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NUOVO Documento rapporti ebraismo a 50 anni da Nostra aetate

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2016 18:47
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11/12/2015 18:52
 
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  IL DOCUMENTO




COMMISSIONE PER I RAPPORTI RELIGIOSI CON L’EBRAISMO

"PERCHÉ I DONI E LA CHIAMATA DI DIO SONO IRREVOCABILI" 
(Rm 11,29)

RIFLESSIONI SU QUESTIONI TEOLOGICHE ATTINENTI 
ALLE RELAZIONI CATTOLICO-EBRAICHE IN OCCASIONE 
DEL 50º ANNIVERSARIO DI NOSTRA AETATE (N. 4)

 

INDICE

1. Breve storia dell’impatto di "Nostra aetate" (n. 4) nel corso degli ultimi 50 anni

2. Lo statuto teologico speciale del dialogo ebraico-cattolico

3. La rivelazione nella storia come "Parola di Dio" nell’ebraismo e nel cristianesimo

4. La relazione tra Antico e Nuovo Testamento e tra Antica e Nuova Alleanza

5. L’universalità della salvezza in Gesù Cristo e l’alleanza mai revocata di Dio con Israele

6. Il mandato evangelizzatore della Chiesa in relazione all’ebraismo

7. Gli obiettivi del dialogo con l’ebraismo

 

PREFAZIONE

Cinquant’anni fa, fu promulgata la dichiarazione "Nostra aetate" del Concilio Vaticano Secondo. Il suo quarto articolo presenta la relazione tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico all’interno di un nuovo quadro teologico. Le riflessioni qui di seguito proposte vogliono rendere atto, con gratitudine, di tutto ciò che è stato possibile realizzare nelle relazioni ebraico-cattoliche nel corso degli ultimi decenni ed al contempo fornire un rinnovato impulso per il futuro. Nel ribadire lo statuto speciale delle relazioni ebraico-cattoliche nel più ampio contesto del dialogo interreligioso, vengono affrontate questioni teologiche quali l’importanza della rivelazione, il rapporto tra l’Antica e la Nuova Alleanza, la relazione tra l’universalità della salvezza in Gesù Cristo e la convinzione che l’alleanza di Dio con Israele non è mai stata revocata, ed il compito evangelizzatore della Chiesa in riferimento all’ebraismo. Il presente documento offre una riflessione cattolica sui temi sopramenzionati, inserendoli in un contesto teologico, affinché il loro significato possa essere approfondito a vantaggio di entrambe le tradizioni di fede. Il testo non è un documento magisteriale o un insegnamento dottrinale della Chiesa cattolica, ma una riflessione preparata dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo su questioni teologiche attuali, sviluppatesi a partire dal Concilio Vaticano Secondo. Esso vuole essere un punto di partenza per un ulteriore approfondimento teologico, teso ad arricchire e ad intensificare la dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico.  

1. Breve storia dell’impatto di Nostra aetate (n. 4) nel corso degli ultimi 50 anni

1. "Nostra aetate" (n. 4) è giustamente annoverata tra quei documenti del Concilio Vaticano Secondo che, con particolare efficacia, sono riusciti a dare un nuovo orientamento alla Chiesa cattolica. Questo cambiamento nelle relazioni della Chiesa con il popolo ebraico e con l’ebraismo è percepibile con chiarezza solo se teniamo conto del fatto che, precedentemente, esistevano grandi riserve da entrambe le parti, anche perché la storia del cristianesimo è stata vista come segnata da discriminazioni nei confronti dell’ebraismo e persino da tentativi di conversione coatta (cfr. "Evangelii gaudium", n. 248). Sullo sfondo di questa complessa relazione vi è, tra l’altro, un rapporto asimmetrico: gli ebrei hanno dovuto spesso confrontarsi, quale minoranza, con una maggioranza cristiana, dalla quale sono stati non di rado dipendenti. L’ombra oscura e terribile della Shoah sull’Europa durante il periodo nazista ha spinto la Chiesa a riflettere nuovamente sul suo legame con il popolo ebraico.

2. L’apprezzamento di fondo espresso nei confronti dell’ebraismo in "Nostra aetate" (n. 4) ha contribuito a far sì che comunità nel passato scettiche le une di fronte alle altre si trasformassero col tempo, passo dopo passo, in partner affidabili e addirittura in buoni amici, in grado di far fronte insieme alle crisi e di gestire i conflitti in modo positivo. Il quarto articolo di "Nostra aetate" è dunque considerato come un solido fondamento per gli sforzi tesi a migliorare le relazioni tra cattolici ed ebrei.

3. Ai fini di un’implementazione concreta di "Nostra aetate" (n. 4), il 22 ottobre 1974 fu istituita dal Beato Papa Paolo VI la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, che, sebbene collegata dal punto di vista organizzativo al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, è indipendente a livello operativo; essa è incaricata di seguire e promuovere il dialogo religioso con l’ebraismo. Anche da una prospettiva teologica, il legame tra la Commissione ed il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha un senso, poiché la separazione tra Sinagoga e Chiesa va considerata come la prima frattura, quella più densa di conseguenze, all’interno del popolo eletto.

4. L’anno stesso della sua fondazione, la Commissione della Santa Sede pubblicò, il 1° dicembre 1974, il suo primo documento ufficiale, intitolato "Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione della Dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 4)". L’obiettivo principale ed innovatore di questo documento è quello di avvicinarsi all’ebraismo per conoscerlo nel modo in cui esso si auto-concepisce, esprimere il profondo apprezzamento del cristianesimo nei suoi confronti e sottolineare l’importanza attribuita dalla Chiesa cattolica al dialogo con gli ebrei, come si legge nel documento: "Praticamente è dunque necessario, in particolare, che i cristiani cerchino di capire meglio le componenti fondamentali della tradizione religiosa ebraica e apprendano le caratteristiche essenziali con le quali gli ebrei stessi si definiscono alla luce della loro attuale realtà religiosa" (Preambolo). Sulla base della testimonianza di fede della Chiesa in Gesù Cristo, il documento riflette sulla natura specifica del dialogo della Chiesa con l’ebraismo. Il testo fa riferimento alle radici della liturgia cristiana nella sua matrice ebraica, menziona nuove possibilità di avvicinamento nel campo dell’insegnamento, dell’istruzione e della formazione e infine propone attività comuni nell’ambito sociale.

5. A distanza di undici anni, il 24 giugno 1985, la Commissione della Santa Sede ha pubblicato un secondo documento intitolato "Circa una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica". Questo documento ha un più forte orientamento teologico-esegetico nella misura in cui riflette sulla relazione tra Antico e Nuovo Testamento, delinea le radici ebraiche della fede cristiana, illustra il modo in cui gli ebrei sono presentati nel Nuovo Testamento, menziona ciò che le rispettive liturgie hanno in comune, soprattutto nelle grandi Feste dell’anno liturgico, e si sofferma brevemente sul rapporto tra ebraismo e cristianesimo nella storia. Riguardo alla "terra dei padri", il documento afferma: "I cristiani sono invitati a comprendere questo attaccamento religioso, che affonda le sue radici nella tradizione biblica, senza tuttavia far propria un’interpretazione religiosa particolare di questa relazione… Per quanto concerne l’esistenza dello Stato d’Israele e le sue opzioni politiche, essi vanno visti in un’ottica che non sia di per sé religiosa, ma che si richiama ai principi comuni del diritto internazionale" (VI, I).

6. Un terzo documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo è stato presentato al pubblico il 16 marzo 1998. Esso si occupa della Shoah ed è intitolato "Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah". Il testo, esprimendo un giudizio severo ma accurato, evidenzia che il bilancio dei 2000 anni di relazioni tra ebrei e cristiani è purtroppo negativo. Esso richiama alla memoria l’atteggiamento dei cristiani nei confronti dell’antisemitismo dei nazionalsocialisti e si concentra sul dovere dei cristiani di ricordare la tragedia umana della Shoah. In una lettera all’inizio di questa dichiarazione, il Santo Papa Giovanni Paolo II esprime la sua speranza che il documento "aiuti veramente a guarire le ferite delle incomprensioni ed ingiustizie del passato. Possa esso abilitare la memoria a svolgere il suo necessario ruolo nel processo di costruzione di un futuro nel quale l’indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile."

7. Tra i documenti della Santa Sede, va menzionato il testo pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica il 24 maggio 2001, che si occupa esplicitamente del dialogo ebraico-cattolico: "Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana". Questo è il più importante documento esegetico e teologico del dialogo ebraico-cattolico ed è una miniera di temi comuni che si basano sulle Scritture dell’ebraismo e del cristianesimo. Il testo considera le Sacre Scritture del popolo ebraico come "parte fondamentale della Bibbia cristiana", ne tratta i temi basilari, come pure la loro accoglienza all’interno della fede in Cristo, e illustra nel dettaglio il modo in cui gli ebrei sono presentati nel Nuovo Testamento.

8. Testi e documenti, per quanto importanti, non possono sostituire gli incontri personali ed i dialoghi faccia a faccia. Il dialogo ebraico-cattolico, i cui primi passi sono stati intrapresi sotto il Beato Papa Paolo VI, è stato ulteriormente promosso e approfondito dal Santo PapaGiovanni Paolo II, attraverso i suoi eloquenti gesti nei confronti del popolo ebraico. Primo tra i papi a recarsi nell’ex campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau per pregare per le vittime della Shoah, egli ha anche visitato la Sinagoga di Roma per esprimere la sua solidarietà alla comunità ebraica. Nel contesto di un pellegrinaggio storico in Terra Santa, è stato ospite dello Stato di Israele, dove ha partecipato ad incontri interreligiosi, ha reso visita ai due Rabbini Capo ed ha pregato al Muro Occidentale. Regolari sono stati i suoi incontri con gruppi di rappresentanti ebraici sia in Vaticano che durante i suoi numerosi viaggi apostolici. Anche il suo successore, Papa Benedetto XVI, già prima della sua elezione al soglio pontificio, si è impegnato nel dialogo ebraico-cattolico offrendo, in una serie di conferenze, importanti riflessioni teologiche sul rapporto tra Antica e Nuova Alleanza e tra Sinagoga e Chiesa. A seguito della sua elezione, egli, sulle orme del Santo Papa Giovanni Paolo II, ha continuato a promuovere questo dialogo nel modo a lui proprio, compiendo gesti altrettanto pregnanti ed esprimendo il suo apprezzamento per l’ebraismo attraverso la forza delle sue parole. Anche l’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio, come Arcivescovo di Buenos Aires, ha avuto a cuore la promozione del dialogo ebraico-cattolico, contando tra i suoi amici molti ebrei dell’Argentina. Attualmente come Papa, continua ad intensificare, a livello internazionale, il dialogo con l’ebraismo attraverso numerosi incontri amichevoli. Tra questi, uno dei primi è stato quello avvenuto nel maggio 2014 in Israele, dove il Papa ha incontrato i due Rabbini Capo, ha visitato il Muro Occidentale ed ha pregato per le vittime della Shoah allo Yad Vashem.

9. Già prima dell’istituzione della Commissione della Santa Sede, esistevano contatti e relazioni con varie organizzazioni ebraiche, condotti attraverso l’allora Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani. Avendo l’ebraismo molte sfaccettature e non presentandosi in maniera unitaria dal punto di vista organizzativo, la Chiesa cattolica si è trovata di fronte alla sfida di determinare con chi interloquire, dato che non era possibile intavolare dialoghi bilaterali individuali ed indipendenti con tutti i gruppi e le organizzazioni ebraici che si dicevano disponibili al dialogo. Per risolvere tale problema, le organizzazioni ebraiche hanno accolto il suggerimento avanzato dalla Chiesa cattolica di costituire un singolo organismo incaricato di condurre questo dialogo. L’International Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC) è il rappresentante ebraico ufficiale presso la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa Sede.

  continua



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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