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Ratzinger denuncia Anima termine tolto dal Messale Romano

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2015 12:05
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30/08/2015 12:03
 
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Io avevo cercato di tratteggiare come l'elaborazione di una concettualità antropologica mediante il ricorso alla formula di corpo e anima, secondo cosa è avvenuto nella tradizione ed è stato dichiarato nel concilio di Vienna (DH902), sviluppasse in maniera appieno conforme il dispositivo dell'antropologia biblica.


Su questo punto è sorta in seguito al mio libro una vivace discussione,nella quale la mia posizione fu contrassegnata semplicemente come difesa del platonismo.


In ambedue le appendici alla sesta edizione ho cercato di prendere posizione in modo dettagliato riguardo a simile discussione e ho pure ravvisato in modo riconoscente le riprese e le conciliazioni che ne derivavano, arricchendo con ciò il nostro pensiero circa le "ultime cose". (..)


Non vorrei ancora una volta intercettare qui l'intera controversia, anche se desidero ribadire ancora una volta quale era e qual è tuttora per me la cosa più importante.


Innanzitutto non è una questione di concettualità o di "platonismo" ma di una concezione strettamente teo-logica della nostra vita oltre la morte - della nostra "vita eterna", nel senso dell'insegnamento di Gesù.


Noi viviamo dunque poiché siamo associati alla memoria del Signore. Nella memoria del Signore noi non siamo un'ombra, un semplice "ricordo", stare nella memoria del Signore significa "esserci"; vivere, vivere in pienezza, essere del tutto noi stessi.


(..)


Roma - Festa di Tutti i Santi 2006 - Joseph Ratzinger - Benedetto XVI


___________________


"La mia opera meglio riuscita", ebbe a dire Ratzinger, e chi ha letto il testo non può che fargli da eco soprattutto  per la capacità che egli ha avuto di denunciare un così grave decadimento teologico e dottrinale interno alla Chiesa, a riguardo dell'anima.


Prima di affrontare il capitolo in questione, suggeriamo anche di tenere a mente l'Udienza generale di Benedetto XVI del 12 novembre 2008 in cui spiegò l'escatologia e la parusia in San Paolo, vedi qui.


 ________________________________


dal cap. V


Immortalità dell'anima e resurrezione dei morti


1. La problematica


L'interrogativo che negli ultimi decenni è sorto nella tematica dell'immortalità dell'anima e della risurrezione, trasformando gradualmente l'intero panorama della teologia e della religiosità, non potrebbe essere formulato più sinteticamente e più drammaticamente di quanto lo ha fatto Oscar Cullmann, il quale si è espresso come segue: "Domandate a un cristiano, protestante o cattolico, intellettuale o no, che cosa insegni il Nuovo Testamento sulla sorte individuale dell'uomo dopo la morte, e, salvo pochissime eccezioni, avrete sempre la stessa risposta: l'immortalità dell'anima. Eppure questa opinione, per diffusa che sia, è uno dei più gravi fraintendimenti che riguardano il cristianesimo" (Unsterblichkeit, p.19).


Ebbene, oramai soltanto ben pochi azzarderebbero questa risposta allora ovvia, poichè l'opinione che essa sia un malinteso si è diffusa con sorprendente rapidità tra le comunità cristiane, senza tuttavia che si fosse potuto sostituirla concretamente con una nuova risposta. Pionieri di questo nuovo atteggiamento furono i teologi protestanti Carl Stange (1870-1959) e Adolf schatter (1852-1938), ai quali aderì ampiamente Paul Althaus, con la sua "Eschatologie" pubblicata nel 1921 in 1° edizione.


 





Rifacendosi alla Bibbia e a Lutero, si rifiutava come dualismo platonico il concetto di una separazione nella morte tra il corpo e l'anima qual è presupposta nella dottrina dell'immortalità dell'anima e si affermava che l'unico insegnamento biblico è quello che l'uomo perisce nella morte "con corpo e anima" e che soltanto così si conserva il carattere di giudizio e della morte, di cui la Bibbia parla con estrema chiarezza. Di conseguenza, non sarebbe cristiano parlare dell'immortalità dell'anima, ma si dovrebbe parlare unicamente della risurrezione dell'uomo intero e contrapporre alla religiosità corrente del morire e alla sua escatologia del cielo l'unica prospettiva della speranza cristiana, cioè quella dell'ultimo giorno.


Nel 1950, Althaus tentò di apportare alcune rettifiche a questa tesi, che nel frattempo si stava diffondendo rapidamente, e obiettò che anche la Bibbia conosce lo schema "dualistico", che anch'essa non conosce soltanto l'attesa dell'ultimo giorno, ma una sorta di9 speranza individuale in un cielo futuro. Egli cercò di dimostrare che questa opinione era stata pure condivisa da Lutero. "L'escatologia cristiana - così si esprimeva - non ha dunque da combattere l'immortalità come tale. Lo scandalo che recentemente abbiamo dato più volte con questo nostro atteggiamento non è lo scandalo dell'Evangelo" (Retraktationem, 256).


(naturalmente Ratzinger non è d'accordo e tenta dei chiarimenti con una denuncia molto grave)


Benchè nelle discussioni d'allora avessero trovato larghi consensi, queste affermazioni non avrebbero assunto grande importanza per quanto riguarda la discussione successiva. L'opinione che parlare dell'anima non sia un discorso biblico, s'impone al punto che perfino il nuovo Missale Romanum del 1970 ha bandito il terminus "anima" dalla liturgia dei Defunti; parimenti esso è scomparso dal rituale della sepoltura.... (confermò in altro discorso il cardinale Ratzinger che della notizia all'epoca ne fu preoccupatamente "sconvolto", da qui anche l'affermazione nell'intervista a Messori - Rapporto della fede - che una certa "protestantizzazione" della Chiesa non era una semplice favola o una esagerazione, ma una triste realtà).


Ma che cosa ha potuto rivoluzionare tanto rapidamente una tradizione, che fin dai tempi della Chiesa antica era radicata saldamente ed era stata sempre considerata centrale? L'apparente evidenza del pensiero biblico da sola non vi sarebbe certo stata sufficente. E' presumibile che l'efficacia delle "nuove" argomentazioni sia derivata in notevole parte dal fatto che la concezione definita "biblica" dell'assoluta indivisibilità dell'uomo collima con la moderna antropologia naturalistica, la quale vede l'uomo unicamente come corpo e non vuole sapere nulla di un'anima che ne possa essere separata.


Ma la prima considerazione che ne consegue è la seguente: sebbene la rinuncia al concetto dell'immortalità dell'anima elimini un potenziale punto conflittuale tra la fede e il pensiero moderno, ciò non salva tuttavia la Bibbia, poichè per la coscienza moderna la via biblica sembra ancora molto meno percorribile. L'unità dell'uomo - e sta bene - ma chi sarebbe in grado, visti i dati odierni della scienza naturale, di immaginarsi una resurrezione del corpo? Una tale resurrezione supporrebbe una materialità radicalmente nuova, un cosmo fondamentalmente cambiato; il che sorpassa del tutto i limiti della nostra capacità intellettiva.


Pure la domanda che cosa avvenga in tal caso nel periodo che precede la "fine dei tempi" non può essere semplicemente ignorata. La spiegazione data da Lutero, di un "sonno dell'anima", non è certo una risposta che possa convincere!



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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