È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Don Elia Sacerdote Cattolico dal Blog La scure di Elia apologetica dottrina

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 14:53
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
12/09/2015 22:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


Ella ti schiaccerà la testa

 Ipsa conteret caput tuum (Gen 3, 15).

L’esegesi moderna spiega che il soggetto di questa frase non è la Donna, ma la sua discendenza. Poco importa: la Chiesa non si è fermata al senso letterale nella sua lettura dell’Antico Testamento, fin dall’epoca dei Padri apostolici.

In ogni caso, la discendenza allora promessa e attesa dalle genti, il Figlio di Dio fatto uomo, ha schiacciato la testa del serpente in indissolubile unione con la Madre, che non solo ha reso possibile l’Incarnazione con il libero fiat a cui il Padre ha voluto sospendere il Suo piano di salvezza, ma ha pure condiviso totalmente le sofferenze redentrici del Verbo, da Lei generato nella natura umana passibile, e ha attirato lo Spirito Santo con la propria efficacissima preghiera nel cuore della Chiesa nascente. Anch’Ella dunque, con il Deus homo, ha schiacciato la testa del biblico rettile, ma lo ha fatto come semplice creatura, sia pure perfettamente trasformata dalla grazia, dando così anche a noi la possibilità di farlo con la grazia di Suo Figlio, che ci raggiunge attraverso di Lei.

Vittoriosa sul serpente antico fin dal Suo concepimento in virtù dei meriti di Colui che da Lei sarebbe nato, vergine incontaminata nell’anima e nel corpo per l’assenza della minima ombra di peccato e per la perpetua consacrazione a Dio, Genitrice dell’Incontenibile nella carne che L’ha rivestito per essere mezzo del Sacrificio redentore nell’effusione del sangue da Lei stessa donato, la Regina è assunta accanto a Lui per partecipare alla Sua vittoria sulla morte – subito, senza attendere la Parusia come noi, peccatori convertiti – e riversare sui credenti torrenti di grazie, sino alla fine dei tempi. Potrebbe essere diversamente, d’altronde? Potrebbe la Madre non occuparsi dei figli, già contenuti nel Capo da Lei portato in grembo, fino al pieno compimento della loro salvezza? Potrebbe la Corredentrice dimenticare coloro per i quali ha tanto sofferto, facendosi un tutt’uno con il crocifisso frutto del Suo seno? Potrebbe l’inizio e modello della Chiesa trascurarne la crescita in quella santità che in Lei è già perfetta?

Potrebbe la distruttrice di tutte le eresie non esserci particolarmente vicina in questi tempi di prova apocalittica, come l’ha definita l’alto Prelato amico, che in questi giorni abbiamo potuto di nuovo incontrare per chiedergli appoggio in vista dell’opera nuova che, Deo volente, sta per nascere? Sotto il manto di Maria ci rifugiamo con incondizionata fiducia: tocca a Lei aprire porte umanamente invalicabili; tocca a Lei ottenere per noi prudenza, consiglio, fortezza, audacia e perseveranza. Tocca a Lei brandire lo stendardo del Regno di Dio e raccogliere sotto di esso i cristiani fedeli che non sopportano più il diabolico inganno del gran seduttore, sotto lo stendardo di quella Croce che svetta sovrana senza lasciarsi piegare alle mortifere ideologie del mondo, quella Croce che ha già vinto l’Inferno e rende vittoriosi gli oscuri martiri dimenticati, le innumerevoli vittime mietute da quattordici secoli da quella falsa religione che sarebbe equivalente alla nostra…

In questo giorno di trionfo della vera fede, in questa festa che ci fa contemplare in anticipo ciò che saremo, se l’avremo meritato, chiediamo con insistenza alla Vergine santa che il piccolo gregge dei Suoi figli legittimi abbia presto dei Pastori che lo guidino e trovi luoghi accoglienti dove radunarsi. Ripetiamo con particolare fervore la preghiera del Montfort per chiedere apostoli pronti a volare come colombe dovunque lo Spirito Santo li sospinga: liberos, figli spirituali di Lei che siano liberi dell’autentica libertà evangelica, portatori delle ricchezze celesti abbandonati alla Provvidenza e mossi da puro amore per la salvezza delle anime, quelle anime costate un prezzo così alto a Gesù e Maria, quelle anime che anche il sangue dei martiri odierni contribuisce a strappare agli artigli del diavolo e alle sue imposture. Siamo un unico Corpo: la Chiesa trionfante con i suoi meriti e le sue preghiere, la Chiesa purgante con la sua intercessione, la Chiesa militante con le sue lotte e sofferenze.

Che sia il martirio del corpo o quello del cuore, tutto concorre al trionfo del Regno di Dio. Pertanto non scoraggiamoci affatto, ma, pur gemendo nella prova, fissiamo lo sguardo sulla Vittoriosa, come l’anziano fondatore perseguitato i cui occhi spenti dal dolore, al pensiero di Lei, tornano in un attimo a brillare di luce soprannaturale, dirigendosi in alto e dilatandosi in un sorriso di beatitudine celeste come se La vedessero… La Regina è con noi, bella e terribile come schiere a vessilli spiegati (Ct 6, 4). Come promesso, ci sta guidando passo passo nella realizzazione di un’opera che è Sua. Pochi mesi fa non avremmo neanche immaginato quale strada si sarebbe potuta aprire; tra qualche mese stupiremo del cammino che vi avremo percorso.

Consacrandoci a Lei, diventiamo nelle Sue mani strumenti della divina misericordia, come Ella lo è stata nelle mani di Dio. Lasciamoci dunque guidare da Lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e sicuri sotto la Sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e, allontanando ogni angustia e difficoltà, verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali e spirituali (san Massimiliano Maria Kolbe). 





sabato 22 agosto 2015


Umile e alta più che creatura  

Per riuscire ad esprimere, per quanto possibile, la sublimità del Suo mistero, nel XXXIII canto del suo Paradiso Dante pone sulle labbra di san Bernardo, cantore della Vergine, una serie di locuzioni paradossali o antinomiche.

La creatura che più di ogni altra è stata elevata all’ordine soprannaturale e associata agli ineffabili scambi d’amore della Trinità santissima non poteva essere se non la più umile davanti a Dio, la più trasparente alla Sua grazia, la più libera da qualsiasi ripiegamento su se stessa, caratteristico delle anime ferite dal peccato originale. Se è vero che tutto questo è dipeso anzitutto da una liberissima elezione, in virtù della quale Ella era stata prescelta da tutta l’eternità perché, in vista dei meriti di Colui che da Lei sarebbe nato, fosse esente da qualsiasi macchia, è anche vero che la prescienza divina non poteva ignorare la perfetta corrispondenza alla grazia con cui l’Eletta avrebbe cooperato in modo essenziale al compimento del piano di salvezza: madre del Verbo incarnato, Sua inseparabile compagna nella Passione redentrice, ricettacolo purissimo dello Spirito Santo nel cuore della Chiesa nascente.

Nella dolce e mite Sovrana, nostra amabile Madre nell’ordine della grazia, è sommamente evidente come l’universo intero, uscito dalle mani di Dio per un traboccamento non necessario di vita e d’amore, sia totalmente orientato a Lui al fine di rendergli, mediante l’uomo suo culmine, l’onore e la gloria che Gli sono dovuti. L’exitus del mondo dall’amorosa volontà divina che lo ha tratto dal nulla si compie in un reditus che lo riporta a Lui perfezionato dalla grazia, la quale cerca accoglienza da parte della creatura che, sintesi del visibile e dell’invisibile, è immagine vivente del Creatore e, dopo aver abusato della sua libertà, una volta redenta ha il compito di ricondurre alla fonte tutte le cose, santificate e rinnovate con la sua cooperazione. Tale è la sublime vocazione del cristiano, nel quale l’Altissimo manifesta pienamente la Sua gloria con il coinvolgimento della libertà seconda in un’unione sponsale sempre più intima.

L’essenziale orientamento della creazione, con l’uomo alla sua testa, a Colui che ne è origine e fine non è più percepito, attualmente, con la necessaria forza e chiarezza. Al contrario, la traiettoria naturale dell’essere creato sembra decisamente capovolta: anziché risalire all’Artefice mediante le sole creature ragionevoli, il mondo assurge a termine e scopo a cui tutto sarebbe finalizzato, compresa la religione. Se il più celebreleader spirituale arriva ad affermare che «il lavoro è sacro», c’è da chiedersi se la parolasacro significa ancora qualcosa oppure – più profondamente – se il lavoro non ha preso il posto, nella mente di tanti, di ciò che attiene a Dio… e a Lui soltanto. In realtà il lavoro, come qualsiasi altra attività umana, soffre di un’inevitabile ambivalenza che si radica nel peccato: l’empio lo vive come fattore di idolatria e di ingiustizia, il giusto come occasione di offerta a Dio e di servizio al prossimo, cioè come strumento di santificazione.

Se poi si propone di pregare perché il Creatore aiuti gli uomini a prendersi cura dellacasa comune, si ha la netta impressione che l’abitazione – per di più provvisoria – sia diventata il fine ultimo, e per chi l’abita e per chi l’ha edificata. Finora avevamo creduto che una casa servisse a chi ci vive, il quale gode della perizia del costruttore e gliene rende omaggio. Nessuno di noi finalizza la propria esistenza a chi gli ha fatto l’appartamento, certo; ma orientarla a Chi ci ha dato la vita su questa terra e ci promette la vita in cielo è giusto e ragionevole, oltre che santificante. Parliamo di Colui senza il quale non esisterebbe assolutamente nulla, né noi potremmo distinguerci in alcun modo dalla natura incosciente pensando o volendo alcunché. Tutto esiste per l’uomo, ma l’uomo esiste per Dio.

«Tutto è vostro. Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3, 22-23). In Gesù, Dio umanato, tutto è unificato e ricapitolato; attraverso di Lui, in virtù dello Spirito Santo, tutto risale al Padre, dal quale tutto discende. Dopo aver assunto la natura umana allo scopo di redimerla, il Verbo ha preso degli elementi della creazione, trasformati dal lavoro umano, per cristificare gli uomini redenti onde renderli atti alla vita eterna, che si colloca a un livello dell’essere semplicemente irraggiungibile per le creature.

L’Eucaristia, in questo senso, rappresenta il culmine della santificazione del cosmo nell’ordine presente: la natura e il lavoro sono posti al servizio del pieno e definitivo compimento dell’umanità nel Regno di Dio, al quale essa è ordinata. In questa prospettiva, se qualcuno mi parla di un “processo di identificazione di Gesù con il pane” che sarebbe iniziato con la moltiplicazione dei pani e dei pesci (che in realtà non sarebbe stata altro che un inesauribile condividerli tra migliaia di persone) e sarebbe culminato nell’Ultima Cena… mi viene la pelle d’oca. Il pane del miracolo era semplice cibo che saziò la fame del corpo; il Pane eucaristico è la Persona del Figlio fatto uomo, immolato sulla croce, risorto e asceso al cielo, che ci nutre per la vita eterna. La moltiplicazione fu mera prefigurazione dell’illimitata dispensazione del Sacramento in ogni tempo e in ogni luogo; tra l’una e l’altra c’è un abisso ontologico che nessun “processo” avrebbe mai potuto colmare.

L’Eucaristia non è punto di arrivo di un’evoluzione, ma frutto di un intervento puntuale della potenza creatrice di Dio, che nel Verbo incarnato, con la sola parola, ha trasformato il pane e il vino nel Suo corpo, sangue, anima e divinità, così come, nel medesimo Verbo, ha tratto il mondo dal nulla e in esso ha suscitato prima la vita, poi la vita cosciente. Gesù non si è identificato con un elemento materiale, ma lo ha preso – come già aveva assunto la carne per operare la nostra redenzione – per servirsene a un fine soprannaturale: aprirci la dimora definitiva.

Questa volontà ostinata, propria del pensiero moderno penetrato nella Chiesa, di abolire la distanza incolmabile tra Dio e il mondo, tra il Creatore e la creatura, tra l’Essere infinito e l’essere finito, una volta assunta come prospettiva in cui reinterpretare la dottrina cattolica in “dialogo” con la cultura contemporanea, semplicemente la svuota e la distrugge. Si ha coscienza di questo, quando si dicono e scrivono certe cose? Possibile che nessuno se ne accorga e denunci la deriva del “magistero”? In questo naturalismo imperante siamo andati oltre l’idolatria: non ci si limita più a divinizzare la natura, ma si pretende di porre l’uomo e Dio stesso al suo servizio. Può esserci qualcosa di più blasfemo di questa inversione?
È questa una liberazione dell’uomo o il suo completo asservimento a ciò che gli è inferiore, o meglio a quel Dio dell’universo che, nella cabala ebraica, designa Lucifero? Può forse venire da questa visione gioia, pace e speranza, o non piuttosto l’angoscia soffocante e la cupa disperazione che dilagano nella società odierna?

Per amore di Dio e per la nostra vera liberazione, in vista della beatitudine senza fine, volgiamo lo sguardo alla Regina del mondo e lasciamoci attirare da Lei per ritrovare il nostro vero orientamento, la via del cielo. 



sabato 29 agosto 2015


Lampada che arde e risplende

 L’antichità conosceva il valore del matrimonio. Pur ammettendo de iure il ripudio e tollerando de facto certe intemperanze comportamentali, il diritto romano sanciva e tutelava l’inviolabilità dei patti liberamente contratti, compreso quello coniugale.

Nell’Antica Alleanza la santità del matrimonio, protetta da una legislazione molto severa, era fondata sull’originaria volontà del Creatore: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa e i due saranno una carne sola» (Gen 2, 24). Nella Nuova Alleanza, fin dalle origini, l’unione legittima di un uomo e di una donna, santificata dal Verbo incarnato mediante il sacramento da Lui istituito, è stata elevata ad immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa.

La continuità tra la legge naturale e quella rivelata è in questo caso quanto mai evidente; ogni persona ragionevole può agevolmente riconoscerla, né può ragionevolmente metterla in discussione. Rispetto a quanto, fino a neanche mezzo secolo fa, era sentire comune e dottrina giuridica certa, la situazione attuale risulta semplicemente sconvolgente. Un abisso di decadenza ci separa dai nostri genitori o – per chi è più giovane – dai nostri nonni: in pochissimi decenni è avvenuto un cambiamento talmente profondo e radicale che non se ne ha nemmeno coscienza.

L’uomo moderno ha perso la memoria, non solo del remoto passato, ma anche di quello recente. Il cumulo di macerie affettive in cui tanti si dibattono cercando invano una via d’uscita è risultato, fra l’altro, anche di decisioni collettive che, in nome della democrazia, sarebbe stato impensabile non assecondare: non possiamo – si ripeteva negli ambienti cattolici – imporre agli altri la nostra visione… Anche in questo caso, purtroppo, una volta apertasi una crepa nella diga, l’enorme pressione dell’acqua l’ha travolta, lasciando dietro di sé devastazione e rovine.

Fa riflettere il fatto che l’ultimo e più grande profeta, il Precursore del Messia, abbia pagato con la vita la sua fedeltà alla verità divina proprio in questo campo. Un piccolo tiranno, oscuro nipote di un tiranno più noto per l’eccidio di infanti che mirava a eliminare il neonato discendente di Davide, si era condannato da sé a subire la tirannia della cognata, illegittimamente sottratta al fratello. Lo scandalo – all’epoca molto grave – non aveva lasciato indifferente il predicatore del Giordano, che chiamava vigorosamente alla conversione quanti volevano andare incontro con la coscienza in pace all’imminente manifestazione del Giudice universale.

Forse – come si può arguire dall’ansiosa  domanda rivoltagli dal carcere – non gli era stato rivelato che quest’ultimo, in una prima fase, avrebbe concesso ai convertiti una nuova vita nella grazia perché tutti i popoli del mondo, prima del compimento della storia umana, fossero raggiunti grazie a loro dall’annuncio del Regno di Dio. Ma la distanza cronologica cambia poco, o meglio non cambia nulla.

Ogni cristiano – afferma sant’Efrem Siro – deve vivere come se la venuta gloriosa di Cristo dovesse avvenire nel suo tempo, dato che non ne conosce il momento e, quindi, potrebbe essere domani. Non solo, ma sul piano individuale l’incontro finale con il Giudice potrebbe compiersi in qualsiasi momento, anche tra qualche secondo. Nessuno può dunque permettersi il lusso di rimandare la propria conversione, visto che non sa fino a quando ne avrà il tempo. I Santi meditavano spesso sulla morte e sul giudizio; senza questa meditazione non sarebbero diventati tali. È vero che il credente deve giungere ad amare Dio per se stesso piuttosto che per timore di perderlo; ma per farsi scuotere onde cambiare vita questo timore è uno stimolo molto efficace. Se qualcuno predica che la misericordia di Dio perdona anche chi non è pentito, sta ingannando gli altri e tradendo la propria missione.

Caro san Giovanni Battista, come ci è ancora necessaria la tua parola, che un giorno tuonò nel deserto di Giudea! E pensare che non riuscirono a farti tacere nemmeno in carcere, se è vero che il tuo carnefice ti ascoltava volentieri, pur non decidendosi mai ad accogliere gli ammonimenti che il Signore stesso gli rivolgeva per mezzo tuo! Questa è vera misericordia: rivolgere a tutti il salutare appello alla conversione, specie a chi più ne ha bisogno, come l’ardente Elia all’empio Acab, anch’egli succube di quella strega di Gezabele, o l’incatenato Paolo al giovane Nerone, al quale si era appellato per sfuggire al complotto giudaico. Se il promettente pupillo di Seneca, prima di abbandonarsi al vizio e alla crudeltà con cui Satana finì col dominarlo, avesse dato ascolto all’Apostolo delle genti, probabilmente l’Impero Romano sarebbe diventato cristiano molto prima; se Adolph Hitler si fosse piegato al cardinal Faulhaber (arcivescovo di Monaco che ordinò poi sacerdote Joseph Ratzinger), la massoneria americana non avrebbe avuto un pretesto per invadere il Vecchio Continente…

Profeti, profeti, ci vogliono profeti! Non come quelli che facevano furore al tempo della mia giovinezza, quando profezia era sinonimo di rivoluzione (politica, sociale, economica, sessuale…): quelli che avevano invitato le prostitute in seminari e noviziati e sottomesso i candidati al giudizio insindacabile di psicologi rigorosamente atei, i quali avevano cacciato via le vocazioni autentiche e raccomandato quelle fasulle; non quei falsi maestri grazie ai quali il fumo di Satana è penetrato nel tempio di Dio – anche perché nessuno li ha fermati…

Ci vogliono veri profeti che facciano ancora risuonare la voce divina in ogni ambiente, a cominciare da quelli del potere, ponendo gli uomini di fronte alla loro coscienza nella prospettiva del giudizio. Questo ha fatto san Giovanni Battista; questo ha fatto Gesù stesso, e la Chiesa primitiva nel Suo nome.

Aspettiamo che Dio mandi un profeta a parlare con franchezza a chi siede in Parlamento e sta per votare leggi totalmente contrarie non solo alla verità rivelata, ma innanzitutto alla ragione. Non può certamente essere qualcuno che, pur essendo magari incaricato di promuovere la cosiddetta “nuova evangelizzazione”, giustifichi le comunioni sacrileghe dei libertini divorziati con l’esigenza di contestualizzarle. Anche le anime dei politici, se richiamate a penitenza, possono convertirsi ed evitare così l’Inferno; perché escluderle d’ufficio dalla salvezza eterna? Per mantenere qualche miserabile privilegio che costituirà un ulteriore capo d’accusa? Non è molto conveniente né sensato, almeno per chi crede al giudizio. Se poi un prelato non ci crede, rinunci alla prebenda e smetta di ingannare il prossimo; i suoi potenti amici gli troveranno un altro impiego – ma non dentro il sacro recinto, per favore.

Chiediamo al Signore profeti che, ribadendo con fermezza la verità della famiglia e del matrimonio, preservino la nostra società dal baratro in cui sta precipitando, aiutino tanti uomini e donne ad evitare scelte catastrofiche che provocano immani sofferenze (con il rischio della dannazione eterna) e ne rassicurino, d’altra parte, tanti altri che hanno compiuto scelte eroiche per tornare sulla via della salvezza mediante la rinuncia alla loro situazione irregolare.

Questi ultimi si chiedono adesso se i Pastori della Chiesa non si stiano incamminando in una direzione che farà apparire assurdi e vani i dolorosi sacrifici che hanno accettato di consumare per tornare in grazia di Dio. Tranquilli: quei sedicenti Pastori, se non insegnano e applicano la sana dottrina, di fatto sono già decaduti dal loro ufficio; il problema è che molti non lo sanno.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:08. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com