Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

APPELLO di 50 fra teologi e vescovi ALLA CHIESA A NON TRADIRE LA DOTTRINA

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2015 13:19
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
16/09/2015 13:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


LA COSCIENZA
Non meno ambiguo e incompleto è il modo in cui il paragrafo 137 presenta la coscienza. Vi si legge infatti che la coscienza è “la voce di Dio che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla”.
Questa definizione sembra essere una distorsione del n. 16 di Gaudium et Spes, dove si legge: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa’ questo, evita quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo”.
L’Instrumentum laboris manca di sottolineare che la coscienza si riferisce alla legge iscritta nel nostro cuore: è proprio questo il senso in cui va interpretata “la voce di Dio”. In materia di morale, la “voce” di Dio non dice una cosa a una persona e una cosa diversa a un’altra, e non parla mai contro una norma oggettiva insegnata dalla Chiesa.  Parlare di una voce di Dio che appaia scissa dalla legge morale, o che sembri mancare di ogni riferimento a questa, è grossolanamente inadeguato. È errato parlare di un polo soggettivo estrinseco alla legge e che con questa debba poi essere coniugato. 

Dagli errori contenuti nel paragrafo 137 sembra conseguire non semplicemente il rischio di “scelte egoistiche”, ma piuttosto un soggettivismo radicale nella nostra visione della vita morale, nella misura in cui la coscienza è scissa da quella illuminante presenza interna che è la legge morale. Una volta separata dalla legge, la coscienza stessa non è più un modo di trovarsi davanti a Dio. Invece, secondo questo modo di pensare, nella propria coscienza ci si trova soltanto davanti a se stessi. Il commento della Veritatis Splendor a Rm 2:14-15 esprime il modo in cui la coscienza rettamente intesa ci conduce alla presenza di Dio: “Secondo le parole di san Paolo, la coscienza, in un certo senso, pone l’uomo di fronte alla legge, diventando essa stessa ‘testimone’ per l’uomo: testimone della sua fedeltà o infedeltà nei riguardi della legge, ossia della sua essenziale rettitudine o malvagità morale” (VS 57). 

L’idea che la coscienza faccia intrinseco riferimento a una verità oggettiva sul bene è del tutto assente dal paragrafo 137. Presentando la coscienza come una facoltà soggettiva che sta in opposizione dialettica alla legge, l’Instrumentum laboris propone una concezione che è incompatibile con gli insegnamenti del Magistro della Chiesa e che sminuisce la dignità spirituale della persona umana in quanto persona capace di conformare le proprie azioni alla verità oggettiva. 
IL GIUDIZIO MORALE
In definitiva, secondo la logica del paragrafo 137 il giudizio morale non è più un giudizio della coscienza illuminato dalla legge, bensì la “coniugazione” di due poli, uno soggettivo e uno oggettivo. Dobbiamo sottolineare che tale coniugazione dei due elementi dialettici avviene senza alcun criterio. Se coscienza e legge sono i due poli che vanno coniugati, nessuno dei due può fornire criteri sul modo di coniugarli. Altrimenti detto, l’Instrumentum laboris sembra lasciar intendere che il criterio ultimo della morale sia arbitrario.

Né costituisce una soluzione a questa difficoltà il ricorso all’aiuto esterno da parte di una “guida spirituale competente”. Se è indubbio che una fedele direzione spirituale può arrecare molti benefici, in questo contesto il suggerimento di farvi ricorso non è che un modo di ammettere la mancanza di criteri (diversi dalla guida del direttore spirituale) su cui basare la decisione finale. Occorre sottolineare che pochi sposi hanno accesso abituale alla direzione spirituale. Ma l’aspetto ancor più fondamentale è che questa soluzione rende i coniugi dipendenti dal giudizio morale di esperti pastorali, e tale dipendenza contraddice la natura stessa della coscienza.

Una guida spirituale non avrà accesso ai criteri oggettivi più pienamente della coscienza ben formata (“educata ad ascoltare”), e la missione del direttore spirituale è di non suggerire né giustificare mai alcuna violazione della legge morale di Dio. Anzi la stessa enciclica Humanae Vitae insiste sulla necessità che coloro che guidano gli sposi non compromettano mai la verità: “Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le anime” (HV 29). 

San Giovanni Paolo II, il Papa della Famiglia, ha chiarito come sia impossibile che una valutazione dei beni soggettiva e privata prevalga sui beni oggettivi: 
“Parlare di ‘conflitto di valori o beni’ e della conseguente necessità di compiere come una sorta di ‘bilanciamento’ degli stessi, scegliendo uno e rifiutando l’altro, non è moralmente corretto, e genera solo confusione nelle coscienze degli sposi”. 
Tuttavia, presentando il giudizio morale come un possibile conflitto fra coscienza e morale oggettiva, il paragrafo 137 cade nella fallacia denunciata da Veritatis Splendor 56: 
“Oltre al livello dottrinale e astratto, occorrerebbe riconoscere l’originalità di una certa considerazione esistenziale più concreta. Questa, tenendo conto delle circostanze e della situazione, potrebbe legittimamente fondare delle eccezioni alla regola generale e permettere così di compiere praticamente, con buona coscienza, ciò che è qualificato come intrinsecamente cattivo dalla legge morale. In tal modo si instaura in alcuni casi una separazione, o anche un’opposizione, tra la dottrina del precetto valido in generale e la norma della singola coscienza, che deciderebbe di fatto, in ultima istanza, del bene e del male. Su questa base si pretende di fondare la legittimità di soluzioni cosiddette ‘pastorali’ contrarie agli insegnamenti del Magistero e di giustificare un’ermeneutica ‘creatrice’, secondo la quale la coscienza morale non sarebbe affatto obbligata, in tutti i casi, da un precetto negativo particolare”.
L’enciclica di Giovanni Paolo II anticipa, per così dire, le formulazioni dell’Instrumentum laboris e il suo riferimento al peso che graverebbe sulle nostre “esigenze e risorse”: 
“La dottrina della Chiesa e in particolare la sua fermezza nel difendere la validità universale e permanente dei precetti che proibiscono gli atti intrinsecamente cattivi è giudicata non poche volte come il segno di un’intransigenza intollerabile, soprattutto nelle situazioni enormemente complesse e conflittuali della vita morale dell’uomo e della società d’oggi. [...] In realtà, la vera comprensione e la genuina compassione devono significare amore alla persona, al suo vero bene, alla sua libertà autentica. E questo non avviene, certo, nascondendo o indebolendo la verità morale, bensì proponendola nel suo intimo significato di irradiazione della Sapienza eterna di Dio, giunta a noi in Cristo, e di servizio all’uomo, alla crescita della sua libertà e al perseguimento della sua felicità” (VS 95).
Le formulazioni ambigue e imprecise del paragrafo 137 fanno pensare che si neghi l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi. Il testo suggerisce che non vi siano norme morali dotate di validità assoluta, universale e immutabile che proibiscano sempre e senza eccezione gli atti intrinsecamente cattivi. In tal modo il testo sembra porre in questione la Tradizione della Chiesa e gli espliciti insegnamenti dell’enciclica Veritatis splendor (79-82; 115).








  continua.....


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:38. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com