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LA LAVANDA DEI PIEDI nel Giovedì Santo

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2016 01:11
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  Lettera del Santo Padre al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sul Rito della “Lavanda dei Piedi” nella Liturgia della Messa in Coena Domini
 

Sala stampa della Santa Sede - 21.1.2016



Al venerato Fratello Signor Cardinale ROBERT SARAH Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

Signor Cardinale,
come ho avuto modo di dirLe a voce, da qualche tempo sto riflettendo sul Rito della “Lavanda dei piedi”, contenuto nella Liturgia della Messa in Coena Domini, nell’intento di migliorarne le modalità di attuazione, affinché esprimano pienamente il significato del gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo, il suo donarsi “fino alla fine” per la salvezza del mondo, la sua carità senza confini.

Dopo attenta ponderazione, sono giunto alla deliberazione di apportare un cambiamento nelle rubriche del Messale Romano. Dispongo pertanto che venga modificata la rubrica secondo la quale le persone prescelte per ricevere la Lavanda dei piedi debbano essere uomini o ragazzi, in modo tale che da ora in poi i Pastori della Chiesa possano scegliere i partecipanti al rito tra tutti i membri del Popolo di Dio. Si raccomandi inoltre che ai prescelti venga fornita un’adeguata spiegazione del significato del rito stesso.

Grato per il prezioso servizio di codesto Dicastero, assicuro a Lei, Signor Cardinale, al Segretario e a tutti i collaboratori il mio ricordo nella preghiera e, formulando i migliori auguri per il Santo Natale, invio a ciascuno la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 20 dicembre 2014
FRANCISCUS






Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sul Rito della “Lavanda dei Piedi”. Decreto In Missa in Cena Domini 

La riforma della Settimana santa, con decreto Maxima Redemptionis nostrae mysteria (30 novembre 1955), diede la facoltà, dove lo consigliava un motivo pastorale, di compiere la lavanda dei piedi a dodici uomini durante la Messa nella Cena del Signore, dopo la lettura del Vangelo secondo Giovanni, quasi a manifestare rappresentativamente l’umiltà e l’amore di Cristo verso i suoi discepoli.

Nella liturgia romana, tale rito era tramandato col nome di Mandatum del Signore sulla carità fraterna secondo le parole di Gesù (cfr. Gv 13,34), cantate nell’Antifona durante la celebrazione.

Nel compiere tale rito, Vescovi e sacerdoti sono invitati a conformarsi intimamente a Cristo che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mt 20,28) e, spinto da un amore «fino alla fine» (Gv 13,1), dare la vita per la salvezza di tutto il genere umano.

Per manifestare questo pieno significato del rito a quanti partecipano, è parso bene al Sommo Pontefice Francesco mutare la norma che si legge nelle rubriche del Missale Romanum (p. 300 n. 11):

- «Gli uomini prescelti vengono accompagnati dai ministri…»,

che deve essere quindi variata nel modo seguente:

- «I prescelti tra il popolo di Dio vengono accompagnati dai ministri…»


(e di conseguenza nel Caeremoniale Episcoporum n. 301 e n. 299 b: «le sedie per i designati»), così che i pastori possano scegliere un gruppetto di fedeli che rappresenti la varietà e l’unità di ogni porzione del popolo di Dio. Tale gruppetto può constare di uomini e donne, e convenientemente di giovani e anziani, sani e malati, chierici, consacrati, laici.

Questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in vigore delle facoltà concesse dal Sommo Pontefice, introduce tale innovazione nei libri liturgici del Rito Romano, ricordando ai pastori il loro compito di istruire adeguatamente sia i fedeli prescelti sia gli altri, affinché partecipino al rito consapevolmente, attivamente e fruttuosamente.

Nonostante qualsiasi cosa in contrario.

Dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 6 gennaio 2016, solennità dell’Epifania del Signore.
Robert Card. Sarah
Prefetto
+ Arthur Roche
Arcivescovo Segretario


***

Decreto In Missa in Cena Domini
DECRETUM

In Missa in Cena Domini, post lectionem Evangelii secundum Ioannem, ad humilitatem et caritatem Christi erga discipulos suos quasi scaenice demonstrandam, instauratio Hebdomadae sanctae, decreto Maxima Redemptionis nostrae mysteria (die 30 Novembris 1955), dedit facultatem, ubi ratio pastoralis id suadebatur, lotionem pedum agendi duodecim virorum.

Qui ritus, in liturgia romana, traditus fuerat nomine Mandatum Domini de caritate fraterna ex Iesu verbis (cfr Io 13, 34), quae Antiphona in celebratione resonabant.
Episcopi et presbyteri hoc ritu agentes intime invitantur ad sese conformandum Christo qui «non venit ministrari sed ministrare» (Mt 20, 28) et, caritate «in finem» (Io 13, 1) compulsus, vitam dare pro totius generis humani salute.

Ut participantibus haec plena significatio ritus exprimatur bonum visum est Summo Pontifici Francisco normam variare quae in rubricis Missalis Romani (p. 300 n. 11) legitur:

«Viri selecti deducuntur a ministris…», quae idcirco sequenti modo mutari debet:
«Qui selecti sunt ex populo Dei deducuntur a ministris…»

(et consequenter in Caeremoniali Episcoporum n. 301 et n. 299 b: «sedes pro designatis»), ita ut pastores seligere possint parvum fidelium coetum ad repraesentandam varietatem et unitatem uniuscuiusque portionis populi Dei. Qui coetus constare potest ex viris et mulieribus, et convenienter ex iuvenibus et senibus, sanis et aegrotis, clericis, consecratis, laicis.

Quam innovationem haec Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, vigore facultatum a Summo Pontifice tributarum, in libris liturgicis Ritus Romani inducit, pastores admonens de proprio munere instituendi, apta manuductione, sive fideles qui seliguntur, sive alios ut ritui participent scienter, actuose et fructuose.

Contrariis quibuslibet minime obstantibus.

Ex aedibus Congregationis de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, die 6 mensis Ianuarii anno 2016, in sollemnitate Epiphaniae Domini.

Robertus Card. Sarah
Praefectus
+ Arturus Roche
Archiepiscopus a Secretis




 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  che cosa cambia?  Nella sostanza nulla.... la riforma dei riti della Settimana Santa del 1955 avviata da Pio XII, aveva introdotto la possibilità per il celebrante di ripetere il gesto compiuto da Gesù con gli apostoli, lavando i piedi a dodici uomini..... ma oggi potrebbero affacciarsi interpretazioni errate... Vediamo cosa accadeva prima:

La lavanda dei piedi il Giovedì Santo: attenzioni rubricali e teologiche

 
 

Prima che sia troppo tardi e qualche zelante animatore di gruppo o catechista presenti i propri pargoli e/o pargole al buon parroco di turno, perchè siano sottoposti quest'anno alla "cerimonia" (impariamo a chiamarlo rito) del Giovedì santo dal nome "lavanda dei piedi", diamo un'occhiata alle rubriche del Messale attualmente in vigore:

A pag. 300 Missale Romanum 2002, tra le rubriche per la Messa in Cena Domini, leggiamo chiaramente:

Lotio pedum

10. Completa homilia proceditur, ubi ratio pastoralis id suadeat, ad lotionem pedum.

11. Viri selecti deducuntur a ministris ad sedilia loco apto parata. Tunc sacerdos (deposita, si necesse sit, casula) accedit ad singulos, eisque fundit aquam super pedes et abstergit, adiuvantibus ministris.


VIRI SELECTI devono essere quelli a cui il sacerdote lava i piedi - qualora si proceda a tale lavanda - che, ricordo, rimane facoltativa (se lo suggerisce un motivo pastorale), ma vivamente consigliata.

VIRI, non un generico "persone". Con viri si intende UOMINI MASCHI ADULTI, non donne, quindi, che virili non possono nè debbono essere. Nemmeno bambini quindi, anche se sono belli e carini e pronti per la prima comunione. No. Ragazzi grandi, magari impegnati in parrocchia, infatti devono essere SELECTI, che può voler dire: "gli uomini scelti" per l'occasione, ma anche: "uomini scelti", ovvero, selezionati, rappresentativi.
Devono infatti raffigurare i dodici apostoli, notoriamente uomini scelti direttamente dal Signore che li costituì come collegio per continuare l'insegnamento che aveva dato. Il "Mandatum" che si celebra è il mandatum novum, il comandamento nuovo dell'amore fraterno. "Come ho fatto io, così fate anche voi". Il Vescovo lava spesso i piedi ai suoi preti, il parroco potrebbe farlo ai suoi collaboratori e animatori dei vari settori, che, a loro volta, fanno servizio quotidiano nei diversi apostolati della loro parrocchia. Una catena di servizio, che parte da Gesù e arriva a noi.

Perchè solo uomini? Primo per un motivo liturgico-iconico: è una rappresentazione simbolica, gli uomini simboleggiano qui gli apostoli. Inoltre c'è un altro motivo: nella nostra cultura contemporanea, faceva notare un'arguta signora commentatrice di cose liturgiche, il lavare i piedi è un gesto che indica intimità ed è sentito come sconveniente se fatto da un uomo estraneo verso una donna, magari sposata. Tanto più se questo è un uomo celibe e consacrato. Meglio evitare che un prete tocchi le caviglie di una Signora, non trovate? Magari non c'è niente di male, ma i sorrisini e gli ammiccamenti guasterebbero il clima di preghiera. Pensate se poi il sacerdote fa il segno successivamente descritto.

Il bacio del piede

 
Prima della riforma della Settimana Santa voluta da Pio XII, il bacio del piede appena lavato dal sacerdote faceva parte delle rubriche del rito. Ma tale menzione venne omessa, e non si ritrova neanche nel messale del 1962 e nei successivi. Comunque è rimasto fino ad oggi come gesto tradizionale e spesso lo si vede compiere dai sacerdoti che impersonano il "Cristo che serve" (lo faceva anche Giovanni Paolo II).
 
Il canto
Ottima sarebbe l'antifona: "Mandatum novum do vobis" o in italiano "Amatevi fratelli" o cose del genere. Comunque, dicevano le antiche rubriche, non deve mai mancare a questa Messa in ricordo della Cena del Signore, il canto "Ubi Caritas", fatto durante la lavanda dei piedi o posticipato all'offertorio.




 

[Modificato da Caterina63 21/01/2016 18:12]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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«Lavanda dei piedi» (basilica di Aparecida cappella del Santissimo Sacramento)Vi ho dato l’esempio

Col decreto In missa in cena Domini la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, per disposizione del Papa, ha ritoccato la rubrica del Missale Romanum riguardante la lavanda dei piedi (p. 300, n. 11), variamente legata da secoli al giovedì santo e che, dalla riforma della settimana santa del 1955, può compiersi anche nella messa vespertina che inaugura il triduo pasquale.

Illuminato dal vangelo di Giovanni, il rito riveste tradizionalmente una duplice valenza: imitativa di quello che Gesù fece nel cenacolo lavando i piedi agli apostoli ed espressiva del dono di sé significato da questo gesto servile. Non a caso era chiamato mandatum, dall’incipit della prima antifona che l’accompagnava: «Mandatum novum do vobis, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos, dicit Dominus» (Giovanni 13, 14). Il comandamento dell’amore fraterno, infatti, impegna tutti i discepoli di Gesù, senza alcuna distinzione o eccezione.

«Pontifex suis cubicularibus pedes lavat et unusquisque clericorum in domo sua» recitava già un antico ordo del VII secolo. Applicato in modo diverso nelle varie diocesi e abbazie, è attestato anche nel Pontificale Romano del XII secolo dopo i vespri del giovedì santo, e negli usi della Curia romana del secolo XIII («facit mandatum duodecim subdiaconos»). Il mandatum è così descritto nel Missale Romanum di san Pio v (1570): «Post denudationem altarium, hora competenti, facto signo cum tabula, conveniunt clerici ad faciendum mandatum. Maior abluit pedes minoribus: tergit et osculatur».
Si svolge al canto di antifone, di cui l’ultima è Ubi caritas, concluso dal Pater noster e da un’orazione che coniuga il comandamento del servizio con la purificazione dai peccati: «Adesto Domine, quaesumus, officio servitutis nostrae: et quia tu discipulis tuis pedes lavare dignatus es, ne despicias opera manuum tuarum, quae nobis retinenda mandasti: ut sicut hic nobis, et a nobis exteriora abluuntur inquinamenta; sic a te omnium nostrum interiora laventur peccata. Quod ipse praestare digneris, qui vivis et regnas, Deus, per omnia saecula saeculorum». L’azione è riservata al clero («conveniunt clerici»), illuminata dal vangelo ascoltato nella messa mattutina; la mancata indicazione di “dodici” sembrerebbe far pensare che conta non soltanto fare mimesi di ciò che fece Gesù nel cenacolo quanto metterne in pratica il valore esemplare, sempre attuale per i suoi discepoli.

La descrizione «De mandato seu lotione pedum» nel Caeremoniale episcoporum del 1600 è più dettagliata. Si menziona l’uso (dopo i vespri o a pranzo, in chiesa o in aula capitolare o luogo idoneo) del vescovo di lavare, asciugare e baciare i piedi a tredici poveri, dopo averli vestiti e sfamati ed aggiungendo infine un’elemosina, oppure a tredici canonici, secondo le consuetudini locali e il volere del vescovo, che può preferire i poveri anche dove è abitudine che siano i canonici: «Videtur enim eo pacto maiorem humilitatem, et charitatem prae se ferre, quam lavare pedes canonicis». Riservata dunque al clero, senza escludere usi locali che contemplano poveri o ragazzi (ad esempio il Missale Parisiense), la lavanda dei piedi è sì un gesto significativo ma non per l’insieme del popolo di Dio. Il Caeremoniale episcoporum lo prescriveva espressamente per le cattedrali e le collegiate.

Con la riforma di Pio XII, che ha riportato la Missa in cena Domini in ore serali, la lavanda dei piedi, per motivi pastorali, può compiersi nella stessa messa, dopo l’omelia, per «duodecim viros selectos», disposti «in medio presbyterii vel in ipsa aula ecclesiae»: ad essi il celebrante lava e asciuga i piedi (non si nomina più il bacio). Ha ormai superato il senso piuttosto clericale e riservato, si svolge in pubblica assemblea e l’indicazione di «dodici uomini» lo rende più esplicitamente segno imitativo, quasi una sacra rappresentazione, che facilita l’imprimere nella mente ciò che Gesù ha compiuto il primo giovedì santo.

Il Missale Romanum del 1970 ha ripreso il rito da poco riformato, semplificando alcuni elementi: si omette il numero «dodici», si dice che avvenga «in loco apto», si tralascia un’antifona e se ne alleggeriscono altre, si assegna Ubi caritas alla processione dei doni, si esclude la parte conclusiva (Pater noster, versetti e orazione), eredità di un atto a sé stante, fuori della messa. Rimaneva tuttavia la riserva ai soli «viri» per la valenza mimetica.

L’attuale mutamento prevede che siano designate persone scelte tra tutti i membri del popolo di Dio. La valenza si rapporta ormai non tanto all’imitazione esteriore di quello che Gesù ha fatto, quanto al significato di ciò che ha compiuto con portata universale, ossia il donarsi «sino alla fine» per la salvezza del genere umano, la sua carità che tutti abbraccia e tutti affratella nella pratica del suo esempio. L’exemplum che ci ha dato affinché anche noi facciamo come lui (cfr. Giovanni 13, 14-15) va, infatti, al di là del lavare fisicamente i piedi altrui, per comprendere tutto ciò che tale gesto esprime in servizio d’amore tangibile per il prossimo. Tutte le antifone proposte nel Missale durante la lavanda ricordano ed illustrano questo significato del gesto, sia per chi lo fa che per chi lo riceve, sia per chi lo segue con lo sguardo e lo interiorizza mediante il canto.

La lavanda dei piedi non è obbligatoria nella Missa in cena Domini. Sono i pastori a valutarne la convenienza, secondo circostanze e ragioni pastorali, in modo che non diventi quasi automatica o artificiale, priva di significato e ridotta a elemento scenico. Neppure deve diventare così importante da catalizzare tutta l’attenzione della messa nella cena del Signore, celebrata nel «giorno santissimo nel quale Gesù Cristo nostro Signore fu consegnato alla morte per noi» (Communicantes proprio del Canone romano); nelle indicazioni per l’omelia si ricorda la peculiarità di questa messa, commemorativa dell’istituzione dell’eucaristia, dell’ordine sacerdotale e del comandamento nuovo dell’amore fraterno, suprema legge per tutti e verso tutti nella Chiesa.

Spetta ai pastori scegliere un gruppetto di persone rappresentative dell’intero popolo di Dio — laici, ministri ordinati, coniugati, celibi, religiosi, sani e malati, fanciulli, giovani e anziani — e non di una sola categoria o condizione. Spetta a chi è prescelto offrire con semplicità la propria disponibilità. Spetta infine a chi cura le celebrazioni liturgiche preparare e disporre ogni cosa per aiutare tutti e ciascuno a partecipare fruttuosamente a questo momento: è la vita di ogni discepolo del Signore l’anamnesi del «comandamento nuovo» ascoltato nel vangelo.

di Arthur Roche


L'osservatore Romano 21.1.2016











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