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BUON ANNO A TUTTI con un Inno alla vita la bimba sopravvissuta all'eutanasia

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2015 09:46
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31/12/2015 08:58
 
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IL CASO

 




Il miracolo della vita ce lo racconta, in questo Natale appena trascorso, la piccola Bella Moore Williams. Una bambina inglese che, a soli 18 mesi, ha sconfitto le previsioni dei medici che la davano per morta, ha vinto sulla disperazione dei suoi genitori ed è sopravvissuta all’eutanasia, gridando al mondo che la vita è di Dio.



di Costanza Signorelli



Bella Moore Williams



La vita è un mistero infinitamente più grande dell’uomo. Dal momento in cui quelle due cellule di mamma e papà si uniscono nel grembo materno, sino a quando, ad ognuno, tocca l’ultimo respiro, la vita è un eccezionale miracolo che va oltre l’uomo. Non un diritto, ma il più grande dei doni. Può così l’uomo giocare al piccolo Frankestein, creando e disfando vite a suo piacimento, eppure non esistono diritti (fasulli) o qualità della vita (millantate) che reggono di fronte all’evidenza: la creazione non è dell’uomo, l’inizio e la fine di ogni vita non sono nelle sue mani. 

Il miracolo della vita ce lo racconta, in questo Natale appena trascorso, la piccola Bella Moore Williams. Una bambina di Essex (Gran Bretagna) che, a soli 18 mesi, ha sconfitto tutte le previsioni dei medici che la davano per morta, ha vinto sull’accecante disperazione dei suoi genitori ed è sopravvissuta all’eutanasia, gridando al mondo che la vita è di Dio. E nonostante i medici, sicuri, le avessero staccato la spina del ventilatore che le permetteva di respirare, e i genitori, tra lacrime di disperazione, avessero scattato la loro ultima tragica fotografia insieme, Bella ha ricominciato inspiegabilmente a respirare e, nel giro di trenta minuti, si è ripresa a tal punto da scalciare e urlare a gran voce, lasciando i presenti letteralmente sconvolti.

La storia ha inizio lo scorso aprile, quando la bambina di 14 mesi comincia a perdere ciocche di capelli. Non riesce a stare seduta sul seggiolone ed ha sempre meno forze. I genitori, Francesca e Lee, assai preoccupati, la portano in ospedale, ma i test effettuati non rilevano alcuna particolare causa. I medici ipotizzano che si tratti di una forma particolare di asma, visto che la bambina aveva già sofferto in precedenza di infezioni polmonari. Così, con la diagnosi e la relativa cura, la bambina viene dimessa. Passano però meno di tre mesi e, nel mezzo di una vacanza della famiglia in Gran Canaria, le condizioni di salute di Belle iniziano a precipitare in modo incontrollato: la piccola è totalmente priva di energia, si regge a stento aggrappata alla madre. 

Bella Moore Williams con papà e mammaLa famiglia si vede così costretta a rientrare d’urgenza in Inghilterra e Bella viene immediatamente ricoverata al Colchester Hospital di Essex. Inizia così il calvario di questa piccola creatura e della sua famiglia. I primi test effettuati mostrano che gli arti inferiori sono totalmente privi di funzionalità.  Nel frattempo la bambina continua a peggiorare, fino a perdere coscienza. Viene subito intubata, attaccata ad un ventilatore per la respirazione e poi trasportata, di corsa, all’Ospedale Addenbrooke di Cambridge, dove ci sono strumentazioni più adeguate. La bambina è inserita nel reparto di terapia intensiva e nel mentre una risonanza magnetica rivela che il cervello di Belle riporta gravi anomalie su entrambe i lati. Il responso che i medici consegnano ai genitori è agghiacciante: la bambina è affetta da una malattia genetica mitocondriale, allo stato terminale. 

I giorni passano e Bella sta sempre peggio. Si tentano tutte le cure possibili, ma nessuna di queste restituisce segnali positivi. Provano anche a togliere il ventilatore, ma si trovano costretti a reintubare subito la piccola che da sola non respira più. Francesca e Lee, sono distrutti dal dolore. Vedono  la figlioletta spegnersi, giorno dopo giorno, e non possono fare nulla. I medici non lasciano spazio alla speranza, le condizioni sono troppo gravi: “I medici – spiega  mamma Francesca - non volevano che noi ci aggrappassimo ad alcuna speranza perché tutti i segnali mostravano che si trattava di una malattia incurabile e allo stato terminale. Per ben tre volte ci dissero che la piccola non avrebbe potuto sopravvivere. Così non ci rimaneva che stare al suo capezzale a pregare”.  

Il 21 luglio i medici comunicano ai genitori che è tempo di dire definitivamente addio a Bella. La loro posizione è inamovibile: a livello clinico, nulla di positivo sarebbe potuto accadere, la morte di Bella è certa. Anzi, per loro è come se fosse già avvenuta. Così, insieme alla “diagnosi” di morte sicura, anche la speranza dei genitori annega totalmente nella disperazione: Francesca e Lee acconsentono a spegnere la macchina che fa respirare la piccola e insieme firmano i moduli di consenso per impedire la rianimazione e non adottare alcuna misura speciale per tenere in vita la loro figlia.

Intanto vengono chiamati tutti i parenti, che salutano Bella, uno a uno. “Era straziante – dice Francesca - vedere i miei famigliari distrutti dal dolore, con il cuore spezzato. Ora ho un grande senso di colpa per averli chiamati a dire addio a Bella e per aver fatto vivere a tutti questo immenso dolore”. Poi la stanza si svuota e rimangono al capezzale di Bella solo mamma, papà e Bobby, il fratello di 5 anni: scattano un’ultima tragica foto insieme.
Il tempo è scaduto, la macchina è spenta.  Mentre i genitori aspettano di vedere la loro piccola spirare, accade però qualcosa di oggettivamente inspiegabile. Bella inizia a muovere la mano che poco prima giaceva inerme sopra quella del papà: la bambina che tutti davano per morta ricomincia da sola a respirare e nel giro di trenta minuti, scalcia e urla in quel letto che per tutti era ormai la sua bara. 

Sono trascorsi cinque mesi, da quel tragico momento: contro ogni previsione, oggi Bella cammina, inizia a parlare e la sua testolina è coperta di capelli biondi, come quelli degli angeli. Ha trascorso il Natale con la sua famiglia e il suo sorriso puro e vivace grida al mondo: la vita è di Dio.


     


BUON ANNO A TUTTI NELLA VERA SPERANZA CHE SALVA...... ricordiamo la Spe Salvi di Benedetto XVI - vedi qui - che ci aiuta e ci guida a non disperare mai....






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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31/12/2015 09:06
 
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foto di Il Mastino - blogger.
Il Mastino - blogger

L'ATEO NON VA CONVERTITO, E' IMPOSSIBILE.
NON E' LA MANCANZA DI FEDE IL SUO PROBLEMA: 
E' L'ECCESSO DI PASSIONI CHE SI FANNO IDOLI

Quello che vedete in foto è il magnifico e angosciante "autoritratto dall'inferno" di Munch. Amo profondamente la sua pittura, e non ho mai avuto problemi a definirla manifestazione simbolica dell'anticristo "adveniente", tant'è che precede e annuncia (propizia) i regimi assassini del XX secolo, è senza luce e senza speranza, sono pennellate grasse di disperazione, e la disperazione è l'unica passione di Lucifero.

Massì, ha ragione padre Livio, che ascoltavo adesso mentr'ero alla guida. "E' inutile convertire gli atei".
L'ateismo, si ce famo caso, come fenomeno autonomo, definito anche se resta abbastanza instabile logicamente, è una acquisizione moderna; in tutta la Bibbia il fenomeno dell'a-teismo non è presente, eccettuati forse, per estensione, i filistei. L'ateo nella Bibbia altri non è che l'idolatra.
L'istinto a cercare l'Oltre è insito in ogni uomo, è quella vocina che senti dentro quando fai qualcosa e ti mormora "questo è male".

Chi smette di credere a Dio, diceva Chesterton, non è per non credere in nulla, ma a qualsiasi cosa; in effetti, l'a-teo sarà portato quasi subito a crearsi idoli (talora ideologie) che adorerà, ma siccome l'idolo è muto e indifferente, soprattutto non risponde alle domande innate, costui si farà dio di se stesso. Stato dal quale ne deriva il senso di impotenza e angoscia, il male di vivere.

L'uomo senza Dio è niente, è materia viscerale, non c'è alcun punto fermo da dove si possa stabilire che la natura umana sia in qualcosa superiore a quella delle pietre, essendo uguale l'origine medesimo il destino finale.

Ci stanno parole chiave che oggi han perso forza, tanto sono usurate nell'uso improprio che se ne è fatto. Una di queste è "ESSERE PURI DI CUORE", che significa una cosa precisa, e non ha nulla di astrattamente sentimentale, è una azione di volontà. Tale purezza non è una grazia, una cosa celeste che cala dall'alto; è bensì, e semplicemente, lo svincolarsi dalle passioni, rinunciarci, disintorssicarsi dalla dipendenza velenosa che creano, i vizi cioè. Perché le passioni sono una patina di vizio sui nostri bulbi oculari, che ne opacizzano e spengono il lucore.

Soltanto rinunciando alle passioni i nostri occhi riguadagnano la trasparenza, sino a vedere l'invisibile. Solo allora, di continuo, sin nelle piccole cose, raggiunta ormai la purezza del cuore, si vede l'incessante mano invisibile di Dio in azione dentro la storia.

Onde... massì cacchio... ha ragione padre Livio: l'ateismo è il prodotto della dipendenza dalle passioni, per legittimare le quali - sicché la "vocina" dentro ci dice che son sbagliate - si sente impellenza di zittire Dio, di cancellarlo dichiarandolo "mai esistito", ma anche senza dichiargli guerra eh, senza rabbia, con freddezza semmai. E perde così, l'a-teo, dal suo raggio visivo la percezione dell'invisibile, in favore del solo visibile, la pura disperata materialità delle cose. Il cuore vede, ma nei vizi il cuore si ottenebra e spegne la luce negli occhi. Non vede più Dio né Dio vuole essere visto dai cuori impuri, ossia dagli uomini dipendenti dalle passioni, eccettuati casi eccezionali e allora lo fa platealmente: come quando butta giù da cavallo il suo persecutore Paolo di Tarso, e lo "fulmina".

Sì, è così. E' inutile tentare di convertire gli atei, chi non vede perché non può vedere, stante la cataratta di passioni che ne ha opacizzato la vista, e personalmente non mi è mai passato per la testa di tentarlo. Solo quando vedi un ateo che sta cercando di affrancarsi dalle sue stesse passioni, solo quello puoi avvicinare, perché sta cominciando a riguadagnare la vista e, statene certi, a Dio ci arriverà prima del previsto, da solo.

Dinanzi all'ateo che vive nelle passioni, dunque nell'idolatria, delle cose e di se stesso, è inutile tutto, la sua risposta sarebbe la rabbia. Dinanzi a un ateo non si fa apologetica, perché oltre che cieco è sordo: si prega per lui e si tace. E, soprattutto, si dà testimonianza, non con le parole soltanto, ma con la coerenza tra le nostre parole e il nostro vissuto: non c'è apologetica migliore.

LA RINUNCIA ALLE PASSIONI DEL MONDO, la sua falsa sapienza e la sua falsa pace, questa è la parola chiave per VEDERE DIO.




 
e bravo Antonio  una bella riflessione per l'ultimo dell'Anno   riflessioni che condivido passo dopo passo.....
l'ateismo puramente inteso è figlio e frutto dell'Illuminismo, del Rinascimento - dentro il cui termine si voleva intendere una rinascita laicista, staccata e dissociata dalla Chiesa e dalla sua cultura cristiana - l'ateismo è l'arma attraverso la quale la Massoneria ha colpito lungo l'arco dell'800 alimentando il famoso "amor di Patria" ma col famoso "libero pensiero-libero Stato, ecc", una monarchia attraverso la quale distruggere una volta per tutte la Chiesa.....
l'ateismo doveva servire per forgiare le nuove generazioni libere dalla cultura cristiana, libere da Dio..... l'ateismo nasce perciò CON UN SUO DIO personale, malleabile, mutabile a seconda del libero pensiero dominante.... 






[Modificato da Caterina63 31/12/2015 09:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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