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Papa Francesco Viaggio Apostolico Cuba, America e Philadelphia 19-27 settembre 2015

Ultimo Aggiornamento: 28/09/2015 12:18
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21/09/2015 22:02
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
A CUBA, NEGLI STATI UNITI D'AMERICA 
E VISITA ALLA SEDE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE 

(19-28 SETTEMBRE 2015)

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Plaza de la Revolución, Holguín
Lunedì, 21 settembre 2015

[Multimedia]



 

Celebriamo la festa dell’Apostolo ed Evangelista san Matteo. Celebriamo la storia di una conversione. Egli stesso, nel suo Vangelo, ci racconta come è stato l’incontro che ha segnato la sua vita, ci introduce in un “gioco di sguardi” che è in grado di trasformare la storia.

Un giorno come qualunque altro, mentre era seduto al banco della riscossione delle imposte, Gesù passò e lo vide, si avvicinò e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò, lo seguì.

Gesù lo guardò. Che forza di amore ha avuto lo sguardo di Gesù per smuovere Matteo come ha fatto! Che forza devono avere avuto quegli occhi per farlo alzare! Sappiamo che Matteo era un pubblicano, cioè riscuoteva le tasse dagli ebrei per darle ai romani. I pubblicani erano malvisti, considerati anche peccatori, e per questo vivevano isolati e disprezzati dagli altri. Con loro non si poteva mangiare, né parlare e né pregare. Per il popolo erano dei traditori, che prendevano dalla loro gente per dare ad altri. I pubblicani appartenevano a questa categoria sociale.

E Gesù si fermò, non passò oltre frettolosamente, lo guardò senza fretta, lo guardò in pace. Lo guardò con occhi di misericordia; lo guardò come nessuno lo aveva guardato prima. E quello sguardo aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita, come a Zaccheo, a Bartimeo, a Maria Maddalena, a Pietro e anche a ciascuno di noi. Anche se noi non osiamo alzare gli occhi al Signore, Lui sempre ci guarda per primo.

E’ la nostra storia personale; come tanti altri, ognuno di noi può dire: anch’io sono un peccatore su cui Gesù ha pone il suo sguardo. Vi invito oggi, a casa o in chiesa, quando siete tranquilli, soli, a fare un momento di silenzio per ricordare con gratitudine e gioia quella circostanza, quel momento in cui lo sguardo misericordioso di Dio si è posato sulla nostra vita.

Il suo amore ci precede, il suo sguardo anticipa le nostre necessità. Egli sa vedere oltre le apparenze, al di là del peccato, al di là del fallimento o dell’indegnità. Sa vedere oltre la categoria sociale a cui apparteniamo. Egli va al di là di tutto ciò. Egli vede quella dignità di figli, che tutti abbiamo, a volte sporcata dal peccato, ma sempre presente nel profondo della nostra anima. E’ la nostra dignità di figli. Egli è venuto proprio a cercare tutti coloro che si sentono indegni di Dio, indegni degli altri. Lasciamoci guardare da Gesù, lasciamo che il suo sguardo percorra le nostre strade, lasciamo che il suo sguardo ci riporti la gioia, la speranza, la gioia della vita.

Dopo averlo guardato con misericordia, il Signore disse a Matteo: “Seguimi”. E Matteo si alzò e lo seguì. Dopo lo sguardo, la parola. Dopo l’amore, la missione. Matteo non è più lo stesso; è cambiato interiormente. L'incontro con Gesù, con il suo amore misericordioso, lo ha trasformato. E in quel momento si lasciò alle spalle il banco delle imposte, il denaro, la sua esclusione. Prima aspettava seduto per riscuotere, per prendere dagli altri; ora con Gesù deve alzarsi per dare, per offrire, per offrirsi agli altri. Gesù lo ha guardato e Matteo ha trovato la gioia nel servizio. Per Matteo e per tutti coloro che hanno percepito lo sguardo di Gesù, i concittadini non sono quelli di cui si approfitta, si usa, si abusa. Lo sguardo di Gesù genera un’attività missionaria, di servizio, di dedizione. I suoi concittadini sono quelli che lui serve. Il suo amore guarisce le nostre miopie e ci stimola a guardare oltre, a non fermarci alle apparenze o al politicamente corretto.

Gesù va avanti, ci precede, apre la strada e ci invita a seguirlo. Ci invita ad andare lentamente superando i nostri pregiudizi, le nostre resistenze al cambiamento degli altri e anche di noi stessi. Ci sfida giorno per giorno con una domanda: credi? Credi che sia possibile che un esattore si trasformi in un servitore? Pensi che sia possibile che un traditore diventi un amico? Pensi che sia possibile che il figlio di un falegname sia il Figlio di Dio? Il suo sguardo trasforma il nostro sguardo, il suo cuore trasforma il nostro cuore. Dio è Padre che vuole la salvezza di tutti i suoi figli.

Lasciamoci guardare dal Signore nella preghiera, nell’Eucaristia, nella Confessione, nei nostri fratelli, soprattutto quelli che si sentono abbandonati, più soli. E impariamo a guardare come Lui guarda noi. Condividiamo la sua tenerezza e la sua misericordia con i malati, i carcerati, gli anziani e le famiglie in difficoltà. Ancora una volta siamo chiamati ad imparare da Gesù, che vede sempre quello che c’è di più autentico in ogni persona, che è appunto l’immagine del Padre.

So con quale sforzo e sacrificio la Chiesa a Cuba sta lavorando per portare a tutti, anche nei luoghi più remoti, la parola e la presenza di Cristo. Una menzione speciale meritano le cosiddette “case di missione”, che, data la scarsità di chiese e sacerdoti, consentono a molte persone di avere un luogo per la preghiera, l’ascolto della Parola, la catechesi e la vita comunitaria. Sono piccoli segni della presenza di Dio nei nostri quartieri e un aiuto quotidiano per rendere vive le parole dell’apostolo Paolo: «Vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,1-3).

Desidero ora rivolgere lo sguardo alla Vergine Maria, Nostra Signora della Carità del Cobre, che Cuba ha accolto tra le sue braccia aprendole le sue porte per sempre,e a Lei chiedo di mantenere su ciascuno dei figli di questa nobile nazione il suo sguardo materno, e che “quei suoi occhi misericordiosi” siano sempre attenti a ciascuno di voi, alle vostre case, alle vostre famiglie e alle persone che possono avere l’impressione che per loro non c’è posto. Che lei ci custodisca tutti come ha custodito Gesù nel suo amore. E che Lei ci insegni a guardare gli altri come Gesù ha guardato ognuno di noi.

   




VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
A CUBA, NEGLI STATI UNITI D'AMERICA 
E VISITA ALLA SEDE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE 

(19-28 SETTEMBRE 2015)

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Basilica minore del Santuario della “Virgen de la Caridad del Cobre”, Santiago di Cuba
Martedì, 22 settembre 2015

[Multimedia]



 

Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci mette di fronte alla dinamica che il Signore genera ogni volta che ci visita: ci fa uscire da casa. Sono immagini che più volte siamo invitati a contemplare. La presenza di Dio nella nostra vita non ci lascia mai tranquilli, ci spinge sempre a muoverci. Quando Dio ci visita, sempre ci tira fuori di casa. Visitati per visitare, incontrati per incontrare, amati per amare.

E qui vediamo Maria, la prima discepola. Una giovane forse tra i 15 e i 17 anni, che in un villaggio della Palestina è stata visitata dal Signore che le annunciava che sarebbe diventata la madre del Salvatore. Lungi dal credersi chissà chi e dal pensare che tutti sarebbero venuti ad assisterla o servirla, lei esce di casa e va a servire. Va ad aiutare sua cugina Elisabetta. La gioia che scaturisce dal sapere che Dio è con noi, con la nostra gente, risveglia il cuore, mette in movimento le nostre gambe, “ci tira fuori”, ci porta a condividere la gioia ricevuta, e condividerla come servizio, come dedizione in tutte quelle situazioni “imbarazzanti” che i nostri vicini o parenti stanno vivendo. Il Vangelo ci dice che Maria uscì in fretta, passo lento ma costante, passi che sanno dove andare; passi che non corrono per “arrivare” troppo rapidamente o vanno troppo lenti come per non “arrivare” mai. Né agitata né addormentata, Maria va di fretta, per accompagnare sua cugina incinta in età avanzata. Maria, la prima discepola, visitata è uscita a visitare. E da quel primo giorno è sempre stata la sua caratteristica peculiare. E’ stata la donna che ha visitato tanti uomini e donne, bambini e anziani, giovani. Ha saputo visitare e accompagnare nelle drammatiche gestazioni di molti dei nostri popoli; ha protetto la lotta di tutti coloro che hanno sofferto per difendere i diritti dei loro figli. E ora, Lei non cessa di portarci la Parola di vita, suo Figlio, nostro Signore.

Anche queste terre sono state visitate dalla sua presenza materna. La patria cubana è nata e cresciuta nel calore della devozione alla Vergine della Carità. “Ella ha dato una forma propria e speciale all’anima cubana – hanno scritto i Vescovi di questa terra – suscitando nel cuore dei cubani i migliori ideali di amore per Dio, per la famiglia e per la Patria”.

Lo affermarono anche i vostri connazionali cent’anni fa, quando chiesero a Papa Benedetto XV di dichiarare la Vergine della Carità Patrona di Cuba, e scrissero: “Né le disgrazie e né le privazioni riuscirono a ‘spegnere’ la fede e l’amore che il nostro popolo cattolico professa a questa Vergine, ma anzi, nelle più grandi vicissitudini della vita, quando era più vicina la morte o prossima la disperazione, sempre è sorta come luce che dissipa ogni pericolo, come rugiada consolatrice ... la visione di questa Vergine benedetta, cubana per eccellenza …perché così l’hanno amata le nostre indimenticabili madri, così la benedicono le nostre spose”. Così essi scrivevano cent’anni fa.

In questo Santuario, che conserva la memoria del santo Popolo fedele di Dio che cammina a Cuba, Maria è venerata come Madre della Carità. Da qui Lei custodisce le nostre radici, la nostra identità, perché non ci perdiamo su vie di disperazione. L’anima del popolo cubano, come abbiamo appena sentito, è stata forgiata tra dolori, privazioni che non sono riusciti a spegnere la fede; quella fede che si è mantenuta viva grazie a tante nonne che hanno continuato a render possibile, nella quotidianità domestica, la presenza viva di Dio; la presenza del Padre che libera, fortifica, risana, dà coraggio ed è rifugio sicuro e segno di nuova risurrezione. Nonne, madri, e tanti altri che con tenerezza e affetto sono stati segni di visitazione - come Maria - di coraggio, di fede per i loro nipoti, nelle loro famiglie. Hanno tenuto aperta una fessura, piccola come un granello di senape, attraverso la quale lo Spirito Santo ha continuato ad accompagnare il palpitare di questo popolo.

E «ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 288).

Generazione dopo generazione, giorno dopo giorno, siamo invitati a rinnovare la nostra fede. Siamo invitati a vivere la rivoluzione della tenerezza come Maria, Madre della Carità. Siamo invitati a “uscire di casa”, a tenere gli occhi e il cuore aperti agli altri. La nostra rivoluzione passa attraverso la tenerezza, attraverso la gioia che diventa sempre prossimità, che si fa sempre compassione – che non è pietismo, è patire-con, per liberare – e ci porta a coinvolgerci, per servire, nella vita degli altri. La nostra fede ci fa uscire di casa e andare incontro agli altri per condividere gioie e dolori, speranze e frustrazioni. La nostra fede ci porta fuori di casa per visitare il malato, il prigioniero, chi piange e chi sa anche ridere con chi ride, gioire con le gioie dei vicini. Come Maria, vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità di un popolo nobile e dignitoso. Come Maria, Madre della Carità, vogliamo essere una Chiesa che esca di casa per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione.

Come Maria vogliamo essere una Chiesa che sappia accompagnare tutte le situazioni “imbarazzanti” della nostra gente, impegnati nella vita, nella cultura, nella società, non nascondendoci ma camminando con i nostri fratelli, tutti insieme. Tutti insieme, servendo, aiutando. Tutti figli di Dio, figli di Maria, figli di questa nobile terra cubana.

Questo è il nostro “rame” più prezioso, questa è la nostra più grande ricchezza e la migliore eredità che possiamo lasciare: come Maria, imparare ad uscire di casa sui sentieri della visitazione. E imparare a pregare con Maria, perché la sua preghiera è colma di memoria e di ringraziamento; è il cantico del Popolo di Dio che cammina nella storia. E’ la memoria viva che Dio è in mezzo a noi; è la memoria perenne che Dio ha guardato l’umiltà della sua gente, ha soccorso il suo servo come aveva promesso ai nostri padri e alla loro discendenza per sempre.



[Modificato da Caterina63 22/09/2015 19:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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