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Il Buddismo e Induismo non è cristianesimo neppure alla lontana

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2016 14:25
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  Buddhismo e Cristianesimo: nessuna analogia e nessun compromesso

 di Don Marcello stanzione

In Italia e in altri paesi di antica tradizione Cattolica, come la Francia e la Spagna, da qualche tempo sembra esserci un certo interesse da parte dei giovani e dei ceti colti verso il Buddismo. In certi ambienti “in” dichiararsi oggi buddisti è molto alla moda. Il film di Bernardo Bertolucci, “Piccolo Buddha”, di qualche anno fa ebbe un grande successo di pubblico e di critica, e ha ulteriormente moltiplicato le inchieste sul Buddismo occidentale.
Il regista Bertolucci, per illustrare la grande religione del momento,  scelse l’ottica di un bambino americano identificato da un gruppo di monaci buddisti come la possibile reincarnazione di un Santo. Sul filo della singolare avventura che coinvolge profondamente i suoi genitori e lo porta da Seattle fino ad un monastero dell’Himalaya, il fanciullo visualizza i racconti di un monastero che gli evoca la vita del principe Siddharta dalla gioventù ricca e dissipata alla svolta ascetica e alla successiva illuminazione esistenziale. Il Buddismo ha sempre affascinato gli occidentali, da Schlegel a Schleiermacher e a Hesse, ma solo di recente è riuscito a penetrare nei circuiti culturali di massa.

In Italia sono 30.000 le persone che ruotano intorno alla unione buddisti italiani, fondata nel 1985 e riconosciuta dal Governo nel 1988. Prestigiosi testimonial come l’ex calciatore Roberto Baggio contribuirono a dare al Buddismo una certa aria di moda. I buddisti tradizionali italiani, prescindendo dalla più vasta cerchia degli altri 100.000 simpatizzanti, sono valutati tra i 3.000 e i 6.000, a cui si aggiungono altri 4-5.000 aderenti alle nuove religioni neo-buddiste come la Soka Gakkai, un movimento laico culturale giapponese sbarcato in Italia nel 1981, e che in Giappone addirittura ispira un partito presente in Parlamento (il Komeito).

Certamente in Italia il Buddismo influenza molte più persone di quante non formalizzino la loro simpatia in una conversione, ed è inquietante per la Chiesa Cattolica il sapere da statistiche sicure che un quarto della popolazione e un  terzo dei giovani non soltanto sanno definire in modo corretto la dottrina della reincarnazione, ma affermano di crederci. Negli Stati Uniti si contano almeno 300.000 “euro-buddisti”, cioè convertiti provenienti da tradizioni giudaico-cristiane, e contando anche l’immigrazione asiatica si arriva ad una decina di milioni di fedeli.

In Europa invece i buddisti sarebbero complessivamente 2.000.000, di cui oltre 600.000 nella sola Francia e 120.000 in Gran Bretagna. In tutto il mondo i buddisti sono circa 300 milioni.

Breve storia

A scanso di equivoci sarà opportuno specificare subito che il termine Buddha non è tanto un nome di persona, ma è l’appellativo che indica un essere umano che abbia raggiunto la più profonda consapevolezza; Buddha significa infatti Risvegliato, Illuminato. La tradizione indiana afferma che ogni grande ciclo storico vedrà l’apparizione di buddhità e potrà trasmettere agli altri esseri la via che conduce alla realizzazione. L’ultimo uomo del genere comparso sulla terra è stato il principe Siddharta Gautama, nato verso il 560 a.C. nel nord dell’India. Principe ereditario al trono di un’antica casta di guerrieri, sposato e con un figlio, il principe lascia famiglia e potere a seguito dell’impatto con la sofferenza umana avuto nel corso di quattro incontri rivelatori: con un vecchio, un malato, un monaco e un corteo funebre.

Siddharta visse così volontario esilio e per sei anni si sottopose alle più terribili macerazioni ascetiche fini alla soppressione delle stesse funzioni fisiologiche, tanto da raggiungere una condizione di morte apparente. Siddharta però si rese conto che non avrebbe mai raggiunto l’Illuminazione attraverso la mortificazione del corpo e abbandonò l’asceticismo rigoroso e concentrò i suoi sforzi nella meditazione, finchè nel 531, mentre si trovava ai piedi di un albero di pippala, scoprì la soluzione del problema del dolore: aveva così raggiunto il “risveglio” (bodhi), diventando un “risvegliato” (Buddha) , cioè era finalmente entrato nella pace dell’estinzione dei desideri e delle passioni, che sono all’origine del dolore.

Ormai libero dalla sofferenza, egli comprese di essersi liberato dall’esistenza e di non dover più rinascere, era entrato nel Nirvana. Poco dopo il Buddha davanti a cinque compagni pronunciò il discorso delle quattro nobili verità: la realtà del mondo è dolore, l’origine del dolore è l’attaccamento, l’arresto dell’attaccamento porta all’estinzione, la via che conduce all’arresto del dolore è il Dharma, cioè la Legge. Inaugurava così la sua predicazione che doveva proseguire per oltre quarant’anni, facendo molte conversioni e creando la comunità dei monaci buddisti.

Dopo la morte del Buddha, avvenuta verso il 480 a.C., si formarono sulla sua persona molte leggende, ebbe così inizio un processo di glorificazione che portò a fare del Buddha storico un essere divino. Il Dharma (oltre che legge significa anche Dottrina o Verità) che il Buddha ha insegnato, nega che esiste un sé, il buddismo si pone in radicale contrasto con l’Induismo.

La dottrina

Tale dottrina è talmente fondamentale che, secondo che la si accetta o la si rifiuta, il Buddismo sta in piedi o crolla. Per il Buddha l’idea del sé e una credenza falsa e immaginaria ed è la causa dell’attaccamento alle cose, dell’orgoglio e di altre brutture. Il Buddha accetta però le nozioni mediche di Karma e Samara e le adatta però alla sua dottrina della Anatta.

L’Induismo intende per Karma la condizione umana asservita alla necessità ineluttabile di rinascere in condizione animale, umana o divina, secondo che nella vita precedente si è fatto il male o si è compiuto il bene. Quindi il Karma è la legge della retribuzione degli atti, poiché le nostre azioni portano frutti, se non nella vita presente, certamente in quella futura. In tal modo il Karma mette in moto il ciclo delle rinascite. La fonte della sofferenza è quindi nel desiderio avido e appassionato che incatena l’essere umano al suo stato di condizionamento. Il Nirvana sta ad indicare l’estinzione assoluta del desiderio del vivere che fa essere l’uomo prigioniero della  trasmigrazione dell’anima.

Il Nirvana è quindi nel Buddismo la dissoluzione del Karma e l’uscita definitiva dalla sofferenza e dal dolore. Il Buddha non ha mai detto che cosa positivamente sia il Nirvana, ha insegnato solo la via per prepararsi ad entrare, cioè il sentiero che conduce alla cessazione del dolore. Il Buddha insegnò ai suoi fedeli l’Ottuplice Sentiero della Legge: retta revisione, retto pensiero, retta parola, retta azione, retto modo di vivere, retta applicazione, retta azione, retta meditazione. Il Buddismo nei 25 secoli della sua esistenza, non si è sviluppato in maniera omogenea. Esso si è diffuso in tre forme di vita spirituale o “veicoli”, cioè tre sentieri per raggiungere alla liberazione.

Ci troviamo di fronte a veicoli tanto diversi (e nulla hanno da spartire con il Cristianesimo), che si deve parlare non più di un unico Buddismo, ma di tre Buddismi che divergono tra essi in modo essenziale, e sono: Hinayana ( piccolo veicolo ), Mahayana ( grande veicolo ), Vajarayana ( via dei Tanta ).

Il Hinayana è principalmente diffuso nel sud-est asiatico: Birmania, Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam e Sri-Lanka. Il piccolo Veicolo è la forma più antica e pura di Buddismo. Nel corso dei secoli esso si è diviso in molte scuole, sia per mancanza di un’autorità dottrinale suprema, sia per l’individualismo asiatico che cerca la salvezza individuale ponendosi alla scuola di un maestro rinomato. Per piccolo Veicolo che composto e tramandato il canone delle scritture buddiste, il vero devoto è il monaco, perché a differenza del laico, ha scelto un genere di vita che gli consente di fuggire dal mondo e di darsi alla pratica della meditazione, per conseguenza solo il monaco può raggiungere al Nirvana. Il Mahayana, invece, è nato nel nord-ovest, dell’India, un centinaio di anni circa dopo l’inizio della nostra era e si è diffuso in Cina, nel Tibet, in Corea, in Giappone.

Il grande Veicolo si è chiamato “ grande  mezzo di progresso ”, perché al contrario del piccolo Veicolo che è riservato a pochi, esso può essere praticato anche ai laici. L’ideale del grande Veicolo non è più il monaco solitario, ma il Bodhi sativa, cioè colui che avendo raggiunto l’illuminazione, non va nel Nirvana, ma fa voto di restare sulla terra per aiutare gli uomini a giungere alla salvezza.

Questa corrente dà molto spazio a pratiche devozionali rivolte al Buddha e ad altri illuminati, visti come esempi da imitare e beati da invocare. Infine, il Vajarayana ( Veicolo dei Tantra o del diamante ) è la corrente meno diffusa che più si scosta dalle origini, insistendo proprio sui punti che il Buddha aveva maggiormente criticato: la magia e il ritualismo.

Il Veicolo del diamante si afferma verso il VI secolo e si diffonde prevalentemente in Mongolia e nel Tibet. Esso si basa sui mantra ( formule magiche composte da una serie di sillabe sanscrite ) e raggiunge il Nirvana combinando il metodo dei sutra ( discorsi del Buddha ) con l’uso dei mantra, cioè servendosi di incantesimi e di riti magici. Notiamo bene come tra queste tre correnti principali del Buddismo ci siano delle differenze colossali che non distinzioni tra Cattolicesimo, Protestantesimo e Ortodossia.

Perchè non possiamo condividere, come cristiani, queste religioni

Riguardo al rapporto tra Cristianesimo e Buddismo mi sembra che la grande differenza di fondo sia nel modo di vedere la realtà fenomenica che per il Cristianesimo è alquanto positiva, mentre per il Buddismo è alquanto negativa. Non dimentichiamo che nel Credo noi professiamo di credere nella resurrezione della carne e nella vita eterna. Un cristiano che dubitasse di questo, non sarebbe più cristiano.
Per il pensiero cristiano l’esistere è un bene e la pienezza dell’Essere stesso che è Dio. Invece per il pensiero buddista la realtà è essenzialmente dolore e lo scopo a cui bisogna rendere è la soppressione della sofferenza e quindi dello stesso esistere fenomenico, perciò l’ideale da raggiungere non è la pienezza della propria persona, ma è il  “ vuoto di sé ” .

Le applicazioni pratiche di queste due visioni del mondo sono che mentre nel Cristianesimo vi è l’impegno nella storia perché l’uomo viene visto come collaboratore di Dio nel portare a termine l’opera della creazione, nel Buddismo vi è la fuga dal mondo perché la realtà è dolore e non si può migliorarla, ma occorre dissiparne l’illusoria bontà. Non vale allora la pena di impegnarsi a migliorare il mondo, ciò che conta è liberarsi dalle sue illusorie attrattive. Certamente questo modo di interpretare la realtà ha avuto un notevole influsso sull’immobilismo tecnico-scientifico e sociale dei paesi buddisti.

Il Buddismo e il Cristianesimo hanno due fondatori storici e tra questi due uomini vi sono senza dubbio analogie, ma anche alcune radicali dissomiglianze essenziali e di fondo. Gesù fu un Uomo religioso ma anche e sopratutto vero Dio Incarnato, Buddha, invece, se non si dichiarò personalmente ateo, si mostrò agnostico verso ogni forma di divinità.

L’impressione è che il Buddha piuttosto che negare Dio non si curò di tale nozione, ma la ignorò come inutile, perché per Buddha ognuno deve fidarsi solo di sé stesso; divinità o demoni non possono né servire né nuocere.

Ho l’impressione che proprio tali dottrine abbiano enormemente agevolato la diffusione in Asia del Marxismo e dell’ Ateismo comunista. Gesù ebbe la coscienza della Sua Natura Divina trascendente di Figlio di Dio e di annunciatore nella Sua Persona del Regno di Dio. Buddha invece non si considerò mai Dio, ma solo un semplice uomo che aveva indicato all’umanità il Nobile Ottuplice Sentiero della liberazione dal ciclo delle rinascite e la legge contenuta nelle Quattro Nobili Verità che sono l’unica guida dei discepoli.

Il Buddismo e il Cristianesimo si presentano entrambi come via di salvezza, tuttavia differiscono radicalmente sia nel modo di concepire la salvezza, sia nei mezzi per raggiungere il Nirvana, che è la realtà assoluta, l’unica capace di calmare tutte le aspirazioni della felicità, ma non è Dio, né di ordine divino, e l'uomo non ha alcun rapporto diretto e personale con Dio. Lo stesso concetto di "Nirvana" è concetto della pace dei sensi, mentre nel Cristianesimo i sensi sono sollecitati continuamente per un rapporto dinamico con Dio.

Il Buddhismo ammette un assoluto che è il Nirvana, ma non ammette un Dio personale appunto, questo perché per la filosofia indiana “ persona ” e “ individuo” sono la stessa cosa. Perciò secondo tale filosofia se il Nirvana fosse Dio, bisognerebbe considerarlo come una persona; ma se esso fosse personale, apparterrebbe all’ordine delle realtà individuali, che sono realtà relative, si avrebbe allora l’assurdo di un “Assoluto-relativo”, che è una contraddizione, quindi è impensabile.

Tutto il Buddismo si fonda sulla dottrina del Non-Sé (anatta) il "non essere", per cui non può concepire l’Assoluto come il sé Assoluto e quindi come Dio personale, il quale di se stesso dice "IO SONO".
Per il Cristianesimo Dio è tripersonale ed è assolutamente libero da ogni necessità sia esterna che interna. Dio, pur restando l’ineffabile, si è rilevato agli uomini come amore nella persona di Gesù di Nazareth. Quindi il Cristianesimo, oltre che la personalità di Dio, professa l’umanità di Dio in Gesù che è il  mediatore della salvezza tra Dio e gli uomini e al di fuori del quale l’uomo senza la sua grazia non può raggiungere la salvezza. Nel Buddismo, invece, gli uomini si salvano per virtù propria se seguono la legge insegnata dal Buddha.

Il Buddismo non conosce né il peccato, né la grazia, né la fede, né i peccati, né i sacramenti, non c’è il peccato da cui si debba essere liberati, ma solo il ciclo delle rinascite da cui ci si salva estinguendo il desiderio attraverso l’ascesi e la meditazione. Con il “ risveglio” si raggiunge il Nirvana, uno stato ineffabile di vuoto assoluto d’essere, che è totalmente diverso dal Paradiso cristiano, che è invece la pienezza d’essere nella partecipazione all’Essere stesso di Dio. In conclusione nel Buddismo non si parla di Dio, al centro della sua ricerca vi è l’uomo del quale si promuove la crescita interiore e la liberazione psico-spirituale dalla sofferenza.

La centralità dell’uomo e l’assenza di Dio fanno del Buddismo una religione perlomeno anomala. Il Nirvana è visto come liberazione perfetta dal dolore ed è quindi concepito come traguardo, non come origine, e tanto meno come persona, con la quale ci si mette in rapporto e dalla quale ci si mette in rapporto e dalla quale si è aiutati. Per il Buddismo l’importante è superare la sofferenza. Per i buddisti c’è la meditazione ma non la preghiera, c’è la responsabilità delle proprie azioni, ma non la grazia divina. Tra Buddismo e Cristianesimo c’è un enorme divario che fa emergere tutta la profonda novità e originalità di Gesù Cristo Nostro Unico Signore e Salvatore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Monaco Buddista Prima di Essere Cremato, Risorge dopo 3 giorni e Afferma che Gesù è l’unica Verita. ( Sparito misteriosamente)
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Monaco Buddista Prima di Essere Cremato, Risorge dopo 3 giorni e Afferma che Gesù è l’unica Verita. ( Sparito misteriosamente)

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‘Nel 1998 morì un monaco Buddista. Alcuni giorni dopo, si tenne il suo funerale durante il quale doveva essere cremato. Dall’odore, era ovvio che il suo corpo aveva già cominciato a decomporsi – egli era molto chiaramente morto!’ secondo il rapporto dell’agenzia missionaria Asian Minorities Outreach. ‘Noi abbiamo cercato di verificare questa notizia che ci è giunta da diverse fonti, ed ora siamo convinti che essa è esatta’, scrivono essi. ‘Centinaia di monaci e parenti del morto parteciparono al funerale. Proprio quando il corpo stava per essere bruciato, il monaco morto improvvisamente si mise a sedere, gridando: ‘E’ tutta una menzogna! Io ho visto i nostri antenati bruciare ed essere torturati in una sorta di fuoco. Io ho visto anche Buddha e molti altri santi uomini Buddisti. Essi erano tutti in un mare di fuoco!’ ‘Noi dobbiamo dare retta ai Cristiani’, continuò lui vigorosamente, ‘loro sono i soli che conoscono la verità!’

Questi avvenimenti scossero l’intera regione. Più di 300 monaci diventarono Cristiani e cominciarono a studiare la Bibbia. L’uomo risorto continuò ad avvertire tutti di credere in Gesù, perché lui è il solo vero Dio. Audiocassette del resoconto del monaco furono distribuite in ogni parte del Myanmar. La gerarchia Buddista e il governo furono presto allarmati, e arrestarono il monaco. Da allora non è stato più visto, e si teme che sia stato ucciso per farlo stare zitto. Adesso è un crimine serio ascoltare le audiocassette, perché il governo vuole soffocare la sensazione’.

Tratto da: Dawn 2000, 09

‘Noi sentimmo parlare per la prima volta degli avvenimenti da un certo numero di conduttori di chiese del Burma, che investigarono le notizie e non hanno nessun dubbio sulla loro autenticità. Il monaco, Athet Pyan Shintaw Paulu, ha cambiato la sua vita, e soffre e rischia molto per raccontare la sua storia. Nessuno sopporterebbe tale avversità per niente. Egli ha già condotto centinaia di monaci a Gesù, è stato imprigionato, disprezzato dai suoi parenti, amici e colleghi, ed è stato minacciato di morte se non addolcisce le notizie. Attualmente non si sa con certezza dove sta: una fonte Burmese afferma che egli sia in prigione e può essere stato ucciso, un’altra fonte dice che egli è libero e sta predicando’ (Asian Minorities Outreach).

Il resoconto personale dell’ex monaco

Mi chiamo Athet Pyan Shintaw Paulu, sono nato nel 1958 in Bogale nel Irrawaddy Delta, Myanmar del Sud (Burma). Quando raggiunsi 18 anni, i miei genitori Buddisti mi mandarono come novizio in un monastero. A 19 anni, io diventai un monaco, entrando nel monastero di Mandalay Kyaikasan Kyaing, dove fui istruito da U Zadila Kyar Ni Kan Sayadaw, probabilmente il più famoso insegnante buddista del tempo, che morì in un incidente stradale nel 1983. Quando entrai nel monastero mi fu dato un nome nuovo; U Nata Pannita Ashinthuriya. Io cercai di sacrificare i miei propri pensieri e desideri egoistici: persino quando le zanzare si posavano sul mio braccio, io invece di cacciarle via gli permettevo di morsicarmi.

I medici rinunciano

Mi ammalai molto gravemente, e i medici diagnosticarono una combinazione di Malaria e Febbre Gialla. Dopo un mese in ospedale, essi mi dissero che non potevano fare altro per me, e mi dimisero dall’ospedale in modo che potessi prepararmi a morire. Di ritorno al monastero, io diventai sempre più debole, e alla fine persi i sensi. Io scoprii che ero morto solo più tardi: il mio corpo cominciò a imputridirsi e odorava di morte, il mio cuore aveva cessato di battere. Il mio corpo fu fatto passare attraverso i riti di purificazione del Buddismo.

Lago di fuoco

Ma il mio spirito era completamente sveglio. Io mi trovai in una potente tempesta che faceva volare via tutto. Non un singolo albero, niente rimase in piedi. Io ero in una pianura vuota. Dopo qualche tempo, io attraversai un fiume, e vidi un terribile lago di fuoco. Ero confuso, perché il Buddismo non conosce una tale cosa. Io non sapevo che fosse l’Inferno fino a che non incontrai Yama, il Re dell’Inferno. La sua faccia era quella di un leone, i suoi piedi erano come serpenti, ed egli aveva molte corna sulla sua testa. Quando chiesi il suo nome, egli disse: ‘Io sono il Re dell’Inferno, il Distruttore’. Io poi vidi gli abiti color zafferano dei monaci di Myanmar nel fuoco, e guardando più da vicino io vidi la testa rasata di U Zadila Kyar Ni Kan Sayadaw. ‘Perché lui è nel lago di fuoco?’, domandai. ‘Egli era un insegnante molto bravo; la sua audiocassetta ‘Sei un essere umano o un cane?’ ha aiutato migliaia di persone a riconoscere che essi valgono più di un cane’. ‘Sì, era un bravo insegnante’, disse Yama, ‘Ma lui non credette in Gesù Cristo. Ecco perché è all’Inferno!’

Buddha all’Inferno

Mi fu poi mostrato un altro uomo, con dei capelli lunghi legati in un gomitolo sulla parte sinistra della sua testa. Egli indossava anche un abito, e quando domandai chi egli fosse, mi fu detto: ‘Gautama, che voi adorate (Buddha)’. Fui sconvolto. Buddha all’Inferno, con tutta la sua etica e tutto il suo carattere morale?’ ‘Non è importante quanto egli fosse buono. Egli non credette nell’Eterno Dio, e così è all’inferno’, rispose il Re dell’Inferno. Io vidi anche Aung San, il capo rivoluzionario. ‘Egli è qui perché perseguitò e uccise i Cristiani, ma principalmente perché egli non credette in Gesù Cristo’, mi fu detto. Un altro uomo era molto alto, indossava un’armatura e portava una spada e uno scudo. Egli aveva una ferita sulla sua fronte. Egli era più grosso di chiunque altro io potessi vedere, era alto circa otto piedi [1 piede = 30,48 centimetri]. Il Re dell’Inferno mi disse: ‘Quello è Goliath, che è all’Inferno perché egli schernì l’eterno Dio e il suo servo Davide’. Io non avevo mai sentito parlare né di Goliath e né di Davide. Un altro ‘Re dell’Inferno’ si avvicinò a me e mi domandò: ‘Stai andando anche tu nel lago di fuoco?’ ‘No, io dissi, io sono qui solo per guardare’. ‘Hai ragione’, mi disse la creatura, ‘Tu sei venuto solo per guardare. Io non riesco a trovare il tuo nome. Tu dovrai tornare là da dove sei venuto’.

Due vie

Sulla strada di ritorno, io vidi due vie, una larga e una stretta. La via stretta, che io seguii per circa un’ora, fu presto fatta di puro oro. Io potevo vedere perfettamente la mia propria immagine riflessa! Un uomo di nome Pietro mi disse: ‘Ora torna indietro per dire alle persone che adorano Buddha e altri dii che essi finiranno all’inferno se non cambiano. Essi devono credere in Gesù. Egli poi mi diede un nome nuovo: Athet Pyan Shintaw Paulu (Paolo, che ritornò in vita). La cosa successiva che sentii fu mia madre che gridava: ‘Figlio mio, perché ci lasci ora?!’ Io compresi che giacevo in una bara. Quando mi spostai, i miei genitori gridarono: ‘E’ vivo!’, ma gli altri che erano attorno non credettero loro. Quando essi mi videro, essi furono agghiacciati dalla paura e cominciarono a gridare: ‘E’ un fantasma!’ Io notai che stavo seduto in mezzo a tre coppe e mezzo di un liquido odoroso che doveva essere venuto dal mio corpo mentre io giacevo nella bara. Mi fu detto che stavano per cremarmi. Quando un monaco muore, il suo nome, la sua età, e il numero degli anni del suo servizio da monaco sono incisi nella bara. Io ero già stato iscritto come morto, ma come voi potete vedere, io sono vivo!’



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La discutibile iniziativa di un decanato della Diocesi di Milano insieme ad un istituto salesiano e all'Unione Buddhista italiana: una rassegna cinematografica chiamata Buddismo e cinema. Lo scopo? Il solito cammino di conoscenza e di dialogo.  Per fare il quale però Cristo, il suo messaggio e la sua grazia sono stati fatti sloggiare. Con la "complicità" di un missionario partito cattolico e tornato buddhista.

di Ermes Dovico
 

Nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che è il punto di riferimento per le relazioni con le religioni non cristiane, si legge che la Chiesa “considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”. Riguardo in particolare al buddismo, nella dichiarazione si apprezza il fatto che in esso “secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole”. Pur riconoscendo raggi di verità nelle altre religioni, i padri conciliari ricordano come la verità piena sia custodita dalla Chiesa, che “annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è «via, verità e vita» (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose”.

Nel solco di queste premesse, si fa fatica a farvi rientrare la rassegna Buddismo e Cinema. Conoscere la spiritualità del Buddha attraverso i film, promossa da una cooperativa di servizi audiovisivi, d’intesa con l’Istituto salesiano Sant’Ambrogio, il decanato Zara della diocesi di Milano, l’Unione buddhista italiana (Ubi) e la coop In dialogo, emanazione dell’Azione Cattolica. La locandina che promuove l’evento è in questi giorni affissa alle bacheche di alcune chiese del decanato Zara, all’interno del quale operano i salesiani che hanno concesso il patrocinio all’iniziativa, sostenuta pure dal decano Roberto Viganò “dentro un cammino di conoscenza delle religioni, già avviato l’anno scorso con l’Islam”. La rassegna è articolata in tre incontri (dal 28 novembre al 19 dicembre, presso l’auditorium e il cinema dei salesiani), ognuno dei quali prevede la visione di un film sul buddismo e la distribuzione di materiale informativo sui temi trattati. “Un’iniziativa culturale”, la definisce minimizzando don Ivano Mora, economo dei salesiani, che come padre Viganò non condivide le nostre perplessità. Le esponiamo.

Va bene la conoscenza delle altre religioni, ma alla luce del vangelo e del magistero un battezzato deve innanzitutto saper rendere testimonianza della propria fede e delle sue ragioni, prerequisito per un vero dialogo interreligioso in cui il cristiano può presentarsi all’altro con la sua identità. Ora, in questo caso, del dialogo non c’è nemmeno traccia, perché come mostra la locandina si tratta di incontri volti a far conoscere esclusivamente la spiritualità del Budda e tenuti dal responsabile della comunicazione dell’Ubi, dall’abate di un monastero buddista e da padre Luciano Mazzocchi, fondatore della comunità “Vangelo e Zen”, un nome che già di per sé evoca una tendenza al sincretismo.

In un contesto del genere, sorge una prima domanda: in questa iniziativa patrocinata da realtà cattoliche e che si svolge in strutture cattoliche, dov’è l’annuncio di Cristo risorto? La seconda è collegata alla prima: i fedeli che vanno in chiesa e si imbattono in una bacheca con l’immagine del Budda e la promozione della sua spiritualità, che cosa devono pensare? Riteniamo ragionevole credere che in alcuni si possa generare confusione, specialmente in questi tempi in cui si confonde il rispetto dovuto a tutte le religioni con l’idea che siano equivalenti e che in sostanza una “via” di salvezza valga l’altra, come se il Figlio di Dio si fosse incarnato invano e altrettanto invano avesse affrontato la croce.

Ma dicevamo del sincretismo. Per rendersi conto che siamo davvero lontani da quanto i padri conciliari scrissero in Nostra Aetate, basta navigare sul sito dell’associazione “Vangelo e Zen”, presentata come “una comunità di dialogo fra cristianesimo e buddismo che si fonda sulla certezza che il valore custodito dallo Zen e il valore annunciato dal Vangelo si illuminano e si ravvivano a vicenda, senza pregiudizi”. Sopra questa scritta campeggia un Budda che tiene tra le mani, all’altezza del grembo, una sorta di crocifisso. La vita della comunità animata da padre Mazzocchi, un missionario saveriano che ha vissuto 19 anni in Giappone, e dal cofondatore Giuseppe Jiso Forzani, un monaco buddista, prevede varie sedute di zazen, intervallate dalle lodi e dall’ascolto del Vangelo.

Sul sito si scopre poi che don Mazzocchi nel 2007 era di fatto favorevole ai Dico e in una mail di ringraziamento a Rosy Bindi, allora ministro delle politiche per la famiglia, esprimeva l’augurio che la Chiesa potesse ritrovare “l’autorevolezza della sua genuina testimonianza, in cui non c’è né l’essere condizionata né il condizionare” (in quei giorni Benedetto XVI aveva espresso preoccupazione ed esortato la classe dirigente a tener conto del diritto naturale: verosimilmente, è questo che il saveriano intende per “condizionare”). Scopriamo inoltre che a ottobre la comunità ha avviato un corso di studi sul pensiero di Raimon Panikkar, sacerdote e teologo spagnolo noto per le sue idee sincretiste, che di sé diceva: “Ho lasciato l’Europa come cristiano, mi sono scoperto indù e sono tornato buddista, senza aver mai cessato di essere cristiano”. Tra i relatori del corso figura Vito Mancuso, che in quanto a numero di dogmi di fede negati è difficilmente battibile.

A questo punto speriamo che sia chiaro perché delle iniziative così concepite rischiano seriamente di creare confusione e danneggiare la Chiesa e i suoi fedeli. Lo zen non si pone il problema di Dio, esclude di conseguenza l’azione della grazia nella vita dell’uomo e la necessità della redenzione operata da Cristo. Il cristiano non può invece dimenticare che Lui solo è il Salvatore. E, ancora di più in tempo di Avvento, non può fare a meno di annunciarlo.

 





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