2. Premesse e contesto
a) La scelta di un adeguato tipo di celebrazione
8. La celebrazione della Messa suppone ed esige che quanti si radunano nel nome del Signore possano sentirsi parte di una concreta assemblea orante e i sacerdoti concelebranti esprimere il necessario vincolo con l’altare.
Per questo, in alcune occasioni è conveniente valutare l’opportunità della Messa o se non sia preferibile, date le condizioni, optare per altra celebrazione liturgica o preghiera. Raduni di risonanza nazionale e internazionale possono trovare idonea espressione di preghiera anche nella Liturgia delle Ore, in una Celebrazione della Parola di Dio, nella solenne processione, esposizione e benedizione con il Santissimo Sacramento, in una veglia di preghiera come avviene in celebri santuari, specialmente se non è un giorno di precetto.
La decisione spetta al Vescovo diocesano, sentito il parere della Conferenza dei Vescovi per raduni nazionali o dell’Organismo competente nel caso di raduni internazionali.
b) La concelebrazione eucaristica
9. Se si sceglie la Messa si deve considerare con oggettività l’ammissione dei sacerdoti alla concelebrazione. Il suo alto valore, specialmente quando è il Vescovo diocesano a presiederla, attorniato dal suo presbiterio e dai diaconi,[12]deve tener conto del “verificarsi di problemi quanto all’espressione sensibile dell’unità del presbiterio, specialmente nella preghiera eucaristica”.[13] Spesso l’elevato numero di concelebranti non permette di assegnare ad essi un posto nelle vicinanze dell’altare, rendendoli tanto distanti da destare perplessità la relazione con esso.[14]
A norma del diritto è compito del Vescovo regolare la disciplina della concelebrazione nella sua diocesi.[15] Pertanto, dopo attenta valutazione, per non pregiudicare nel segno la concelebrazione eucaristica, conviene che il numero dei concelebranti sia adeguato alla capienza del presbiterio o dell’area equivalente. Un criterio sembra quello di ammettere una rappresentanza significativa di concelebranti.[16] Per gli altri sacerdoti si suggerisce di prevedere concelebrazioni, in chiese e luoghi diversi, in tempi adatti della giornata.[17]
c) Liturgia e bellezza
10. Affinché i segni risplendano per nobile semplicità,[18] dev’essere curata la disposizione dello spazio e la decorazione dei luoghi. La semplicità non deve degenerare nell’impoverimento dei segni.[19]
Per non disperdere lo sguardo dei fedeli ma indirizzarlo verso i misteri della fede che, celebrati nel tempo, ci fanno pregustare la liturgia eterna, risultano assai utili le sante immagini, tra cui specialmente la raffigurazione del Pantocrator o del Signore nella gloria. Si valorizzeranno anche le immagini sacre venerate in quel luogo, care alla pietà popolare.[20]
Si curi la bellezza dei paramenti e degli arredi, affinché alimentino lo stupore per il mistero di Dio.[21] Nel caso in cui le vesti e i vasi sacri vengano fabbricati appositamente per l’occasione, si tengano presenti, quanto a materia e forma, le indicazioni generali.[22]
d) Il senso del mistero di Dio
11. Anche in una grande celebrazione deve trasparire il senso del culto liturgico. Perciò vanno curate le espressioni di adorazione e di consapevole riconoscimento della presenza e dell’azione di Dio.
Lo svolgimento rituale deve tener conto della verità dei segni, gesti, movimenti, e del loro significato ed impatto per una vasta assemblea. La stessa azione assume valenze comunicative peculiari secondo se si svolge in una chiesa parrocchiale o in una cattedrale o in uno spazio che raccoglie una moltitudine di persone.
e) Il canto e la lingua
12. Se il canto, segno della gioia del cuore, ha la funzione di favorire l’unione dei fedeli riuniti insieme, ciò è particolarmente vero nelle grandi celebrazioni, in cui è più difficile esprimere la coralità della fede, della preghiera e dei sentimenti.[23]
Pur tenendo conto di differenti orientamenti e tradizioni assai lodevoli, il canto gregoriano, proprio della liturgia romana, conserva inalterato il suo valore.[24] Non sono da escludere altri generi di canti, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica e favoriscano la partecipazione di tutti.[25]
La preparazione dell’assemblea al canto, i cori che la sostengono, un cantore che guida il canto e l’uso di ritornelli, hanno un ruolo importante, così come il maestro di coro, che deve conoscere le norme della disciplina liturgica.[26]Può essere di utilità riferirsi al repertorio Iubilate Deo nonché ai repertori nazionali o diocesani debitamente approvati.[27]
L’esperienza consiglia che tutti possano avere a disposizione un libretto per seguire anche i canti.
In una celebrazione di carattere internazionale, per meglio esprimere l’unità e l’universalità della Chiesa, si può concedere più ampio spazio alla lingua latina e adottare diverse lingue per i canti, le letture bibliche e le intenzioni della preghiera universale;[28] in questo caso i libretti offrano le opportune traduzioni.
f) Il silenzio
13. Nei tempi previsti si rispetti il sacro silenzio, parte della stessa liturgia. Il suo significato varia secondo dove ha luogo nelle singole celebrazioni.[29] La tradizione liturgica testimonia che è una forma efficace e profonda di partecipazione. Proprio in grandi assemblee diventa incidente la valenza del silenzio.
Prima dell’inizio della celebrazione si può richiamarne il valore, invitare a non applaudire, a non scattare fotografie né sventolare bandiere.
g) Le vesti liturgiche
14. Se le persone e le funzioni non sono chiaramente distinguibili, tramite le vesti, è facile ingenerare confusione di ruoli. Per questo è necessario che ogni ministro ordinato indossi la veste propria.[30]
Anche quando i concelebranti sono numerosi è lodevole fare il possibile perché ognuno possa indossare la casula, tenendo presente che può essere sempre di colore bianco.[31] Gli altri ministri, per quanto riguarda le vesti liturgiche, si attengano alle legittime consuetudini del luogo.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)