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Ratzinger denuncia Anima termine tolto dal Messale Romano

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2015 12:05
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30/08/2015 12:04
 
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Ma se non esiste un'anima, se di conseguenza non vi può essere un "sonno", sorge il problema, "chi" allora potrebbe essere risvegliato? Come si forma l'identità tra l'uomo precedente e l'uomo che, a quanto pare, dovrà essere ricreato dal niente? Pur non condividendo tal pensieri, respingere con sdegno simili domande "filosofiche" non contribuirebbe certamente a dare una spiegazione a tutto ciò.


Per cui si comprese molto presto, che qui il solo biblicismo non porta innanzi. Senza "ermeneutica", cioè senza accompagnare il dato biblico con la ragione, che, collegando sistematicamente i pensieri, può portare anche sotto l'aspetto linguistico ben oltre il dato biblico come tale, non si ottiene nulla.


Volendo ora prescindere da tentativi radicali, che intenderebbero risolvere il problema opponendosi a tutte le affermazioni "oggettivanti" e ammettendo soltanto interpretazioni "esistenziali", possiamo dire che sono state tentate due vie: formulando un nuovo concetto del tempo e interpretando in modo nuovo la corporeità.


La prima sfera concettuale s'avvicina a quelle riflessioni che abbiamo incontrato precedentemente al cap.3, 1a, e che sono connesse alla questione dell'attesa e della fine imminente. Avevamo visto che si cerca di risolvere questo problema richiamando il fatto che la "fine del tempo" come tale non è più tempo, che quindi non indica una futura data del calendario, bensì è "non-tempo", per cui trovandosi fuori della temporalità, è vicina a ogni tempo in modo uguale. Da questo concetto si trasse la facile conclusione che, essendo anche la morte un "uscire dal tempo", essa conduca all'atemporalità.


Nell'area cattolica questi concetti assunsero importanza per la discussione sul dogma dell'Assunzione corporea di Maria nella gloria celeste.


Lo sconcertante dell'affermazione, che un essere umano - Maria - è già ora risorto corporalmente, equivale quasi alla provocazione di verificare comunque il rapporto tra la morte e il tempo e di riesaminare il carattere della corporeità umana. Se fosse possibile vedere nel dogma mariano un caso emblematico di ogni sorte umana si risolverebbero contemporaneamente due problemi:


da un lato si supererebbe lo scandalo ecumenico e intellettuale del dogma, dall'altro lato, quest'ultimo stesso avrebbe aiutato a correggere le precedenti idee circa l'immortalità e la risurrezione a favore di concezioni più bibliche e più moderne.


Sebbene negli scritti recenti si cercherebbero invano approfondimenti chiari e coerenti del nuovo concetto, si può tuttavia dire, che nel complesso si è imposta la tesi seguente: il tempo è una forma della vita fisica.


La morte significa uscire dal tempo e entrare nell'eternità, nel suo unico "oggi". Di conseguenza, il problema dello "stadio intermedio" tra la morte e la risurrezione non è che un problema inconsistente. "Intermedio" esiste soltanto nella nostra ottica umana. In verità la "fine dei tempi" è atemporale; chi muore, entra nel presente dell'ultimo giorno, del giudizio, della risurrezione e della Parusia del Signore. Da qui la propagazione di un pensiero non cattolico: "Di conseguenza si può affermare, che la risurrezione avviene al momento stesso della morte e non soltanto nell'ultimo giorno".


Questo concetto ("sbagliato", come spiegherà più volte Ratzinger), che la risurrezione abbia luogo nel momento della morte, si è imposto al punto da essere accolto, con qualche clausola, pure in Hollandischen Katechismus, p. 525 (il fatidico Catechismo Olandese condannato da Paolo VI ma che purtroppo, per le linee morbide intraprese dal Vaticano II, non fu fatto ritirare ma correggere con delle Note aggiunte ai margini del testo): "L'esistenza dopo la morte è dunque già qualcosa come la risurrezione del nuovo corpo". Il che significa: ciò che il dogma afferma di Maria vale per ogni uomo; a motivo dell'atemporalità che regna al di là della morte, per ogni uomo, morire vuol dire entrare nel cielo nuovo e nella terra nuova, entrare nella Parusia e nella risurrezione.


 





Qui sorgono tuttavia due domande, di cui la prima è questa: non si tratta forse qui di una velata restaurazione della dottrina dell'immortalità che, dal punto di vista filosofico, si fonda su supposizioni un tantino avventate? Infatti qui si presume la risurrezione già per l'uomo appena morto, per l'uomo che sta per essere portato alla tomba. L'indivisibilità dell'uomo e il suo legame con la sua vita fisica appena spenta, quest'indivisibilità che era stata il punto di partenza della tesi, sembra ora non avere più alcuna importanza. Per cui leggiamo in Hollandischen Katechismus: "Il Signore vuole... dire, che qualcosa, il "proprio" dell'uomo non è il cadavere che rimane...". In modo più incisivo si esprime Greshake: "La materia in se stessa (come atomo, molecola, organo...) è imperfetta... quando perciò nella morte si determina in modo definitivo la libertà dell'uomo, in questa sua concretizzazione e determinazione finale sono insieme cancellati definitivamente il corpo, il mondo e la storia di questa libertà..."


Sebbene simili pensieri possano essere sensati, ci domandiamo tuttavia, con quale diritto si possa parlare ancora di "corporeità" quando si nega, esplicitamente, ogni rapporto con la materia, alla quale si concede di partecipare all'eternità solo in quanto è stata un "momento estatico d'un esercizio umano di libertà".


In ogni caso anche in questo modello il corpo è abbandonato alla morte, mentre contemporaneamente viene affermata una sopravvivenza dell'uomo. Per cui la confutazione del concetto dell'anima perde la sua credibilità, poichè implicitamente vi si ammette l'esistenza di una "realtà" personale, separata dal corpo, il che è esattamente quanto aveva voluto esprimere il concetto dell'anima. Riguardo al problema della corporeità e dell'esistenza dell'anima rimane dunque una strana mescolanza di concezioni, che non si può certo accettare come definitiva.


La seconda domanda riguarda la filosofia del tempo e della storia, la quale rappresenta la leva del tutto: è davvero soltanto così che esiste quell'alternativa al tempo fisico e al non-tempo che viene identificata con l'eternità? E' logicamente possibile collocare l'uomo, il quale ha vissuto il periodo determinante della sua esistenza nel tempo, nella struttura della pura atemporalità? Può, pertanto, un'eternità che ha un inizio essere eternità?Non è, qualcosa che ha un inizio necessariamente non-eterno, temporale? Ma come negare che la resurrezione dell'uomo ha  "un inizio", cioè che avviene dopo la sua morte? Se lo negassimo, la logica ci costringerebbe a concepire l'uomo come già risorto nell'ambito dell'eternità che non ha inizio; il che significherebbe contraddire a ogni seria antropologia e cadere praticamente proprio in quel platonismo che intendiamo combattere.


Ora, G. Lohfink, un sostenitore della tesi della risurrezione "nella morte stessa", ha notato nel frattempo gli inconvenienti or ora esposti e ha cercato di porvi rimedio, richiamando il concetto medievale dell'aevum, il quale (partendo dall'analisi dell'esistenza dell'angelo) tenta di descrivere il particolare rapporto tra il tempo e lo spirito. Lohfink opina che la morte non introduce nel "non-tempo", bensì in un nuovo tipo di temporalità che è propria dello spirito creato... (..)



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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