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La questione se anche gli animali andranno in paradiso

Ultimo Aggiornamento: 20/08/2015 17:46
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20/08/2015 17:45
 
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Il problema vero è che ha preso piede un certo pietismo, sentimentalismo, e non si accetta l'idea di essere "sorte diversa" da ciò che abbiamo imparato ad amare imponendo a Dio però la nostra visione di salvezza e di eternità e rifiutando il Suo Progetto su di noi e su tutta la Creazione, animali compresi. Abbiamo assolutizzato anche questo possesso "i nostri animali, il mio cane, il mio gatto" tutto "mio, nostro" con un possesso che devia, alla fine, in una visione distorta dell'eternità dove tutto si ricreerebbe non come vuole Dio, ma come vogliamo noi: "io".

In poche parole non ci fidiamo di Dio, non Gli crediamo affatto, temiamo di perdere ciò che amiamo e tendiamo a dare volti e immagini, perfino sentimenti ad una eternità fatta così a "nostra immagine".

Lo vediamo con un esempio pratico: non battezziamo più i bambini che nascono perchè non si accetta l'idea del peccato originale e non si riconosce che quel Battesimo toglie il peccato e rigenera quella creatura appena nata a vita nuova e questo perchè riteniamo che un bambino appena nato è "innocente" a prescindere da ciò che dice la Bibbia, non ha peccato ed è un anima pulita, dimenticando così che cosa è davvero il peccato originale e cosa toglie quel Battesimo e soprattutto che cosa ci dona.

Ma stranamente (e questo purtroppo anche tra molti cattolici) si uccidono i bambini prima che nascono e, paradossalmente, quelli che spesso vorrebbero vedere i propri animali beati con loro in paradiso, sono di quelli che sono favorevoli all'aborto, magari difendono gli animali in via di estinzione, trattano gli animali come esseri umani, pretendono che ci si converta non a Cristo ma all'ecologia, e il concepito umano viene tranquillamente gettato nella spazzatura o attraverso gli scarichi dei lavandini quando si tratta di embrioni che non hanno "attecchito"...

 

Per concludere:

Papa Francesco non ha mai espresso quella frase, ma ha fatto un discorso diverso ad ampio respiro e che abbiamo sintetizzato qui riferendoci al brano paolino. Giovanni Paolo II idem, e per la verità non esiste una definizione dogmatica della Chiesa su questa materia, anche il Catechismo della Chiesa resta sui generis perchè ovviamente pone il problema sull'uomo e non sugli animali ai quali, come spiega Gesù nel Vangelo, è il Padre che provvede loro: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?" (Mt.6,26) e così anche per le piante: "Ora - continua Gesù nel brano -  se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?" (Mt.6,30). Dice il profeta Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato” (1,5)

Quindi non dobbiamo stare lì a preoccuparci di cosa accadrà ai nostri animali domestici che abbiamo amato, fidiamoci di Dio e preoccupiamoci di più per le nostre anime, in questo consiste anche il vero amore e il vero rispetto per tutta la Creazione, per la terra che Dio ci ha consegnato perchè la usassimo per vivere e non per devastarla, preoccupiamoci del fatto che Dio ci chiederà conto di tutto, fino all'ultimo spicciolo, fino all'ultima parola pronunciata, fino all'ultimo pensiero espresso, fino anche di come avremo usato del tempo, anche questo un dono di Dio.

La vita degli animali "si esaurisce con la morte" per il semplice fatto che essi non sono stati creati "ad immagine di Dio" e per vivere in Dio, ma sono stati creati per noi, per dimostrarci fin anche la verità su Dio tanto è vero che sono migliaia i racconti  di Santi sugli animali, sui loro rapporti con essi e sulla bellezza del mondo animale creato da Dio per noi. Gli animali non devono lottare contro il peccato, non devono ragionare sul loro essere e divenire, a loro, come dice Gesù, pensa a tutto il Padre che è nei Cieli.

Vediamo per esempio Sant'Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250 è il primo santo "ecologista" (se così possiamo dire visto che oggi va di moda il termine) della Chiesa, in cui l'armonia tra uomo e natura è un dono della grazia di Dio. Riconciliazione e rispetto che non nega però, ed anzi presuppone, la scala gerarchica ontologica di importanza delle creature, di cui l'uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, è il vertice, il custode ed il corretto fruitore. Per proteggere gli animali domestici e di allevamento spesso si esponeva un'immagine del Santo in prossimità delle cucce o delle stalle.

Abbiamo anche l'altro grande Santo Antonio da Padova nato in Portogallo e che visse in Italia nel 1250. Cosa bisogna fare per far capire alla gente le cose di Dio? Per spiegare l'importanza di Dio e dei suoi sacramenti Antonio ricorse anche agli animali, almeno in due occasioni: con i pesci e poi con un asino.

Con i pesci andò così… Antonio era a Rimini per predicare il vangelo di Gesù, ma la gente non era interessata e non lo ascoltava, non volendo convertirsi. Allora il santo andò sulla riva del mare e cominciò a parlare all'universo, predicando quelle parole di vita e di salvezza che gli uomini non volevano ascoltare. Ma Dio ascoltava … Dio sente tutto e vede tutto e lo Spirito Santo che era in Antonio parlò ai pesci, che iniziarono ad avvicinarsi alla riva: dieci, cento, mille pesci, di ogni specie e dimensione. Le acque iniziarono a ribollire per quell'assembramento di pesci e qualcuno vedendo questo miracolo chiamò la gente del paese, che si radunò tutta intorno ad Antonio. Finalmente iniziarono a credere e Antonio poté benedire e salutare i pesci per dedicarsi alle anime degli uomini.

Con l'asino andò così. C'era un uomo, padrone di un asino, che non ne voleva sapere di confessarsi, né di fare la comunione. –Sono cose da bambini e da donne!- diceva. Antonio provò a spiegargli l'importanza dei sacramenti, ma niente da fare. Allora ebbe una idea ed indicò l'asino. L'uomo guardò il suo asino e disse: -Va bene, facciamo così: io tengo il mio asino tre giorni senza mangiare, poi te lo porto qua in piazza. Gli mettiamo davanti un mucchio di fieno e tu gli metti davanti l'Ostia consacrata e vediamo che succede -.

Antonio capì che era un'occasione d'oro per convertire lui e molti altri e pregò Dio che tutto andasse bene. Tre giorni dopo si ritrovarono in piazza: Antonio con il suo Ostensorio, l'uomo con il suo asino e un folla enorme.

Antonio si mise da una parte e dall'altra posarono il fieno, l'asino nel mezzo tenuto alla corda dal suo padrone. Quando il padrone lasciò la corda l'asino restò fermo per un po'. Poi anziché andare a mangiare il fieno, si diresse ai piedi di Antonio. Si prostrò davanti a Gesù Eucarestia e poi si rialzò e andò a mangiare il suo cibo. Tutti cedettero e si convertirono, anche il padrone dell'animale.

Troviamo anche San Macario che visse in Egitto nel 350 ed era un eremita e viveva nel deserto, lavorando e pregando Dio. Un giorno si presentò alla sua grotta una iena, uno degli animali più pericolosi che vivono in Africa. Teneva tra i denti un cucciolo e forse cercava un riparo. Il santo vide che il cucciolo era cieco e ne ebbe compassione. Pregò Dio, lo benedisse e il cucciolo ci vide di nuovo. Subito andò a prendere il latte da sua madre, che felice e in qualche modo riconoscente, salutò il santo e se ne andò per la sua strada.

Come non ricordare la storia di San Corbiniano e l'orso? La storia la ritroviamo niente meno che nello stemma che l'allora Ratzinger appena eletto Vescovo, scelse insieme al motto "Cooperatores Veritatis" - vedi qui - e che così racconta: " .... dalla leggenda di Corbiniano, fondatore della diocesi di Frisinga, ho preso l'immagine dell'orso. Un orso - così racconta questa storia - aveva sbranato il cavallo del santo, che stava recandosi a Roma.

Corbiniano lo rimproverò aspramente per quel misfatto e, come punizione, gli caricò sulle spalle il fardello che fino a quel momento era stato portato dal cavallo. L'orso dovette trasportare quel fardello fino a Roma e solo qui il santo lo lasciò libero di andarsene..."







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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