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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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I cinque precetti della Chiesa e le 14 opere di misericordia non sono un opcional

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2016 12:32
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24/08/2015 14:56
 
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Io la mia "offerta economica" la do ogni volta che non servo la messa oppure quando accendo una candela...

Quesito

Mi chiamo Marco e ho 21 anni, sono dell’Arcidiocesi di …. Stavo dando una ripassata/lettura al catechismo e mi sono imbattuto nei precetti della chiesa, non ho ben capito questo "Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità".... vuol dire che se non dai l'offerta in chiesa fai peccato?  
io normalmente alla domenica servo la messa, il servizio liturgico non può essere una forma di offerta? io la mia "offerta economica" la do ogni volta che non servo la messa oppure quando accendo una candela... sono davvero molto preoccupato di aver fatto qualcosa di brutto... io ho sempre pensato che "il dare i soldi in chiesa " durante la messa sia un gesto volontario, visto che la chiamano offerta, io sempre pensato che se uno la vuol dare la da altrimenti non la da... per cortesia mi illumini e mi spieghi bene . 
grazie mille!


Risposta del sacerdote

Caro Marco,
1. “sovvenire alle necessità della Chiesa” ha un significato molto più ampio che quello di fare l’elemosina durante la celebrazione della Messa.
In passato, soprattutto nell’ambiente agricolo, si contribuiva alle necessità della Chiesa dando una quota parte dei propri raccolti per le varie necessità della Chiesa locale e universale.
 Questo si faceva al di là di quanto ognuno donava durante la celebrazione della Messa.

2. La necessità di sovvenire alle necessità della Chiesa secondo le leggi e le usanze rientra tra i cinque precetti generali della Chiesa,
Il quinto riguarda proprio il nostro argomento.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo riesprime così: “Il quinto precetto (« Sovvieni alle necessità della chiesa ») enuncia che i fedeli sono tenuti a venire incontro alle necessità materiale della chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità” (CCC 2043).

3. A parte l’Antico Testamento dove veniva prescritto di dare le primizie e le decime dei raccolti per il tempio e per il culto vi si celebrava, nel vangelo viene notato che alcune donne, al seguito di Gesù e degli apostoli, li assistevano con i loro beni (cfr. Lc 8,3).
C’era anche una cassa comune che era stata assegnata a Giuda. Se ne servivano per darne ai poveri o per la preparazione delle feste: “alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri” (Gv 13,29).

4. San Pietro. San Giacomo e San Giovanni lasciano grande autonomia a san Paolo e a san Barnaba per la predicazione del Vangelo e la fondazione di Chiese.
Gli chiesero però di ricordarsi dei poveri: “Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare” (Gal 2,10).

3. Nel secondo secolo abbiamo la testimonianza di Giustino il quale nella sua prima Apologia scrive: “Nel giorno detta del sole, riunendoci tutti in un sol luogo dalla città e dalla campagna, si fa un'assemblea" per la celebrazione dell’Eucaristia e “coloro che hanno in abbondanza e che vogliono, ciascuno secondo la sua decisione dà quello che vuole e quanto viene raccolto è consegnato al presidente; egli stesso va ad aiutare gli orfani, le vedove e coloro che sono bisognosi a causa della malattia o per qualche altro motivo, coloro che sono in carcere e gli stranieri che sono pellegrini: è insomma protettore di tutti coloro che sono nel bisogno" (Apologia prima, 67, 2-6).

4. La Chiesa ha sempre bisogno del concorso anche materiale dei credenti per la celebrazione del culto, per le opere di carità e per la predicazione del Vangelo in tutto il mondo.
L’elemosina che si dà in Chiesa durante la Messa è una goccia per sostenere e ampliare l’azione apostolica della Chiesa.
Per questo vi sono anche alcune collette che si fanno in determinate domeniche per sostenere con un contributo più cospicuo le opere della Chiesa, come i seminari per la formazione dei futuri sacerdoti, le opere missionarie, le scuole cattoliche e molte altre opere di carità delle Chiese locali o della Chiesa universale.

5. Come San Pietro chiedeva a Paolo e a Barnaba di mandare le loro offerte a Gerusalemme per i poveri, così oggi le varie Chiese cercano di provvedere alle loro necessità attraverso tanti metodi.
Tra questi c’è anche quello italiano che passa sotto il nome dell’8 per 1000.
Ma questo non riesce a coprire tutte le necessità.
Di qui la necessità di contribuire in vari modi.

6. Tu dici che contribuisci con il tuo servizio all’altare.
Certamente il servizio all’altare è una grande bella cosa.
Ma tutto sommato non ti costa niente. Anzi, ne ricevi un beneficio particolare perché ti unisci con un servizio personale al sacrificio di Cristo che viene perpetuato nell’Eucaristia.
Gli altri tuoi amici che non servono all’altare contribuiscono dal loro posto anche materialmente.
Non mi pare esagerato che tu vi possa concorrere anche materialmente.
Nella mia Chiesa ho notato questo fatto: che alcuni, quando vanno a raccogliere le offerte durante la Messa, alla fine vi aggiungono anche la loro.
Non dicono: “Ho già fatto il mio servizio”.

7. Ognuno è libero di dare o non dare secondo le proprie disponibilità.
Ma è sempre una grande bella cosa poter avere l’onore di concorrere anche materialmente.
È una grazia anche questa che viene sempre ripagata come è garantito nella Sacra Scrittura: “Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore che gli ripagherà la buona azione” (Pr 19,17).

Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo









Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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   Un sacerdote risponde

Le chiedo se esista ancora il precetto della Chiesa di non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti

Gentile Padre Angelo Bellon,

vorrei ricevere alcuni chiarimenti in merito alla celebrazione delle nozze durante la Quaresima. In particolare cosa significava il divieto di celebrare le nozze in forma solenne durante il periodo di Quaresima? La celebrazione delle nozze erano quindi del tutto proibita in questo periodo di preparazione alla Pasqua?

Spesso soprattutto tra gli anziani esiste la ferrea convinzione che in questo periodo sia impossibile sposarsi (a volte supportati dall'atteggiamento di alcuni sacerdoti che di fatto scoraggiano le nozze in tale periodo), ma a quanto mi è dato sapere, tale divieto non esiste più (se non per il Venerdì Santo e il Sabato Santo).  Vorrei se possibile sapere di più sull'argomento. 

La ringrazio e le porgo i miei più cordiali saluti

Gabriele


Risposta del sacerdote

Caro Gabriele,

1. In passato c’era un precetto della Chiesa che suonava così: “Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti”.

Il precetto non vietava le nozze, ma vietava di dare solennità alle nozze nei tempi penitenziali, quali quelli di avvento e soprattutto di quaresima.

Il motivo è facilmente intuibile. Le nozze, in quanto tali, comportano la festa, il banchetto e un banchetto che sia degno delle nozze.

Alle nozze non è lecito essere col volto o con atteggiamento dimesso.

Questo era il motivo principale.

Anche in passato dunque si concedeva di celebrare le nozze in tempo di quaresima e di avvento, soprattutto se vi era una certa urgenza, ma senza solennità.

2. La disciplina della Chiesa oggi è mutata.

La disciplina della Chiesa deve essere una disciplina che vale per tutto il mondo.

E può capitare che in certe regioni della terra il tempo più favorevole e più mite per le nozze sia proprio quello della quaresima quando il gran caldo è passato (come può succedere nell’emisfero sud del continente) o prima che il tempo diventi del troppo caldo e afoso, come può capitare in certe zone tropicali.

3. Rimane tuttavia preziosa l’indicazione data che viene dal passato.

Il tempo di quaresima invita alla penitenza, la quale, insieme con un carattere purificatorio, ne ha anche uno espiatorio.

Beninteso, l’espiazione per i nostri peccati l’ha compiuta tutta Gesù Cristo e l’ha compiuta in maniera sovrabbondante. Tuttavia ad essa manca il farla nostra.

E la si fa nostra non soltanto col pensiero e la volontà, ma partecipandovi sia con l’anima che col corpo, perché la persona umana non è fatta solo anima, ma di anima e di corpo.

4. Colgo l’occasione per pubblicare i cinque precetti della Chiesa, così come sono presentati dal Catechismo della Chiesa Cattolica.

Come puoi notare non compare più la proibizione di celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti.

Essi sono preceduti da una dichiarazione importante: “Il carattere obbligatorio di tali leggi positive promulgate dalle autorità pastorali, ha come fine di garantire ai fedeli il minimo necessario nello spirito di preghiera e nell’impegno morale, nella crescita dell’amore di Dio e del prossimo” (CCC 22041).

5. Eccoli in ordine (CCC 2042-2043):

“Il primo precetto (« Partecipa alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro ») esige dai fedeli che santifichino il giorno in cui si ricorda la Risurrezione del Signore e le particolari festività liturgiche in onore dei misteri del Signore, della beata Vergine Maria e dei Santi, in primo luogo partecipando alla celebrazione eucaristica in cui si riunisce la Comunità cristiana, e che riposino da quei lavori e da quelle attività che potrebbero impedire una tale santificazione di questi giorni.

Il secondo precetto (« Confessa tutti i tuoi peccati almeno una volta all’anno ») assicura la preparazione all’Eucaristia attraverso la recezione del sacramento della Riconciliazione, che continua l’opera di conversione e di perdono del Battesimo.

Il terzo precetto (« Ricevi il sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua ») garantisce un minimo in ordine alla recezione del Corpo e del Sangue del Signore in collegamento con le feste pasquali, origine e centro della Liturgia cristiana.

Il quarto precetto (« In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno ») assicura i tempi di ascesi e di penitenza, che ci preparano alle feste liturgiche e a farci acquisire il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore.

Il quinto precetto (« Sovvieni alle necessità della chiesa ») enuncia che i fedeli sono tenuti a venire incontro alle necessità materiale della chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità”.

6. In passato il quarto proibiva di celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti. Il secondo e il terzo “confessarsi almeno una volta all’anno e fare la Comunione a Pasqua” erano accorpati

Adesso, tolto il quarto, il secondo e il terzo sono stati disgiunti cosicché questi precetti (che venivano chiamati “generali”) della Chiesa rimangono ancora nel numero di cinque.

Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico.

Padre Angelo


Un sacerdote risponde

Desidero sapere quante e quali sono le feste di precetto

      Quesito 

      Caro Padre Angelo, 
      apprezzo molto la Sua rubrica e la seguo attentamente. 
      La domanda che Le pongo è più banale di altre, ma vorrei essere sicuro di non mancare alle disposizioni della Chiesa. Quali sono le feste di precetto (quelle in cui, oltre naturalmente a tutte le domeniche, è prescritta la partecipazione alla Messa)? Non trovo la risposta da nessuna parte. 
      Per quanto ricordo sono cinque, e cioè il 1° Gennaio (Madre di Dio), il 6 (Epifania), il 15 Agosto (Assunzione), il 1° Novembre (Ognissanti), l’8 Dicembre (Immacolata). In più, la festa del Santo Patrono del luogo. Mi corregga se sbaglio. 
      La ringrazio per tutte le Sue chiarissime e preziose risposte. Maria SS. La accompagni quotidianamente. 
      Armando Trapani


      Risposta del sacerdote 

      Caro Armando, 
      ti ringrazio per gli apprezzamenti per il nostro sito e anche per l’invocazione fatta a Maria perché mi accompagni quotidianamente. 
      Vengo ora alla tua domanda. 
      
      Le feste di precetto sono dieci in tutto, e sono menzionate nel Codice di Diritto Canonico, can. 1246, 2. 
      Sono le seguenti: 
      Natale, Epifania, Ascensione, Corpus Domini, Madre di Dio (1 gennaio), Immacolata Concezione (8 dicembre), Assunzione (15 agosto), S. Giuseppe (19 marzo), SS. Pietro e Paolo, Ognissanti.
      Si concede poi alle Conferenze episcopali, previa autorizzazione della S. Sede, di abolire o trasferire alla domenica alcune di queste solennità (ib.). 
      Nel tuo elenco ne mancano cinque: Natale (che non necessariamente cade di domenica), Ascensione, Corpus Domini, S. Giuseppe, SS. Pietro e Paolo. 
      La Conferenza episcopale italiana, usufruendo di quanto disposto dal canone citato, ha spostato alla domenica le solennità dell’Ascensione e del Corpus Domini, mentre ha sospeso il precetto per la festa di S. Giuseppe e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 
      La festa del santo Patrono è festa civile per la città, ma non è festa di precetto in senso religioso. 
      
      Ti ringrazio per il quesito, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico. 
      Padre Angelo





Un sacerdote risponde

Ho molta difficoltà a capire e a fare nella vita di tutti i giorni la volontà di Dio

Quesito

Gentile p. Angelo,
ho molta difficoltà a capire e a fare nella vita di tutti i giorni, nelle azioni, nei pensieri, nel parlare la volontà di Dio. Dove finisce la mia e inizia quella di Dio?
Come faccio a capire se in una discussione sto facendo la sua o sto parlando così come mi viene! E nelle azioni? Per esempio: oggi non voglio andare a lavorare perché non so, non mi fa voglia o ho timore di incontrare il mio titolare che da un pò di giorni è teso e in qualche modo riversa su di me la sua rabbia... è una mia volontà e una mia scelta o quella di Dio?
Mi scusi ma non so se sono riuscito a farmi capire...avevo in mente dei discorsi più chiari e ora che devo scriverli non riesco più ad esporli...però in pratica la domanda è sul chiarimento di che cosa significa "la volontà di Dio"....."Padre sia fatta la tua e non la mia!".
Grazie e scusi per la confusione di espressione e letteraria
Luca


Risposta del sacerdote

Caro Luca,
1. sono cinque i segni attraverso i quali si manifesta la volontà di Dio.
Il primo è indicato dai suoi precetti, e cioè da quanto comanda. Tra questi campeggiano il precetto di amare Dio con tutto il cuore e il precetto di amare il prossimo come noi stessi, anzi di amarlo come Gesù lo ama.
Il secondo è indicato dalle sue proibizioni. Esse hanno come oggetto i peccati. Le proibizioni di Dio, contenute nei dieci comandamenti, valgono sempre e in ogni momento e non conoscono eccezioni o privilegi.

Il terzo segno è dato dai suoi consigli o ispirazioni. Qui è sempre necessario il discernimento per non dire che è volontà di Dio ciò che passa per l’anticamera del nostro cervello. Tra i consigli, primeggiano quelli che hanno a che fare con lo stato di vita (sacerdotale, consacrata, matrimoniale).

Il quarto è dato dagli avvenimenti voluti da Dio. Possiamo dire che è voluto da Dio tutto il bene che accade e il compimento del bene.

Infine si fa rientrare benché indirettamente nella volontà di Dio anche quello che da Dio è permesso. Ciò che Dio permette, ma non vuole, è il peccato, il male. Se lo permette, significa che rientra tra i suoi disegni. E sappiamo già con precisione che il male è permesso da Dio solo per essere condannato a servire un bene più grande.
Questi sono i cinque segni attraverso i quali si può diagnosticare la volontà di Dio secondo quel grande teologo e maestro di vita spirituale, qual è stato il padre Reginaldo Garrigou-Lagrange, in La provvidenza e la confidenza in Dio, vol. 2, cap. 7.

2. Venendo adesso ad applicare questi criteri alle domande che hai fatto, potrei dire:
Nelle discussioni non devi offendere il prossimo e devi proporre la verità secondo quanto ti pare giusto in coscienza.
Proporrai il tuo parere con umiltà, cercando di prendere tutto quello che di buono e di vero vi è nelle posizioni altrui.
Se si tratta della legge di Dio devi proporla con tutta franchezza.
Nelle azioni: ciò che è chiaramente peccato non va mai fatto.

Il bene va fatto, ma non sempre è doveroso farlo, perché potrebbe essere controproducente.
Inoltre va detto che il compimento del bene non obbliga se comporta un grande disagio. Qui è necessario soppesare in coscienza ciò che è meglio. Ad esempio: se uno è malato non deve andare a Messa né deve andare a lavorare. Il bene preminente per lui in quel momento consiste nel ricuperare la salute.
Diverso invece è il caso in cui uno non abbia voglia di andare a lavorare. Qui deve andare ugualmente perché non deve cedere alla pigrizia, che è sempre un male, mentre l’andare a lavorare è un bene che è necessario realizzare per se stessi e per la collettività.
E se andando a lavorare incontra il suo titolare che scaricherà su di lui la sua rabbia, prenderai questa croce come permissione di Dio per un bene più grande, quale è quello dell’espiazione dei peccati e della conversione dei peccatori.

3. Spero di essere stato chiaro.
L’argomento che hai toccato è molto importante, tanto che il Signore ha voluto metterlo tra i contenuti della preghiera del Padre nostro, che è la preghiera tipica del cristiano.
Siamo chiamati a fare la volontà Dio qui sulla terra come viene fatta in cielo, e cioè con sollecitudine e con amore.

Ti prometto un Pater.
Ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo









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02/02/2016 22:18
 
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Ammonire i peccatori correzione fraterna

Cari Amici, in questo Anno giubilare la Misericordia passa attraverso le 7 opere corporali e spirituali, come ha spiegato il santo Padre Francesco nella Bolla di indizione. Qui vogliamo offrirvi nello specifico, una delle 7 opere di misericordia spirituale magistralmente spiegata per noi da Benedetto XVI. E' quella di "ammonire i peccatori", che è poi la famosa correzione fraterna. Ammonire non per giudicare qualcuno o il peccatore, ma per aiutarci, insieme, in questo cammino di conversione. Buona meditazione a tutti.

gloria.tv/media/zyxiCiKGnca
www.youtube.com/watch?v=XwuElDNcYJ0

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org






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12/09/2016 12:32
 
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EDITORIALE



Consigliare i dubbiosi


 



In questo anno della Misericordia andrebbe anzitutto ripresa la prima opera di misericordia spirituale, "consigliare i dubbiosi". Se si semina il dubbio sui punti essenziali, il popolo di Dio perde la strada. Il discernimento è sì importante, ma spesso viene usato senza sapere di cosa si stia parlando.



di Enrico Cattaneo




Consigliare i dubbiosi

Caro Direttore,

l’Anno della Misericordia ha rimesso in primo piano le “opere di misericordia”, per ricordarci che “senza le opere la fede è morta” (lettera di Giacomo, 2, 17). È vero che, come insegna san Paolo, “siamo giustificati gratuitamente per grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù Cristo” (lettera ai Romani, 3, 24). Ma se colui che è “giustificato” non fa le “opere” di chi è stato “reso giusto”, la sua giustificazione non gli serve a nulla, anzi diventerà la sua condanna. 

Molto rilievo è stato dato in questo anno alle “opere di misericordia corporale”: dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, fino alla settima, seppellire i morti. Però non meno importanti sono le “opere di misericordia spirituale”, la prima della quali è “consigliare i dubbiosi”. 

Nell’epoca moderna c’è chi ha fatto “l’elogio del dubbio”, applicandolo anche alla fede, come se avere delle “certezze” fosse una specie di peccato. Il dubbio ragionevole può essere una cosa buona in filosofia, nelle scienze, e anche nella vita comune, compresa la vita religiosa. Però c’è dubbio e dubbio. Le persone “credulone” non rendono un buon servizio alla fede, ma anche lo scetticismo esasperato è negativo. Oggi sono di moda tutte quelle espressioni che parlano di “incompiutezza”, “provvisorietà”, “positività” o addirittura “necessità” del dubbio per un credente, come se la sola certezza sia quella di “non avere certezze”. Come si esce allora da questa situazione? 

Grande importanza si è data al “discernimento”, come anche Papa Francesco ha ribadito più volte. Però spesso questo concetto è usato a sproposito, senza sapere bene che cosa si dice. Per risalire a sant’Ignazio di Loyola, che ha sistematizzato per primo questa tematica, non vanno confuse le “regole per il discernimento degli spiriti”, cioè di quei “movimenti interiori” che avvengono nell’anima, con le regole “per fare elezione”, cioè in vista di una scelta pratica. 

Usando ora per comodità la parola “discernimento”, senza troppi distinguo, bisogna ricordare che per Ignazio il discernimento va fatto su cose “indifferenti o buone in sé” [170], cioè “in tutto quello che è permesso al nostro libero arbitrio e non gli è proibito” [23]. Così non ha senso fare discernimento sui dieci comandamenti. Non posso fare discernimento se mi conviene o no abortire, se mi conviene o no intraprendere una nuova relazione coniugale, se mi conviene o no assecondare un impulso omosessuale, e via dicendo. Discernimento è invece vedere se devo seguire la vita religiosa oppure la via del matrimonio, se devo (anzi “dobbiamo” in questo caso) avere uno, due, tre o più figli; se devo condividere maggiormente le mie risorse economiche, se devo regolarmi nel cibo, nei divertimenti, ecc., facendo però in modo che l’amore che mi nuove e mi fa scegliere tale cosa “discenda dall’alto, dall’amore di Dio” [184], “mirando unicamente al fine per cui sono stato creato, cioè per la lode di Dio nostro Signore e per la salvezza dell’anima mia” [169]. Solo così le mie scelte saranno “pure, limpide” e non “disordinate e oblique” [172]. 

Detto questo, caro Direttore, a ma pare che sia importante riprendere la prima opera di misericordia spirituale che è, come abbiamo detto “consigliare i dubbiosi”. Penso anzitutto che il popolo di Dio abbia diritto a non rimanere nel dubbio circa le cose di fede e di morale. È vero che non si tratta di fare un trattato “more geometrico”. La vita morale è molto più complessa, ma appunto per questo occorre avere dei punti di riferimento. C’è spazio, certamente, per questioni dibattute, per legittime opinioni diverse, ma nei punti essenziali di fede e di morale, il dubbio è deleterio, rischia di far perdere l’orientamento, di non sapere più che strada prendere, così che molti arrivano o al “fai da te” o ad abbandonare la fede. 

Già il profeta Isaia ammoniva a suo tempo dicendo: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene!” (Is 2,20). E si potrebbe aggiungere, con sant’Agostino, guai a quei “cani muti”, che quando vedono venire il lupo per sbranare le pecore, se ne stanno zitti o se la danno a gambe. 

Se il peccato non è una bazzecola, se non è una semplice convenzione sociale, ma è qualcosa che ci separa da Dio, con la conseguenza che, se non c’è pentimento, ci porta alla dannazione eterna, allora stare zitti è un reato davanti a Dio. Lo ricordava già il papa san Gregorio Magno. Beati allora quegli operatori di misericordia, che, pur consapevoli di tutta la complessità dei problemi, sanno aiutare i fratelli uscire dal dubbio e a sentire come indirizzate a sé quelle parole che Gesù rivolse a Pietro: “Uomo di poca fede, nella fede perché hai dubitato?” (Mt 14,31). E anche quelle rivolte a tutti gli apostoli: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).




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