Massì, ha ragione padre Livio, che ascoltavo adesso mentr'ero alla guida. "E' inutile convertire gli atei".
L'ateismo, si ce famo caso, come fenomeno autonomo, definito anche se resta abbastanza instabile logicamente, è una acquisizione moderna; in tutta la Bibbia il fenomeno dell'a-teismo non è presente, eccettuati forse, per estensione, i filistei. L'ateo nella Bibbia altri non è che l'idolatra.
L'istinto a cercare l'Oltre è insito in ogni uomo, è quella vocina che senti dentro quando fai qualcosa e ti mormora "questo è male".
Chi smette di credere a Dio, diceva Chesterton, non è per non credere in nulla, ma a qualsiasi cosa; in effetti, l'a-teo sarà portato quasi subito a crearsi idoli (talora ideologie) che adorerà, ma siccome l'idolo è muto e indifferente, soprattutto non risponde alle domande innate, costui si farà dio di se stesso. Stato dal quale ne deriva il senso di impotenza e angoscia, il male di vivere.
L'uomo senza Dio è niente, è materia viscerale, non c'è alcun punto fermo da dove si possa stabilire che la natura umana sia in qualcosa superiore a quella delle pietre, essendo uguale l'origine medesimo il destino finale.
Ci stanno parole chiave che oggi han perso forza, tanto sono usurate nell'uso improprio che se ne è fatto. Una di queste è "ESSERE PURI DI CUORE", che significa una cosa precisa, e non ha nulla di astrattamente sentimentale, è una azione di volontà. Tale purezza non è una grazia, una cosa celeste che cala dall'alto; è bensì, e semplicemente, lo svincolarsi dalle passioni, rinunciarci, disintorssicarsi dalla dipendenza velenosa che creano, i vizi cioè. Perché le passioni sono una patina di vizio sui nostri bulbi oculari, che ne opacizzano e spengono il lucore.
Soltanto rinunciando alle passioni i nostri occhi riguadagnano la trasparenza, sino a vedere l'invisibile. Solo allora, di continuo, sin nelle piccole cose, raggiunta ormai la purezza del cuore, si vede l'incessante mano invisibile di Dio in azione dentro la storia.
Onde... massì cacchio... ha ragione padre Livio: l'ateismo è il prodotto della dipendenza dalle passioni, per legittimare le quali - sicché la "vocina" dentro ci dice che son sbagliate - si sente impellenza di zittire Dio, di cancellarlo dichiarandolo "mai esistito", ma anche senza dichiargli guerra eh, senza rabbia, con freddezza semmai. E perde così, l'a-teo, dal suo raggio visivo la percezione dell'invisibile, in favore del solo visibile, la pura disperata materialità delle cose. Il cuore vede, ma nei vizi il cuore si ottenebra e spegne la luce negli occhi. Non vede più Dio né Dio vuole essere visto dai cuori impuri, ossia dagli uomini dipendenti dalle passioni, eccettuati casi eccezionali e allora lo fa platealmente: come quando butta giù da cavallo il suo persecutore Paolo di Tarso, e lo "fulmina".
Sì, è così. E' inutile tentare di convertire gli atei, chi non vede perché non può vedere, stante la cataratta di passioni che ne ha opacizzato la vista, e personalmente non mi è mai passato per la testa di tentarlo. Solo quando vedi un ateo che sta cercando di affrancarsi dalle sue stesse passioni, solo quello puoi avvicinare, perché sta cominciando a riguadagnare la vista e, statene certi, a Dio ci arriverà prima del previsto, da solo.
Dinanzi all'ateo che vive nelle passioni, dunque nell'idolatria, delle cose e di se stesso, è inutile tutto, la sua risposta sarebbe la rabbia. Dinanzi a un ateo non si fa apologetica, perché oltre che cieco è sordo: si prega per lui e si tace. E, soprattutto, si dà testimonianza, non con le parole soltanto, ma con la coerenza tra le nostre parole e il nostro vissuto: non c'è apologetica migliore.
LA RINUNCIA ALLE PASSIONI DEL MONDO, la sua falsa sapienza e la sua falsa pace, questa è la parola chiave per VEDERE DIO.