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Riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2016 11:07
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08/09/2015 13:55
 
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[01425-IT.01] [Testo originale: Italiano]


Intervento di S.E. Mons. Dimitrios Salachas


1. Come avvenne nel 1990 con la promulgazione del “Codex canonum Ecclesiarum Orientalium” da parte del Santo Papa Giovanni Paolo II, così anche l’attuale Pontefice Papa Francesco, supremo Legislatore della Chiesa cattolica, promulga ora due Lettere Apostoliche Motu proprio datae “De causis ad matrimonii nullitatem declarandam”.


Infatti nel Proemio del MP «Mitis et Misericors Jesus», Papa Francesco riprende le stesse parole di Giovanni Paolo II nel Proemio del CCEO, tenendo conto della peculiare disciplina delle Chiese orientali circa il sacramento del Matrimonio:


Fin dall'inizio della codificazione canonica delle chiese orientali, la stessa costante volontà dei romani pontefici di promulgare due codici, uno per la chiesa latina e l'altro per le chiese orientali cattoliche, dimostra molto chiaramente che essi volevano conservare ciò che è avvenuto per provvidenza divina nella chiesa, cioè che essa, riunita da un unico Spirito, deve respirare come con i due polmoni dell'Oriente e dell'Occidente e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli”.


L’immagine poetica che il Santo Padre ha usato è forse più eloquente di qualsiasi arida norma giuridica. E’ una espressione di profondo senso ecclesiologico circa l’unità e la diversità della Chiesa: Unica fede, diverse discipline.


2. Anzitutto sotto l’aspetto dottrinale, il MP «Mitis et Misericors Jesus», conferma che le Chiese orientali cattoliche, in conformità all’insegnamento del Signore, degli Apostoli e dei santi Padri, professano ed affermano l’unità e l’indissolubilità del matrimonio, che nel matrimonio tra battezzati, conseguono una speciale stabilità in ragione del sacramento.


3. Per quanto riguarda la disciplina canonica per la dichiarazione della nullità del matrimonio, emerge l’ecclesiologia ispirata dall’insegnamento dei santi Padri, che lo stesso MP «Mitis et Misericors Jesus» adotta ed esplicita in norme disciplinari.


4. Emerge nel MP «Mitis et Misericors Jesus» la volontà del Supremo Legislatore secondo la quale il processo matrimoniale sia svolto in eparchia (in diocesi), perciò la centralità del ministero del Vescovo in questa materia. Infatti esplicito è il riferimento alla dottrina dei santi Padri orientali, secondo la quale il Vescovo è giudice e medico. L’uomo, ferito dal peccato originale e dai propri peccati personali è una creatura caduta (peptokòs), da Cristo redenta, è un infermo, e con le medicine della penitenza ottiene da Dio, la guarigione, il perdono e viene riconciliato con la Chiesa.


5. Il MP «Mitis et Misericors Jesus», nel descrivere il ruolo del Vescovo, esclude la via amministrativa, e conferma quella giudiziaria, proprio per garantire il carattere inviolabile della legge divina sull’indissolubilità del vincolo matrimoniale ed evitare un eventuale lassismo e “relativismo dottrinale”. La soluzione del vincolo sacramentale del matrimonio è una grave trasgressione del comandamento di Dio. La dottrina circa l’indissolubilità del matrimonio resta sempre intatta, poiché si tratta per tutti i Cattolici, Orientali e Latini, di una verità da credere per fede divina e cattolica.


6. Il MP «Mitis et Misericors Jesus», nel descrivere il ruolo del Vescovo, fa riferimento a due principi pastorali in vigore sin dall’antichità presso gli Orientali, cioè al principio della cosiddetta “oikonomia” e al principio della cosiddetta “akribeia”. Qualora un cristiano si rivolgesse alla Chiesa per sottoporre il suo caso matrimoniale, spetta anzitutto al Vescovo, munito della potestà giudiziale, di usare caso per caso il principio della “oikonomia” o il principio della “akribeia”. Infatti è proprio il Vescovo che renderà conto a Dio delle anime a lui affidate.


7. Nelle Chiese orientali, afferma il MP «Mitis et Misericors Jesus», il Vescovo – costituito dallo Spirito Santo “eis typon kai tòpon Christou” (figura di Cristo e al posto di Cristo), è anzitutto ministro della divina misericordia (Episcopus enim praeprimis divinae misericordiae minister est). E’ proprio san Basilio che ci insegna che il Vescovo, come giudice, non applicherà indiscriminatamente la misericordia e la giustizia, ma dopo aver esaminato attentamente lo stato di salute spirituale del cristiano. Dopo aver effettuato una appropriata “diagnosi” dell’infermità spirituale, il Vescovo somministrerà l’adatta medicina spirituale. Nel processo matrimoniale il giudice applicherà la “akribeia” quando ciò richiede la fedeltà alla fede, ma applicherà la “oikonomia” quando la nullità emerge manifesta dall’esame della causa.


Da notare, a quanto mi risulta, che è la prima volta che in un documento pontificio di indole giuridica si ricorre a questo principio patristico di misericordia pastorale, chiamato oikonomia presso gli orientali per affrontare un problema come quello della dichiarazione di nullità del matrimonio.


8. Da ricordare qui anche il can. 1401 del CCEO (che non ha un corrispondente nel CIC), il quale descrive nei seguenti termini l’opera della Chiesa di fronte all’uomo che trasgredisce la legge di Dio:


“Poiché Dio prende ogni iniziativa per ricondurre la pecora smarrita, coloro che da Lui hanno ricevuto la potestà di sciogliere e di legare procurino la medicina adatta alla malattia di quanti hanno peccato, li ammoniscano, li rimproverino, li esortino con ogni magnanimità e dottrina, impongano anche delle pene, per curare le ferite inferte dal delitto, in modo tale che né i delinquenti siano spinti verso i precipizi della disperazione, né i freni siano allentati fino alla rilassatezza della vita e al disprezzo della legge”.


9. Un processo breve nelle Cause di nullità sotto l’autorità giudiziale del Vescovo è un segno che la Chiesa Cattolica intende venire incontro alla moltitudine di casi di persone in situazioni matrimoniali irregolari, applicando giustizia e misericordia, ma dopo aver esaminato attentamente i dati in iure e in facto, specie quando appare manifesta la nullità del matrimonio. Non si devono imporre ai fedeli procedure pesanti, ma solo quelle necessarie per la salus animarum.


10. Il MP «Mitis et Misericors Jesus», garantisce il diritto di appello al tribunale della Sede Metropolitana, che fa capo ad una provincia ecclesiastica, segno di sinodalità nelle Chiese orientali. Resta pertanto intatto il diritto di appello alla Sede Apostolica, cioè al Tribunale ordinario della Rota Romana. Il diritto di appello a Roma è stato sancito dai sacri canoni della Chiesa sin dal primo millennio. Il sinodo di Sardica (343-344) ci offre un esempio, riconoscendo il diritto di appello a Roma per dirimere contese disciplinari e dottrinali qualora fossero sorte tra le Chiese. Il Concilio Vaticano II dichiara che per un intero millennio le Chiese d’oriente e d’occidente hanno seguito la propria via, unite dalla comunione della fede difesa e definita nei concili ecumenici insieme celebrati, sede romana moderante però qualora fossero sorti dissensi circa la fede o la disciplina (cfr. decreto conciliare UR. n. 14).


11. Infine, si può affermare che il MP «Mitis et Misericors Jesus» che viene ora alla luce circa la riforma delle norme per la dichiarazione della nullità matrimoniale nelle Chiese orientali cattoliche, si deve ritenere come un nuovo completamento del magistero pontificio dopo la promulgazione nel 1990 del “Codex canonum Ecclesiarum Orientalium”.


[Modificato da Caterina63 08/09/2015 13:56]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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