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Ultimo Aggiornamento: 21/07/2016 13:57
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14/11/2015 17:52
 
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Francia, dopo attentato

Parigi sotto choc dopo il terribile attacco terroristico che ieri sera ha provocato almeno 128 morti. E' il più grave attacco della storia recente di Parigi. Sei attacchi simultanei allo stadio dove si giocava Francia-Germania), a teatro e in locali vari, almeno otto attentatori suicidi. L'Isis ha rivendicato e alza il tiro: prossimi obiettivi Roma, Londra e Washington.

- LA "GUERRA SANTA" E' ARRIVATA A PARIGI: 128 MORTI 
di Stefano Magni

Parigi sotto choc dopo il terribile attacco terroristico che ieri sera ha provocato almeno 128 morti (ma il bilancio è ancopra provvisorio). E' il più grave attacco della storia recente di Parigi. Sei attacchi simultanei, almeno otto attentatori suicidi, sparatorie in un concerto al Bataclan, in un ristorante del centro e allo stadio, a poche centinaia di metri dal presidente François Hollande e dove si stava giocando Francia-Germania. Il presidente ha proclamato lo stato di emergenza nazionale, ristabiliti i controlli a tutte le frontiere. L'Isis ha rivendicato l'attentato e alza il tiro: prossimi obiettivi Roma, Londra e Washington.

- L'EUROPA NICHILISTA SI SCOPRE INDIFESA
di Robi Ronza

Per capire cosa sta accadendo e cosa si può fare bisogna smetterla di oscillare tra astratti luoghi comuni e panico. Non ci si può nascondere la problematicità dei rapporti con l'islam, ma se l'Occidente vuole superare l'enorme crisi attuale deve recuperare le sue radici religiose, perché l'attuale nichilismo di massa è solo destinato ad essere spazzato via.

- MUSULMANI ITALIANI DOPO PARIGI: UN'OCCASIONE E UN RISCHIO
di Massimo Introvigne

In Italia ci sono 1 milione e 0ttocentomia islamici, di cui 245mila sono cittadini. Ovviamente nella stragrande maggioranza non sono terroristi né loro simpatizzanti, ma se si vuole promuovere una vera integrazione isolando estremisti e violenti bisogna tornare alla lezione di Ratisbona di Benedetto XVI.

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A neppure un anno dalla strage al Charlie Hebdo, Parigi è finita di nuovo nell’incubo del terrorismo. E nel peggiore dei modi. Le cifre parlano chiaro: si tratta del più grave assalto mai subito dalla capitale francese in tempi recenti. Sette attacchi simultanei, almeno 128 morti e 200 feriti, secondo un bilancio ufficiale ancora provvisorio. La matrice è chiara. Gli assalitori gridavano “Allah u Akhbar” mentre sparavano con mitra e fucili su gente ignara. E l’Isis ha subito rivendicato l’azione. “Parigi brucia” è stato il primo messaggio lanciato su Twitter dallo Stato Islamico.

L’attacco è incominciato ieri sera, durante l'amichevole Francia-Germania. Tre grandi esplosioni, che si sono udite distintamente anche dentro lo Stadio di Francia, dove il presidente François Hollande stava assistendo alla partita. Per lunghi minuti nessuno ha realizzato cosa stesse accadendo e la partita è continuata. Poi i servizi di sicurezza hanno fatto immediatamente evacuare il capo di Stato francese e lo stadio è stato transennato. Il pubblico, che stava iniziando a uscire, è stato rimandato indietro e ha passato il resto della serata nel campo da gioco. Erano tre terroristi suicidi. Si sono fatti esplodere di fronte a un fast food e a una brasserie, nei pressi dello stadio. Nel frattempo, nel cuore di Parigi, vari commandos di terroristi stavano già scatenando un inferno, con una serie di attacchi simultanei. I primi colpi sono stati sparati contro i clienti del caffé Le Carillon e del ristorante Petit Cambodge, vicino a Place de La Republique, mentre un altro commando, non lontano da lì, sparava sui clienti della pizzeria italiana La Casa Nostra. La strage peggiore è avvenuta nello storico locale Bataclan. Durante un concerto del gruppo metal Eagles of Death Metal, i terroristi hanno iniziato a sparare sul pubblico, con fucili a pompa e automatici.

La polizia ha subito evacuato le strade, invitando la gente a restare chiusa in casa, mentre notizie di altri attacchi continuavano ad arrivare da segnalazioni di cittadini: Place de la République e il caffé La Belle Equipe erano sotto attacco. Al Bataclan la tragedia non era affatto finita con la prima sparatoria: i terroristi avevano preso anche decine di ostaggi nel pubblico. Le forze speciali della polizia, dopo aver ricevuto rinforzi, hanno lanciato un contrattacco, senza attendere i tempi lunghi di una trattativa ormai inutile: i terroristi avevano già iniziato ad assassinare gli ostaggi. Un gruppo di una trentina di prigionieri è stato liberato. Tre terroristi si sono fatti esplodere con le loro cinture esplosive, un quarto è stato ucciso dalle teste di cuoio. La polizia, che ha concluso il blitz all'1 di questa mattina, ha trovato "una carneficina". Secondo un bilancio provvisorio: 80 morti nel solo Bataclan. Mentre questa azione era in corso, arrivavano altre notizie di una nuova sparatoria, stavolta nel centro commerciale Les Halles, notizia smentita solo alle prime luci dell'alba.

Il presidente Hollande, dopo aver riunito il governo presso il ministero degli Interni, ha proclamato lo stato d’emergenza nazionale. Il primo jihadista fatto prigioniero si è subito dichiarato un militante dell'Isis. E nel frattempo, sul Web, i canali vicini al Califfato impazzavano, lanciando un proclama dietro l'altro. Parigi colpita, perché "è la capitale di ogni perversione", l'attacco sferrato per "vendicare i bombardamenti francesi sulla Siria". E anche i terroristi che sparavano agli ostaggi nel Bataclan lo dicevano, freddamente: "E' colpa del vostro presidente. Non dovevate bombardare la Siria". "Otto fratelli kamikaze, con cinture esplosive e fucili d’assalto hanno preso come bersaglio gli angoli scelti minuziosamente nel cuore della capitale francese - recita il comunicato di rivendicazione dell'Isis - lo stadio di Francia, durante l’incontro di due paesi crociati Francia e Germania, al quale assisteva l’imbecille di Francia, François Hollande. Poi: il Bataclan, dove erano riuniti centinaia di infedeli, durante una festa di perversione, così come altri obiettivi nel decimo, undicesimo e diciottesimo arrondissement". Che il mandante sia il Califfato è ormai una certezza. "E' un attacco pianificato dall'esterno con complicità interne", ha poi dichiarato il presidente questa mattina, definendo l'incursione dei terroristi come "un atto di guerra" contro la Francia. La risposta contro lo Stato Islamico, annuncia il presidente, sarà "spietata" e "useremo tutti i mezzi consentiti dalla legge, su tutti i campi di battaglia, qui e all'estero, assieme ai nostri alleati". Lo stato di emergenza nazionale viene attivato per la prima volta dal 1944. La repubblica d'Oltralpe è dunque ufficialmente in stato di guerra. Le frontiere sono state sigillate entro la mezzanotte, d'ora in avanti verrà limitata la circolazione, la polizia avrà mano più libera nel condurre ispezioni a tappeto, tutte le manifestazioni pubbliche nella capitale sono state cancellate.

La Francia, che da questa estate è in prima linea nella guerra contro lo Stato Islamico, è stata colpita al cuore. Si tratta di un vero “11 settembre di Parigi”. Per Barack Obama è un “attacco all’umanità”. Per il premier Matteo Renzi è un “attacco al cuore dell’Europa”. E il ministro Alfano ha annunciato l’innalzamento degli standard di sicurezza anche in Italia. Ma la sicurezza europea trema: come è stato possibile, dopo appena 10 mesi dal massacro di Charlie Hebdo? Come è stato possibile che dei terroristi suicidi si siano fatti esplodere a poche centinaia di metri dal Presidente della Repubblica francese? E l'Isis avverte: "Adesso tocca a Roma, Londra e Washington".

DUE COLPI AL TERRORISMO ISLAMICO di Gianandrea Gaiani





Come sempre accade in circostanze del genere, di fronte alla tragica sequenza di spietate stragi di civili indifesi che ieri sera ha funestato Parigi, il circo massmediatico internazionale cessa di distribuire luoghi comuni, come fa di solito, ma solo per mettersi a distribuire panico. Siccome invece il panico non aiuta né a capire, né a difendersi, e soprattutto non aiuta a cambiare la situazione, cerchiamo allora di guardare con occhi diversi e con ben altro animo a quanto è accaduto e anche a quanto potrà ancora accadere. 

Osserviamo in primo luogo che l’Europa, l’Occidente, non sono mai stati così forti ma anche così deboli come adesso. Forti perché la loro superiorità organizzativa, tecnica, scientifica, finanziaria e militare è assoluta. Deboli perché sia il grosso delle élites che il grosso della gente comune non è più consapevole delle radici di tale stato di cose, dei secoli di impegni e di sacrifici personali e di popolo su cui si fonda, dei valori cui occorre restare fedeli perché non venga meno, e delle responsabilità che ne derivano per il bene comune non solo dell’Occidente ma di tutto il mondo, musulmani compresi. In questo quadro la prima cosa da fare è ritrovare la capacità di seguire quella “lezione dei fatti” cui proprio un pensatore francese, Alain Finkielkraut, invita nel suo illuminante saggio Noi, i moderni.

Di fronte alle enormi dimensioni della crisi attuale deriva perciò una specifica responsabilità per chi è riuscito a sfuggire alla censura del senso religioso, e ai cristiani in particolare. Alle urgenze e alle tragedie del nostro tempo la cultura della modernità, tutta fondata sulla separazione tra le idee e la realtà, non è infatti capace di altre risposte se non quelle che in queste ore ci stanno dando i grandi mass media, ossia un minestrone di astratti luoghi comuni e di irresponsabile incitazione al panico.

In tale prospettiva osserviamo in primo luogo che dell’islam siamo vicini di casa: è a larga maggioranza musulmana l’intera riva sud del Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra a Istanbul, dove anzi è musulmano pure l’adiacente litorale europeo. Inoltre, a seguito di un afflusso di migranti iniziato già da alcuni decenni, oggi circa 23 milioni di musulmani vivono nell’Europa Occidentale, dove già una buona parte di loro è nata e cresciuta. Ciò detto osserviamo che tale prossimità, innegabile e inevitabile ma più volte nella storia rivelatasi problematica, lo è ancor più adesso; e non fa bene a nessuno fingere che non lo sia. 

Come insegna la tradizione cristiana, riprendendo peraltro l’antico filosofo Platone, le quattro virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Fortezza e Temperanza) sono le pietre d’angolo del buon governo. Nel mondo in cui viviamo vengono di certo tutte trascurate, ma ce n’è una della quale si è persa ogni traccia. Si tratta della Fortezza, ovvero della fermezza. Sia in Europa che altrove il confronto con l’islam va invece portato avanti con giustizia, con prudenza, con temperanza ma anche con fermezza. E’ questo tra l’altro il modo migliore di aiutare chi dentro il mondo musulmano, ignorato se non censurato in Occidente (Clicca qui), sta cercando di far uscire l’islam dal vicolo cieco culturale e sociale in cui si è cacciato. Chiedere con fermezza ai musulmani che vivono in Europa di integrarsi nel nostro mondo sarà anche di importante aiuto al processo di autoriforma di cui si diceva, che ovviamente diventerà decisivo solo nella misura in cui avrà luogo nella loro madrepatria. 

Circondati e anche scandalizzati dal nichilismo della nostra cultura di massa, l’unica che in genere possono incontrare, i musulmani stabiliti in Europa non sono aiutati a comprendere le radici di uno sviluppo che pure li attrae. Anche perciò molti di quelli cresciuti qui da noi si sentono nello stesso tempo coinvolti ed esclusi dal mondo in cui vivono. E’ questo il brodo di coltura di un disagio che nei più giovani, proprio in quelli cresciuti da noi, sfocia troppo spesso nel terrorismo o quantomeno nell’indulgenza verso di esso. Quanto maggiori sono il nichilismo di massa e l’accoglienza formale accompagnata dall’esclusione di fatto, come accade ad esempio in Gran Bretagna e in Francia, tanto maggiore è l’inclinazione al terrorismo. 

Nemmeno in Italia tuttavia, dove sia l’una cosa che l’altra hanno minor peso, si può ritenere di esserne al sicuro. Fermo restando dunque  il diritto e il dovere immediati della difesa di polizia e anche militare, la soluzione a lungo termine del problema va cercata percorrendo altre vie.  Non però quella di un’accoglienza passiva, muta e incondizionata. Diversamente da ciò che da noi pensano (anche in ambiente cristiano) tante anime belle, un tale atteggiamento scandalizza i musulmani in buona fede, i quali non apprezzano affatto in coloro che incontrano la mancanza di fermezza nelle proprie convinzioni, mentre induce quelli in mala fede a credere che in Europa tutto sia permesso.



Per uno di quei paradossi che la cronaca ci propone spesso, la tragedia di Parigi è avvenuta nel bel mezzo del convegno romano "Da musulmani immigrati a cittadini italiani", che si è svolto venerdì e sabato presso la Facoltà Valdese di Teologia, dove ho presentato la relazione di apertura. Un convegno che avrebbe voluto celebrare, pur senza nascondere problemi e rischi, l'integrazione come cittadini italiani di decine di migliaia di musulmani, immigrati o figli di immigrati, che negli ultimi anni hanno acquisito la cittadinanza del nostro Paese. Quanti sono? E come inciderà su di loro la nuova vicenda terroristica di Parigi?

Anzitutto, i numeri. Sono al centro del mestiere del sociologo, ma sono anche un punto di partenza obbligatorio per tutti. A Roma ho presentato in anteprima una elaborazione statistica del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni di cui sono fondatore, parte di una nuova versione della "Enciclopedia delle religioni in Italia" da me diretta insieme a PierLuigi Zoccateli che sarà online il mese prossimo sul sito cesnur.com. Quanto al numero di musulmani cittadini italiani, essi sono nel 2015 245.600, la terza minoranza religiosa fra i cittadini italiani dopo i protestanti (442.000) e i Testimoni di Geova (422.000). Si tratta solo dei cittadini italiani, compresi quelli che hanno acquisito la cittadinanza negli ultimi anni, tra i quali da un quinto a un quarto sono di origine marocchina. Vanno aggiunti un milione e seicentomila musulmani presenti fra gli immigrati non cittadini residenti sul territorio italiano. In totale, oltre un milione e ottocentomila musulmani sono presenti in Italia fra cittadini e non cittadini.

Ovviamente in Italia non ci sono un milione e ottocentomila terroristi. Al contrario, la grande maggioranza dei musulmani presenti in Italia condanna con fermezza attentati come quelli di Parigi e aspira a coesistere in pace con la maggioranza non musulmana. Si potrebbe dire che c'è più difficoltà a condannare gli attentati che colpiscono obiettivi ebraici o israeliani, ma a simpatizzare per al-Qa'ida o per l'ISIS sono davvero in pochi. Da una parte, dunque, occorre evitare generalizzazioni e stereotipi che rischiamo sempre di prevalere in momenti di forte e giustificata emozione. Dall'altra, si deve tenere conto che una minoranza piccola ma pericolosa di ultra-fondamentalisti, alimentata da una predicazione radicale, dove pesca e recluta il terrorismo, esiste in Italia come in Francia e altrove, e intensificare la vigilanza è obbligatorio. Senza dimenticare che le cause ultime di quello che è successo a Parigi non sono in Europa ma in Siria e in Iraq.

Non lo ha detto Salvini, ma un popolare blogger saudita: "Non tutti i musulmani sono terroristi. Ma oggi ho l'impressione che tutti i terroristi siano musulmani". Neanche questo è vero - ci sono terroristi legati all'estremismo induista, protestante fondamentalista e perfino buddhista, o al narcotraffico - ma segnala un'altra verità scomoda. I terroristi sono parte dell'islam. Dire che "non c'entrano nulla con l'islam" non è meno infondato che sostenere che tutti i musulmani sono terroristi. 

La verità è che ci sono diversi modi di reagire alle grandi trasformazioni in corso nel mondo islamico. Ci sono, a seconda del modo di contare e dell'estensione che si dà al termine Europa, da sedici a ventitré milioni di musulmani nel nostro continente. La presenza di così tanti musulmani in Europa crea nuove declinazioni dell'islam. Al convegno di Roma abbiamo visto tante immagini di ragazzi e ragazze musulmane italiane che, magari - nel caso delle donne - con il velo, giocano a pallavolo e frequentano i concerti rock. Succede anche nei Paesi a maggioranza islamica. Lo studioso americano Mark Levine, nel suo «Heavy Metal Islam», ha descritto una scena musicale giovanile in Marocco, Iran, Egitto, Pakistan che raduna decine di migliaia di giovani in concerti di musica rock o metal, comprese le forme più estreme. Concerti dove, contro i divieti islamici, la birra scorre in abbondanza. Queste forme musicali prosperano persino in Arabia Saudita. Ogni tanto la polizia arresta qualcuno, che però poi, come è capitato in Marocco, è liberato a furor di popolo dopo grandi manifestazioni giovanili, che preoccupano i regimi e di cui arrivano poche notizie in Occidente.

Non tutto è positivo, naturalmente, in questi sviluppi. Li cito perché smentiscono gli stereotipi. I giovani che si entusiasmano per l'annuale festival del rock di Casablanca e alcuni dei terroristi di Parigi non hanno solo in comune l'essere marocchini. Spesso vengono dalle stesse famiglie. La loro risposta al cocktail di instabilità politica, repressione, crisi economica e predicazione fondamentalista che caratterizza Paesi come Marocco o Egitto è molto diversa, a seconda dei percorsi biografici. Questa diversità arriva anche in Europa, e rende ogni generalizzazione sbagliata.

Per i musulmani italiani i fatti di Parigi costituiscono un duplice rischio. La minoranza radicale ne trarrà argomento per sostenere che il terrorismo "funziona" e vince. Altri, consapevoli di non avere nulla a che fare con il terrorismo, si sentiranno offesi e umiliati quando a scuola o sul posto di lavoro qualcuno li insulterà come complici degli attentati. 

Ma dal rischio potrà nascere anche un'opportunità. Se c'è, un islam italiano disposto a condannare ogni forma di terrorismo senza se e senza ma dovrebbe battere un colpo. Condannando non solo gli attentati di Parigi - il che è relativamente facile - ma anche la persecuzione e la discriminazione dei cristiani e di altre minoranze religiose in troppi Paesi a maggioranza islamica, e l'uso del terrorismo nella lotta contro Israele. Siamo chiari: penso a un islam che, diventando italiano, rimanga islam. L'islam laico e progressista che hanno in testa certi giornalisti e intellettuali semplicemente non è più islam, e ha scarso seguito fra gli immigrati. La profezia ottimista - per modo di dire - secondo cui venendo in Occidente la maggioranza dei musulmani si sarebbe secolarizzata e avrebbe abbandonato la religione si è rivelata infondata, così come la profezia pessimista secondo cui tutti i giovani musulmani, a contatto con i mali della nostra società, si sarebbero radicalizzati e trasformati in ultra-fondamentalisti. 

L'islam italiano continuerà a essere fatto anche di giovani che leggono quotidianamente il Corano e di ragazze che scelgono il velo non per imposizione familiare ma come simbolo di un'identità che non vogliono abbandonare. Ma che, nello stesso tempo, praticano sport o vanno alle partite di calcio e ai concerti dei musicisti più in voga. È soprattutto tra questi giovani che il dolore delle tragedie potrà far nascere un islam insieme effettivamente islamico e capace di coesistere con identità diverse, nel reciproco rispetto. A patto di isolare i terroristi e i loro fiancheggiatori. E di non negare che esistono, e che sono anche loro musulmani. Era la lezione, non capita, di Benedetto XVI a Ratisbona: non un'offesa all'islam, ma l'invito a riflettere sul fatto che terrorismo e violenza vengono dal suo interno, per studiarne le cause e isolarne i protagonisti. A quella lezione, di un Papa che nello stesso tempo definiva il dialogo con l'islam come obbligatorio, si tratta ora di tornare.

 







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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