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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Viaggio Apostolico del Papa in Kenya Uganda e Rep. Centraficana 25 e 30 novembre 2015

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2015 18:04
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
 IN KENYA, UGANDA E REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

 

 

Trasmissioni video in diretta dal CTV
(Centro Televisivo Vaticano)  

Live CTV

 

  • Messale per il Viaggio Apostolico
  • Galleria fotografica
  • Multimedia

 

Mercoledì, 25 novembre 2015

07:45 Partenza in aereo dall’Aeroporto di Roma/Fiumicino per Nairobi in Kenya  
17:00 Arrivo all’Aeroporto Internazionale “Jomo Kenyatta” di Nairobi  
  Cerimonia di benvenuto nella State House  
18:00 Visita di cortesia al Presidente della Repubblica nella State House a Nairobi  
18:30 Incontro con le Autorità del Kenya e con il Corpo Diplomatico 
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 

Giovedì, 26 novembre 2015

08:15 Incontro interreligioso ed ecumenico nel Salone della Nunziatura Apostolica a Nairobi
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
10:00 Santa Messa nel Campus dell’Università di Nairobi
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
15:45 Incontro con il Clero, i Religiosi, le Religiose ed i Seminaristi nel campo sportivo della St Mary’s School
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
17:30 Visita all’U.N.O.N.
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 

Venerdì, 27 novembre 2015

08:30 Visita al quartiere povero di Kangemi a Nairobi
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
10:00 Incontro con i giovani nello Stadio Kasarani
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
11:15 Incontro con i Vescovi del Kenya nella sala VIP dello Stadio  
15:10 Cerimonia di congedo all’Aeroporto Internazionale “Jomo Kenyatta” di Nairobi  
15:30 Partenza in aereo da Nairobi per Entebbe  
16:50 Arrivo all’Aeroporto Internazionale di Entebbe in Uganda  
  Cerimonia di benvenuto  
17:30 Visita di cortesia al Presidente nella State House ad Entebbe  
18:00 Incontro con Autorità e Corpo Diplomatico nella Sala delle Conferenze della State House
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
19:15 Visita a Munyonyo e saluto ai Catechisti e Insegnanti 
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 

Sabato, 28 novembre 2015

08:30 Visita al Santuario Anglicano dei Martiri di Namugongo  
09:00 Visita al Santuario Cattolico dei Martiri di Namugongo  
09:30 Santa Messa per i Martiri dell’Uganda nell’area del Santuario Cattolico
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
15:15 Incontro con i giovani a Kololo Air Strip a Kampala
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
17:00 Visita alla Casa di Carità di Nalukolongo
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
18:00 Incontro con i Vescovi dell’Uganda nell’Arcivescovado  
19:00 Incontro con Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Seminaristi nella Cattedrale
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 

Domenica, 29 novembre 2015

09:00 Cerimonia di congedo all’Aeroporto di Entebbe  
09:15 Partenza in aereo da Entebbe per Bangui nella Repubblica Centrafricana  
10:00 Arrivo all’Aeroporto Internazionale “M’Poko” di Bangui  
  Cerimonia di benvenuto  
11:00 Visita di Cortesia al Presidente dello Stato di Transizione nel Palazzo Presidenziale “de la Renaissance”  
11:30 Incontro con la Classe Dirigente e con il Corpo Diplomatico
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
12:15 Visita al campo profughi  
13:00 Incontro con i Vescovi della Repubblica Centrafricana  
16:00 Incontro con le Comunità Evangeliche nella sede della FATEB (Facoltà di teologia evangelica di Bangui)
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
17:00 Santa Messa con Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Catechisti e giovani nella Cattedrale di Bangui
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
19:00 Confessione di alcuni giovani e avvio della Veglia di Preghiera sulla spianata davanti alla Cattedrale
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 

Lunedì, 30 novembre 2015

08:15 Incontro con la Comunità Musulmana nella Moschea centrale di Koudoukou a Bangui
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
09:30 Santa Messa nello Stadio del Complesso sportivo Barthélémy Boganda
[Arabo, Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
 
12:15 Cerimonia di Congedo all’Aeroporto Internazionale “M’Poko” di Bangui  
12:30 Partenza in aereo per Roma  
18:45 Arrivo all’Aeroporto di Roma/Ciampino  

 

Fuso orario:

Roma: +1h UTC 
Nairobi: +3h UTC
Entebbe: +3h UTC
Bangui: +1h UTC



 


VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
ALLA VIGILIA DEL VIAGGIO APOSTOLICO 
NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA
[25-30 NOVEMBRE 2015]


 

Cari fratelli e sorelle della Repubblica Centroafricana,

A pochi giorni dal viaggio che mi condurrà da voi, tengo a dirvi la gioia che provo e a salutare già ognuno tra voi con l’affetto più grande, qualunque sia la sua etnia o la sua religione. Sarà la prima volta nella mia vita che verrò nel continente africano, così bello e così ricco per la sua natura, le sue popolazioni e le sue culture; e mi aspetto belle scoperte e incontri arricchenti.

Il vostro caro Paese vive da troppo tempo in una situazione di violenza e d’insicurezza di cui molti di voi sono le vittime innocenti. Il fine della mia visita è innanzitutto di portarvi, in nome di Gesù, il conforto della consolazione e della speranza. Auspico di tutto cuore che la mia visita possa contribuire, in un modo o nell’altro, a guarire le vostre ferite e ad aprire un futuro più sereno per il Centroafrica e per tutti i suoi abitanti.

Il tema di questo viaggio sarà: passiamo all’altra riva. È un tema che invita le vostre comunità cristiane a guardare risolutamente avanti, e incoraggio ognuno a rinnovare il suo rapporto con Dio e con i fratelli per edificare un mondo più giusto e più fraterno. In particolare avrò la gioia di aprire per voi — un po’ in anticipo — l’Anno Giubilare della Misericordia, che sarà per ognuno, spero, l’occasione provvidenziale di un autentico perdono, da ricevere e da dare, e di un rinnovamento nell’amore.

Vengo da voi come messaggero di pace. Avrò a cuore di sostenere il dialogo interreligioso per incoraggiare la coabitazione pacifica nel vostro paese; so che ciò è possibile, perché siamo tutti fratelli.

Vi chiedo di pregare per me. Imploro l’aiuto della Vergine Maria e vi dico a presto.
















[Modificato da Caterina63 25/11/2015 15:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

INCONTRO CON LE AUTORITÀ DEL KENYA 
E IL CORPO DIPLOMATICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

State House, Nairobi
Mercoledì, 25 novembre 2015

[Multimedia]






 

Signor Presidente, 
Onorevoli Membri del Governo e Autorità Civili,
Distinti Membri del Corpo Diplomatico,
Cari Fratelli Vescovi,
Signore e Signori,

sono davvero grato per la vostra calorosa accoglienza in questa che è la mia prima visita in Africa. La ringrazio, Signor Presidente, per le gentili parole rivoltemi a nome del popolo keniota, e sono ansioso di essere in mezzo a voi. Il Kenya è una Nazione giovane e vigorosa, una comunità con ricche diversità, che interpreta un ruolo significativo nella regione. La vostra esperienza nel plasmare una democrazia è condivisa in vari modi da molte altre Nazioni africane. Come il Kenya, anch’esse operano per edificare sulle solide basi del rispetto vicendevole, del dialogo e della cooperazione una società multietnica che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva.

La vostra è anche una Nazione di giovani. In questi giorni, mi aspetto di incontrarne molti e di parlare con loro, al fine di incoraggiarne le speranze e le attese per il futuro. La gioventù è la risorsa più preziosa di ogni Paese. Proteggere i giovani, investire su di essi e offrire loro una mano è il modo migliore per poter assicurare un futuro degno della saggezza e dei valori spirituali cari ai loro anziani, valori che sono il cuore e l’anima di un popolo.

Il Kenya è stato benedetto non soltanto con una immensa bellezza, nelle sue montagne, nei suoi fiumi e laghi, nelle sue foreste, nelle savane e nei luoghi semi-deserti, ma anche con un’abbondanza di risorse naturali. La gente del Kenya apprezza grandemente questi tesori donati da Dio ed è conosciuta per la propria cultura della conservazione, che le rende onore. La grave crisi ambientale che ci sta dinnanzi esige una sempre maggiore sensibilità nei riguardi del rapporto tra gli esseri umani e la natura. Noi abbiamo una responsabilità nel trasmettere la bellezza della natura nella sua integrità alle future generazioni e abbiamo il dovere di amministrare in modo giusto i doni che abbiamo ricevuto. Tali valori sono profondamente radicati nell’anima africana. In un mondo che continua a sfruttare piuttosto che proteggere la casa comune, essi devono ispirare gli sforzi dei governanti a promuovere modelli responsabili di sviluppo economico.

In effetti, vi è un chiaro legame tra la protezione della natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo. Non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa (cfr Laudato si’, 118). Fintanto che le nostre società sperimenteranno le divisioni, siano esse etniche, religiose o economiche, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a operare per la riconciliazione e la pace, per il perdono e per la guarigione dei cuori. Nell’opera di costruzione di un solido ordine democratico, di rafforzamento della coesione e dell’integrazione, della tolleranza e del rispetto per gli altri, il perseguimento del bene comune dev’essere un obiettivo primario. L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione. In ultima analisi, la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità dev’essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e ne danno coerente testimonianza.

Signore e Signori, la promozione e la preservazione di questi grandi valori sono affidate in modo speciale a voi, che guidate la vita politica, culturale ed economica del vostro Paese. È questa una grande responsabilità, una vera e propria vocazione al servizio dell’intero popolo keniota. Il Vangelo ci dice che a quelli a cui è stato dato molto, sarà richiesto molto (cfr Lc 12,48). In questa luce, vi incoraggio ad operare con integrità e trasparenza per il bene comune e a promuovere uno spirito di solidarietà a ogni livello della società. Vi chiedo, in particolare, di mostrare una genuina preoccupazione per i bisogni dei poveri, per le aspirazioni dei giovani e per una giusta distribuzione delle risorse umane e naturali con le quali il Creatore ha benedetto il vostro Paese. Vi assicuro il costante impegno della comunità cattolica, mediante le sue opere educative e caritative, al fine di offrire il suo specifico contributo in tali ambiti.

Cari amici, mi è stato detto che qui in Kenya c’è la tradizione che i giovani alunni piantino alberi per la posterità. Possa questo segno eloquente di speranza nel futuro e di fiducia nella crescita donata da Dio sostenervi negli sforzi di coltivare una società solidale, giusta e pacifica sul suolo di questo Paese e in tutto il grande Continente africano. Vi ringrazio ancora una volta per la vostra calorosa accoglienza e su di voi, sulle vostre famiglie e su tutto l’amato popolo del Kenya invoco abbondanti benedizioni del Signore.

Mungu abariki Kenya!

Dio benedica il Kenya!








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Campus dell'Università di Nairobi (Kenya)
Giovedì, 26 novembre 2015

[Multimedia]






 

La parola di Dio parla alle profondità del nostro cuore. Oggi Dio ci dice che gli apparteniamo. Egli ci ha fatti, noi siamo la sua famiglia e per noi Lui sarà sempre presente. “Non temete – Egli ci dice –: io vi ho scelti e prometto di darvi la mia benedizione” (cfrIs 44,2-3).

Abbiamo ascoltato questa promessa nella prima Lettura. Il Signore ci dice che farà sgorgare acqua nel deserto, in una terra assetata; Egli farà sì che i figli del suo popolo fioriscano come erba e come salici lussureggianti. Sappiamo che questa profezia si è adempiuta con l’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste. Ma vediamo anche che essa si compie dovunque il Vangelo è predicato e nuovi popoli diventano membra della famiglia di Dio, la Chiesa. Oggi ci rallegriamo perché si è realizzata in questa terra. Mediante la predicazione del Vangelo, tutti noi siamo diventati partecipi della grande famiglia cristiana.

La profezia di Isaia ci invita a guardare alle nostre famiglie e a renderci conto di quanto siano importanti nel piano di Dio. La società del Kenya è stata a lungo benedetta con una solida vita familiare, con un profondo rispetto per la saggezza degli anziani e con l’amore verso i bambini. La salute di qualsiasi società dipende sempre dalla salute delle famiglie. Per il bene loro e della comunità, la fede nella Parola di Dio ci chiama a sostenere le famiglie nella loro missione all’interno della società, ad accogliere i bambini come una benedizione per il nostro mondo e a difendere la dignità di ogni uomo e di ogni donna, poiché tutti noi siamo fratelli e sorelle nell’unica famiglia umana.

In obbedienza alla Parola di Dio, siamo anche chiamati ad opporre resistenza alle pratiche che favoriscono l’arroganza negli uomini, feriscono o disprezzano le donne, non curano gli anziani e minacciano la vita degli innocenti non ancora nati. Siamo chiamati a rispettarci e incoraggiarci a vicenda e a raggiungere tutti coloro che si trovano nel bisogno. Le famiglie cristiane hanno questa missione speciale: irradiare l’amore di Dio e riversare l’acqua vivificante del suo Spirito. Questo è particolarmente importante oggi, perché assistiamo all’avanzata di nuovi deserti, creati da una cultura dell’egoismo e dell’indifferenza verso gli altri.

Qui, nel cuore di questa Università, dove le menti e i cuori delle nuove generazioni vengono formati, faccio appello in modo speciale ai giovani della nazione. I grandi valori della tradizione africana, la saggezza e la verità della Parola di Dio e il generoso idealismo della vostra giovinezza vi guidino nell’impegno di formare una società che sia sempre più giusta, inclusiva e rispettosa della dignità umana. Vi stiano sempre a cuore le necessità dei poveri; rigettate tutto ciò che conduce al pregiudizio e alla discriminazione, perché queste cose – lo sappiamo – non sono di Dio.

Tutti conosciamo bene la parabola di Gesù a proposito dell’uomo che costruì la sua casa sulla sabbia invece che sulla roccia. Quando soffiarono i venti, essa cadde e la sua rovina fu grande (cfr Mt 7,24-27). Dio è la roccia sulla quale siamo chiamati a costruire. Egli ce lo dice nella prima Lettura e ci chiede: «C’è forse un dio fuori di me?» (Is 44,8).

Quando Gesù Risorto afferma, nel Vangelo di oggi: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra» (Mt 28,18), ci dice che Lui stesso, il Figlio di Dio, è la roccia. Non c’è nessuno oltre a Lui. Unico Salvatore dell’umanità, desidera attirare uomini e donne di ogni epoca e luogo a Sé, così da poterli portare al Padre. Egli vuole che tutti noi costruiamo la nostra vita sul saldo fondamento della sua parola.

Questo è il compito che il Signore assegna a ciascuno di noi. Ci chiede di essere discepoli missionari, uomini e donne che irradino la verità, la bellezza e la potenza del Vangelo che trasforma la vita. Uomini e donne che siano canali della grazia di Dio, che permettano alla sua misericordia, benevolenza e verità di diventare gli elementi per costruire una casa che rimanga salda. Una casa che sia un focolare, dove fratelli e sorelle vivano finalmente in armonia e reciproco rispetto, in obbedienza alla volontà del vero Dio, che ci ha mostrato, in Gesù, la via verso quella libertà e quella pace a cui tutti i cuori aspirano.

Gesù, il Buon Pastore, la roccia sulla quale costruiamo le nostre vite, guidi voi e le vostre famiglie sulla via del bene e della misericordia per tutti i giorni della vostra vita. Egli benedica tutti gli abitanti del Kenya con la sua pace.

«Siate forti nella fede! Non abbiate paura!». Perché voi appartenete al Signore.

Mungu awabariki! (Dio vi benedica!)

Mungu abariki Kenya! (Dio benedica il Kenya!)





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/11/2015 22:57
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

INCONTRO CON IL CLERO, I RELIGIOSI, 
LE RELIGIOSE ED I SEMINARISTI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Campo sportivo della Saint Mary’s School, Nairobi (Kenya)
Giovedì, 26 novembre 2015

[Multimedia]


 


 

V. Tumisufu Yesu Kristu! (Sia lodato Gesù Cristo!)

R. [Milele na Milele. Amina] (Ora e sempre. Amen)

(In inglese)

Grazie tante per la vostra presenza. Vorrei tanto parlarvi in inglese, ma il mio inglese è povero… Io ho preso nota e vorrei dirvi tante cose, a tutti voi, a ciascuno di voi… ma mi fa paura parlare e preferirei parlare nella mia lingua madre… Mons. Miles è il traduttore. Grazie per la vostra comprensione.

Quando veniva letta la lettera di san Paolo mi ha colpito questo: «Sono persuaso che colui ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Fil 1,6).

Il Signore vi ha scelto tutti, ci ha scelto tutti. E Lui ha iniziato la sua opera il giorno in cui ci ha guardato nel Battesimo, il giorno in cui ci ha guardato dopo, quando ci ha detto “Se hai voglia vieni con me”.  E allora, ci siamo messi in fila e abbiamo cominciato il cammino. Ma il cammino lo ha iniziato Lui, non noi! Non siamo stati noi. Nel Vangelo leggiamo di una persona guarita che voleva seguirlo lungo nel cammino e Gesù gli disse: “No”. Nella sequela di Gesù Cristo – sia nel sacerdozio che nella vita consacrata – si entra dalla porta! E la porta è Cristo! E’ Lui che chiama, è Lui che comincia, è Lui che fa il lavoro. Ci sono alcuni che vogliono entrare dalla finestra… Ma questo non serve. Per favore, se qualcuno ha qualche compagno o qualche compagna che è entrato dalla finestra, abbracciatelo e spiegategli che è meglio che vada via e che serva Dio in un altro modo, perché non arriverà mai a termine un’opera che Gesù che non avviato – Egli stesso – attraverso la porta.

E questo ci deve portare ad una consapevolezza di essere persone scelte: “Io sono stato guardato, sono stato scelto”. Mi colpisce l’inizio del capitolo 16 di Ezechiele: “Eri figlia di stranieri, eri stata messa da parte; ma sono passato e ti ho pulito e ti ho preso con me”. Questo è il cammino! Questa è l’opera che il Signore ha cominciato quando ci ha guardato!

Ci sono alcuni che non sanno perché Dio li chiama, però sentono che Dio li ha chiamati. Andate tranquilli, Dio vi farà capire perché vi ha chiamati. Ci sono altri che vogliono seguire il Signore per qualche interesse, per interesse. Ricordiamo la madre di Giacomo e Giovanni: “Signore, ti chiedo, quando dividi la torta, di dare la fetta più grande ai miei figli… Che uno stia alla tua destra e l’altro stia alla tua sinistra”. E questa è la tentazione di seguire Gesù per ambizione: l’ambizione del denaro, l’ambizione del potere. Tutti possiamo dire: “Quando io ho cominciato a seguire Gesù, non mi è capitato questo. Ma ad altri è capitato, e a poco a poco te lo hanno seminato nel cuore, come una zizzania.

Nella vita della sequela di Gesù non c’è posto né per la propria ambizione, né per le ricchezze, né per essere una persona importante nel mondo. Gesù lo si segue fino al suo ultimo passo della sua vita terrena, la Croce. Poi Lui pensa a risuscitarti, ma fino a quel punto devi arrivarci tu. E questo ve lo dico seriamente, perché la Chiesa non è una impresa, non è una ONG. La Chiesa è un mistero: è il mistero dello sguardo di Gesù su ognuno di noi che dice “Seguimi!”.

Quindi che sia chiaro: chi chiama è Gesù; si entra dalla porta quando Gesù chiama e non dalla finestra; e poi bisogna seguire la strada di Gesù.

E’ chiaro evidentemente che quando Gesù ci sceglie, non ci “canonizza”. Continuiamo ad essere gli stessi peccatori… Io vi chiederei, per favore, se c’è qui qualcuno – qualche sacerdote o qualche religiosa o qualche religioso – che non si sente peccatore, alzi la mano… Siamo tutti peccatori, io per primo e poi voi. Però ci porta avanti la tenerezza e l’amore di Gesù.

“Colui che ha iniziato una buona opera, la porterà a compimento”: questo ci porta avanti, quello che ha iniziato l’amore di Gesù. Vi ricordate nel Vangelo, quando l’Apostolo Giacomo ha pianto? Qualcuno di voi lo ricorda o no? E quando ha pianto l’Apostolo Giovanni? No. E quando ha pianto qualcun altro degli Apostoli? Uno soltanto – ci dice il Vangelo - ha pianto: colui che si è reso conto di essere peccatore. Era così peccatore che aveva tradito il suo Signore. E quando si rese conto di questo, pianse… Poi Gesù lo ha fatto Papa… Chi lo capisce Gesù? E’ un mistero!

Non smettete mai di piangere. Quando a un sacerdote, a un religioso, a una religiosa si seccano le lacrime, c’è qualcosa che non funziona. Piangere per le proprie infedeltà, piangere per il dolore del mondo, piangere per la gente che è scartata, per i vecchietti abbandonati, per i bambini assassinati, per le cose che non capiamo; piangere quando ci chiedono “perché?”. Nessuno di noi ha tutte le risposte ai “perché?”.

C’è un autore russo che si domandava perché i bambini soffrono. E ogni volta che io saluto un bambino che ha un cancro, un tumore o una malattia rara – come si chiamano – mi chiedo perché quel bambino soffra… E io non ho una risposta a questo. Soltanto guardo Gesù sulla croce. Ci sono situazioni nella vita che ci portano soltanto a piangere, guardando Gesù sulla croce. E questa è l’unica risposta a certe ingiustizie, a certi dolori, a certe situazioni della vita.

San Paolo diceva ai suoi discepoli: “Ricordatevi di Gesù Cristo. Ricordatevi di Gesù Cristo crocifisso”. Quando un consacrato, una consacrata, un sacerdote si dimentica di Cristo crocifisso, poveretto, è caduto in un peccato molto brutto, un peccato che fa orrore a Dio, che fa vomitare Dio: è il peccato della tiepidezza. Cari sacerdoti, sorelle, fratelli, religiosi e religiose, state attenti a non cadere nel peccato della tiepidezza...

Cos’altro vi posso dire? Vorrei darvi un messaggio che viene dal mio cuore per voi: che mai vi allontaniate da Gesù. Questo vuol dire non smettere mai di pregare. “Padre, però, qualche volta è così noioso pregare… Ci si stanca, si ci addormentata…”. Va bene, dormite davanti al Signore: è un modo di pregare. Ma restate lì, davanti a Lui. Pregate! Non lasciate la preghiera!

Se un consacrato lascia la preghiera, l’anima si secca, si inaridisce come quei rami secchi: sono brutti, hanno un aspetto brutto. L’anima di una religiosa, di un religioso, di un sacerdote che non prega, è un’anima brutta! Perdonatemi, ma è cosi…

Vi lascio questa domanda: io tolgo tempo al sonno, tolgo tempo alla radio, alla televisione, alle riveste, per pregare? O preferisco queste altre cose? Quindi mettersi davanti a Colui che ha iniziato l’opera e che la sta portando a compimento in ciascuno di noi… La preghiera.

Un’ultima cosa che volevo dirvi - prima di dirvene un’altra… - è che tutti coloro che si sono lasciati scegliere da Gesù, è per servire: per servire il Popolo di Dio, per servire i più poveri, i più scartati, i più emarginati dalla società, i bambini e gli anziani…; per servire anche quelle persone che non hanno coscienza della superbia e del peccato che loro stessi vivono; per servire Gesù. Lasciarsi scegliere da Gesù è lasciarsi scegliere per servire, e non per essere serviti.

Circa un anno fa, più o meno, c’è stato un incontro di sacerdoti - in questo caso le religiose si salvano! -. Durante questi Esercizi Spirituali, ogni giorno, c’era un gruppo di sacerdoti che dovevano servire a tavola. Alcuni di loro si sono lamentati: “No! Noi dobbiamo essere serviti! Noi paghiamo, abbiamo pagato per essere serviti…”. Per favore, mai questo nella Chiesa! Servire! Non servirsi degli altri, ma servire.

Questo è quello che vi volevo dire, che ho sentito improvvisamente quando ho ascoltato questa frase di San Paolo: “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.

Mi diceva un cardinale, un cardinale anziano - in effetti aveva soltanto un anno più di me! -, che quando va al cimitero, dove ci sono missionari, missionarie, religiosi e religiose, che hanno dato la loro vita, si domanda: “Perché questo non viene canonizzato domani?”; perché hanno vissuto la loro vita servendo. E mi emoziona quando saluto, dopo una Messa, un sacerdote, una religiosa, che mi dice: “Sono 30, 40 anni che sto in questo ospedale di bambini autistici o che sono nelle missioni dell’Amazzonia o che sto in questo luogo o in quest’altro…” Mi tocca l’anima! Questa donna o quest’uomo ha capito che seguire Gesù è servire gli altri e non servirsi degli altri.

Bene, vi ringrazio molto. Però, che Papa maleducato che è questo… Ci ha dato consigli, ci ha dato “bastonate” e non ci dice “grazie”!… Sì, l’ultima cosa - la ciliegina sulla torta - voglio davvero ringraziarvi! Grazie per aver il coraggio di seguire Gesù, grazie per ogni volta che vi sentite peccatori, grazie per ogni carezza di tenerezza che date a quelli che ne hanno bisogno, grazie per tutte le volte in cui avete aiutato le persone a morire in pace. Grazie per dare speranza nella vita. Grazie perché vi siete lasciati aiutare e correggere e perdonare ogni giorno.

Vi chiedo, nel ringraziarvi, di non dimenticarvi di pregare per me, perché ne ho bisogno. Tante grazie!


Parole del Santo Padre al termine dell'Incontro con Sacerdoti, Religiosi e Seminaristi

Vi ringrazio per il momento che abbiamo passato insieme, però ora devo uscire, perché ci sono i bambini malati di cancro e vorrei vederli e dare loro una carezza.

Ringrazio molto voi seminaristi, che non ho nominato ma che siete compresi in tutto quello che ho detto. E se qualcuno non ha il coraggio di andare su questa strada, per tempo cerchi un altro lavoro, si sposi e faccia una famiglia. Grazie.

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

VISITA AL QUARTIERE POVERO DI KANGEMI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Nairobi (Kenya)
Venerdì, 27 novembre 2015

[Multimedia]



 

Grazie per avermi accolto nel vostro quartiere. Grazie al Signor Arcivescovo Kivuva e a padre Pascal per le loro parole. In realtà, mi sento a casa condividendo questo momento con fratelli e sorelle che, non mi vergogno a dire, hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte. Sono qui perché voglio che sappiate che le vostre gioie e speranze, le vostre angosce e i vostri dolori non mi sono indifferenti. Conosco le difficoltà che incontrate giorno per giorno! Come possiamo non denunciare le ingiustizie subite?

Ma prima di tutto vorrei soffermarmi su un aspetto che i discorsi di esclusione non riescono a riconoscere o sembrano ignorare. Voglio fare riferimento alla saggezza dei quartieri popolari. Una saggezza che scaturisce da «un’ostinata resistenza di ciò che è autentico» (Enc. Laudato si’, 112), da valori evangelici che la società del benessere, intorpidita dal consumo sfrenato, sembrerebbe aver dimenticato. Voi siete in grado di tessere «legami di appartenenza e di convivenza che trasformano l’affollamento in un’esperienza comunitaria in cui si infrangono le pareti dell’io e si superano le barriere dell’egoismo» (ibid., 149).

La cultura dei quartieri popolari impregnati di questa particolare saggezza, «ha caratteristiche molto positive, che sono un contributo al tempo in cui viviamo, si esprime in valori come la solidarietà, dare la propria vita per l’altro, preferire la nascita alla morte; dare una sepoltura cristiana ai propri morti. Offrire un posto per i malati nella propria casa, condividere il pane con l'affamato: “dove mangiano 10 mangiano in 12”; la pazienza e la forza d’animo di fronte alle grandi avversità, ecc.» (Gruppo di Sacerdoti per le Zone di Emergenza, Argentina, Reflexiones sobre la urbanización y la cultura villera, 2010). Valori che si fondano sul fatto che ogni essere umano è più importante del dio denaro. Grazie per averci ricordato che esiste un altro tipo di cultura possibile.

Vorrei rivendicare in primo luogo questi valori che voi praticate, valori che non si quotano in Borsa, valori con i quali non si specula né hanno prezzo di mercato. Mi congratulo con voi, vi accompagno e voglio che sappiate che il Signore non si dimentica mai di voi. Il cammino di Gesù è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti.

Riconoscere queste manifestazioni di vita buona che crescono ogni giorno tra voi, non significa in alcun modo ignorare la terribile ingiustizia della emarginazione urbana. Sono le ferite provocate dalle minoranze che concentrano il potere, la ricchezza e sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate.

Questo si aggrava quando vediamo l’ingiusta distribuzione del terreno (forse non in questo quartiere, ma in altri) che porta in molti casi intere famiglie a pagare affitti abusivi per alloggi in condizioni edilizie per niente adeguate. Ho saputo anche del grave problema dell’accaparramento delle terre da parte di “imprenditori privati” senza volto, che pretendono perfino di appropriarsi del cortile della scuola dei propri figli. Questo accade perché si dimentica che «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno» (Giovanni Paolo II, Enc. Centesimus annus, 31).

In questo senso, un grave problema è la mancanza di accesso alle infrastrutture e servizi di base. Mi riferisco a bagni, fognature, scarichi, raccolta dei rifiuti, luce, strade, ma anche scuole, ospedali, centri ricreativi e sportivi, laboratori artistici. Voglio riferirmi in particolare all’acqua potabile. «L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità» (Enc. Laudato si’, 30).Negare l’acqua ad una famiglia, attraverso qualche pretesto burocratico, è una grande ingiustizia, soprattutto quando si lucra su questo bisogno.

Questo contesto di indifferenza e ostilità, di cui soffrono i quartieri popolari, si aggrava quando la violenza si diffonde e le organizzazioni criminali, al servizio di interessi economici o politici, utilizzano i bambini e i giovani come “carne da cannone” per i loro affari insanguinati. Conosco anche le sofferenze di donne che lottano eroicamente per proteggere i loro figli e figlie da questi pericoli. Chiedo a Dio che le autorità prendano insieme a voi la strada dell’inclusione sociale, dell’istruzione, dello sport, dell’azione comunitaria e della tutela delle famiglie, perché questa è l’unica garanzia di una pace giusta, vera e duratura.

Queste realtà che ho elencato non sono una combinazione casuale di problemi isolati. Sono piuttosto una conseguenza di nuove forme di colonialismo, che pretende che i paesi africani siano «pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsin. Ecclesia in Africa, 32-33). Non mancano di fatto, pressioni affinché si adottino politiche di scarto come quella della riduzione della natalità che pretende «legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare» (Enc. Laudato si’, 50).

A questo proposito, propongo di riprendere l’idea di una rispettosa integrazione urbana. Né sradicamento, né paternalismo, né indifferenza, né semplice contenimento. Abbiamo bisogno di città integrate e per tutti. Abbiamo bisogno di andare oltre la mera declamazione di diritti che, in pratica, non sono rispettati, e attuare azioni sistematiche che migliorino l’habitat popolare e progettare nuove urbanizzazioni di qualità per ospitare le generazioni future. Il debito sociale, il debito ambientale con i poveri delle città si paga concretizzando il sacro diritto alla terra, alla casa e al lavoro [le tre “t”: tierra, techo, trabajo]. Non è filantropia, è un dovere di tutti.

Faccio appello a tutti i cristiani, in particolare ai Pastori, a rinnovare lo slancio missionario, a prendere l’iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte, a custodire i frutti del loro lavoro collettivo e a celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria. So che fate molto, ma vi chiedo di ricordare che non è un compito in più, ma forse il più importante, perché «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo» (Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi del Brasile, 11 maggio 2007, 3).

Cari cittadini, cari fratelli. Preghiamo, lavoriamo e impegniamoci insieme perché ogni famiglia abbia una casa decente, abbia accesso all’acqua potabile, abbia un bagno, abbia energia sicura per illuminare, per cucinare, per migliorare le proprie abitazioni... perché ogni quartiere abbia strade, piazze, scuole, ospedali, spazi sportivi, ricreativi e artistici; perché i servizi essenziali arrivino ad ognuno di voi; perché siano ascoltati i vostri appelli e il vostro grido che chiede opportunità; perché tutti possiate godere della pace e della sicurezza che meritate secondo la vostra infinita dignità umana.

Mungu awabariki! (Dio vi benedica!)

E vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

INCONTRO CON I GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Stadio Kasarani, Nairobi (Kenya)
Venerdì, 27 novembre 2015

[Multimedia]



 

[in inglese]

Grazie tante per il rosario che avete pregato per me: grazie, grazie tante!

Grazie per la vostra presenza, per la vostra presenza entusiasta, qui! Grazie a Linette e grazie a Manuel, per le vostre riflessioni.

[in spagnolo]

Esiste una domanda alla base di tutte le domande che mi hanno rivolto Linette e Manuel: “Perché succedono le divisioni, le lotte, la guerra, la morte, il fanatismo, la distruzione fra i giovani? Perché c’è questo desiderio di autodistruggerci? Nella prima pagina della Bibbia, dopo tutte quelle meraviglie che ha fatto Dio, un fratello uccide il proprio fratello. Lo spirito del male ci porta alla distruzione; lo spirito del male ci porta alla disunità, ci porta al tribalismo, alla corruzione, alla dipendenza dalla droga… Ci porta alla distruzione attraverso il fanatismo.

Manuel mi chiedeva: “Cosa fare perché un fanatismo ideologico non ci rubi un fratello, non ci rubi un amico?”. C’è una parola che può sembrare scomoda, ma non la voglio evitare perché voi la avete usata prima di me: l’avete usata quando mi avete portato i rosari, contando i rosari che avete pregato per me; l’ha usata anche il Vescovo, quando vi ha presentato, e ha detto che vi siete preparati a questa visita con la preghiera. La prima cosa che io risponderei è che un uomo perde il meglio del suo essere umano, una donna perde il meglio della sua umanità, quando si dimentica di pregare, perché si sente onnipotente, perché non sente il bisogno di chiedere aiuto al Signore davanti a tante tragedie.

La vita è piena di difficoltà, ma ci sono due modi di guardare alle difficoltà: o le si guarda come qualcosa che ti blocca, che ti distrugge, che ti tiene fermo, oppure le si guarda come una reale opportunità. A voi scegliere. Per me, una difficoltà è un cammino di distruzione, oppure è una opportunità per superare la mia situazione, quella della mia famiglia, della mia comunità, del mio Paese?

Ragazzi e ragazze, non viviamo in cielo, viviamo sulla terra. E la terra è piena di difficoltà. La terra è piena non soltanto di difficoltà, ma anche di inviti a deviare verso il male. Però c’è qualcosa che tutti voi giovani avete, che dura per un certo tempo, un tempo più o meno lungo: la capacità di scegliere quale cammino voglio scegliere, quale di queste due cose voglio scegliere: farmi sconfiggere dalla difficoltà, oppure trasformare la difficoltà in una opportunità, perché possa vincere io?

Alcune delle difficoltà che voi avete menzionato sono delle vere sfide. E quindi prima una domanda: voi volete superare queste sfide oppure lasciarvi vincere dalle sfide? Voi siete come quegli sportivi che, quando vengono qui a giocare nello stadio, volete vincere, o come quelli che hanno già venduto la vittoria agli altri e si sono messi i soldi in tasca? A voi la scelta!

Una sfida che ha menzionato Linette è quella del tribalismo. Il tribalismo distrugge una nazione; il tribalismo vuol dire tenere le mani nascoste dietro la schiena e avere una pietra in ciascuna mano per lanciarla contro l’altro. Il tribalismo si vince soltanto con l’orecchio, con il cuore e con la mano. Con l’orecchio, ascoltando: qual è la tua cultura?, perché sei così?, perché la tua tribù ha questa abitudine, questa usanza?, la tua tribù si sente superiore o inferiore? Con il cuore: una volta che ho ascoltato con le orecchie la risposta, apro il mio cuore; e poi tendo la mano per continuare il dialogo. Se voi non dialogate e non vi ascoltate fra di voi, allora ci sarà sempre il tribalismo, che è come un tarlo che corrode la società. Ieri - per voi la facciamo oggi - è stata dichiarata una giornata di preghiera e di riconciliazione. Io vi voglio invitare adesso, tutti voi giovani, Linette e Manuel, a venire qui, a prenderci tutti per mano; ci alziamo in piedi e ci prendiamo per mano come segno contro il tribalismo.
Tutti siamo un’unica nazione! Siamo tutti un’unica nazione! Così deve essere il nostro cuore. Il tribalismo non è soltanto alzare la mano oggi, questo è il desiderio, ma è la decisione. Ma il tribalismo è un lavoro di tutti i giorni. Vincere il tribalismo è un lavoro di tutti i giorni; è un lavoro dell’orecchio: ascoltare l’altro; un lavoro del cuore: aprire il mio cuore all’altro; un lavoro della mano: darsi la mano l’uno con l’altro… E adesso diamoci la mano gli uni gli altri…. “No al tribalismo!”.

Sedetevi.

Un’altra domanda che ha fatto Linette è sulla corruzione. In fondo mi chiedeva: “Si può giustificare la corruzione semplicemente per il fatto che tutti stanno peccando, che tutti sono corrotti? Come possiamo essere cristiani e combattere il male della corruzione?”.

Io ricordo che nella mia patria, un giovane di 20-22 anni, voleva dedicarsi alla politica; studiava, era entusiasta, andava da una parte all’altra… Ha trovato lavoro in un ministero. Un giorno ha dovuto decidere su quello che bisognava comprare; allora ha chiesto tre preventivi, li ha studiati e ha scelto il più economico. Poi è andato all’ufficio del capo perché lo firmasse. “Perché hai scelto questo?” - “Perché bisogna scegliere il più conveniente per le finanze del Paese” – “No, no! Bisogna scegliere quelli che ti danno di più da metterti in tasca”, disse. Il giovane allora rispose al capo: “Io sono venuto a fare politica per aiutare la patria, per farla crescere”. E il capo gli rispose: “E io faccio politica per rubare!”. Questo è soltanto un esempio. Ma questo non soltanto nella politica, ma in tutte le istituzioni, compreso il Vaticano, ci sono casi di corruzione. La corruzione è qualcosa che ci entra dentro. E’ come lo zucchero: è dolce, ci piace, è facile… e poi? Finiamo male! Facciamo una brutta fine! Con tanto zucchero facile, finiamo diabetici e anche il nostro Paese diventa diabetico!

Ogni volta che accettiamo una “bustarella”, una tangente, ogni volta che accettiamo una “bustarella” e ce la mettiamo in tasca, distruggiamo il nostro cuore, distruggiamo la nostra personalità e distruggiamo la nostra patria. Per favore, non prendete gusto a questo “zucchero” che si chiama corruzione. “Padre, però io vedo che ci sono molti che sono corrotti, vedo tante persone che si vendono per un po’ di soldi, senza preoccuparsi della vita degli altri...”. Come in tutte le cose, bisogna cominciare: se non vuoi la corruzione nel tuo cuore, nella tua vita, nella tua patria, comincia tu, adesso! Se non cominci tu, non comincerà neanche il tuo vicino. La corruzione ci ruba anche la gioia, ci ruba la pace. La persona corrotta non vive in pace.

Una volta - e questo è un fatto storico, che adesso vi racconto – nella mia città è morto un uomo. Tutti sapevamo che era un grande corrotto. Allora io ho chiesto alcuni giorni dopo: come è stato il funerale? E una signora, che aveva molto senso dell’umorismo mi rispose: “Padre, non riuscivano a chiudere la bara, la cassa, perché voleva portarsi via tutto il denaro che aveva rubato”. Quello che voi rubate con la corruzione, rimarrà qui e lo userà qualcun altro. Però rimarrà anche – e questo teniamolo bene a mente – nel cuore di tanti uomini e donne che sono rimasti feriti dal tuo esempio di corruzione. Rimarrà nella mancanza del bene che avresti potuto fare e non hai fatto. Rimarrà nei ragazzi malati, affamati, perché il denaro che era per loro, a causa della tua corruzione, te lo sei goduto tu. Ragazzi e ragazze, la corruzione non è un cammino di vita: è un cammino di morte!

C’era anche una domanda su come usare i mezzi di comunicazione per divulgare il messaggio di speranza di Cristo, e promuovere iniziative giuste perché si veda la differenza. Il primo mezzo di comunicazione è la parola, è il gesto, è il sorriso. Il primo gesto di comunicazione è la vicinanza. Il primo gesto di comunicazione è cercare l’amicizia. Se voi parlate bene tra di voi, se vi sorridete, se vi avvicinate come fratelli; se voi state vicini gli uni agli altri, anche se appartenete a tribù differenti; se voi siete vicini a quelli che hanno bisogno, a quelli che sono poveri, a quelli abbandonati, agli anziani che nessuno visita, se siete vicini a loro, questi gesti di comunicazione sono più contagiosi di qualunque rete televisiva.

Fra tutte queste domande ho detto qualcosa che spero vi possa aiutare. Ma chiedete molto a Gesù, pregate il Signore, affinché vi dia la forza di distruggere il tribalismo, di essere tutti fratelli; affinché vi dia il coraggio di non lasciarvi corrompere, affinché vi dia il desiderio di poter comunicare fra di voi come fratelli, con un sorriso, con una buona parola, con un gesto di aiuto e con la vicinanza.

Anche Manuel nella sua testimonianza ha fatto delle domande incisive. Mi preoccupa la prima cosa che ha detto: “Cosa possiamo fare per fermare il reclutamento dei nostri cari? Cosa possiamo fare per farli tornare? Per rispondere a questo dobbiamo sapere perché un giovane, pieno di speranze, si lasci reclutare oppure vada a cercare di essere reclutato: si allontana dalla sua famiglia, dai suoi amici, dalla sua tribù, dalla sua patria; si allontana dalla vita, perché impara ad uccidere… E questa è una domanda che voi dovete rivolgere a tutte le autorità. Se un giovane, se un ragazzo o una ragazza, se un uomo o una donna, non ha lavoro, non può studiare, che può fare? Può delinquere, oppure cadere in una forma di dipendenza, oppure suicidarsi… - in Europa, le statistiche dei suicidi non vengono pubblicate -, oppure arruolarsi in una attività che gli dia un fine nella vita, ingannandolo…

La prima cosa che dobbiamo fare per evitare che un giovane sia reclutato o che cerchi di farsi reclutare è istruzione e lavoro. Se un giovane non ha lavoro, che futuro lo attende? Da lì viene l’idea di lasciarsi reclutare. Se un giovane non ha possibilità di ricevere una educazione, anche un’educazione di emergenza, di piccoli incarichi, che cosa può fare? Lì c’è il pericolo! E’ un pericolo sociale, che va al di là di noi, anche al di là del Paese, perché dipende da un sistema internazionale, che è ingiusto, che ha al centro dell’economia non la persona, ma il dio denaro. Che cosa posso fare per aiutarlo o per farlo tornare? Prima di tutto pregare. Però con forza! Dio è più forte di ogni campagna di reclutamento. E poi? Parlargli con affetto, con tenerezza, con amore e con pazienza. Invitarlo a vedere una partita di calcio, invitarlo a fare una passeggiata, invitarlo a stare insieme nel gruppo. Non lasciarlo da solo. Questo è quello che mi viene in mente adesso.

Certamente ci sono – è la tua seconda domanda – ci sono comportamenti che danneggiano, comportamenti in cui si cercano felicità passeggere, ma che finiscono poi per danneggiarvi. La domanda che mi hai fatto, Manuel, è una domanda di un professore di teologia: “Come possiamo capire che Dio è nostro Padre? Come possiamo vedere la mano di Dio nelle tragedie della vita? Come possiamo trovare la pace di Dio?”. Questa domanda se la pongono gli uomini e le donne di tutto il mondo, in un modo o nell’altro. E non trovano una ragione. Ci sono domande, alle quali, per quanto ci si sforzi di rispondere, non si riesce a trovare una risposta. “Come posso vedere la mano di Dio in una tragedia della vita?”. C’è una sola risposta: no, non c’è risposta. C’è una sola strada,guardare al Figlio di Dio. Dio lo ha consegnato per salvare tutti noi. Dio stesso si è fatto tragedia. Dio stesso si è lasciato distruggere sulla croce. E quando viene il momento in cui non capite, quando siete disperati e quando il mondo vi cade addosso,guardate la Croce! Lì c’è il fallimento di Dio; lì c’è la distruzione di Dio. Ma lì c’è anche sfida alla nostra fede: la speranza. Perché la storia non è finita in quel fallimento: c’è stata la Risurrezione che ci ha rinnovato tutti.

Vi farò una confidenza… Avete fame? Sono le 12.00… No? Allora vi farò una confidenza.  In tasca porto sempre due cose [le tira fuori dalla tasca e le mostra]: un rosario, un rosario per pregare; e una cosa che sembra strana… Che cos’è questo? Questa è la storia del fallimento di Dio, è una Via Crucis, una piccola Via Crucis [mostra un astuccio che si apre e contiene delle piccole immagini]: come Gesù ha sofferto da quando è stato condannato a morte, fino a quando è stato sepolto… E con queste due cose, cerco di fare del mio meglio. Ma grazie a queste due cose non perdo la speranza.


Un’ultima domanda del “teologo” Manuel: “Che parole ha per i giovani che non hanno vissuto l’amore nelle proprie famiglie? E’ possibile uscire da questa esperienza?”. Ovunque ci sono ragazzi abbandonati, o perché sono stati abbandonati alla nascita o perché la vita li ha abbandonati, la famiglia, i genitori, e non sentono l’affetto della famiglia. Per questo la famiglia è così importante. Difendete la famiglia! Difendetela sempre. Ovunque ci sono non solo bambini abbandonati, ma anche anziani abbandonati, che stanno lì senza che nessuno li visiti, senza nessuno che voglia loro bene… Come si può uscire da questa esperienza negativa, di abbandono, di mancanza di amore? C’è soltanto un rimedio per uscire da queste esperienze: fare quello che io non ho ricevuto. Se voi non avete ricevuto comprensione, siate comprensivi con gli altri; se voi non avete ricevuto amore, amate gli altri; se voi avete sentito il dolore della solitudine, avvicinatevi a quelli che sono soli. La carne si cura con la carne! E Dio si è fatto cCarne per curarci. Facciamo anche noi lo stesso con gli altri.

Bene, credo che - prima che l’arbitro fischi la fine – sia il momento di concludere. Io vi ringrazio di cuore per essere venuti, per avermi permesso di parlare nella mia lingua materna… Vi ringrazio per aver pregato tanti Rosari per me. E, per favore, vi chiedo che preghiate per me, perché anche io ne ho bisogno, e molto! E prima di andarcene, vi chiedo di metterci tutti in piedi e preghiamo insieme il nostro Padre del Cielo, che ha un solo difetto: non può smettere di essere Padre!

[Padre Nostro in inglese]

[Benedizione in inglese]





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27/11/2015 21:23
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

VISITA A MUNYONYO E SALUTO AI CATECHISTI E INSEGNANTI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Kampala (Uganda)
Venerdì, 27 novembre 2015

[Multimedia]



 

Cari catechisti ed insegnanti,
Cari amici,

Saluto tutti voi con affetto nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore e Maestro.

“Maestro!”. Che bel titolo è questo! Gesù è il nostro primo e più grande maestro. San Paolo ci dice che Gesù ha dato alla sua Chiesa non solo apostoli e pastori, ma anche maestri, per edificare l’intero Corpo nella fede e nell’amore. Insieme ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, che sono stati ordinati per predicare il Vangelo e prendersi cura del gregge del Signore, voi, come catechisti, avete una parte di rilievo nel portare la Buona Notizia ad ogni villaggio e casolare del vostro Paese. Voi siete stati eletti per avere il ministero della catechesi.   

Vorrei prima di tutto ringraziarvi per i sacrifici che voi e le vostre famiglie fate, e per lo zelo e la devozione con cui svolgete il vostro importante compito. Voi insegnate quello che Gesù ha insegnato, istruite gli adulti e aiutate i genitori a crescere i loro figli nella fede e portate a tutti la gioia e la speranza della vita eterna. Grazie, grazie per la vostra dedizione, per l’esempio che offrite, per la vicinanza al popolo di Dio nella vita quotidiana e per i tanti modi con cui piantate e coltivate i semi della fede in tutta questa vasta terra! Grazie specialmente per il fatto di insegnare ai bambini e ai giovani come pregare. Perché è molto importante, è un lavoro grande quello di insegnare ai bambini a pregare.

So che il vostro lavoro, benché gratificante, non è facile. Vi incoraggio perciò a perseverare, e chiedo ai vostri Vescovi e sacerdoti di aiutarvi con una formazione dottrinale, spirituale e pastorale in grado di rendervi sempre più efficaci nella vostra azione. Anche quando il compito appare gravoso, le risorse risultano troppo poche e gli ostacoli troppo grandi, vi farà bene ricordare che il vostro è un lavoro santo. E voglio sottolinearlo: il vostro è un lavoro santo. Lo Spirito Santo è presente laddove il nome di Cristo viene proclamato. Egli è in mezzo a noi ogni volta che eleviamo i cuori e le menti a Dio nella preghiera. Egli vi darà la luce e la forza di cui avete bisogno! Il messaggio che portate si radicherà tanto più profondamente nei cuori delle persone quanto più voi sarete non solo dei maestri, ma anche dei testimoni. E questa è un’altra cosa importante: voi dovete essere maestri, ma questo non serve se voi non siete testimoni. Che il vostro esempio faccia vedere a tutti la bellezza della preghiera, il potere della misericordia e del perdono, la gioia di condividere l’Eucaristia con tutti i fratelli e le sorelle.

La comunità cristiana in Uganda è cresciuta grandemente grazie alla testimonianza dei martiri. Essi hanno reso testimonianza alla verità che rende liberi; furono disposti a versare il proprio sangue per rimanere fedeli a ciò che sapevano essere buono, bello e vero. Siamo oggi qui in Munyonyo, nel luogo dove il Re Mwanga decise di eliminare i seguaci di Cristo. Egli non riuscì in questo intento, così come il Re Erode non riuscì ad uccidere Gesù. La luce rifulse nelle tenebre e le tenebre non hanno prevalso (cfr Gv1,5). Dopo aver visto la coraggiosa testimonianza di sant’Andrea Kaggwa e dei suoi compagni, i cristiani in Uganda divennero ancora più convinti delle promesse di Cristo.

Possa sant’Andrea, vostro Patrono, e possano tutti i catechisti ugandesi martiri ottenere per voi la grazia di essere saggi maestri, uomini e donne le cui parole siano ricolme di grazia, di una convincente testimonianza dello splendore della verità di Dio e della gioia del Vangelo! Testimoni di santità. Andate senza paura in ogni città e villaggio di questo Paese, senza paura, per diffondere il buon seme della Parola di Dio, e abbiate fiducia nella sua promessa che tornerete festosi, con covoni ricolmi di un abbondante raccolto. Chiedo a tutti voi, catechisti, di pregare per me, e far pregare i bambini per me.

Omukama Abawe Omukisa! (Dio vi benedica!)




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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

INCONTRO CON SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE E SEMINARISTI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cattedrale di St Mary, Kampala (Uganda)
Sabato, 28 novembre 2015

[Multimedia]


 

Io lascerò al Vescovo incaricato della vita consacrata il messaggio che ho scritto per voi, perché sia pubblicato.

Mi scuso perché ritorno alla mia lingua materna, perché non so parlare bene l’inglese.

Tre cose vi voglio dire, questa sera. La prima: nel Libro del Deuteronomio, Mosè ricorda al suo popolo: “Non dimenticate”. E lo ripete nel libro varie volte: “Non dimenticate”. Non dimenticate tutto ciò che Dio ha fatto per il popolo. La prima cosa che vi voglio dire, è che abbiate, che chiediate la grazia della memoria. Come ho detto ai giovani, nel sangue dei cattolici ugandesi è mescolato il sangue dei martiri. Non perdete la memoria di questo seme! Affinché in questo modo continuiate a crescere. Il principale nemico della memoria è l’oblio, ma non è il più pericoloso. Il nemico più pericoloso della memoria è abituarsi a ereditare i beni dei nostri padri. La Chiesa in Uganda non deve abituarsi mai al ricordo lontano dei suoi martiri. Martire significa testimone. La Chiesa in Uganda, per essere fedele a questa memoria, deve continuare ad essere testimone. Non deve vivere di rendita. Le glorie passate sono state l’inizio, ma voi dovete costruire le glorie future. E questo è il compito che la Chiesa affida a voi: siate testimoni, come sono stati testimoni i martiri che hanno dato la vita per il Vangelo.

Per essere testimoni – seconda parola che voglio dirvi – è necessaria la fedeltà. Fedeltà alla memoria, fedeltà alla propria vocazione, fedeltà allo zelo apostolico. Fedeltà significa seguire la via della santità. Fedeltà significa fare quello che hanno fatto i testimoni precedenti: essere missionari. Forse qui in Uganda ci sono diocesi che hanno molti sacerdoti, e diocesi che ne hanno pochi. Fedeltà significa offrirsi al vescovo per andare in un’altra diocesi che ha bisogno di missionari. E questo non è facile. Fedeltà significa perseveranza nella vocazione. E qui voglio ringraziare in modo speciale per l’esempio di fedeltà che mi hanno dato le Suore della Casa della Carità: fedeltà ai poveri, ai malati, ai più bisognosi, perché Cristo è lì. L’Uganda è stata irrigata dal sangue dei martiri, dei testimoni. Oggi è necessario continuare a irrigarla, e per questo: nuove sfide, nuove testimonianze, nuove missioni. Altrimenti, perderete la grande ricchezza che avete, e la “perla dell’Africa” finirà conservata in un museo. Perché il demonio attacca così, poco a poco. Sto parlando non solo per i sacerdoti, ma anche per i religiosi. Ma ai sacerdoti ho voluto dirlo in maniera speciale rispetto al problema della missionarietà: che le diocesi con molto clero si offrano a quelle che hanno meno clero. Così l’Uganda continuerà ad essere missionaria.

Memoria, che significa fedeltà. E Fedeltà, che è possibile soltanto con la preghiera. Se un religioso, una religiosa, un sacerdote smette di pregare o prega poco, perché dice che ha molto lavoro, ha già incominciato a perdere la memoria, e ha già incominciato a perdere la fedeltà. Preghiera, che significa anche umiliazione, l’umiliazione di andare regolarmente dal confessore, a dirgli i propri peccati. Non si può zoppicare con entrambe le gambe. Noi religiosi, religiose, sacerdoti non possiamo condurre una doppia vita. Se sei peccatore, se sei peccatrice, chiedi perdono. Ma non tenere nascosto quello che Dio non vuole; non tenere nascosta la mancanza di fedeltà. Non chiudere nell’armadio la memoria.

Memoria, nuove sfide - fedeltà alla memoria - e preghiera. E la preghiera incomincia sempre con il riconoscersi peccatori. Con queste tre colonne la “perla dell’Africa” continuerà ad essere perla e non soltanto una parola del dizionario. Che i martiri, che hanno dato forza a questa Chiesa, vi aiutino ad andare avanti nella memoria, nella fedeltà e nella preghiera.

E per favore, vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.

Adesso vi invito a pregare tutti insieme un’Ave Maria alla Vergine: “Ave Maria…”.

 


Discorso preparato dal Santo Padre

Cari fratelli sacerdoti,
Cari religiosi e cari seminaristi,

sono lieto di essere con voi, e vi ringrazio per il vostro cordiale benvenuto. In modo particolare ringrazio coloro che hanno parlato e hanno dato testimonianza delle vostre speranze e preoccupazioni, e soprattutto della gioia che vi ispira nel vostro servizio al popolo di Dio in Uganda.

Mi rallegro inoltre che il nostro incontro abbia luogo alla vigilia della prima domenica di Avvento, un tempo che ci invita a guardare verso un nuovo inizio. Durante questo Avvento ci stiamo anche preparando a varcare la soglia dell’Anno Giubilare straordinario della Misericordia, che ho indetto per l’intera Chiesa.

Mentre ci avviciniamo al Giubileo della Misericordia, vorrei porvi due domande. La prima: chi siete voi, come presbiteri o futuri presbiteri, e come persone consacrate? In un certo senso, la risposta è facile: certamente voi siete uomini e donne le cui vite sono state formate da un «incontro personale con Gesù Cristo» (Evangelii gaudium, 3).  Gesù ha toccato i vostri cuori, vi ha chiamati per nome, e vi ha chiesto di seguirlo con cuore indiviso a servizio del suo Popolo santo.

La Chiesa in Uganda è stata benedetta, nella sua breve ma venerabile storia, con un gran numero di testimoni – fedeli laici, catechisti, sacerdoti e religiosi – che lasciarono ogni cosa per amore di Gesù: casa, famiglia e, nel caso dei martiri, la loro stessa vita. Nella vostra vita, sia nel ministero sacerdotale sia nella consacrazione religiosa, siete chiamati a portare avanti questa grande eredità, soprattutto mediante atti semplici di umile servizio. Gesù desidera servirsi di voi per toccare i cuori di sempre nuove persone: Egli vuole servirsi della vostra bocca per proclamare la sua parola di salvezza, delle vostre braccia per abbracciare i poveri che Egli ama, delle vostre mani per costruire comunità di autentici discepoli missionari. Voglia il Cielo che non dimentichiamo mai che il nostro “sì” a Gesù è un “sì” al suo popolo. Le nostre porte, le porte delle nostre chiese, ma in special modo le porte dei nostri cuori, devono rimanere costantemente aperte al Popolo di Dio, al nostro popolo. Perché questo è ciò che siamo.

Una seconda domanda che vorrei porvi questa sera è: Che cosa siete chiamati a fare di più nel vivere la vostra specifica vocazione? Perché c’è sempre qualcosa in più che possiamo fare, un altro miglio da percorrere nel nostro cammino.

Il Popolo di Dio, anzi tutti i popoli, anelano ad una vita nuova, al perdono e alla pace. Purtroppo nel mondo ci sono tante situazioni che preoccupano e che necessitano delle nostre suppliche, a partire dalle realtà più vicine. Prego anzitutto per l’amato popolo burundese, affinché il Signore susciti nelle Autorità e in tutta la società sentimenti e propositi di dialogo e di collaborazione, di riconciliazione e di pace. Se è nostro compito accompagnare chi soffre, allora, a somiglianza della luce che filtra attraverso le vetrate di questa Cattedrale, dobbiamo lasciare che la potenza guaritrice di Dio passi attraverso di noi. In primo luogo dobbiamo lasciare che le onde della sua misericordia fluiscano sopra di noi, ci purifichino e ci ristorino, in modo che noi possiamo portare tale misericordia agli altri, specialmente a quelli che si trovano nelle tante periferie.

Tutti noi sappiamo bene quanto difficile questo possa essere. C’è tanto lavoro da fare! Nello stesso tempo, la vita moderna offre anche così tante distrazioni da poter annebbiare le nostre coscienze, dissipare il nostro zelo, e persino attirarci in quella “mondanità spirituale” che corrode le fondamenta della vita cristiana. L’impegno di conversione – quella conversione che è il cuore del Vangelo di Gesù (cfr Mc 1,15) – dev’essere portato avanti ogni giorno, nella lotta per riconoscere e superare quelle abitudini e quei modi di pensare che possono alimentare la pigrizia spirituale. Abbiamo bisogno di esaminare le nostre coscienze, sia come individui sia come comunità.

Come ho accennato, stiamo entrando nel tempo di Avvento, che è un tempo di un nuovo inizio. Nella Chiesa ci piace affermare che l’Africa è il continente della speranza, e con buone ragioni. La Chiesa in queste terre è benedetta con un abbondante raccolto di vocazioni religiose. Questa sera vorrei offrire una speciale parola di incoraggiamento ai giovani seminaristi e religiosi qui presenti. La chiamata del Signore è una sorgente di gioia e un appello a servire. Gesù ci dice che «è dalla sovrabbondanza del cuore che parla la bocca» (Lc 6,45). Possa il fuoco dello Spirito Santo purificare i vostri cuori, così che siate gioiosi e convinti testimoni della speranza donata dal Vangelo. Avete una bellissima parola da annunciare! Possiate annunciarla sempre, soprattutto con l’integrità e la convinzione che promanano dalla vostra vita.

Cari fratelli e sorelle, la mia visita in Uganda è breve, e oggi è stata una lunga giornata! Tuttavia considero il nostro incontro di questa sera il coronamento di questo giorno bellissimo, nel quale ho potuto recarmi come pellegrino al Santuario dei Martiri Ugandesi a Namugongo, e ho potuto incontrarmi con moltissimi giovani che sono il futuro della Nazione e della nostra Chiesa. In verità lascerò l’Africa con grande speranza nel raccolto di grazia che Dio sta preparando in mezzo a voi! Chiedo a ciascuno di voi di pregare per un’abbondante effusione di zelo apostolico, per una gioiosa perseveranza nella chiamata che avete ricevuto, e soprattutto per il dono di un cuore puro sempre aperto ai bisogni di tutti i nostri fratelli e sorelle. In questo modo la Chiesa in Uganda si dimostrerà davvero degna della sua gloriosa eredità ed affronterà le sfide del futuro con sicura speranza nelle promesse di Cristo. Vi ricorderò tutti nelle mie preghiere, e vi chiedo di pregare per me!



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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29/11/2015 12:23
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

SANTA MESSA PER I MARTIRI DELL'UGANDA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santuario dei Martiri Ugandesi di Namugongo
Sabato, 28 novembre 2015

[Multimedia]


 

«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8).

Dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo. Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei Martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue. Tutti questi testimoni hanno coltivato il dono dello Spirito Santo nella propria vita ed hanno dato liberamente testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, anche a costo della vita, e molti in così giovane età.

Anche noi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per diventare figli e figlie di Dio, ma anche per dare testimonianza a Gesù e farlo conoscere e amare in ogni luogo. Abbiamo ricevuto lo Spirito quando siamo rinati nel Battesimo, e quando siamo stati rafforzati con i suoi doni nella Confermazione. Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri.

Il dono dello Spirito Santo è un dono che è dato per essere condiviso. Ci unisce gli uni agli altri come credenti e membra vive del Corpo mistico di Cristo. Non riceviamo il dono dello Spirito soltanto per noi stessi, ma per edificarci gli uni gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore. Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. Poiché essi avevano coltivato la propria fede e avevano accresciuto l’amore per Dio, non ebbero timore di portare Cristo agli altri, persino a costo della vita. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua ad ispirare tante persone nel mondo. Essi continuano a proclamare Gesù Cristo e la potenza della Croce.

Se, come i martiri, noi quotidianamente ravviviamo il dono dello Spirito che abita nei nostri cuori, allora certamente diventeremo quei discepoli missionari che Cristo ci chiama ad essere. Per le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti. Questa apertura verso gli altri incomincia nella famiglia, nelle nostre case, dove si impara la carità e il perdono, e dove nell’amore dei nostri genitori si impara a conoscere la misericordia e l’amore di Dio. Tale apertura si esprime anche nella cura verso gli anziani e i poveri, le vedove e gli orfani.

La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire. Ciò non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune.

Cari fratelli e sorelle, questa è l’eredità che avete ricevuto dai Martiri ugandesi: vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo.

Possano i Martiri ugandesi, insieme con Maria, Madre della Chiesa, intercedere per noi, e possa lo Spirito Santo accendere in noi il fuoco dell’amore divino!

Omukama Abawe Omukisa! (Dio vi benedica!)





VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

INCONTRO CON I GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Kololo Air Strip, Kampala (Uganda)
Sabato, 28 novembre 2015

[Multimedia]



 

(In inglese)

Buon pomeriggio! Buon pomeriggio! Grazie per la vostra presenza.

Parlerò nella mia madre lingua.

(in spagnolo)

Ho ascoltato con molto dolore nel cuore la testimonianza di Winnie e di Emmanuel. Mentre ascoltavo mi sono fatto una domanda: una esperienza negativa può servire a qualcosa nella vita? Sì! Tanto Emmanuel quanto Winnie hanno vissuto esperienze negative. Winnie pensava che non ci fosse futuro per lei; che la vita per lei fosse un muro che le stava davanti. Ma Gesù le ha fatto capire che nella vita si può fare un grande miracolo: trasformare una parete in un orizzonte, un orizzonte che mi apra il futuro. Davanti ad una esperienza negativa - e molti, molti di quelli che siamo qui abbiamo avuto esperienze negative – c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù. Oggi Winnie ha trasformato la sua depressione, la sua amarezza in speranza. E questa non è magia: questa è opera di Gesù! Perché Gesù è il Signore. Gesù può tutto. E Gesù ha sofferto l’esperienza più negativa della storia: è stato insultato, è stato rifiutato ed è stato assassinato. E Gesù, per la potenza di Dio, è risorto. Egli può fare in ognuno di noi la stessa cosa, con ogni esperienza negativa. Perché Gesù è il Signore.

Io immagino, e tutti insieme possiamo immaginare la sofferenza di Emmanuel, quando vedeva che i suoi compagni venivano torturati, quando vedeva che i suoi compagni venivano assassinati. Ma Emmanuel è stato coraggioso. Si è fatto coraggio, perché sapeva che il giorno in cui fosse fuggito, se lo avessero preso lo avrebbero ucciso. Lui ha rischiato, ha avuto fiducia in Gesù ed è scappato. Ed oggi lo abbiamo qui, dopo 14 anni, diplomato in scienze amministrative. Sempre si può! La nostra vita è come un seme: per vivere occorre morire; e morire a volte fisicamente, come è successo ai compagni di Emmanuel. Morire come sono morti Carlo Lwanga e i martiri dell’Uganda. Ma attraverso questa morte c’è una vita, una vita per tutti. Se io trasformo il negativo in positivo, sono un trionfatore. Però questo si può fare solamente con la grazia di Gesù. Siete sicuri di questo?... Non sento niente…. Siete sicuri di questo? [giovani: Sì!] Siete disposti a trasformare nella vita tutte le cose negative in cose positive? [giovani: Sì!] Siete disposti trasformare l’odio in amore? [giovani: Sì!] Siete disposti a trasformare la guerra in pace? [giovani: Sì] Siate consapevoli che siete un popolo di martiri. Nelle vostre vene scorre il sangue dei martiri! E per questo avete la fede e la vita che adesso avete [giovani: Sì!] E questa fede e questa vita è così bella, che si chiama la “perla dell’Africa”.

Sembra che il microfono non funzionava bene. Qualche volta, anche noi, non funzioniamo bene… Sì o no? E quando non funzioniamo bene da chi dobbiamo andare a chiedere che ci aiuti? Non vi sento… Più forte… [giovani: Gesù!] Da Gesù! Gesù può cambiarti la vita. Gesù può buttare giù i muri che hai davanti a te. Gesù può far sì che la tua vita sia un servizio per gli altri.

Qualcuno di voi potrebbe chiedermi: “E per questo, c’è una bacchetta magica?”. Se voi credete che Gesù vi cambia la vita, chiedetegli aiuto. E questo si chiama pregare. Avete capito bene? Pregare! Vi chiedo: voi pregate? [giovani: Sì!] Davvero? [Sì!] Pregate Gesù, perché Lui è il Salvatore. Non smettete mai di pregare! La preghiera è l’arma più forte che ha un giovane. Gesù ci ama. Vi chiedo: “Gesù ama alcuni sì e altri no? [No!] Gesù ama tutti? [Sì!] Gesù vuole aiutare tutti? [Sì!] Allora aprite la porta del vostro cuore e lasciatelo entrare. Lasciar entrare Gesù nella mia vita. E quando Gesù entra nella tua vita, ti aiuta a lottare, a lottare contro tutti i problemi dei quali ha parlato Winnie, a lottare contro la depressione, a lottare contro l’Aids e a chiedere aiuto per superare queste situazioni, ma sempre lottare. Lottare con il mio desiderio e lottare con la mia preghiera. Siete disposti a combattere? Siete disposti a desiderare il meglio per voi? [Sì!] Siete disposti a pregare, a chiedere a Gesù che vi aiuti nella lotta? [Sì!]

E una terza cosa che vi voglio dire. Tutti noi siamo nella Chiesa, apparteniamo alla Chiesa. Giusto? [Sì!] E la Chiesa ha una Madre. Come si chiama? [Maria!] Non ho capito… [Maria!] Pregare la Madre! Quando un bambino cade, si fa male, si mette a piangere e va a cercare la mamma. Quando noi abbiamo un problema, la cosa migliore che possiamo fare è andare dove c’è nostra Madre. E pregare Maria, nostra Madre. Siete d’accordo? [Sì!] E voi, pregate la Madonna, la nostra Madre? [Sì!] E voi qui [rivolgendosi a un gruppo di giovani], voi pregate Gesù e la Madonna? [Sì!]

Tre cose. La prima: superare le difficoltà. La seconda: trasformare il negativo in positivo. La terza: preghiera. Preghiera a Gesù che può tutto. Gesù, che entra nel nostro cuore e ci cambia la vita. Gesù che è venuto per salvarmi e che ha dato la sua vita per me. Pregate Gesù, perché Lui è l’unico Signore. E siccome nella Chiesa non siamo orfani e abbiamo una Madre, pregate la nostra Madre. E come si chiama la nostra Madre? [Maria!] Più forte! [Maria!]

Vi ringrazio molto per avermi ascoltato. Vi ringrazio perché volete cambiare il negativo in positivo. Perché volete combattere il male, con Gesù al fianco. Soprattutto vi ringrazio perché avete voglia di non smettere mai di pregare. E ora vi invito a pregare insieme la Madre nostra, affinché ci protegga. Siamo d’accordo? [Sì!]  Tutti insieme? [Sì!]

(in inglese)

Ave Maria…

[Benedizione]

E, per favore, un’ultima richiesta: pregate per me. Pregate per me! Ne ho bisogno. Non vi dimenticate. Arrivederci!

 


Discorso preparato dal Santo Padre

Santo Padre: Omukama Mulungi! [Dio è buono!]

I giovani:  Obudde Bwoona! [Ora e sempre]

Cari giovani amici,

sono felice di essere qui e di condividere questi momenti con voi. Desidero salutare i fratelli Vescovi e le Autorità civili presenti. Ringrazio il Vescovo Paul Ssemogerere per le sue parole di benvenuto. Le testimonianze di Winnie ed Emmanuel rafforzano la mia impressione che la Chiesa in Uganda è ricca di giovani che desiderano un futuro migliore. Oggi, se mi permettete, vorrei confermarvi nella fede, incoraggiarvi nell’amore e in modo speciale rafforzarvi nella speranza.

La speranza cristiana non è semplice ottimismo; è molto di più. Affonda le sue radici nella vita nuova, che abbiamo ricevuto in Gesù Cristo. San Paolo dice che la speranza non ci delude, perché nel Battesimo l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5). La speranza ci rende capaci di confidare nelle promesse di Cristo, nella forza del suo perdono, della sua amicizia, del suo amore, che apre le porte a una vita nuova. Proprio quando vi imbattete in un problema, in un insuccesso, quando subite una battuta d’arresto, ancorate il vostro cuore in questo amore, perché esso ha il potere di cambiare la morte in vita e di scacciare ogni male.

Così oggi pomeriggio vorrei invitarvi, prima di tutto, a pregare perché questo dono si accresca in voi e possiate ricevere la grazia di diventare messaggeri di speranza. Ci sono tante persone attorno a noi che provano profonda inquietudine e persino disperazione. Gesù dissolve queste nubi, se glielo permettiamo.

Mi piacerebbe anche condividere con voi qualche pensiero a proposito di alcuni ostacoli che potreste incontrare sulla via della speranza. Tutti voi desiderate un futuro migliore, un posto di lavoro, salute e benessere, ed è cosa buona. Per il bene del popolo e della Chiesa desiderate condividere con gli altri i vostri doni, le aspirazioni e l’entusiasmo, ed è cosa molto buona. Ma a volte, quando vedete la povertà, quando riscontrate la mancanza di opportunità, quando sperimentate degli insuccessi nella vita, può sorgere e crescere un senso di disperazione. Potete essere tentati di perdere la speranza.

Vi è mai capitato di vedere un bambino che per la strada si deve fermare di fronte a una pozzanghera che gli sta davanti e che non è in grado di saltare o di aggirare? Può provare a farlo, ma poi cade e si bagna. Allora, dopo vari tentativi, chiama in aiuto il papà, che lo prende per mano e lo fa passare rapidamente dall’altra parte. Noi siamo come quel bambino. La vita ci riserva molte pozzanghere. Ma non dobbiamo superare tutti i problemi e gli ostacoli con le nostre sole forze. Dio è lì per afferrare la nostra mano, se solo lo invochiamo.

Quello che intendo dire è che tutti noi, anche il Papa, dovremmo assomigliare a quel bambino! Perché solo quando siamo piccoli e umili non abbiamo paura di chiamare in aiuto nostro Padre. Se avete sperimentato questo soccorso, sapete di che cosa sto parlando. Abbiamo bisogno di imparare a riporre la nostra speranza in Lui, consapevoli che è sempre lì presente, per noi. Ci infonde fiducia e coraggio. Ma – e questo è importante – sarebbe un errore non condividere questa bella esperienza con gli altri. Sbaglieremmo se non diventassimo messaggeri di speranza per gli altri.

Una “pozzanghera” particolare può intimorire i giovani che desiderano crescere nell’amicizia con Cristo. È la paura di fallire nell’impegno preso ad amare, soprattutto in quel grande e sublime ideale che è il matrimonio cristiano. Si può aver paura di non riuscire ad essere una buona moglie e una buona madre, un buon marito e un buon padre. Se si continua a guardare la pozzanghera, si possono persino vedere le proprie debolezze e paure riflettersi su di sé. Per favore, non arrendetevi di fronte ad esse! A volte queste paure provengono dal diavolo, che non vuole che siate felici. No! Invocate l’aiuto di Dio, apriteGli il cuore ed Egli vi solleverà, prendendovi tra le sue braccia, e vi mostrerà come amare. Chiedo in particolare alle giovani coppie di nutrire la fiducia che Dio vuole benedire il vostro amore e le vostre vite con la sua grazia, nel sacramento del Matrimonio. Al cuore del matrimonio cristiano c’è il dono dell’amore di Dio, non l’organizzazione di feste sontuose che spesso oscurano il profondo significato spirituale di una gioiosa celebrazione con familiari e amici.

Infine, una “pozzanghera” che tutti dobbiamo affrontare è il timore di essere differenti, di andare contro-corrente in una società che ci spinge costantemente ad abbracciare modelli di benessere e di consumo estranei ai valori profondi della cultura africana. Pensate: che cosa direbbero i Martiri dell’Uganda a proposito del cattivo uso dei moderni mezzi di comunicazione, dove i giovani sono esposti a immagini e visioni distorte della sessualità, che degradano la dignità umana portando alla tristezza e al vuoto interiore? Quale sarebbe la reazione dei Martiri ugandesi di fronte alla crescita di avidità e di corruzione nella società? Di sicuro vi chiederebbero di essere dei modelli di vita cristiana, fiduciosi che l’amore a Cristo, la fedeltà al Vangelo e il saggio utilizzo dei doni che Dio vi ha dato possano soltanto arricchire, purificare ed elevare la vita di questo Paese. Essi continuano a mostrarvi la strada. Non abbiate paura di lasciare che la luce della fede risplenda nelle vostre famiglie, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Non abbiate paura di entrare umilmente in dialogo con altri, che possono vedere le cose in modo diverso.

Cari giovani amici, guardando i vostri volti sono pieno di speranza: speranza per voi, per il vostro Paese e per la Chiesa. Vi chiedo di pregare perché la speranza che avete ricevuto dallo Spirito Santo continui a ispirare i vostri sforzi di crescere in sapienza, generosità e bontà. Non dimenticatevi di essere messaggeri di questa speranza! E non dimenticate che Dio vi aiuterà ad attraversare qualsiasi “pozzanghera” incontriate lungo il cammino!

Abbiate speranza in Cristo ed Egli vi renderà capaci di trovare la felicità vera. E se vi risulta difficile pregare e sperare, non abbiate paura di rivolgervi a Maria, perché è nostra Madre, la Madre della speranza. Infine, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Dio vi benedica!

 








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

CONFESSIONE DI ALCUNI GIOVANI E AVVIO DELLA VEGLIA DI PREGHIERA

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Piazza della Cattedrale, Bangui (Repubblica Centrafricana)
Domenica, 29 novembre 2015

[Multimedia]





 


 

Cari giovani,

vi saluto con tutto l’affetto. Il vostro amico che ha parlato a nome di tutti, ha detto che il vostro simbolo è il bananier, perché ilbananier è un simbolo di vita: sempre cresce, sempre si riproduce, sempre dà i frutti con tanta energia alimentare. Il bananier è anche resistente. Io penso che questo dice chiaramente la strada che vi è proposta in questo momento difficile di guerra, odio, divisione: la strada della resistenza.

Diceva il vostro amico che alcuni di voi vogliono andarsene. Fuggire alle sfide della vita non è mai una soluzione! E’ necessario resistere, avere il coraggio della resistenza, della lotta per il bene! Chi fugge non ha il coraggio di dare vita. Il bananier dà la vita e continua a riprodursi e a dare sempre più vita perché resiste, perché rimane, perché sta lì. Alcuni di voi mi faranno la domanda: “Ma, Padre, cosa possiamo fare? Come si fa per resistere?”. Io vi dirò due o tre cose che forse saranno utili per voi, per resistere.

Prima di tutto, la preghiera. La preghiera è potente! La preghiera vince il male! La preghiera vi avvicina a Dio che è l’Onnipotente. Io vi faccio una domanda: voi pregate? Non sento… [i giovani gridano: sì!] Non dimenticatelo!

Secondo: lavorare per la pace. E la pace non è un documento che si firma e rimane lì. La pace si fa tutti i giorni! La pace è un lavoro artigianale, si fa con le mani, si fa con la propria vita. Ma qualcuno mi può dire: “Mi dica, Padre, come posso fare, io, l’artigiano della pace?”. Primo: non odiare mai. E se uno ti fa il male, cerca di perdonare. Niente odio! Molto perdono! Lo diciamo insieme: “Niente odio, molto perdono” [tutti ripetono nella lingua sango]. E se tu non hai odio nel tuo cuore, se tu perdoni, sarai un vincitore. Perché sarai vincitore della battaglia più difficile della vita, vincitore nell’amore. E attraverso l’amore viene la pace.

Voi volete essere sconfitti o vincitori, nella vita? Cosa volete? [i giovani gridano: “Noi vogliamo essere quelli che vincono!”] E si vince soltanto sulla strada dell’amore. La strada dell’amore. E si può amare il nemico? Sì. Si può perdonare a quello che ti ha fatto male? Sì. Così, con l’amore e con il perdono, voi sarete vincitori. Con l’amore voi sarete vincitori nella vita e darete vita sempre. L’amore mai vi farà sconfitti.

Adesso vi auguro il meglio, per voi. Pensate al bananier. Pensate alla resistenza davanti alle difficoltà. Fuggire, andarsene lontano non è una soluzione. Voi dovete essere coraggiosi. Avete capito cosa significa essere coraggiosi? Coraggiosi nel perdono, coraggiosi nell’amore, coraggiosi nel fare la pace. D’accordo? [i giovani rispondono “sì” in lingua sango] Lo diciamo insieme? “Coraggiosi nell’amore, nel perdono e nel fare la pace” [i giovani ripetono in sango].

Cari giovani centrafricani, sono molto contento di incontrarvi. Oggi abbiamo aperto questa Porta. Questo significa la Porta della Misericordia di Dio. Fidatevi di Dio! Perché Lui è misericordioso, Lui è amore, Lui è capace di darci la pace. Per questo vi ho detto all’inizio di pregare: è necessario pregare per resistere, per amare, per non odiare, per essere artigiani della pace.

Grazie tante della vostra presenza. Adesso andrò dentro a sentire le confessioni di alcuni di voi…

Siete col cuore disposto a resistere? Sì o no? [giovani: “Sì!”] Siete col cuore disposto a lottare per la pace? [“Sì!”] Siete col cuore disposto alla riconciliazione? [“Sì!”] Siete col cuore disposto a amare questa bella patria? [“Sì”!] E torno all’inizio: siete col cuore disposto a pregare? [“Sì!”]

E vi chiedo anche di pregare per me, perché possa essere un buon vescovo, perché possa essere un buon Papa. Mi promettete di pregare per me? [“Sì!”]

E adesso vi darò la benedizione, a voi e alle vostre famiglie. Una benedizione chiedendo al Signore che vi dia l’amore e la pace.

(Benedizione)

Buona serata e pregate per me!


Discorso preparato dal Santo Padre

Cari giovani, cari amici, buonasera!

Ho la grande gioia di ritrovarvi questa sera, mentre cominciamo un nuovo anno liturgico con il tempo d’Avvento. Non è questa per ciascuno di noi l’occasione di una nuova partenza, l’occasione di «passare all’altra riva» (cfr Lc 8,22)?

Grazie Evans per le parole che mi hai rivolto a nome di tutti voi. Durante questo nostro incontro, potrò dare il sacramento della Riconciliazione ad alcuni di voi. E così vorrei invitarvi a riflettere sulla grandezza di questo Sacramento nel quale Dio ci viene incontro in modo personale. Ogni volta che noi glielo domandiamo, Egli viene con noi per farci “passare all’altra riva”, su questa riva della nostra vita nella quale Dio ci perdona, versa in noi il suo amore che guarisce, lenisce e rialza! Il Giubileo della Misericordia, che ho appena avuto la gioia di aprire particolarmente per voi, cari amici Centrafricani ed Africani, ci ricorda proprio che Dio ci aspetta, a braccia aperte, come ce lo ricorda la bella immagine del Padre che accoglie il figlio prodigo.

Infatti il perdono ricevuto ci consola e ci permette di ripartire con il cuore fiducioso e in pace, capaci di vivere maggiormente in armonia con noi stessi, con Dio e con gli altri. Questo perdono ricevuto ci permette anche di perdonare a nostra volta. Noi ne abbiamo sempre bisogno, e particolarmente nelle situazioni di conflitto, di violenza, come quelle che voi conoscete ancora troppo spesso. Ripeto la mia vicinanza a tutti coloro tra voi che sono toccati dal dolore, dalla separazione, dalle ferite inflitte dall’odio e dalla guerra. In questo contesto, perdonare a chi ci ha fatto del male è umanamente molto difficile. Ma Dio ci offre forza e coraggio per diventare quegli artigiani di riconciliazione e di pace di cui il vostro Paese ha tanto bisogno. Il cristiano, discepolo di Cristo, cammina sulle orme del suo Maestro, che sulla croce ha chiesto al Padre di perdonare coloro che lo crocifiggevano (cfr Lc23,34). Com’è distante questo atteggiamento dai sentimenti che abitano troppo spesso il nostro cuore!… Meditare questo atteggiamento e questa parola di Gesù: « Padre, perdona loro», può aiutarci a convertire il nostro sguardo e il nostro cuore. Per molti, è uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi. E’ uno scandalo che sia morto su una croce. Si, è uno scandalo: lo scandalo della croce. La croce continua a fare scandalo. Ma è l’unica via sicura: quella della Croce, quella di Gesù venuto a condividere la nostra vita per salvarci dal peccato (cfr Incontro con i giovani argentini nella Cattedrale di Rio de Janeiro, 25 luglio 2013). Cari amici, questa croce ci parla della prossimità di Dio: Egli è con noi, è con ciascuno di voi nelle vostre gioie come nelle vostre prove.

Cari giovani, il bene più prezioso che possiamo avere nella vita è la nostra relazione con Dio. Ne siete convinti? Siete consapevoli del valore inestimabile che avete agli occhi di Dio? Sapete che siete amati e accolti da Lui, incondizionatamente, così come siete? (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2015, 2). Dedicando tempo alla preghiera, alla lettura della Scrittura, particolarmente del Vangelo, voi Lo conoscerete meglio e conoscerete anche voi stessi. Infatti, i consigli di Gesù possono illuminare anche oggi i vostri sentimenti e le vostre scelte. Voi siete entusiasti e generosi, alla ricerca di un grande ideale, cercatori di verità e di bellezza. Vi incoraggio a mantenere lo spirito vigilante e critico di fronte ad ogni compromesso contrario al messaggio del Vangelo. Grazie per il vostro dinamismo creativo di cui la Chiesa ha bisogno! Coltivatelo! Siate testimoni della gioia che dà l’incontro con Gesù. Che essa vi trasformi, che renda la vostra fede più forte, più solida per superare le paure, per entrare sempre più nel progetto d’amore di Dio su di voi! Dio vuole il bene di tutti i suoi figli. Quelli che si lasciano guardare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 1). E, in cambio, possono guardare l’altro come un fratello, accettare che sia diverso e scoprire che è un dono per me. È così che la pace si costruisce ogni giorno. Ciò richiede di prendere la strada del servizio e dell’umiltà, di essere attenti ai bisogni dell’altro. Per entrare in questa logica, bisogna avere un cuore che sa abbassarsi e condividere la vita con quelli che sono più bisognosi. Lì è la vera carità. E così cresce la solidarietà cominciando da piccole cose, e i germi di divisione spariscono. Così il dialogo tra i credenti porta frutto, la fraternità si vive giorno per giorno e allarga il cuore aprendo un avvenire. In tal modo, voi potete fare molto bene per il vostro Paese, e vi incoraggio a farlo.

Cari giovani, il Signore è vivo e cammina al vostro fianco. Quando le difficoltà sembrano accumularsi, quando il dolore, la tristezza dominano intorno a voi, Egli non vi abbandona. Ci ha lasciato il memoriale del suo amore: l’Eucaristia e i Sacramenti per avanzare nel cammino trovando in essi la forza per andare avanti ogni giorno. E questa dev’essere la sorgente della vostra speranza e del vostro coraggio per passare all’altra riva (cfr Lc 8,22), con Gesù, aprendo nuove vie per voi e la vostra generazione, per le vostre famiglie, per il vostro Paese. Prego perché abbiate questa speranza. Siate ancorati ad essa e la donerete agli altri, al nostro mondo ferito dalle guerre, dai conflitti, dal male, dal peccato. Non dimenticate: il Signore è con voi. Egli ha fiducia in voi. Desidera che voi siate suoi discepoli-missionari, sostenuti dalla preghiera della Vergine Maria e da quella di tutta la Chiesa nei momenti difficili e nelle prove. Cari giovani del Centrafrica, andate, io vi mando!

 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

APERTURA DELLA PORTA SANTA DELLA CATTEDRALE DI BANGUI 
E
SANTA MESSA CON SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE, CATECHISTI E GIOVANI

Cattedrale di Bangui (Repubblica Centrafricana)
Prima Domenica di Avvento, 29 novembre 2015

[Multimedia]









 

PAROLE DEL SANTO PADRE PRIMA DELL’APERTURA DELLA PORTA SANTA 

(italiano) Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. (spagnolo) Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. (italiano) Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace! E tutti insieme chiediamo amore e pace. Tutti insieme! (in lingua sango) “Doyé Siriri!” [tutti ripetono: “Doyé Siriri!”).

E adesso con questa preghiera incominciano l’Anno Santo: qui, in questa capitale spirituale del mondo, oggi!
 


 

OMELIA DEL SANTO PADRE






In questa Prima Domenica di Avvento, tempo liturgico dell’attesa del Salvatore e simbolo della speranza cristiana, Dio ha guidato i miei passi fino a voi, su questa terra, mentre la Chiesa universale si appresta ad inaugurare l’Anno Giubilare della Misericordia, che noi oggi, qui, abbiamo iniziato. E sono particolarmente lieto che la mia visita pastorale coincida con l’apertura nel vostro Paese di questo Anno Giubilare. A partire da questa Cattedrale, con il cuore ed il pensiero vorrei raggiungere con affetto tutti i sacerdoti, i consacrati, gli operatori pastorali di questo Paese, spiritualmente uniti a noi in questo momento. Attraverso di voi, vorrei salutare anche tutti i Centrafricani, i malati, le persone anziane, i feriti dalla vita. Alcuni di loro sono forse disperati e non hanno più nemmeno la forza di agire, e aspettano solo un’elemosina, l’elemosina del pane, l’elemosina della giustizia, l’elemosina di un gesto di attenzione e di bontà. E tutti noi aspettiamo la grazia, l’elemosina della pace.

Ma come gli apostoli Pietro e Giovanni che salivano al tempio, e che non avevano né oro né argento da dare al paralitico bisognoso, vengo ad offrire loro la forza e la potenza di Dio che guariscono l’uomo, lo fanno rialzare e lo rendono capace di cominciare una nuova vita, “passando all’altra riva” (cfr Lc 8,22).

Gesù non ci manda soli all’altra riva, ma ci invita piuttosto a compiere la traversata insieme a Lui, rispondendo, ciascuno, a una vocazione specifica. Dobbiamo perciò essere consapevoli che questo passaggio all’altra riva non si può fare se non con Lui, liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno. Ciò suppone la prossimità ai nostri fratelli e sorelle, ciò implica uno spirito di comunione. Non è prima di tutto una questione di mezzi finanziari; basta in realtà condividere la vita del popolo di Dio, rendendo ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15), essendo testimoni dell’infinita misericordia di Dio che, come sottolinea il Salmo responsoriale di questa domenica, «è buono [e] indica ai peccatori la via giusta» (Sal 24,8). Gesù ci insegna che il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). Dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione fondamentale: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Una delle esigenze essenziali di questa vocazione alla perfezione è l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine. Gesù ha tenuto ad insistere su questo aspetto particolare della testimonianza cristiana (cfr Mt 5,46-47). Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia. E’ così che possiamo aiutare i nostri fratelli e sorelle a “passare all’altra riva”, rivelando loro il segreto della nostra forza, della nostra speranza, della nostra gioia che hanno la loro sorgente in Dio, perché sono fondate sulla certezza che Egli sta nella barca con noi. Come ha fatto con gli apostoli al momento della moltiplicazione dei pani, è a noi che il Signore affida i suoi doni affinché andiamo a distribuirli dappertutto, proclamando la sua parola che assicura: «Ecco verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda» (Ger 33,14).

Nei testi liturgici di questa domenica, possiamo scoprire alcune caratteristiche di questa salvezza di Dio annunciata, che si presentano come altrettanti punti di riferimento per guidarci nella nostra missione. Anzitutto, la felicità promessa da Dio è annunciata in termini di giustizia. L’Avvento è il tempo per preparare i nostri cuori al fine di poter accogliere il Salvatore, cioè il solo Giusto e il solo Giudice capace di riservare a ciascuno la sorte che merita. Qui come altrove, tanti uomini e donne hanno sete di rispetto, di giustizia, di equità, senza vedere all’orizzonte dei segni positivi. A costoro, Egli viene a fare dono della sua giustizia (cfrGer 33,15). Viene a fecondare le nostre storie personali e collettive, le nostre speranze deluse e i nostri sterili auspici. E ci manda ad annunciare, soprattutto a coloro che sono oppressi dai potenti di questo mondo, come pure a quanti sono piegati sotto il peso dei loro peccati: «Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra -giustizia» (Ger 33,16). Sì, Dio è Giustizia! Ecco perché noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia.

La salvezza di Dio attesa ha ugualmente il sapore dell’amore. Infatti, preparandoci al mistero del Natale, noi facciamo nuovamente nostro il cammino del popolo di Dio per accogliere il Figlio venuto a rivelarci che Dio non è soltanto Giustizia ma è anche e innanzitutto Amore (cfr 1 Gv 4,8). Dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore. Incoraggiando i sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane, io riconosco che la distanza che ci separa dall’ideale così esigente della testimonianza cristiana è a volte grande. Ecco perché faccio mie sotto forma di preghiera quelle parole di san Paolo: «Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12). A questo riguardo, la testimonianza dei pagani sui cristiani della Chiesa primitiva deve rimanere presente al nostro orizzonte come un faro: «Vedete come si amano, si amano veramente» (Tertulliano, Apologetico, 39, 7).

Infine, la salvezza di Dio annunciata riveste il carattere di una potenza invincibile che avrà la meglio su tutto. Infatti, dopo aver annunciato ai suoi discepoli i segni terribili che precederanno la sua venuta, Gesù conclude: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). E se san Paolo parla di un amore “che cresce e sovrabbonda”, è perché la testimonianza cristiana deve riflettere questa forza irresistibile di cui si tratta nel Vangelo. E’ dunque anche in mezzo a sconvolgimenti inauditi che Gesù vuole mostrare la sua grande potenza, la sua gloria incomparabile (cfrLc 21,27) e la potenza dell’amore che non arretra davanti a nulla, né davanti ai cieli sconvolti, né davanti alla terra in fiamme, né davanti al mare infuriato. Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore e di pace!

A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace. Discepoli di Cristo, sacerdoti, religiosi, religiose o laici impegnati in questo Paese dal nome così suggestivo, situato nel cuore dell’Africa e che è chiamato a scoprire il Signore come vero Centro di tutto ciò che è buono, la vostra vocazione è di incarnare il cuore di Dio in mezzo ai vostri concittadini. Voglia il Signore renderci tutti «saldi … e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1 Ts 3,13). Riconciliazione, perdono, amore e pace! Amen.

 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE

Stadio del Complesso sportivo Barthélémy Boganda, Bangui (Repubblica Centrafricana)
Lunedì, 30 novembre 2015

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______________________

 

Possiamo essere stupiti, ascoltando la prima Lettura, dell’entusiasmo e del dinamismo missionario che abitano l’Apostolo Paolo. «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene» (Rm 10,15)! È per noi un invito a rendere grazie per il dono della fede che abbiamo ricevuto da questi messaggeri che ce l’hanno trasmessa. È anche un invito a meravigliarci davanti all’opera missionaria che ha portato per la prima volta - non molto tempo fa - la gioia del Vangelo su quest’amata terra del Centrafrica. È bene, soprattutto quando i tempi sono difficili, quando le prove e le sofferenze non mancano, quando l’avvenire è incerto e ci si sente stanchi, temendo di non potercela fare, è bene riunirsi attorno al Signore, come facciamo oggi, per gioire della sua presenza, della vita nuova e della salvezza che ci propone, come un’altra riva verso la quale dobbiamo tendere.

Quest’altra riva è, certamente, la vita eterna, il Cielo dove noi siamo attesi. Questo sguardo rivolto verso il mondo futuro ha sempre sostenuto il coraggio dei cristiani, dei più poveri, dei più piccoli, nel loro pellegrinaggio terreno. Questa vita eterna non è un’illusione, non è una fuga dal mondo; essa è una potente realtà che ci chiama e che ci impegna alla perseveranza nella fede e nell’amore.

Ma l’altra riva più immediata, che noi cerchiamo di raggiungere, questa salvezza procurata dalla fede e di cui parla san Paolo, è una realtà che trasforma già la nostra vita presente e il mondo in cui viviamo: “Colui che crede dal profondo del cuore diventa giusto” (cfr Rm 10,10). Egli accoglie la vita stessa di Cristo che lo rende capace di amare Dio e di amare i fratelli in un modo nuovo, al punto di far nascere un mondo rinnovato dall’amore.

Rendiamo grazie al Signore per la sua presenza e per la forza che ci dà nel quotidiano delle nostre vite quando sperimentiamo la sofferenza fisica o morale, una pena, un lutto; per gli atti di solidarietà e di generosità di cui ci rende capaci; per la gioia e l’amore che fa brillare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, malgrado, a volte, la miseria, la violenza che ci circonda o la paura del domani; per il coraggio che mette nelle nostre anime di voler creare dei legami di amicizia, di dialogare con chi non è come noi, di perdonare chi ci ha fatto del male, di impegnarci nella costruzione di una società più giusta e fraterna dove nessuno è abbandonato. In tutto questo, Cristo risorto ci prende per mano e conduce a seguirlo. E io voglio rendere grazie con voi al Signore di misericordia per tutto quello che vi ha concesso di compiere di bello, di generoso, di coraggioso, nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità, durante gli eventi accaduti nel vostro Paese da molti anni.

Tuttavia, è vero anche che non siamo ancora arrivati alla meta, siamo come in mezzo al fiume, e dobbiamo decidere con coraggio, in un rinnovato impegno missionario, di passare all’altra riva. Ogni battezzato deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore, sempre pronto a risvegliarsi al richiamo del demonio – e quanto agisce nel nostro mondo e in questi tempi di conflitti, di odio e di guerra –, per condurlo all’egoismo, a ripiegarsi su sé stesso e alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, alla vendetta, all’abbandono e allo sfruttamento dei più deboli…

Noi sappiamo anche quanta strada le nostre comunità cristiane, chiamate alla santità, abbiano ancora da percorrere. Certamente abbiamo tutti da chiedere perdono al Signore per le troppe resistenze e per le lentezze nel rendere testimonianza al Vangelo. Che l’Anno Giubilare della Misericordia, appena iniziato nel vostro Paese, ne sia l’occasione. E voi, cari Centrafricani, dovete soprattutto guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese, di lanciarvi verso nuovi orizzonti, di andare più al largo, in acque profonde. L’Apostolo Andrea, con suo fratello Pietro, non hanno esitato un solo istante a lasciare tutto alla chiamata di Gesù, per seguirlo: «Subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mt 4,20). Noi siamo meravigliati, anche qui, per tanto entusiasmo da parte degli Apostoli, talmente Cristo li attira a Sé, talmente essi sentono di poter intraprendere tutto e tutto osare con Lui.

Allora, ciascuno nel suo cuore può porsi la domanda tanto importante sul suo legame personale con Gesù, esaminare ciò che ha già accettato – oppure rifiutato – per rispondere alla sua chiamata a seguirlo più da vicino. Il grido dei messaggeri risuona più che mai alle nostre orecchie, proprio quando i tempi sono duri; quel grido che “risuona per tutta la terra, e […] fino ai confini del mondo” (cfr Rm 10,18; Sal 18,5). E risuona qui, oggi, in questa terra del Centrafrica; risuona nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, ovunque viviamo, e ci invita alla perseveranza nell’entusiasmo della missione, una missione che ha bisogno di nuovi messaggeri, ancora più numerosi, ancora più generosi, ancora più gioiosi, ancora più santi. E tutti noi siamo chiamati ad essere, ciascuno, questo messaggero che il nostro fratello, di qualsiasi etnia, religione, cultura, aspetta, spesso senza saperlo. Infatti, come, questo fratello, potrà credere in Cristo - si domanda san Paolo - se la Parola non è ascoltata né proclamata?

Anche noi, sull’esempio dell’Apostolo, dobbiamo essere pieni di speranza e di entusiasmo per il futuro. L’altra riva è a portata di mano, e Gesù attraversa il fiume con noi. Egli è risorto dai morti; da allora le prove e le sofferenze che viviamo sono sempre occasioni che aprono a un futuro nuovo se noi accettiamo di legarci alla sua Persona. Cristiani del Centrafrica, ciascuno di voi è chiamato ad essere, con la perseveranza della sua fede e col suo impegno missionario, artigiano del rinnovamento umano e spirituale del vostro Paese. Sottolineo, artigiano del rinnovamento umano e spirituale.

La Vergine Maria, che dopo aver condiviso le sofferenze della passione condivide ora la gioia perfetta con il suo Figlio, vi protegga e vi incoraggi in questo cammino di speranza. Amen.

   





Fraternamente CaterinaLD

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN KENYA, UGANDA E NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

(25-30 NOVEMBRE 2015)

CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE 
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DALLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

Volo Papale
Lunedì, 30 novembre 2015

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(Padre Lombardi)

Santo Padre, benvenuto tra noi per questo incontro che oramai è una tradizione e tutti ci aspettiamo. Siamo molto grati che dopo un viaggio così intenso voglia ancora trovare tempo per noi, e quindi comprendiamo benissimo quanto è disponibile per aiutarci.

Prima di cominciare con la serie delle domande, volevo però, anche a nome dei colleghi, ringraziare la EBU, la European Broadcasting Union, che ha organizzato le dirette dal Centrafrica. Le dirette televisive che sono girate per il mondo dal Centrafrica si sono potute realizzare grazie alla European Broadcasting Union, e qui abbiamo Elena Pinardi. La ringraziamo a nome di tutti. La EBU compie il 65° della sua attività, e si vede che serve ancora, e quindi noi le siamo molto grati.

Allora, adesso come al solito, abbiamo pensato di incominciare dai nostri ospiti del Paese nel quale ci siamo recati. Siccome abbiamo quattro kenyani, due domande vengono adesso, all’inizio, dal Kenya. La prima è di Namu Name, che è del Kenya Daily Nation.

(Bernard Namuname, Kenya Daily Nation)

La saluto, Santità. In Kenya Lei ha incontrato le famiglie povere a Kangemi. Ha ascoltato le loro storie di esclusione dai diritti umani fondamentali come la mancanza di accesso all’acqua potabile. Lo stesso giorno, Lei è andato allo stadio Kasarani dove ha incontrato i giovani. Anche loro Le hanno raccontato le loro storie di esclusione, a causa dell’avarizia degli uomini e della loro corruzione. Cosa ha provato mentre ascoltava le loro storie? E cosa bisogna fare per porre fine alle ingiustizie? Grazie.

(Papa Francesco)

Su questo problema, ho parlato almeno tre volte fortemente. Nel primo incontro dei Movimenti popolari, in Vaticanonel secondo incontro dei Movimenti popolari, a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia; e poi due, altre due: nella Evangelii gaudium, un po’, e poi chiaramente e fortemente nella Laudato si. Io non ricordo le statistiche e per questo vi chiedo di non pubblicare le statistiche che dirò, perché non so se sono vere, ma ho sentito… credo che l’80% della ricchezza del mondo è nelle mani del 17% della popolazione; non so se è vero, ma se non è vero è azzeccato, perché le cose stanno così. Se qualcuno di voi conosce questa statistica, lo prego di dirla per essere corretto. E’ un sistema economico dove al centro c’è il denaro, il dio denaro. Io ricordo una volta che ho trovato un grande ambasciatore, parlava francese, e mi ha detto questa frase – non era cattolico – e mi ha detto: “Nous sommes tombés dans l’idolâtrie de l’argent”. E se le cose continuano così, il mondo continuerà così. Lei mi domandava cosa ho sentito con le testimonianze dei giovani e a Kangemi, dove ho parlato anche chiaramente di diritti. Ho sentito dolore. E penso a come la gente non se ne accorge…



Un grande dolore. Ieri per esempio, sono andato all’ospedale pediatrico: l’unico di Bangui e del Paese! E in terapia intensiva non hanno gli strumenti per l’ossigeno. C’erano tanti bambini malnutriti, tanti. E la dottoressa mi ha detto: “Questi nella maggior parte moriranno, perché hanno la malaria, forte, e sono malnutriti”. Il Signore – ma non voglio fare un’omelia! –, il Signore rimproverava sempre al popolo, al popolo d’Israele – ma è parola che noi accettiamo e adoriamo, perché è Parola di Dio – l’idolatria. E l’idolatria è quando un uomo o una donna perde la “carta d’identità”, il suo essere figlio di Dio, e preferisce cercarsi un dio a propria misura. Questo è l’inizio. A partire da lì, se l’umanità non cambia, continueranno le miserie, le tragedie, le guerre, i bambini che muoiono di fame, l’ingiustizia… Cosa pensa questa percentuale che ha nelle mani l’80% della ricchezza del mondo? E questo non è comunismo, questa è verità. E la verità non è facile vederla. Io La ringrazio di aver fatto questa domanda, perché è la vita…

(Padre Lombardi)

E adesso, la seconda domanda è anche di un altro collega del Kenya, di Mumo Makau, che è della “Radio Capital” del Kenya. Anche lui fa la domanda in inglese e traduce Matteo.

(Mumo Makau, Radio Capital del Kenya)

Grazie tanto per questa opportunità, Santo Padre. Vorrei sapere quale è stato per Lei il momento più memorabile in questo viaggio in Africa. Tornerà presto in questo Continente? E quale è la sua prossima meta?

(Papa Francesco)

Incominciamo dalla fine: se le cose vanno bene, credo che il prossimo viaggio sarà in Messico. Ancora le date non sono precise. Secondo: tornerò in Africa? Mah, non so… Io sono anziano, i viaggi sono pesanti… E la prima domanda: qual è stato un momento [che mi ha colpito particolarmente]… Penso a quella folla, quella gioia, quella capacità di festeggiare, di far festa con lo stomaco vuoto. Per me l’Africa è stata una sorpresa. Io ho pensato: Dio ci sorprende, ma anche l’Africa ci sorprende! Tanti momenti... La folla, la folla. Si sentono visitati. Hanno un senso dell’accoglienza molto grande. Ho visto, nelle tre Nazioni, che avevano questo senso dell’accoglienza, perché erano felici di sentirsi visitati. Poi, ogni Paese ha la sua identità. Il Kenya è un po’ più moderno, sviluppato. L’Uganda ha l’identità dei martiri: il popolo ugandese, sia cattolico che anglicano, venera i martiri. Sono stato nei due santuari, quello anglicano, prima, poi quello cattolico; e la memoria dei martiri è la sua carta di identità. Il coraggio di dare la vita per un ideale. E la Repubblica Centrafricana: la voglia di pace, di riconciliazione, di perdono. Loro hanno vissuto fino a quattro anni fa, cattolici, protestanti, islamici, come fratelli. Ieri sono andato dagli Evangelici, che lavorano tanto bene, e poi sono venuti a Messa, la sera. Oggi sono andato nella moschea, ho pregato nella moschea; anche l’Imam è salito sulla “papamobile” per fare il giro nel piccolo stadio… E’ questo: i piccoli gesti, è questo che vogliono, perché c’è un gruppetto che, credo, è cristiano o si dice cristiano, che è molto violento, non ho capito bene questo…, ma non è l’Isis, è un’altra cosa. E vogliono la pace. Adesso, si faranno le elezioni, hanno scelto uno Stato di transizione, hanno scelto il sindaco [di Bangui], questa Signora, come presidente dello Stato di transizione, e lei farà le elezioni; ma cercano la pace, tra loro, la riconciliazione, niente odio.

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola a Philip Pulella, che è un nostro collega della Reuters, che tutti conosciamo.

(Philip Pulella, Reuters)

Santità, oggi si parla molto di “Vatileaks”. Senza entrare nel merito del processo in corso, vorrei farLe questa domanda. Lei, in Uganda ha parlato a braccio, ha detto che la corruzione esiste dappertutto, e anche in Vaticano. Allora, la mia domanda è questa: qual è l’importanza della stampa libera e laica nello sradicamento di questa corruzione, dovunque si trovi?

(Papa Francesco)

La stampa libera, laica e anche confessionale, ma professionale – perché la professionalità della stampa può essere laica o confessionale, l’importante è che siano professionisti davvero, che le notizie non vengano manipolate – per me è importante, perché la denuncia delle ingiustizie, delle corruzioni, è un bel lavoro, perché dice: “Lì c’è corruzione”. E poi il responsabile deve fare qualcosa, fare un giudizio, fare un tribunale. Ma la stampa professionale deve dire tutto, senza cadere nei tre peccati più comuni: la disinformazione – dire la metà e non dire l’altra metà –; la calunnia – la stampa non professionale: quando non c’è professionalità, si sporca l’altro con verità o senza verità –; e la diffamazione, che è dire cose che tolgono la fama di una persona, cose che in questo momento non fanno male, niente, forse cose del passato… E questi sono i tre difetti che attentano alla professionalità della stampa. Ma abbiamo bisogno di professionalità. Il giusto: la cosa è così, così e così. E sulla corruzione, vedere bene i dati e dirli: sì, c’è corruzione qui, per questo, questo e questo… Poi, un giornalista che sia un vero professionista, se sbaglia, chiede scusa: Credevo, ma poi mi sono accorto di no. E così le cose vanno benissimo. E’ molto importante.

(Padre Lombardi)

Allora adesso diamo la parola a Philippine de Saint-Pierre, che è la responsabile della televisione cattolica francese: quindi, andiamo in Francia, a Parigi. Siamo molto vicini, tutti, alla Francia in questo periodo.

(Philippine De Saint-Pierre, responsabile della televisione cattolica francese KTO)

Santo Padre, buona sera. Lei ha reso omaggio alla piattaforma creata dall’Arcivescovo, dall’Imam e dal Pastore di Bangui, e oggi più che mai sappiamo che il fondamentalismo religioso minaccia il pianeta intero: l’abbiamo visto anche a Parigi. Allora, di fronte a questo pericolo Lei pensa che i dignitari religiosi debbano intervenire di più in campo politico?

(Papa Francesco)

Intervenire in campo politico: se vuol dire “fare politica”, no. Faccia il prete, il pastore, l’imam, il rabbino: questa è la sua vocazione. Ma si fa politica indirettamente predicando valori, valori veri, e uno dei valori più grandi è la fratellanza tra noi. Siamo tutti figli di Dio, abbiamo lo stesso Padre. E in questo senso, si deve fare una politica di unità, di riconciliazione… - e una parola che non mi piace, ma devo usarla - di tolleranza, ma non solo tolleranza, convivenza, amicizia! E’ così. Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni. Noi cattolici ne abbiamo alcuni, non alcuni, tanti, che credono di avere la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, con la diffamazione, e fanno male, fanno male. E questo lo dico perché è la mia Chiesa, anche noi, tutti! E si deve combattere. Il fondamentalismo religioso non è religioso. Perché? Perché manca Dio. E’ idolatrico, come è idolatrico il denaro. Fare politica nel senso di convincere questa gente che ha questa tendenza, è una politica che dobbiamo fare noi leader religiosi. Ma il fondamentalismo che finisce sempre in una tragedia o in reati, è una cosa cattiva, ma ce n’è un po’ in tutte le religioni.

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola a Cristiana Caricato che rappresenta Tv2000, la televisione cattolica italiana dei vescovi:

(Cristiana Caricato di Tv2000)

Santo Padre, mentre noi questa mattina eravamo a Bangui, a Roma si teneva una nuova udienza del processo a mons. Vallejo Balda, alla Chaouqui e ai due giornalisti. Le pongo la domanda che ci hanno fatto anche molte persone: perché queste due nomine? Come è stato possibile che nel processo di riforma che Lei ha avviato, due persone di questo tipo siano potute entrare in una Commissione, la COSEA? Crede di aver fatto un errore?

(Papa Francesco)

Io credo che sia stato fatto un errore. Mons. Vallejo Balda è entrato per la carica che aveva e che ha avuto fino adesso. Lui era segretario della Prefettura degli Affari Economici, e lui è entrato. E poi, come è entrata lei, non sono sicuro, ma credo di non sbagliare se dico – ma non sono sicuro – che è stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali… Hanno lavorato, e quando è finito il lavoro i membri di quella commissione che si chiamava COSEA sono rimasti in alcuni posti, in Vaticano. Vallejo Balda, lo stesso. E la signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano perché è entrata per la commissione e poi non è rimasta. Alcuni dicono che si è arrabbiata di questo, ma i giudici ci diranno la verità sulle intenzioni, come l’hanno fatto… Per me [ciò che è uscito] non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno, perché propriamente hanno fatto vedere il lavoro che si è incominciato con la Commissione di Cardinali – il “C9” – di cercare la corruzione e cose che non vanno.
E qui voglio dire una cosa – non c’entra con Vallejo Balda e Chaouqui, ma in generale, e poi torno, se Lei vuole –: la parola “corruzione” – l’ha detto uno dei due kenyani – tredici giorni prima della morte di san Giovanni Paolo II, in quella Via Crucis, l’allora cardinale Ratzinger, che guidava la Via Crucis, ha parlato delle “sporcizie della Chiesa”: lui ha denunciato questo!
Per primo! Poi muore il Papa nell’ottava di Pasqua – questo era il Venerdì Santo –, muore Papa Giovanni Paolo, e lui è diventato Papa. Ma nella Messa “pro eligendo Pontifice – lui era Decano – lui ha parlato della stessa cosa, e noi lo abbiamo eletto per questa sua libertà di dire le cose. E’ da quel tempo che c’è nell’aria del Vaticano che lì c’è corruzione, c’è corruzione. Su questo giudizio, io ho dato ai giudici le accuse concrete, perché quello che importa, per la difesa, è la formulazione delle accuse. Io non le ho lette, le accuse concrete, tecniche. Io avrei voluto che questo finisse prima dell’8 dicembre, per l’Anno della Misericordia, ma credo che non si potrà fare, perché vorrei che tutti gli avvocati che difendono abbiano il tempo per difendere, che ci sia la libertà di difesa, tutta. E’ così: come sono stati scelti, e tutta la storia. Ma la corruzione viene da lontano.

(Cristiana Caricato)

Ma Lei cosa ha intenzione di fare, come intende procedere perché questi episodi non si possano più verificare?

(Papa Francesco)

Mah… io ringrazio Dio che non ci sia Lucrezia Borgia! [ridono] Non so, continuare con i cardinali, con la commissione a pulire… Grazie.

(Padre Lombardi)

Grazie. Allora, adesso tocca a Néstor Pongutá. Néstor Pongutá è un colombiano, lavora per “La W Radio” e credo anche per “Caracol”, comunque è un caro amico…

(Nèstor Ponguta, “La W Radio” e “Caracol”)

Santità, prima di tutto grazie per tutto quello che ha detto in favore della pace nel mio Paese, in Colombia, e per tutto quello che ha fatto nel mondo. Però in questa occasione vorrei farLe una domanda particolare. E’ un argomento specifico che ha a che fare con un cambiamento politico in America Latina, compresa l’Argentina, il Suo Paese, nel quale c’è ora il signor Macri dopo 12 anni di “kirchnerismo”, sta cambiando un po’… Che cosa pensa di questi cambiamenti, di come stia prendendo una nuova direzione la politica latinoamericana, del Continente dal quale Lei stesso proviene?

(Papa Francesco)

Io ho sentito qualche opinione, ma davvero di questa geopolitica, in questo momento non so cosa dire, davvero. Davvero, non so. Perché, ci sono problemi in parecchi Paesi su questa linea, ma davvero non so perché o come è incominciato, non so perché. Davvero. Che ci sono parecchi Paesi latinoamericani in questa situazione un po’ di cambiamento, questo è vero, ma non so spiegarlo.

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola a Jürgen Baez della DPA, che lavora in Sudafrica.

(Jürgen Baez della DPA, Sudafrica)

Santità, l’AIDS sta devastando l’Africa. La cura aiuta oggi molte persone a vivere più a lungo. Ma l’epidemia continua. Solo in Uganda, l’anno scorso ci sono stati 135 mila nuovi contagi da AIDS. In Kenya la situazione è addirittura peggiore. L’AIDS è la prima causa di morte tra i giovani africani. Santità, Lei ha incontrato bambini sieropositivi e ha ascoltato una testimonianza commovente in Uganda. Eppure, Lei ha detto molto poco su questo argomento. Noi sappiamo che la prevenzione è fondamentale. Sappiamo anche che il profilattico non è l’unico mezzo per fermare l’epidemia. Sappiamo che però è una parte importante della risposta. Non è forse tempo di cambiare la posizione della Chiesa a questo proposito? Di consentire l’uso del profilattico al fine di prevenire ulteriori contagi?

(Papa Francesco)

La domanda mi sembra troppo piccola e mi sembra anche una domanda parziale. Sì, è uno dei metodi; la morale della Chiesa si trova – penso – su questo punto davanti a una perplessità: è il quinto o è il sesto comandamento? Difendere la vita, o che il rapporto sessuale sia aperto alla vita? Ma questo non è il problema. Il problema è più grande. Questa domanda mi fa pensare a quella che hanno fatto a Gesù, una volta: “Dimmi, Maestro, è lecito guarire di sabato?”. E’ obbligatorio guarire! Questa domanda, se è lecito guarire… Ma la malnutrizione, lo sfruttamento delle persone, il lavoro schiavo, la mancanza di acqua potabile: questi sono i problemi. Non chiediamoci se si può usare tale cerotto o tale altro per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia sociale, l’ingiustizia dell’ambiente, l’ingiustizia che ho detto dello sfruttamento, e la malnutrizione. Questo è. A me non piace scendere a riflessioni così casistiche, quando la gente muore per mancanza di acqua e per fame, per l’habitat… Quando tutti saranno guariti o quando non ci saranno queste malattie tragiche che provoca l’uomo, sia per ingiustizia sociale, sia per guadagnare più soldi - pensa al traffico delle armi! - quando non ci saranno questi problemi, credo che si potrà fare una domanda: “E’ lecito guarire di sabato?”. Perché si continuano a fabbricare armi e trafficare le armi? Le guerre sono la causa di mortalità più grande… Io direi di non pensare se è lecito o non è lecito guarire di sabato. Io dirò all’umanità: fate giustizia, e quando tutti saranno guariti, quando non ci sarà ingiustizia in questo mondo, possiamo parlare del sabato.

(Padre Lombardi)

Marco Ansaldo della “Repubblica”, eccolo qua, per il gruppo italiano, che Le fa la sua domanda.

(Marco Ansaldo)

Sì, Santità, voglio farLe una domanda di questo tipo, perché nei giornali dell’ultima settimana ci sono stati due grandi eventi su cui i media si sono concentrati. Uno è stato il Suo viaggio in Africa – e siamo tutti ovviamente felici che si sia concluso con un grande successo, sotto ogni punto di vista; l’altro è stato una crisi, a livello internazionale, che si è verificata tra Russia e Turchia, con la Turchia che ha tirato giù un aereo russo per uno sconfinamento dello spazio aereo turco per 17 secondi; con accuse, mancate scuse da una parte e dall’altra, innescando una crisi di cui francamente non si sentiva il bisogno, in questa “terza guerra mondiale a pezzi”, di cui Lei parla, nel nostro mondo. Ora la mia domanda è: qual è la posizione del Vaticano, in questo? Ma vorrei anche andare oltre e chiederLe se, per caso, Lei ha pensato di andare per i 101 anni degli eventi in Armenia, che ci saranno in aprile, il prossimo anno, così come aveva fatto lo scorso anno in Turchia…

(Papa Francesco)

L’anno scorso io ho promesso ai tre Patriarchi [Armeni] di andare: la promessa c’è. Non so se si potrà fare, questo, ma la promessa c’è. Poi, le guerre: le guerre vengono per ambizione, le guerre – parlo delle guerre non per difendersi giustamente da un aggressore ingiusto –, ma le guerre, le guerre sono un’“industria”! Nella storia abbiamo visto tante volte che un Paese, se il bilancio non va bene… “Mah, facciamo una guerra!”, e finisce lo “sbilancio”. La guerra è un affare: un affare di armi. I terroristi, fanno loro le armi? Sì, forse qualcuna piccolina. Chi dà loro le armi per fare la guerra? C’è lì tutta una rete di interessi, dove dietro ci sono i soldi, o il potere: il potere imperiale, o il potere congiunturale… Ma noi, da anni stiamo in guerra e ogni volta di più: i “pezzi” sono meno pezzi e diventano più grandi…
E cosa penso io? Il Vaticano non so cosa pensa, ma cosa penso io? Che le guerre sono un peccato e sono contro l’umanità, distruggono l’umanità, sono la causa di sfruttamenti, di traffico di persone, tante cose… Si deve fermare. Alle Nazioni Unite, due volte ho detto questa parola, sia qui in Kenya che a New York: che il vostro lavoro non sia un nominalismo dichiarazionista, che sia effettivo: che si faccia la pace. Fanno tante cose: qui in Africa ho visto come lavorano i Caschi Blu… Ma questo non è sufficiente. Le guerre non sono di Dio. Dio è il Dio della pace. Dio ha fatto il mondo, ha fatto tutto bello, tutto bello e poi, secondo il racconto biblico, un fratello ammazza un altro: la prima guerra, la prima guerra mondiale, tra fratelli. Non so, così mi viene. E con molto dolore lo dico… Grazie.

(Padre Lombardi)

Adesso allora diamo la parola a Beaudonnet, che rappresenta France Télévisions: siamo di nuovo in Francia.

(François Beaudonnet, di France Télévisions)

Santo Padre, oggi a Parigi inizia la Conferenza sul cambiamento climatico. Lei ha già fatto un grande sforzo perché tutto vada bene. Però noi ci aspettiamo di più, da questo vertice mondiale. Siamo sicuri che la Cop21 sarà l’inizio della soluzione? Grazie tante.

(Papa Francesco)

Io non ne sono sicuro, ma posso dirLe che o adesso o mai! Dalla prima, che credo sia stata a Tokyo, ad adesso, si è fatta poca cosa, e ogni anno i problemi sono più gravi. Parlando in una riunione di universitari su quale mondo noi vogliamo lasciare ai nostri figli, uno ha detto: “Ma Lei è sicuro che ci saranno figli di questa generazione?”. Siamo al limite! Siamo al limite di un suicidio, per dire una parola forte. E io sono sicuro che quasi la totalità di quelli che sono a Parigi, al Cop21, hanno questa coscienza e vogliono fare qualcosa. L’altro giorno ho letto che in Groenlandia i ghiacciai hanno perso miliardi di tonnellate. Nel Pacifico c’è un Paese che sta comprando da un altro Paese terre per traslocare il Paese, perché entro 20 anni quel Paese non ci sarà più… No, io ho fiducia. Ho fiducia in questa gente, che farà qualcosa; perché, io direi, sono sicuro che hanno buona volontà di fare, e mi auguro che così sia. E prego per questo.

(Padre Lombardi)

Grazie per questa nota di ottimismo. E adesso, la parola a Delia Gallagher, di CNN:

(Delia Gallagher, CNN)

Grazie. Lei ha compiuto molti gesti di rispetto e di amicizia nei riguardi dei musulmani. Mi chiedo: cosa l’islam e gli insegnamenti del profeta Mohamed hanno da dire al mondo di oggi?

(Papa Francesco)

Non capisco bene la domanda… Si può dialogare, loro hanno valori. Tanti valori. Loro hanno tanti valori e questi valori sono costruttivi. E io ho anche l’esperienza di amicizia – è una parola forte, “amicizia” – con un islamico: è un dirigente mondiale… Possiamo parlare: lui ha i suoi valori, io i miei. Lui prega, io prego. Tanti valori… La preghiera, per esempio. Il digiuno. Valori religiosi, e anche altri valori. Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni gruppi – o molti gruppi – in un certo momento della storia, di fondamentalisti. E’ vero, le guerre fra religioni sempre ci sono state, nella storia, sempre. Anche noi dobbiamo chiedere perdono. Caterina de’ Medici non era una santa! E quella guerra dei Trent’anni, quella notte di San Bartolomeo… Dobbiamo chiedere perdono anche noi,  degli estremismi fondamentalisti per le guerre di religione. Ma loro hanno valori, con loro si può dialogare. Oggi sono stato in moschea, ho pregato; anche l’Imam ha voluto venire con me a fare il giro al piccolo stadio dove c’erano tanti che non sono potuti entrare… E sulla papamobile c’erano il Papa e l’Imam. Si poteva parlare. Come dappertutto, c’è gente con valori, religiosa, e c’è gente che non è così… Ma quante guerre, non solo di religione, abbiamo fatto noi cristiani? Il sacco di Roma non l’hanno fatto i musulmani! Hanno valori, hanno valori.

(Padre Lombardi)

Grazie. Allora adesso invitiamo Marta Calderón, della Catholic News Agency:

(Marta Calderón, Catholic News Agency)

Santità, sappiamo che andrà in Messico. Ci piacerebbe sapere qualcosa di più di questo viaggio e anche se all’interno di questa linea di visitare Paesi che hanno problemi, pensa di visitare la Colombia o, in futuro, altri Paesi dell’America Latina, come il Perù…?

(Papa Francesco)

Sai, i viaggi, alla mia età, non fanno bene… Uno può farlo, ma lasciano il segno… Comunque, andrò in Messico. Anzitutto per visitare la Madonna, perché è la Madre dell’America. Per questo vado a Città del Messico. Se non fosse per la Vergine di Guadalupe, io non andrei a Città del Messico, per il criterio del viaggio: visitare tre città o quattro che non sono mai state visitate dai Papi. Ma ci andrò, in Messico, per la Madonna. Poi andrò nel Chiapas, nel Sud, alla frontiera con il Guatemala; poi andrò a Morella; e quasi sicuramente, sulla via del ritorno verso Roma, farò forse una giornata o un po’ di meno a Ciudad Juarez. Sulla visita ad altri Paesi latinoamericani: nel ‘17 sono stato invitato ad andare ad Aparecida, l’altra Patrona dell’America di lingua portoghese - perché ce ne sono due -, e di là si potrà visitare un altro Paese, fare la Messa ad Aparecida e poi… Ma non so, non ci sono piani… Grazie.

(Padre Lombardi)

Adesso torniamo in Kenya, con un altro dei nostri colleghi che sono venuti a viaggiare con noi dal Kenya: si chiama Mark Masai ed è del National Media del Kenya.

(Mark Masai, National Media Group del Kenya)

Prima di tutto, grazie per aver visitato il Kenya e l’Africa, e La aspettiamo ancora in Kenya, ma per riposarsi, non per lavorare. Ora, questa è stata la Sua prima visita e tutti erano preoccupati per la sicurezza. Cosa dice al mondo che pensa che l’Africa è soltanto lacerata dalle guerre e piena di distruzione?

(Papa Francesco)

L’Africa è vittima. L’Africa sempre è stata sfruttata da altre potenze. Dall’Africa venivano in America, venduti, gli schiavi. Ci sono potenze che cercano solo di prendere le grandi ricchezze dell’Africa. Non so, è il continente più ricco, forse… Ma non pensano ad aiutare a far crescere il Paese, che possa lavorare, che tutti abbiano lavoro… Lo sfruttamento! L’Africa è un martire. E’ martire dello sfruttamento della storia. Quelli che dicono che dall’Africa vengono tutte le calamità e tutte le guerre, non capiscono bene, forse, il danno che fanno all’umanità certe forme di sviluppo. E per questo io amo l’Africa, perché l’Africa è stata una vittima di altre potenze.

(Padre Lombardi)

Bene. Mi pare che siamo arrivati praticamente a un’ora, e quindi chiudiamo qui adesso le domande.

C’era un omaggio che volevano ancora farLe, in occasione – adesso – della Cop21: c’è un libro prodotto da Paris Match per i Capi di Stato. E’ un libro di fotografie fatto per i Capi di Stato sui problemi dell’ambiente.

(Caroline Pigozzi):

1.500 fotografi professionisti e non professionisti, scelti per questo libro di fotografie. Tutti i Capi di Stato lo ricevono oggi. Anche Lei, Santità.

(Padre Lombardi)

Allora, grazie, Santo Padre, per questo tempo che ci ha donato nonostante la fatica del viaggio. Le auguriamo un buon ritorno a Roma e una buona ripresa delle Sue normali attività.

(Papa Francesco)

Io ringrazio voi per il lavoro. Adesso viene il pranzo, ma dicono che voi oggi fate digiuno, dovete lavorare su questa intervista!… Grazie tante del vostro lavoro e delle vostre domande, del vostro interesse. Soltanto io vi dico che rispondo quello che so, e quello che non so non lo dico, perché non lo so. Non invento. Grazie tante. Grazie.









Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/12/2015 18:04
 
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Mercoledì, 2 dicembre 2015

 

Viaggio Apostolico in Africa

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nei giorni scorsi ho compiuto il mio primo Viaggio apostolico in Africa. È bella l’Africa! Rendo grazie al Signore per questo suo grande dono, che mi ha permesso di visitare tre Paesi: dapprima il Kenia, poi l’Uganda e infine la Repubblica Centrafricana. Esprimo nuovamente la mia riconoscenza alle Autorità civili e ai Vescovi di queste Nazioni per avermi accolto, e ringrazio tutti coloro che in tanti modi hanno collaborato. Grazie di cuore!

Il Kenia è un Paese che rappresenta bene la sfida globale della nostra epoca: tutelare il creato riformando il modello di sviluppo perché sia equo, inclusivo e sostenibile. Tutto questo trova riscontro in Nairobi, la più grande città dell’Africa orientale, dove convivono ricchezza e miseria: ma questo è uno scandalo! Non solo in Africa: anche qui, dappertutto. La convivenza tra ricchezza e miseria è uno scandalo, è una vergogna per l’umanità. A Nairobi ha sede proprio l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che ho visitato. In Kenia ho incontrato le Autorità e i Diplomatici, e anche gli abitanti di un quartiere popolare; ho incontrato i leader delle diverse confessioni cristiane e delle altre religionii sacerdoti e i consacrati, e ho incontrato i giovani, tanti giovani! In ogni occasione ho incoraggiato a fare tesoro della grande ricchezza di quel Paese: ricchezza naturale e spirituale, costituita dalle risorse della terra, dalle nuove generazioni e dai valori che formano la saggezza del popolo. In questo contesto così drammaticamente attuale ho avuto la gioia di portare la parola di speranza di Gesù: “Siate saldi nella fede, non abbiate paura”. Questo era il motto della visita. Una parola che viene vissuta ogni giorno da tante persone umili e semplici, con nobile dignità; una parola testimoniata in modo tragico ed eroico dai giovani dell’Università di Garissa, uccisi il 2 aprile scorso perché cristiani. Il loro sangue è seme di pace e di fraternità per il Kenia, per l’Africa e per il mondo intero.

Poi, in Uganda la mia visita è avvenuta nel segno dei Martiri di quel Paese, a 50 anni dalla loro storica canonizzazione, da parte del beato Paolo VI. Per questo il motto era: «Sarete miei testimoni» (At 1,8). Un motto che presuppone le parole immediatamente precedenti: «Avrete forza dallo Spirito Santo», perché è lo Spirito che anima il cuore e le mani dei discepoli missionari. E tutta la visita in Uganda si è svolta nel fervore della testimonianza animata dallo Spirito Santo. Testimonianza in senso esplicito è il servizio dei catechisti, che ho ringraziato e incoraggiato per il loro impegno, che spesso coinvolge anche le loro famiglie. Testimonianza è quella della carità, che ho toccato con mano nella Casa di Nalukolongo, ma che vede impegnate tante comunità e associazioni nel servizio ai più poveri, ai disabili, ai malati. Testimonianza è quella dei giovani che, malgrado le difficoltà, custodiscono il dono della speranza e cercano di vivere secondo il Vangelo e non secondo il mondo, andando contro-corrente. Testimoni sono i sacerdoti, i consacrati e le consacrate che rinnovano giorno per giorno il loro “sì” totale a Cristo e si dedicano con gioia al servizio del popolo santo di Dio. E c’è un altro gruppo di testimoni, ma ne parlerò dopo. Tutta questa multiforme testimonianza, animata dal medesimo Spirito Santo, è lievito per l’intera società, come dimostra l’opera efficace compiuta in Uganda nella lotta all’AIDS e nell’accoglienza dei rifugiati.

La terza tappa del viaggio è stata nella Repubblica Centrafricana, nel cuore geografico del continente: proprio, è il cuore dell’Africa. Questa visita era in realtà la prima nella mia intenzione, perché quel Paese sta cercando di uscire da un periodo molto difficile, di conflitti violenti e tanta sofferenza nella popolazione. Per questo ho voluto aprire proprio là, a Bangui, con una settimana di anticipo, la prima Porta Santa del Giubileo della Misericordia, come segno di fede e di speranza per quel popolo, e simbolicamente per tutte le popolazioni africane le più bisognose di riscatto e di conforto. L’invito di Gesù ai discepoli: «Passiamo all’altra riva» (Lc8,22), era il motto per il Centrafrica. “Passare all’altra riva”, in senso civile, significa lasciare alle spalle la guerra, le divisioni, la miseria, e scegliere la pace, la riconciliazione, lo sviluppo. Ma questo presuppone un “passaggio” che avviene nelle coscienze, negli atteggiamenti e nelle intenzioni delle persone. E a questo livello è decisivo l’apporto delle comunità religiose. Perciò ho incontrato le Comunità Evangeliche e quella musulmana, condividendo la preghiera e l’impegno per la pace. Con i sacerdoti e i consacrati, ma anche con i giovani, abbiamo condiviso la gioia di sentire che il Signore risorto è con noi sulla barca, ed è Lui che la guida all’altra riva. E infine nell’ultima Messa, allo stadio di Bangui, nella festa dell’apostolo Andrea, abbiamo rinnovato l’impegno a seguire Gesù, nostra speranza, nostra pace, Volto della divina Misericordia. Quell’ultima Messa è stata meravigliosa: era piena di giovani, uno stadio di giovani! Ma più della metà della popolazione della Repubblica Centrafricana sono minorenni, hanno meno di 18 anni: una promessa per andare avanti!

Vorrei dire una parola sui missionari. Uomini e donne che hanno lasciato la patria, tutto… Da giovani se ne sono andati là, conducendo una vita di tanto tanto lavoro, alle volte dormendo sulla terra. A un certo momento ho trovato a Bangui una suora, era italiana. Si vedeva che era anziana: “Quanti anni ha?”, ho chiesto. “81” – “Ma, non tanto, due più di me”. - Questa suora era là da quando aveva 23-24 anni: tutta la vita! E come lei, tante. Era con una bambina. E la bambina, in italiano, le diceva: “Nonna”. E la suora mi ha detto: “Ma io, proprio non sono di qua, del Paese vicino, del Congo; ma sono venuta in canoa, con questa bambina”. Così sono i missionari: coraggiosi. “E cosa fa lei, suora?” – “Ma, io sono infermiera e poi ho studiato un po’ qui e sono diventata ostetrica e ho fatto nascere 3.280 bambini”. Così mi ha detto. Tutta una vita per la vita, per la vita degli altri. E come questa suora, ce ne sono tante, tante: tante suore, tanti preti, tanti religiosi che bruciano la vita per annunciare Gesù Cristo. E’ bello, vedere questo. E’ bello.

Io vorrei dire una parola ai giovani. Ma, ce ne sono pochi, perché la natalità è un lusso, sembra, in Europa: natalità zero, natalità 1%. Ma mi rivolgo ai giovani: pensate cosa fate della vostra vita. Pensate a questa suora e a tante come lei, che hanno dato la vita e tante sono morte, là. La missionarietà, non è fare proselitismo: mi diceva questa suora che le donne mussulmane vanno da loro perché sanno che le suore sono infermiere brave che le curano bene, e non fanno la catechesi per convertirle! Rendono testimonianza; poi a chi vuole fanno la catechesi. Ma la testimonianza: questa è la grande missionarietà eroica della Chiesa. Annunciare Gesù Cristo con la propria vita! Io mi rivolgo ai giovani: pensa a cosa vuoi fare tu della tua vita. È il momento di pensare e chiedere al Signore che ti faccia sentire la sua volontà. Ma non escludere, per favore, questa possibilità di diventare missionario, per portare l’amore, l’umanità, la fede in altri Paesi. Non per fare proselitismo: no. Quello lo fanno quanti cercano un’altra cosa. La fede si predica prima con la testimonianza e poi con la parola. Lentamente.

Lodiamo insieme il Signore per questo pellegrinaggio in terra d’Africa, e lasciamoci guidare dalle sue parole-chiave: “Siate saldi nella fede, non abbiate paura”; “Sarete miei testimoni”; “Passiamo all’altra riva”.

Saluti:

Je salue cordialement les pèlerins de langue française. Nous sommes entrés dans le temps l’Avent. C’est un temps d’espérance que le Seigneur nous propose de vivre pour mieux nous disposer à le recevoir dans notre vie et dans notre monde. Que la Vierge Marie vous accompagne sur votre route et vous conduise à son Fils.
Que Dieu vous bénisse.

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese. Siamo entrati nel tempo di Avvento. È un tempo di speranza che il Signore ci propone di vivere per disporci meglio ad accoglierlo nella nostra vita e nel nostro mondo. Che la Vergine Maria vi accompagni sul vostro cammino e vi conduca al suo Figlio.
Che Dio vi benedica!
]

I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, including those from England, Australia, Korea and the United States of America. My special greeting goes to the group “Up with People” for sharing with us their music. Upon you and your families I invoke the Lord’s blessings of joy and peace. God bless you all!

[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Australia, Corea e Stati Uniti d’America. Rivolgo un saluto particolare ai giovani del gruppo “Up with People – Viva la Gente” per i loro canti. Spero che continuino a cantare, eh? Su tutti voi e sulle vostre famiglie, invoco la gioia e la pace del Signore. Dio vi benedica! ]

Mit Freude heiße ich die Brüder und Schwestern aus den Ländern deutscher Sprache willkommen. Meine Reise nach Afrika am Vorabend des außerordentlichen Heiligen Jahres der Barmherzigkeit ist eine Einladung an uns alle, unseren missionarischen Eifer zu erneuern, um Jesus Christus nachzufolgen, der unsere Hoffnung, unser Friede und das Antlitz des barmherzigen Gottes ist. Schönen Aufenthalt in Rom und einen gesegneten Advent!

[Sono lieto di dare il benvenuto ai fratelli e alle sorelle provenienti dai paesi di lingua tedesca. Il mio viaggio in terra d’Africa alla vigilia dell’Anno Santo straordinario della Misericordia è un invito per tutti noi a rinnovare l’impegno missionario di seguire Gesù Cristo, nostra speranza e nostra pace, il Volto di Dio misericordioso. Buon soggiorno a Roma e buon tempo di Avvento!]

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España y de Latinoamérica. Invito a todos a dar gracias al Señor por este primer Viaje Apostólico a África, y a pedirle que dé abundantes frutos y muchos misioneros. Muchas gracias.

Dirijo uma cordial saudação aos peregrinos de língua portuguesa aqui presentes. Neste início de Advento, perguntemo-nos como viver mais profundamente o nosso compromisso de seguir o Rosto da Misericórdia divina que é Jesus, nossa esperança e nossa paz. Que Deus vos abençoe!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese qui presenti. In questo inizio di Avvento, domandiamoci come vivere più profondamente l’impegno a seguire il Volto della Misericordia divina che è Gesù, nostra speranza e nostra pace. Dio vi benedica!]

أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربيّة، وخاصةً بالقادمينَ من الشرق الأوسط. أيّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاء، إنّ يوبيل الرّحمة هو التزام جديد لنا نحن المسيحيّين لنشهد لإيماننا بحماسة وقناعة ولنكون العلامة الحيّة لمحبّة الآب في العالم. ليبارككُم الربّ!

[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, il Giubileo della Misericordia è un nuovo impegno per noi cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la nostra fede e per essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre. Il Signore vi benedica!]

Pozdrawiam serdecznie Polaków przybyłych na audiencję i tych, którzy łączą się z nami przez radio i telewizję. Dziękuję wam za modlitewne wsparcie mojej podróży apostolskiej do Afryki. Rozpoczęliśmy okres Adwentu. W kontekście Nadzwyczajnego Jubileuszu Miłosierdzia, który wkrótce zaczniemy, niech będzie on dla nas czasem modlitwy, szczególnej czujności i otwarcia serc dla Jezusa Miłosiernego. Na to duchowe przygotowanie do świąt Bożego Narodzenia z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente i Polacchi venuti a quest’udienza e quelli che si uniscono a noi tramite la radio e la televisione. Vi ringrazio per il sostegno della vostra preghiera durante il mio viaggio apostolico in Africa. Abbiamo iniziato il tempo d’Avvento. Nel contesto del Giubileo Straordinario della Misericordia, sia per noi tempo di preghiera, di particolare vigilanza e di apertura dei cuori a Gesù Misericordioso. Mentre ci prepariamo spiritualmente al Natale, vi benedico di cuore.]

* * *

 

Domenica scorsa abbiamo iniziato il Tempo di Avvento. Esorto tutti a vivere questo tempo di preparazione alla nascita di Gesù, Volto del Padre misericordioso, nel contesto straordinario del Giubileo, con spirito di carità, maggiore attenzione a chi è nel bisogno, e con momenti di preghiera personale e comunitaria.

Rivolgo un saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il Dio della pace vi stimoli, cari giovani, ad essere promotori di dialogo e comprensione; aiuti voi, cari ammalati, a guardare alla croce di Cristo per imparare ad affrontare con serenità la sofferenza; e favorisca in voi, cari sposi novelli, la crescita della pace e dell’amore nella vostra nuova famiglia.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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