiliazione che raggiunge il climax nella morte di croce all’esaltazione di Gesù come Signore.

Il Bergognone, Maria e donne sotto la croce (1512), ex monastero benedettino di Brugora di Besana (Milano).
Il Bergognone, Maria e donne sotto la croce (1512), ex monastero benedettino
di Brugora di Besana (Milano – foto Censi).

Di fronte al testo di Paolo sorgono spontaneamente alcuni interrogativi: come può Cristo «sottomesso alla legge» liberare quanti attendono di esserne affrancati? E come può un «nato da donna» come tutti gli esseri umani conferire la dignità di figli di Dio?

Paolo non scioglie questi enigmi, ma lascia aperto il discorso circa il modo con cui Cristo viene al mondo (per es. verginalmente e nella potenza dello Spirito, come specificheranno i Vangeli dell’infanzia) o è sottoposto alla legge (cioè volontariamente, senza essere obbligato). Il discorso rimane aperto anche circa il tempo, quando si passerà dall’umiliazione all’esaltazione; tale passaggio avverrà sicuramente per Paolo nel mistero pasquale, ma nel passo di Gal 4,4 esso rimane implicito.

Maria è accomunata alla kenosi del Figlio, cioè alla sua incarnazione in stato di svuotamento e di debolezza, di cui lei diviene elemento indispensabile.

Quattro secoli più tardi Agostino riconoscerà in Maria la madre della «debolezza» di Cristo, «non della sua divinità», avendolo generato nella condizione umana. Del resto gli studi biblici e teologici nel Novecento contestualizzeranno la Vergine di Nazaret nella storia spirituale del suo popolo piccolo, disprezzato e calpestato dalle grandi potenze. Ella fa parte dei «poveri di JHWH», apice spirituale d’Israele, come donna in ascolto di Dio che si rivela, al quale fa il dono totale di sé.

Pur avendo generato il Signore dell’universo, ella conduce una vita senza privilegi terreni, in situazione di povertà e di assenza di qualsiasi potere e influsso. La sua suprema kenosi è raggiunta sul Calvario quando sperimenta la spada del dolore. Tuttavia il principio kenotico «sarebbe monco e incompleto qualora non venisse attribuita alla Madre di Gesù anche la sua necessaria conseguenza che è l’esaltazione».

Lkenosi di Cristo, cui partecipa Maria, non è che il primo pannello di un dittico che contempla anche la condizione glorificata di entrambi. Il theologumeno storico-salvifico dell’abbassamento-esaltazione che la Vergine applica alla sua vicenda nel Magnificat (Lc 1,47-48), può tradursi oggi con emarginazione-promozione, passività-inserimento attivo nella storia, vuoto di valori-pienezza di significato: Dio ha trasformato la sua insignificanza in momento di salvezza messianica. L’immagine kenotica di Maria controbilancia la tendenza glorificatrice di lei, che la privava della sua consistenza concreta di donna inserita nella storia dell’ebraismo, giungendo ad una certa disumanizzazione della sua figura.

Stefano De Fiores, smm
   

Invito all’approfondimento: F. Manzi, Tratti mariologici nel "Vangelo" di Paolo, in Theotokos, VIII (2000), pp. 649-689; A.M. Serra, Nato da donna, Servitium 1992, pp. 405, € 25,82.


 

 


  fatti e persone, breve notiziario 2010


«L’IMMACOLATA CI LIBERI DAL MALE
CHE CI INTOSSICA OGNI GIORNO»


Ricordiamo le forti parole del Papa sull’inquinamento morale causato dai mass media. Davanti all’Immacolata di Piazza di Spagna  Benedetto XVI ha rilevato che «...nel cuore delle città cristiane Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricordano la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli...

Cosa ricorda a tutti noi con la sua presenza? Ricorda che "dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20) – come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.

Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della grazia sul peccato e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili...

Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso! I mass media tendono a farci sentire sempre "spettatori", come se il male riguardasse solamente gli altri e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti "attori" e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri...

Maria immacolata ci aiuti a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. È la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. "Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia..."».

(L’Osservatore Romano, 9.10.2009) 
  

 
   

«...ESORTIAMO AL PIO ESERCIZIO DEL ROSARIO
NELLE CASE, NELLE FAMIGLIE»

  
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Carpineto Romano (5 settembre) nel ricordo della nascita di Leone XIII (18102010) – a cui è legata la prima grande enciclica sociale Rerum novarum – ci ripropone la figura del Pontefice che in epoca moderna maggiormente inculcò la devozione al rosario. Papa Gioacchino Pecci (foto) infatti scrisse undici encicliche su Maria e il rosario. Tanto che «per Papa Leone la Madonna è stata Mater rerum novarum, ovvero generatrice di una nuova ottica cristiana» (Avvenire, 28.7.2010). Citiamo dalla prima di esse, dalla Supremi apostolatus.

«...Voi vedete le incessanti e gravi lotte che travagliano la Chiesa. Voi vedete che la pietà cristiana, la pubblica moralità, e la stessa fede, il più grande dei beni e fondamento di tutte le altre virtù, sono esposte a pericoli sempre più gravi... La necessità del divino aiuto non è certamente minore oggi di quella che era sentita quando il grande san Domenico, a guarire le ferite della società, introdusse la pratica del rosario mariano. Egli, illuminato dall’alto, vide chiaramente che ai mali del suo tempo non vi era rimedio più efficace che ricondurre gli uomini a Cristo, che è "via, verità e vita", mediante la frequente meditazione della redenzione da lui operata; e interporre presso Dio l’intercessione di quella Vergine, a cui fu concesso di "annientare tutte le eresie".

Per questo motivo egli dispose la pratica del rosario in modo che fossero successivamente ricordati i misteri della nostra salvezza, e a questo dovere della meditazione s’intrecciasse come un mistico serto di salutazioni angeliche, intercalate dalla preghiera a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

Noi dunque, che andiamo ricercando un uguale rimedio a non diversi mali, non dubitiamo che la stessa preghiera, introdotta dal santo Patriarca con così notevole vantaggio per il mondo cattolico, tornerà efficacissima nell’alleviare anche le calamità dei nostri tempi.

In considerazione pertanto di queste ragioni esortiamo caldamente tutti i cristiani a compiere, senza stancarsi, il pio esercizio del rosario, o pubblicamente o in privato, nelle loro case e famiglie...».
   

 
   

«LA SICILIA È COSTELLATA
DI SANTUARI MARIANI»

  
Nella sua storica visita a Palermo il 3 ottobre Benedetto XVI ha ricordato l’amore dei siciliani verso Maria immacolata.

«...In questo momento di profonda comunione con Cristo, presente e vivo in mezzo a noi e in noi, è bello, come famiglia ecclesiale, rivolgerci in preghiera alla sua e nostra madre, Maria santissima immacolata.

La Sicilia è costellata di santuari mariani, e da questo luogo mi sento spiritualmente al centro di questa "rete" di devozione, che congiunge tutte le città e tutti i paesi dell’isola.

Alla Vergine Maria desidero affidare tutto il popolo di Dio che vive in questa amata terra.

Sostenga le famiglie nell’amore e nell’impegno educativo; renda fecondi i germi di vocazione che Dio semina largamente tra i giovani; infonda coraggio nelle prove, speranza nelle difficoltà, rinnovato slancio nel compiere il bene. La Madonna conforti i malati e tutti i sofferenti, e aiuti le comunità cristiane affinché nessuno in esse sia emarginato o bisognoso, ma ciascuno, specialmente i più piccoli e deboli, si senta accolto e valorizzato.

Maria è il modello della vita cristiana. A lei chiedo soprattutto di farvi camminare spediti e gioiosi sulla via della santità, sulle orme di tanti luminosi testimoni di Cristo, figli della terra siciliana.

In questo contesto desidero ricordare che oggi, a Parma, è proclamata beata Anna Maria Adorni, che nel secolo XIX fu sposa e madre esemplare e poi, rimasta vedova, si dedicò alla carità verso le donne carcerate e in difficoltà, per il cui servizio fondò due istituti religiosi.

Madre Adorni, a motivo della sua costante preghiera, veniva chiamata "Rosario vivente". Mi piace rilevarlo all’inizio del mese dedicato al santo rosario. La quotidiana meditazione dei misteri di Cristo in unione con Maria, Vergine orante, ci fortifichi tutti nella fede, nella speranza e nella carità».

(L’Osservatore Romano, 45.10.2010)
   

 
   

Brevi
   

«La devota tradizione del "volo" della casa di Maria dalla Terra Santa sino a Loreto ci invita a meditare sul "volo" in senso spirituale, sul rapporto tra terra e cielo...». Così il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone (in foto sotto di Catholic Press), ricordava il 25 marzo – festa dell’Annunciazione – a Loreto i 90 anni della proclamazione da parte di Benedetto XV (era il 24 marzo 1920) della Beata Vergine lauretana quale patrona dell’aeronautica e di tutti i viaggiatori in aereo (L’Osservatore Romano, 26.3.2010). Grandi manifestazioni e momenti di preghiera si sono succeduti con il pellegrinaggio della statua della Beata Vergine in tutti gli aeroporti italiani, che si concluderà il 10 dicembre, festa principale del Santuario di Loreto.

Il giorno prima di entrare in conclave il card. Karol Wojtyla si recò solo soletto a pregare al Santuario della Mentorella, una cinquantina di km da Roma. Nel ritorno rimase appiedato per un guasto alla macchina e fu riportato a Roma da un passante. Il giorno dopo quello sconosciuto Cardinale polacco divenne Giovanni Paolo II. Era il 16 ottobre 1978. Sembra che Wojtyla sia andato a pregare in quel Santuario – uno dei più antichi d’Europa – altre 30 volte. Questi e altri ricordi di papi e di santi sono stati commemorati con uno specialissimo annullo postale vaticano, raffigurante la Vergine con la scritta: Die emissionis. 1500° Anniversario della fondazione del santuario Madre delle Grazie della Mentorella.

«Lei si chiama Anastasio del Santo Rosario. Ma lo dice il rosario?», chiede Giovanni XXIII al carmelitano Anastasio Ballestrero (foto sotto). «Certo che lo dico». «Quante poste dice?», insiste il Papa. «Tutte e quindici». Ma «Tutti i giorni?». «Sì!», risponde il carmelitano. E papa Giovanni: «Bravo! Anch’io faccio lo stesso. Anche adesso che sono papa. E quando mi dicono come trovo il tempo: basta volere!, rispondo, e il tempo c’è sempre» (Maria Ausiliatrice, sett.­ott. 2010). Ballestrero (1913­1998) diventerà arcivescovo di Torino e sarà creato cardinale nel 1979 da Giovanni Paolo II.

Con i 213 cannoni vinti ai russi davanti a Sebastopoli nella guerra di Crimea (1853­1856) veniva innalzata 150 anni fa la statua di Notre-Dame de France sulla collina a ridosso dell’antico Santuario di Notre-Dame de Puy (centro-sud della Francia). «Non la guerra, ma la pace ci invita a servire la Vergine Maria». Così il vescovo Henri Brincard ricorda quell’evento del 1860, che coinvolse la nazione intera e Napoleone III. La statua bronzea della Vergine è di 22 metri con il piedistallo. Il piede che schiaccia il serpente è di un metro e novanta, mentre il serpente che lo insidia e gira sulla sfera su cui poggia la Vergine è lungo 17 metri (cf Stella Maris, n. 470/19).

«Perché non ricordiamo che Gesù, Maria e Giuseppe erano una famiglia migrante?». Da questa provocazione del diacono cattolico Ferdinando Ruiz si è tenuta in Arizona, al confine col Messico, una catena di solidarietà orante – la recita continua del rosario nelle famiglie e comunità parrocchiali per 40 giorni – in risposta alla campagna xenofoba anti immigrazione promossa da quello Stato degli Usa. Perché 40 giorni? Perché richiama i «40 years in the desert», dove sono peregrinati gli ebrei verso la Terra Promessa. Al Santuario di Guadalupe (foto sotto), nel confinante Messico, i vescovi hanno ricordato questa situazione di attrito con gli Stati Uniti, nel 200° anniversario dell’indipendenza del Messico (1810-2010). Il 12 dicembre ricorre la festa della Vergine di Guadalupe.

Oltre alle bestemmie di un presidente del Consiglio, dobbiamo registrare l’insulto (mariano) ai credenti di un presunto esperto d’arte. Il noto Vittorio Sgarbi nel Comune dove è sindaco (Salemi nel trapanese) ha fatto esporre una pittura di un certo Giuseppe Veneziano con una Madonna raffaellesca portante in braccio un piccolo Hitler: "La Madonna del Terzo Reich". «Personalmente non sono turbato né preoccupato dai pugni allo stomaco di presunti artisti – ha detto mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazzara del Vallo – al di là delle implicanze blasfemiche credo si faccia torto alle vittime del nazismo ». Avvenire ha consigliato di mettere per Natale Veneziano e Sgarbi al posto dell’asino e del bue nel presepe. «Sarebbe una salutare riflessione sulla crisi dell’arte» (30.9.2010).

«O Vergine santissima, Madre del Signore... fo voto a voi di rimanere vergine...». Tutti abbiamo letto a scuola come Lucia nei Promessi Sposi (cap. XXI) recitando il rosario fece voto di castità alla Madonna mentre era prigioniera dell’Innominato. Prendendo lo spunto da questo celebre "voto", nella casa stessa di Alessandro Manzoni (foto sotto) a Milano si è tenuta un’esposizione di ex voto che copre oltre mezzo millennio, dal ’400 al dopo guerra, 1945. Scampati pericoli di ogni genere, richieste di grazie, illustrati in 100 "ex voto", frutto di amore e fede incrollabili, come lo era stato il "voto" di Lucia, che ha ispirato la mostra.

«Oggi, 15 agosto 1781, sappiano tutti coloro nelle mani dei quali capiterà questa mia scrittura, che io sottoscritto Bruno mi vendo per schiavo perpetuo della Beata Vergine Maria con donazione pura, libera, perfetta, della mia persona...». È la consacrazione a Maria del venerabile Pio Bruno Lanteri. Tra il 20092010 si sono celebrati i 250 anni della nascita, che avvenne a Cuneo nel 1759. La fondazione della Congregazione degli Oblati di Maria Vergine gli fu ispirata da sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) e dal grande devoto di Maria san Luigi di Montfort (1637-1716). Riteneva la Madonna «vera fondatrice della Congregazione ». Morì nel 1890. Lanteri è un po’ il padre dei clochard, si direbbe oggi, ispiratore delle iniziative sociali della Torino dell’epoca.

La Regina d’Europa – questo è il suo titolo – dal Santuario di Monte Lussari (Tarvisio, nella foto sopra) estende il suo abbraccio verso Austria e Slovenia. Qui a 1789 metri un pastore trovò una statua della Vergine in un cespuglio. La consegnò in paese al parroco, ma nottetempo l’immagine tornò sul monte e... qui si videro le pecore del pascolo inginocchiate davanti alla statua.La prima cappella è del 1360. Per i 650 anni è stato proclamato un giubileo. Poco oltre il confine, in Austria, presso il Santuario di Maria Wörth, quasi in gemellaggio spirituale si è tenuto nell’estate il "Pellegrinaggio dei tre popoli", guidato dai Vescovi di Lubiana, Udine, Klagenfurt.







 




L’ora dell’Ave Maria - da Rivista Madre di Dio 3 marzo 2010
   

Conosciamo il celebre idillio che conclude La chiesa di Polenta del Carducci. Ma forse ignoriamo che il poeta toscano si ispirò a un autore inglese, George Gordon Noel Lord Byron, il quale nel poema Il Pellegrinaggio del cavaliere Aroldo evocò prima di lui la mistica suggestione dell’Angelus serale.

Lord Byron (1788-1824) viaggiò molto in Italia, prima di concludere la sua avventurosa esistenza a Missolungi (Grecia). A Venezia fu affascinato dalle tele di Tiziano e in Romagna, nella pineta di Ravenna, si commosse in presenza delle testimonianze dantesche. Ma fu la presenza di Maria che, in concomitanza con altri eventi familiari, determinò la sua conversione alla fede, dopo una giovinezza dissoluta. L’Ave Maria della sera, annunziata dai campanili della pianura padana, fu una delle esperienze che segnarono più a fondo la sua sensibilità e accompagnarono i suoi anni maturi.

Giosuè Carducci (1835-1907), premio Nobel per la letteratura, condivise con il poeta inglese la passione romantica per la storia nazionale, ma non altrettanto la sensibilità religiosa. Più che la Vergine Maria, nella celebre ode La chiesa di Polenta il Carducci cantò la chiesetta romanica, visitata un giorno con una giovane amica, in atteggiamento di pellegrino culturale. Quella chiesetta sull’Appennino, nel territorio di Guido da Polenta, ammirata come testimone di tragiche ed epiche vicende storiche, fu tuttavia il luogo di un incontro spirituale con la "Madre antica" che da lassù aveva visto trascorrere migrazioni incessanti di tribù nemiche, affratellate dalla fede. Nella evocazione di tali eventi, l’orgoglioso massone, cantore di Satana, era stato toccato nell’intimo dall’Ave Maria, e trovò persino il coraggio di difendere l’onore della Vergine contro uno scritto dissacrante di Gabriele D’Annunzio.

Riportiamo qui di séguito, a confronto, i due idilli, come omaggi paralleli resi a Maria da due autori, distanti fra loro e apparentemente estranei a temi devozionali.

Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

Il canto del giorno morente (Byron)

Ave Maria! Sulla terra e sul mare
quest’ora più d’ogni altra celeste
è la più degna di te, Benedetta.
Ave Maria! Benedetta quest’ora,

Benedetto il giorno, il paese, il luogo
dove tante volte ho sentito in pienezza
questo annuncio scendere in terra
dalla campana della torre lontana.

Saliva leggero il canto del giorno morente;
non un soffio turbava l’aria tinta di rosa,
eppure le foglie sui rami trasalivano
vibrando in fremiti di preghiera.

Ave Maria! È l’ora di pregare.
Ave Maria! È l’ora di amare.
Ave Maria! È l’ora che il nostro spirito
si elevi fino a te, fino al tuo Figlio!

Ave Maria! Volto stupendo, occhi socchiusi
sotto l’ala della Colomba onnipotente!
Ti miro adesso in un’immagine dipinta?
Ma essa traduce in bellezza la Pura Verità.

Miniatura dei secc. XIV e XV, tratte dal volume La Bibbia di Natale, Edizioni San Paolo.

Salve, chiesetta del mio canto (Carducci)

Salve, affacciata al tuo balcon di poggi
tra Bertinoro alto ridente e il dolce
pian, cui sovrasta fino al mar Cesena
donna di prodi,

salve, chiesetta del mio canto! A questa
madre vegliarda, o tu rinnovellata
itala gente da le molte vite,
rendi la voce

de la preghiera; la campana squilli
ammonitrice: il campanil risorto
canti di clivo in clivo a la campagna
Ave Maria.

Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i piccioli mortali
scovron il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo.

Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?

Un oblio lene de la faticosa
vita, un pensoso sospirar quïete,
una soave volontà di pianto
l’anima invade.

Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
roseo ’l tramonto ne l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti vertici ondeggianti
Ave Maria.





[Modificato da Caterina63 20/02/2016 14:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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20/02/2016 19:16
 
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  «Saluto mai altre volte udito»
   

"Piena di grazia": Maria è stata e rimane colmata dal favore divino. Ed è nostra sicura vocazione...
 

Nelle litanie lauretane invochiamo la Vergine come santa Maria, santa Madre di Dio, santa Vergine delle vergini, Regina dei santi, e le chiediamo di pregare per noi peccatori, perché ci aiuti a diventare santi. Ciò vuol dire che riconosciamo in lei non solo l’icona della nostra santità, ma pure il suo ruolo di cooperatrice, di formatrice di santi.

Ci soffermeremo questa volta sull’invocazione Santa Maria, per comprendere cosa vuol dire essere santi, e cogliere così le ragioni per cui diciamo santa la Vergine Maria ed imparare da lei le vie per le quali si giunge alla santità.

F. Botticini (1446-1497), L'Annunciazione (part.), Museo di Empoli (Firenze).
F. Botticini (1446-1497), L’Annunciazione (part.), Museo di Empoli (Firenze – foto Paolo Ferrari).

Cosa vuol dire essere santi? Nell’Antico Testamento il termine Santo – Qadosh, in ebraico, eAghios in greco – vuol dire Separato (Dio, il Tutt’Altro; il Santo d’Israele). A Mosè che voleva avvicinarsi a vedere il roveto ardente, disse il Signore: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa» (Es 3,5).

Con Isaia si passa dalla santità intesa come separazione fisica, esterna, alla santità intesa come separazione morale, interna da tutto ciò che non piace a Dio, al Santo d’Israele. Il Profeta sente i serafini che «proclamavano l’uno all’altro: "Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria"» (Is 6,3). La santità di Dio esige dall’uomo che sia anche lui santificato, cioè separato dal profano, purificato dal peccato, partecipando alla giustizia di Dio.

Nel Nuovo Testamento la nozione di santità si precisa con la rivelazione che Gesù fa dello Spirito Santo. Dio comunica la sua santità. Nel battesimo si diventa veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò veramente santi. Il battezzato deve quindi, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santità che ha ricevuto (LG 40). Il cristiano è tempio dello Spirito Santo (1Cor 6,19).

Santità del matrimonio, miniatura francese del sec. XV, Biblioteca reale del Belgio, Bruxelles.
Santità del matrimonio, miniatura francese del sec. XV, Biblioteca reale del Belgio, Bruxelles (foto Lores Riva).

Maria è santa, santissima; è la Tuttasanta (la Panaghia).

Nell’Annunciazione Maria è salutata con l’appellativo di "Piena di grazia", Kecharitomene. È un titolo che le è rivolto da Dio, mediante l’Angelo. Potremmo dire che questo è il nome proprio di Maria.

Qual è la portata di questo nome? Esso vuol dire che Maria è stata e rimane colmata dal favore divino e che questo favore l’ha tutta trasformata, santificata. Scrive Pio IX nella lettera apostolica Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854: «Gli stessi Padri e gli scrittori della Chiesa, considerando attentamente che la beatissima Vergine, in nome e per ordine di Dio stesso, fu chiamata "Piena di grazia" dall’angelo Gabriele... insegnarono che, con questo singolare e solenne saluto, mai altre volte udito, viene manifestato che la Madre di Dio fu sede di tutte le grazie, ornata di tutti i carismi del divino Spirito, anzi tesoro quasi infinito e abisso inesauribile dei medesimi carismi, cosicché giammai fu sottoposta alla maledizione, ma fu partecipe insieme al Figlio della perpetua benedizione».

A questa pienezza di grazia, a questa santità ricevuta da Dio, Maria ha sempre e pienamente corrisposto: «Già piena di grazia quando fu salutata dall’arcangelo Gabriele, Maria ne fu ricolma con sovrabbondanza quando lo Spirito Santo stese su di lei la sua ombra ineffabile. Poi crebbe talmente di giorno in giorno e di momento in momento in quella duplice pienezza, che raggiunse un grado di grazia immenso e inconcepibile» (Montfort, Vera devozione 44).

N. De Landi (sec. XV), Madonna e santi Giovanni Battista e Caterina di Alessandria, Norton Simon Museum of Art, Pasadena (California).
N. De Landi (sec. XV), Madonna e santi Giovanni Battista e Caterina di Alessandria,
Norton Simon Museum of Art, Pasadena (California).

Così Maria diventa icona di santità per tutti i fedeli: sacerdoti, religiosi, laici. Volendo concretare i percorsi obbligati, quasi paradigma di verifica della nostra personale imitazione della santità di Maria, potremmo indicarli come fa L. De Candido in NDM, pp. 1251-1253: lasciarsi amare da Dio (accogliere i suoi doni, affidarsi alla sua guida, saperlo ringraziare, creare un proprio Magnificat...); obbedire con intelligenza: con libera fede (LG 56); ascoltare in contemplazione (custodia nel cuore, difesa della parola, confronto tra i messaggi, pazienza nell’incomprensione, silenzio protettivo); perseverare nella fedeltà... soprattutto come presenza accanto a Cristo; servire chi deve essere servito, con Maria la serva del Signore; perseverare presso la croce.

Maria suscita, forma e incorona i santi. Diventare santi è nostra sicura vocazione. Ma quali mezzi occorrono per rispondere e corrispondere a tale vocazione? Tutti li conosciamo. Il Vangelo ce li indica, i maestri di vita spirituale li spiegano, i santi li vivono. L’insegnamento di san Luigi Maria da Montfort, il quale invita a riconoscere e ad abbracciare la vera devozione a Maria in totale affidamento a lei come segreto di grazia e di santità.

Numerose sono le pagine dove il Montfort propone la vera devozione a Maria come segreto di santità. Ne riferisco qui solo alcune tra le più espressive e incisive: «O Spirito Santo... Tutti i santi del passato e del futuro sino alla fine del mondo sono opere del tuo amore unito a quello di Maria» (Preghiera infocata 15).

«Maria è un luogo santo, anzi il Santo dei santi, dove i santi sono formati e modellati» (Trattato della vera devozione a Maria 218); «La formazione e l’educazione dei grandi santi, che vivranno verso la fine del mondo, sono riservate a Maria, perché soltanto questa Vergine singolare e miracolosa può produrre, insieme allo Spirito Santo, le cose singolari e straordinarie» (ivi 35).

Scuola toscana (sec. XV), Madonna e santi, Collegiata di Castiglione Olona (Varese).
Scuola toscana (sec. XV), Madonna e santi, Collegiata di Castiglione Olona (Varese – foto Scalcione).

Queste chiare affermazioni del Montfort sono in perfetta sintonia con il Vaticano II, là dove esso dice che «Maria coopera con amore di madre alla rigenerazione e alla formazione dei fedeli» (LG 63); sono in perfetta sintonia anche con un discorso che Pio XI fece, il 15 agosto 1933, per la canonizzazione della beata Giovanna Antida Thouret. «...Anche riguardo ai santi si può dire che Maria è con Dio in quanto li suscita, li forma, e li incorona. Anzitutto li suscita. Le anime semplici si rivolgono a Maria, che risplende all’aurora e all’alba di tutte le sante vite: è sempre con l’intervento speciale di Maria che si annunciano fin dai primi giorni della loro vita uno di quei santi o di quelle sante che un giorno accresceranno i tesori della santità della Chiesa. Si può dire che, anche prescindendo da questi santi inizi, è sempre Maria che, per il suo posto speciale nella gloria e nella santità, è vera ispiratrice e suscitatrice di santi.

Formare la santità è opera esclusivamente divina, ma se la grazia è da Dio, è però data per Maria che è la nostra avvocata e mediatrice, in quanto l’affetto materno da una parte trova corrispondenza nella pietà filiale, Dio dà le grazie, Maria le ottiene e le distribuisce.

Maria non solo suscita i santi, ma anche li incorona: essa li conduce alla perseveranza finale ed alla gloria eterna. La Chiesa invita a pregare Maria e ad invocarla con le parole mortis hora suscipe: tu ne ricevi nell’ora della nostra morte. È bello vedere Maria non solo ricevere le anime come la morte a lei le porta, ma portarle essa stessa a ricevere la corona di gloria meritata con la sua assistenza».

Con queste ultime espressioni Pio XI fece riferimento a un bel discorso di san Bonaventura sul capitolo 12 dell’Apocalisse. «Le dodici stelle che incoronano Maria simboleggiano i santi tutti. Attribuendo a Maria la loro corona di gloria, essi incoronano colei dalla quale, dopo Dio, si sentono incoronati, come è detto in Ap 4,10: "I 24 vegliardi gettavano le loro corone davanti al trono". Questi vegliardi raffigurano tutti i santi. Così tutti i santi gettano le loro corone davanti a colui che siede in trono, perché si riconoscono incoronati dal Signore e dalla sua santa Madre, simboleggiata dal trono».

Giuseppe Daminelli

 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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