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Esortazione Apostolica Amoris Laetitia

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2016 21:03
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Sesso: Femminile
08/04/2016 13:58
 
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  È stata pubblicata l'8 aprile l'esortazione apostolica post-sinodale sull'amore nella famiglia Amoris laetitia, formalmente datata 19  marzo 2016, Festa di San Giuseppe, che fa seguito ai due Sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015 e consta di nove capitoli, 325 paragrafi e 264 pagine complessive. Prima di provare a presentare questo testo enciclopedico, va premessa obbligatoriamente un'osservazione. 


Il Papa stesso all'inizio del documento mette in guardia controtutte le «lettura generale affrettata» e ogni commento che non parta da un esame attento dell'intero documento. Un esame, evidentemente, impossibile a caldo. Nello stesso tempo è evidente che testate quotidiane come la nostra non possono esimersi dal presentare subito il testo ai lettori. Quella che propongo dunque è una presentazione, spero fedele, della semplice “architettura” del documento, che privilegia la struttura generale sugli aspetti particolari. Non è, in nessun modo, un commento, né ovviamente presenta le mie opinioni o reazioni al testo, che tutti dovremo approfondire e digerire nei prossimi giorni. Se posso dare un consiglio, è proprio quello di leggere con calma l'intero documento, che ha fra l'altro numerosi passaggi dotati di una loro bellezza anche letteraria. 


Il fatto che la Sala stampa della Santa Sede abbia fornito anche una sintesi è una cortesia per igiornalisti. Ma si rivelerà un boomerang se i cronisti leggeranno, o peggio commenteranno, solo la sintesi senza accedere al testo completo, che tra l'altro interviene su temi di grande attualità - uno per tutti: le leggi che riconoscono le unioni civili fra persone dello stesso sesso sostanzialmente equiparandole al matrimonio, che sono condannate senza ambiguità - di cui nel riassunto sintetico non si trova nessuna menzione. Trattandosi di fare emergere l'architettura del testo, occorre seguire la sua divisione in nove capitoli. 


Una premessa indica che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risoltecon interventi del magistero», e precisa che «nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano». E il Papa mette in guardia sia contro il «desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento», sia contro «l’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da ìalcune riflessioni teologiche».


Il primo capitolo presenta alcuni insegnamenti sull'amore familiare tratti dalla Sacra Scrittura. Il Papa nota che, proprio all'inizio della Bibbia e contro ogni prospettiva gnostica, è rivendicata la bontà della differenza sessuale fra l'uomo e la donna. «Sorprendentemente, l’“immagine di Dio” ha come parallelo esplicativo proprio la coppia “maschio e femmina”». Francesco segue poi la traccia del Salmo 128, commentandolo passo passo. Più in generale, il capitolo nota che la Scrittura è una storia di famiglie, con le loro gioie e i loro dolori. 


Lo sguardo della Parola di Dio sulla famiglia è molto realistico. «Non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino». La Scrittura esalta la bellezza dell'amore sponsale e la gioia dei figli, ma presenta anche «un sentiero di sofferenza e di sangue» che la famiglia deve attraversare nella storia, e che spesso riesce a superare grazie a «una virtù piuttosto ignorata in questi tempi di relazioni frenetiche e superficiali: la tenerezza».


Nel secondo capitolo, dalle vette del messaggio biblico il Papa scende ai «piedi per terra» della realtàattuale, che vede l'istituzione familiare ampiamente in crisi, anche se non va sottovalutata la sua capacità di resistere e va evitata una cultura della lamentela sterile. Il Papa cita fra le cause della crisi l'accelerazione del «ritmo di vita attuale» - un tema caro ai sociologi che studiano il tempo - e l'individualismo che induce molti giovani a diffidare del matrimonio e della famiglia o ad averne paura. Ma «come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di  inferiorità di fronte al degrado morale e umano». Tra le conseguenze della crisi, il Papa ricorda la rottura dell'unità familiare spesso causata dalle migrazioni, la mentalità antinatalista, l'aborto, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, la pornografia, la droga, l'abuso dei minori, la trascuratezza verso i disabili e gli anziani, la violenza sulle donne di cui molti parlano evitando però di denunciare le sue forme costituite dalla «pratica dell’“utero in  affitto” o la strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica».


«Contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto» sono «inaccettabili anche in luoghi con altotasso di natalità, ma è da rilevare che i politici le incoraggiano anche in alcuni Paesi che soffrono il dramma di un tasso  di natalità molto basso». Per le autorità, questo è «agire in un modo contraddittorio e venendo meno al proprio dovere». Dura la condanna anche di «un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia». Ed è grave quando la teoria del gender cerca di «imporsi come un pensiero unico che determina anche l’educazione dei bambini». Occorre evitare la tentazione di «non riconoscere più la decadenza culturale» o di rinunciare a denunciarla. D'alto canto, è difficile far comprendere, specie ai giovani, la bellezza dell'amore familiare «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla Grazia».


Il terzo capitolo presenta il Magistero della Chiesa sulla famiglia. Un'ampia sintesi rivendica ilcarattere profetico e sempre attuale dell'enciclica Humanae vitae del Beato Paolo VI è dei testi di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Ribadisce che la Chiesa non può in alcun modo rinunciare ad annunciare la sua dottrina secondo cui il matrimonio è indissolubile, perché «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo». Questo non toglie che forme di impegno positivo almeno potenziali possano essere riscontrate - ma al fine di accompagnarle verso la «conversione» e dove possibile verso «il sacramento del matrimonio» - anche tra coloro che vivono forme di convivenza diverse da quella matrimoniale.«Mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione».


Il quarto capitolo è un inno all'amore matrimoniale, fatto di pazienza, amabilità, tenerezza, fiducia,perdono. Non manca un accenno alle gioie della bella tavola e della buona cucina, con una citazione del film prediletto dal Papa, «Il pranzo di Babette». Dal Concilio Vaticano II e dal ricco Magistero di papa Wojtyla sul corpo umano si ricava l'insegnamento secondo cui il matrimonio non si riduce alle sue componenti affettive e sessuali, tuttavia queste non vanno sottovalutate, ma vanno anzi valorizzate. Se «non possiamo ignorare che molte volte la sessualità si spersonalizza ed anche si colma di patologie», in generale «in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi». 


Verginità e celibato sacerdotale non negano questo insegnamento, ma con la loro specialetestimonianza, che non è per tutti, lo rafforzano. Il Papa accenna pure alla «trasformazione dell’amore» negli anziani, quando «il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni». «L'aspetto fisico muta, ma questo non è un motivo perché l’attrazione amorosa venga  meno. Ci si innamora di una persona intera con una identità propria, non solo di un corpo, sebbene tale corpo, al di là del logorio del tempo, non finisca mai di esprimere in qualche modo quell’identità personale che ha conquistato il cuore».


Il quinto capitolo presenta la fecondità dell'amore: la bellezza della gravidanza, della nascita, dellerelazioni familiari che si estendono ai nonni, ai fratelli, alle sorelle, agli zii e si allargano ad abbracciare nella solidarietà politica ed ecclesiale i più poveri e i più bisognosi. Si fa anche cenno al fatto che la nostra è spesso una «società senza padri», che ha assoluto bisogno di ritrovare il senso sia dell'essere padre sia dell'essere figlio. 


Nel sesto capitolo il Papa affronta il problema della pastorale familiare, rilevando come spesso isacerdoti non abbiamo una preparazione sufficiente per fare fronte alle sfide che si pongono alla famiglia nel XXI secolo. Se sono poco preparati i sacerdoti, e va quindi migliorata la formazione sul punto nei seminari, anche i laici e i fidanzati arrivano spesso mal preparati al matrimonio, a causa della cattiva qualità dei corsi prematrimoniali nelle parrocchie, che andranno dunque rivisti e riformati. I sacerdoti dovranno anche imparare ad accompagnare i primi anni di matrimonio, spesso difficili, i vedovi, e le persone separate o divorziate. Dopo avere sottolineato l'importanza della recente riforma della procedura canonica per il riconoscimento della nullità matrimoniale, il Papa invita a ribadire anzitutto che «il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi». 


Nello stesso tempo, «ai divorziati che vivono una nuova unione, è importante far sentire che sonoparte della Chiesa, che “non sono scomunicati” e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale. Queste situazioni esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità», mai però a scapito della «testimonianza circa l'indissolubilità matrimoniale», cui la Chiesa non può rinunciare. Un rapido cenno è dedicato alle persone omosessuali, che vanno accolte, come insegna il «Catechismo della Chiesa cattolica» con «rispetto, compassione e delicatezza». 


Quanto però al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, il Papa fa sue integralmente leconclusioni del Sinodo del 2015. «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia ed è inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».


Il settimo capitolo è dedicato all'educazione. Ribadisce i principi della dottrina sociale della Chiesa inmateria di libertà di educazione e presenta elementi di pedagogia per fare fonte alla crisi educativa attuale. Afferma che la Chiesa oggi accetta l'educazione sessuale, purché non abbia come risultato quello di «banalizzare e impoverire la sessualità» e si colleghi a una integrale «educazione all'amore». È sbagliato educare al «sesso sicuro» insegnando a usare gli anticoncezionali, perché così si promuove «un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza».


Il capitolo ottavo era certamente molto atteso, perché è quello che riguarda le situazioni di fragilità - in particolare quelle dei divorziati risposati - e il loro statuto nella Chiesa. Deludendo certamente qualche aspettativa giornalistica, il Papa afferma che non ci si doveva aspettare «da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi». Si possono ammettere alla comunione, in alcuni casi, i divorziati risposati? Il Pontefice risponde appunto di non volere promulgare una «nuova normativa». Vescovi e sacerdoti dovranno ribadire le «norme generali» per cui il matrimonio è indissolubile e il divorzio è sempre un male. 


Nello stesso tempo è loro affidato «un responsabile discernimento personale e pastorale dei casiparticolari». «I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento» dei singoli casi, dove colpe, responsabilità e «circostanze attenuanti» possono essere molto diverse. Il discernimento «dovrebbe riconoscere che, poiché il “grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi”, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi», e questo - precisa una nota a piè di pagina - «nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave».


Francesco invita «i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a uncolloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale». Ai pastori, il Papa raccomanda la «logica della misericordia», la quale considera che, «pur conoscendo  bene la norma», «in determinate circostanze le persone trovano grandi  difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento  pastorale,  pur tenendo conto della coscienza rettamente  formata delle persone, deve farsi carico di queste  situazioni».


Infine, il nono capitolo presenta la spiritualità coniugale e familiare, e riafferma con forza che lacondizione matrimoniale non è un ostacolo e neppure una via minore alla santità.«Coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica». La preghiera conclusiva del lungo documento è un esempio di questa spiritualità.


   


 

Per il brano che segue, diciamo: BRAVO Marco TOSATTI!!!   è il concentrato più serio ed equilibrato per presentare un inutile testo di 200 pagine.... e visto che c'è prima la Laudato sì, il Papa poteva RISPARMIARE TUTTI QUESTI ALBERI 

MARCO TOSATTI 08/04/2016
Much ado about nothing, o quasi? Sui temi scottanti che hanno appassionato giornali e monsignori negli ultimi due Sinodi, quello del 2014 e quello del 2015, abbiamo l’impressione che l’imponente e dettagliatissima esortazione post-sinodale abbia in buona sostanza lasciato le cose come stavano prima del clamore della battaglia.

Ci riferiamo alla questione delle relazioni omosessuali, in primo luogo, e poi a quella dei divorziati risposati e l’accesso ai sacramenti.

Vi ricordate la “Relatio post Disceptationem”, nell’ottobre 2014, quella scritta soprattutto dall’arcivescovo Forte, e disconosciuta come propria dal card. Erdö?

Scriveva, al n. 51: “La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender. Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. (Grassetto nostro). Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli”.

La parte in grassetto fu letta come un primo passo per orientare la Chiesa a riconoscere qualche forma di unione fra persone dello stesso sesso.

Amoris Laetitia ribadisce, come peraltro la Chiesa già fa, che “ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza”.

E poi continua: “Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che <circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia>; ed è inaccettabile <che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso>.

Per quanto riguarda i divorziati risposati e l’accesso ai sacramenti è da notare con quanta ampiezza e calore si ribadisca che anch’essi fanno parte della Chiesa; che è quanto peraltro era già detto dai Papi precedenti.

In particolare, il Pontefice fa questa esortazione: “Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari” il Papa osserva: “sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296). E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità̀ ecclesiale, perché́ si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuità”. Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale”.

Conclusione: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (...) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi”.
Il che accade tutti i giorni, da molto tempo, nella prassi; è esperienza comune di quanti si sono trovati o si trovano in una situazione problematica di questo genere, e si rivolgono a un sacerdote per essere consigliati e accompagnati. E spesso indirizzati ad accostarsi ai sacramenti. Ci sembra però che sia stata abbandonata quella volontà di creare norme generali a favore dell’inclusione che hanno caratterizzato la prima parte del dibattito, in particolare da parte di alcune conferenze episcopali europee, e di alcuni teologi, come il card. Kasper.







Noi ci affidiamo ancora a La Bussola per i consigli di buona lettura


Una famiglia in udienza dal Papa
 

«La peculiarità della Amoris Laetitia va cercata nello slancio pastorale e misericordioso di papa Francesco, nella premura per tutte le famiglie, da accompagnare nella Chiesa, nell’educazione dei figli. Ma per quanto riguarda l’ammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia non ci sono novità rispetto al passato». Parla il professore José Granados, Vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia presso l’Università Lateranense.

di Riccardo Cascioli

«La peculiarità della Amoris Laetitia va cercata nello slancio pastorale e misericordioso di papa Francesco, nella premura per tutte le famiglie, da accompagnare nella Chiesa, nell’educazione dei figli. Ma per quanto riguarda l’ammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia non ci sono novità rispetto al passato». È il giudizio sintetico del professore José Granados, Vicepreside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia presso l’Università Lateranense, dove è anche e professore ordinario di Teologia del matrimonio e della famiglia. Il professor Granados è stato anche nominato dal Papa quale consultore della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi del 2015.

Professor Granados, dopo le tante discussioni in questi due anni e mezzo, era fatale che nell'esortazione, che pure è lunghissima e tratta molti temi, tutti andassero a cercare gli eventuali cambiamenti riguardo la comunione ai divorziati risposati. Malgrado i titoli di molti giornali facciano pensare il contrario, nel testo però questo cambiamento non sembra esserci. Mai si parla di ammissione all'Eucaristia.

La lettura del capitolo ottavo, dove si parla di questo tema, porta alla conclusione che non c’è stato cambiamento riguardo a Familiaris Consortio 84 e Sacramentum Caritatis 29. Infatti, se il Papa volesse introdurre un cambiamento in una disciplina così importante, con radici dottrinali nel Vangelo stesso, sarebbe necessaria una sua affermazione chiara. Ma in nessuna parte del documento troviamo scritto che i divorziati in nuova unione civile possono, almeno in qualche caso, essere ammessi all’Eucaristia senza osservare la possibilità aperta da FC 84 di vivere in continenza. Con il suo slancio pastorale e misericordioso il Papa ha voluto dunque insistere sul fatto che non dobbiamo giudicare questi fratelli e sorelle, perché non conosciamo i condizionamenti, il grado di conoscenza e responsabilità delle persone; dobbiamo invece metterci in cammino con loro per integrarli pienamente nella Chiesa.
D’altra parte il testo cita (al n. 302), approvandolo, un documento del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi dove si spiega molto bene la questione. La Chiesa non ammette queste persone, non per la loro colpevolezza soggettiva, ma perché il loro stato oggettivo di vita è in contraddizione con il sacramento del matrimonio e dell’Eucaristia.
Il problema non è la colpevolezza soggettiva delle persone coinvolte, ma il bene comune della Chiesa, la confessione ecclesiale di fede in Gesù davanti al mondo (che avviene proprio nella pratica sacramentale), e il mantenere chiara la meta ultima a cui conduce il cammino pastorale di misericordia: vivere la vita piena del Vangelo. La norma rimane dunque per ogni caso, ed è una grande luce pastorale per la Chiesa, perché indica la meta verso cui camminare e accompagnare queste persone per condurli alla vita piena di Gesù.

Possiamo dire allora che la «linea Kasper» esce fortemente ridimensionata?

La proposta del cardinale Kasper, possiamo dire, è stata recepita nella sua visione positiva e bella del Vangelo della famiglia. Ma non nel punto concreto che si riferiva alla possibile ammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia. Su questo punto non c’è nessuna affermazione chiara del Papa che indichi un cambiamento della disciplina, che quindi rimane in vigore come una luce per guidare la pastorale misericordiosa della Chiesa con queste persone. D’altronde, questa era stata anche la via indicata dal Sinodo: aprire un cammino paziente per integrare le persone pian piano, con sguardo misericordioso, alla pienezza della vita ecclesiale e del Vangelo di Gesù. 

Quali sono allora le novità di questa esortazione apostolica, che lei giudica positive?

C’è soprattutto il grande slancio pastorale e misericordioso di Papa Francesco, che ci invita ad uscire e proclamare il vangelo della famiglia a coloro che sono più lontani. In questo contesto ci offre una bella esposizione di 1Cor 13, l’inno alla carità di San Paolo, per poter sviluppare un’antropologia fondata sulla verità dell’amore, rivelato pienamente in Gesù. C’è inoltre un’insistenza grande sull’accompagnamento delle famiglie, piccole chiese domestiche, nella grande famiglia che è la Chiesa. Indicherei, per ultimo, l’aver guardato direttamente il grande tema dell’educazione dei figli, ampliando così i temi trattati al Sinodo, e aprendo la riflessione su un argomento di grande rilevanza per il futuro, come aveva ormai notato Benedetto XVI nei suoi discorsi sull’educazione.

Le discussioni però e la “guerra delle interpretazioni”, inevitabilmente, si stanno già concentrando sul capitolo 8, dove si prendono in considerazione i casi irregolari. Quali sono, a suo avviso, le parti più problematiche o poco chiare che possono dare adito a interpretazioni contrastanti?

Se si separa il testo dal contesto della discussione sinodale oppure dalla sua continuità con il magistero precedente, certamente ci possono essere interpretazioni sbagliate. Io direi che per interpretare questo capitolo bisogna tenere conto, in primo luogo, della Relatio Finalis dei due Sinodi, citati continuamente nel documento. Il Papa, che tanto insiste sulla sinodalità, ha voluto raccogliere il messaggio del Sinodo, e non andare oltre.
In secondo luogo, è importante sottolineare la continuità con il magistero precedente, specialmente di San Giovanni Paolo II, che Papa Francesco ha chiamato "il Papa della famiglia".

Bisogna in tutte le affermazioni ricordare che il Papa non vuole giustificare il peccato né le situazioni di peccato, ma aiutare la persona perché possa tornare alla vita piena di Gesù. Si tratta di comprendere le persone, di saper guardare i loro problemi, di accettare la difficoltà culturale che c’è per vivere la verità dell’amore... per ricondurli a Gesù e al suo Vangelo. Il Papa insiste che lo sguardo ultimo a cui la Chiesa vuole condurre le persone è la vita piena del Vangelo, il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, senza riduzioni della sua grandezza. Penso che con questi criteri si possono evitare molti malintesi.

C'è il rischio di poterci leggere un allentamento dell'oggettività della norma morale, in contrasto con la Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II?

Il Papa ha detto ripetute volte che non voleva cambiare la dottrina. L’Enciclica Veritatis Splendor è un documento dottrinale di alto livello sulla teologia morale, che il Papa dunque non ha voluto negare, né una esortazione apostolica con un intento pastorale sarebbe il luogo per farlo. Questo vuol dire che il testo deve interpretarsi sempre alla luce di Veritatis Splendor. Così, quando il testo afferma che non ci sono norme assolute, non si riferisce certamente alle norme che vietano atti intrinsecamente cattivi, perché affermare che ci siano queste norme è il principale intento di Veritatis Splendor. Inoltre, il documento stesso raccoglie queste norme, quando dice, ad esempio, con forza, al n. 245: “Mai, mai, mai, prendere il figlio come ostaggio”.
Il Papa stesso ha dunque individuato norme assolute come del resto ha già fatto con il divieto di tortura, di appartenenza ad associazioni mafiose, la pedofilia... 

In realtà, se vediamo il contesto, la chiave per capire di quali norme si tratti, è data dal n. 299, dove si parla delle norme disciplinari sui sacramenti che la Chiesa ha autorità per cambiare, come ad esempio il fatto che un divorziato in nuova unione possa essere padrino o madrina di battesimo. A questo, si dice, non si può dare una norma canonica generale, ma s’invita ad un discernimento, che tenga conto se la persona sta facendo un cammino verso la conversione.

C'è chi ha notato l'ambiguità di alcune note, a proposito di disciplina dei sacramenti e di coscienza. Lei cosa ne dice?

Una delle note (351) del documento apre una domanda generale a cui non si offre poi una risposta specifica. Si dice che in certi casi la Chiesa può dare l’aiuto dei sacramenti a chi vive in una situazione di peccato obiettivo, se non è soggettivamente colpevole. È un’affermazione che non si applica dunque direttamente al caso dei divorziati in nuova unione civile. Questo caso è specifico e differente da altre situazioni obiettive di peccato, infatti, perché in esso si vive in contraddizione con un sacramento, come ha insegnato Benedetto XVI in Sacramentum Caritatis 29. Il Papa Francesco, dunque, non specificando di più, non ha neanche cambiato la disciplina stabilita. Sarebbe stato strano, infatti, che egli avesse proposto questo cambiamento così importante in una nota a piede di pagina.  

Lei che ha partecipato al Sinodo, trova che l'esortazione rispecchi fedelmente quanto emerso nel dibattito sinodale o la sensibilità del Papa rispecchia maggiormente la sintonia con una tendenza particolare?

All’inizio del documento (n. 3) il Papa critica, per così dire, due atteggiamenti opposti che possono essere stati presenti al Sinodo: coloro che vogliono cambiamenti a qualsiasi costo senza riflessione, e coloro che vogliono solo applicare normative. Penso che Francesco indichi dunque la chiave di una riflessione ragionata alla luce del Vangelo di Gesù e in fedeltà alla Chiesa (n. 3). In questo senso, più che vedere una sintonia con una tendenza o un’altra, penso che il Papa abbia voluto indicare i criteri, mostrandosi sempre in sintonia con il documento finale del Sinodo, che tante volte egli si accontenta di citare lungamente. Un criterio chiave per leggere il testo è dato appunto dai due documenti sinodali, che il Papa ha voluto accogliere ed esplicitare, in tutto il suo impegno pastorale, senza andare oltre le linee indicate dal Sinodo. 

Mettendo a confronto la Familiaris Consortio e la Amoris Laetitia, quali sono - brevemente - le principali differenze?

Direi che in Amoris Laetitia si vede la preoccupazione molto grande per avvicinarsi ai lontani, per fare tutto il possibile per attirarli verso la vita del Vangelo. Questo era presente anche in Familiaris Consortio, molte volte citata dal documento, ma non con così tanto sviluppo. Ci sono anche sfide nuove a cui Amoris Laetitiarisponde, perché si è aggravata la difficoltà culturale riguardo alla famiglia (penso, ad esempio, all’ideologia di gender). Le linee generali di Familiaris Consortio sono confermate, sviluppate e illuminate: la visione della persona alla luce dell’amore, l’importanza di una cultura della famiglia, il desiderio di partire dal Vangelo per illuminare la situazione odierna...

Il concetto di "bene possibile" e la valorizzazione del bene anche in situazioni oggettivamente sbagliate - che nell'esortazione sono richiamati - sono solo una preoccupazione pedagogica o rischiano di essere gravemente fraintese?

Penso che per rispondere a questa domanda sia importante ricordare il rifiuto esplicito del documento (n. 295) per una gradualità della legge, affermando con Familiaris Consortio 34 la “legge della gradualità”. FC 34 rifiuta che ci siano “vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse”. Secondo la “gradualità della legge”, Dio richiederebbe solo gradualmente l’esigenza della legge alle persone con difficoltà per compierla; la legge non obbligherebbe quindi tutti allo stesso modo. La legge della gradualità, invece, assume pedagogicamente il concetto di legge, senza contraddire le sue esigenze normative minimali.
Queste esigenze, infatti, identificano ciò che distrugge i beni essenziali della persona, e hanno così proprio il compito di permettere questa pedagogia. Le affermazioni di questo documento devono capirsi secondo le idee di FC 34, che Amoris Laetitia ha voluto esplicitamente confermare. 

Riguardo alla valorizzazione del bene in situazioni sbagliate il testo certamente farebbe problema se si interpretasse accettando il bene della situazione in se stessa. Queste situazioni (come la convivenza, l’adulterio, ecc) hanno una logica contraria al matrimonio, e quindi sono un ostacolo al cammino verso l’amore.
Ma i testi possono interpretarsi anche come valorizzazione del bene che è nel cuore della persona che vive in quella situazione. La situazione è un ostacolo per l’amore, ma il desiderio di amore pieno che è nel cuore dell’uomo è seminato da Dio ed è buono. Gesù con la samaritana ha usato appunto questo metodo: parlare al desiderio di amore pieno del cuore della donna, per poi fare vedere che la decisione presa da lei (non è il tuo marito) e la situazione in cui si trovava erano un ostacolo per l’amore. 

 

- L'enciclopedia sulla famiglia di papa Francesco, di Massimo Introvigne
- L'analisi: la rivoluzione che non c'èdi Lorenzo Bertocchi






[Modificato da Caterina63 14/04/2016 10:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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