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Esortazione Apostolica Amoris Laetitia

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2016 21:03
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26/04/2016 21:49
 
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di Don Giorgio Ghio

zzzzultmfllIncredibile, ma vero. Intere conferenze episcopali (non ultima, quella italiana con il suo organo di stampa) acclamano alla svolta del Magistero pontificio, per non parlare di parroci, predicatori e confessori. È difficile sostenere che il testo non abbia valore magisteriale dal punto di vista formale; se davvero non lo ha, il motivo è più sostanziale. 

In ogni caso, l’universale, entusiastico peana non coinvolge soltanto i soliti esponenti del pensiero “laico” (leggi: ateo) dominante e gli onnipresenti vip dalla vita scandalosa che sono ormai modello imprescindibile per i giovani e le famiglie. Sono gli stessi Pastori che, gettando l’ultima maschera, si abbandonano all’ebbrezza di veder finalmente sdoganato ciò, evidentemente, pensavano e facevano già. Sebbene l’esortazione apostolica Amoris laetitia non lo affermi mai esplicitamente, tutti hanno unanimemente riconosciuto che l’accesso ai Sacramenti è d’ora in poi aperto indistintamente a tutti, compresi i pubblici concubini, gli adulteri permanenti e quanti coltivano altre forme di unione (senza specificare quali).

Non che manchino affermazioni formalmente erronee. Ma queste ultime compaiono solamente al culmine di una sfiancante marcia forzata lunga più di duecento pagine (è forse il documento papale più esteso della storia), quando si è ormai inebetiti dai miasmi di un’aura decadente che narcotizza chiunque sia sprovvisto di una solida struttura intellettuale. Come è stato efficacemente osservato, il veleno non è somministrato subito in dose letale, ma spennellato sulle pagine in modo da uccidere insensibilmente il lettore, come nel celebre romanzo compilato da uno dei più noti esponenti, passato di recente davanti al giudizio divino, dell’odierno, sgangherato “pensiero debole” (ovvero la più radicale e aggressiva forma di nichilismo che la storia della cultura abbia mai conosciuto). Tale raffinata tecnica si accoppia con quella rozza – tipica della geovista Torre di guardia – di citare autori della tradizione cattolica estrapolandone delle frasi dal contesto in modo da far loro dire l’opposto o, comunque, da piegarli alla propria tesi, del tutto estranea.

Un tipico esempio, rintracciabile nella nota 329, è quando si cita la Gaudium et spes(§ 51) per scoraggiare, con implicita condanna, la pratica della castità tra conviventi illegittimi, laddove il documento conciliare si riferisce alla regolare vita matrimoniale; il nostro testo contraddice così in modo diretto il magistero di Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (§ 84). 

Altri casi eclatanti sono quelli in cui è citato san Tommaso d’Aquino quando tratta di tutt’altra questione (cf. Amoris laetitia, 301.304): il particolare cui si riferisce il Dottore Angelico non designa certo una situazione immorale, ma una possibilità che rientra pur sempre nell’ambito del moralmente lecito; il caso dell’assenza o debolezza di una singola virtù, analogamente, per non essere incompatibile con la presenza e la crescita della carità deve limitarsi a una carenza che, non arrivando fino al peccato in materia grave (il quale priva della vita teologale), non intacca lo stato di grazia.

Ma queste finezze dottrinali, peraltro familiari a chiunque abbia fatto un buon catechismo, paiono inaccessibili al documento in questione, che getta a mare, con estrema disinvoltura, due millenni di insegnamento morale. È così che esso può giungere ad affermare l’inaudito: «Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” [cosiddetta? lo è o non lo è?]vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante» (Amoris laetitia, 301). Di conseguenza, come si insinua nella nota 336, possono essere ammessi alla ricezione dei Sacramenti, nonché a tutte quelle forme di partecipazione ecclesiale dalle quali sono stati finora – in modo del tutto illegittimo e ingiusto, come bisogna dedurne – esclusi e banditi. 

Il fatto è che, in realtà, la condizione di quelle persone è oggettivamente una violazione grave dell’ordine stabilito da Dio sul piano sia naturale che soprannaturale; essa è quindi sempre, nonostante qualsiasi altra considerazione, intrinsecamente cattiva, con buona pace dell’arcivescovo di Vienna, i cui marchiani errori non sono scusabili dall’ignoranza. Quanto all’imputabilità morale degli atti umani, essa può essere attenuata solo per le singole azioni, non per una situazione stabile in cui uno si è posto in modo pienamente cosciente e deliberato e dalla quale non vuol recedere.

I peccati gravi di concubinato e di adulterio permanente sono invece derubricati a fragilità e imperfezioni. In un componimento scolastico si userebbe il rosso per correggere un uso quanto meno improprio delle parole. Ma qui, in questo profluvio di misericordia che oscura quella di Cristo stesso, i vocaboli cambiano significato nel quadro di una visione completamente inedita: il matrimonio cristiano, come è stato vissuto finora, è diventato un ideale da raggiungere, mentre le situazioni irregolari si trasformano in realizzazioni parziali e perfettibili di un bene non ancora pienamente attuato. La cosiddetta legge della gradualità, ammissibile unicamente in ciò che è moralmente lecito, diviene così un passe-partout con cui si pretende di rintracciare elementi positivi in condizioni di vita gravemente contrarie ai Comandamenti divini.

Il capovolgimento è ormai completo: mentre la virtù risulta qualcosa di nocivo, il vizio è pienamente riabilitato. La misericordia di Dio, in questa luce, è correlativamente presentata come atteggiamento del tutto unilaterale che non richiede da parte dell’uomo alcuna corrispondenza mediante la propria conversione e correzione. Ma è impossibile accedere al bene e alla grazia senza prima (come si fa nelle promesse battesimali) rinnegare il male e il peccato. O almeno, a quanto pare, lo era fino ad oggi: un nuovo verbo ha posto fine al vecchio mondo dei farisei e ne ha inaugurato uno in cui il peccato mortale non è più un male assoluto, ma può essere addirittura «la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (Amoris laetitia, 303). Semplicemente blasfemo.

Come si è potuti arrivare a simili, evidenti aberrazioni nella Chiesa Cattolica? La risposta è nota: mediante quello snaturamento della teologia che va sotto il nome di svolta antropologica. 

Come è stato di recente dimostrato in un convegno promosso da una benemerita congregazione, ora non a caso liquidata dai commissari pontifici, l’indiscusso autore di tale “rivoluzione copernicana”, Karl Rahner, ha stravolto il metodo teologico fondandolo su premesse filosofiche incompatibili: Kant con la sua illuministica religione nei limiti della sola ragione e i suoiimperativi categorici radicati nella coscienza individuale anziché nell’ordine oggettivo dell’Essere; Hegel con la sua visione gnostica di uno “spirito” immanente che si svilupperebbe in un inarrestabile progresso attraverso il superamento delle antitesi in una superiore composizione dei contrari; Heidegger con la sua falsa concezione storicistica di un uomo dalla natura evolutiva. 

Una volta rimosso l’impianto realistico proprio della tradizione cattolica e lasciato libero campo a queste filosofie erronee, è teoreticamente arduo confutare le “colonizzazioni ideologiche” del gender. L’America Latina è peraltro già colonizzata da decenni di pseudo-teologia tedesca, che di propriamente teologico non ha più nulla per il semplice fatto che non riconosce più il valore normativo della Rivelazione.

Il punto d’arrivo di questa sorprendente parabola è che un documento pontificio destinato a guidare le scelte di Pastori e fedeli nel delicatissimo campo della morale sessuale e matrimoniale può oggi presentare l’intrinsece malum come possibilità non solo lecita, ma buona e raccomandabile, posta la pretesa valenza positiva, se non sacra, dell’erotismo e del commercio carnale sganciato dalla procreazione (lasciando intendere a piacimento, oltretutto, se omofilo o eterofilo). 

In una società satura di impudicizia e pornografia, in cui l’impurità, la libidine e la perversione sono già esaltate a tutti i livelli e vengono ormai imposte agli individui fin dalla più tenera età senza che i genitori possano efficacemente opporvisi, quest’ultimo intervento bergogliano sfonda una porta aperta. Di realmente nuovo c’è solo l’imprimatur all’ideologia dominante: d’ora in poi si potrà fare tutto con tanto di benedizione papale e andare in pari tempo disinvoltamente a ricevere l’Eucaristia. È come se il peccato (e con esso la natura decaduta, la concupiscenza, la legge divina, la grazia… Dio stesso) non ci fosse più: etsi peccatum, natura lapsa, concupiscentia, divina lex, gratia… Deus non daretur. Come risultato è sicuramente un grande successo per un liquidatore fallimentare.

fonte: Confederazione Civiltà Cristiana   



 

Cammmino di fede con giovani sposi e coppie
Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Ef. 5,1-33)


“Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi.
Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie­ ,come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli sia­no soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi com­parire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o al­cunché di simile, ma santa e immacolata.
Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatt­i ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, co­me fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola.
Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito”.

Che cosa dice il testo ? (LECTIO)

San Paolo sta proponendo un codice domestico (Ef 5,21-6,9), perché il discepolo di Gesù viva anche in famiglia la propria totale adesione al Signore.
Ebbene, dopo l'enunciazione del principio ge­nerale di una vicendevole sottomissione
(v. 21), vi è l'i­struzione alle mogli, basata su due tipi di motivazioni: una considerazione di carattere naturale (v. 23a: «il mari­to è il capo della moglie») e una con riferimento a Cristo (vv. 23b-24: il rapporto vicendevole nella coppia ha come modello quello tra Cristo e la Chiesa!).
Anche se il linguaggio sembra suonare maschilista, bi­sogna dire che, nonostante l'apparenza, la vita cristiana stessa, e non solo quella matrimoniale, è fatta di sotto­missione reciproca («Siate sottomessi gli uni agli altri»: v. 21).
Il centro del brano è però la motivazione cristologica di questa catechesi sulla vita coniugale. L'istruzione ai mariti, infatti, sviluppa ulteriormente la motivazione cri­stologica precedente e propone alcune linee di una teo­logia cristiana del matrimonio (vv. 25-33): la relazione generatrice di salvezza che c’è tra Cristo e la Chiesa e che si attua nell'amore e nel dono di sé costituisce il modello delle relazioni sponsali dei cristiani. È così consentito al lettore di sco­prire le radici del riferimento a Cristo del matrimonio. Appaiono decisivi in particolare due passaggi (vv. 25 e 31s.).

«Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha ama­to la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (v. 25). È da notare il verbo greco usato per “amare”: nel Nuovo Testamento esso indica l'amore gratuito e disinteressato di Dio, in Cristo, verso l'umanità e dell'uomo verso il suo prossimo. È un amore che cerca il bene dell'altro anche quando è impegnativo, difficile; trasposto nell'ambito coniugale si applica a tutte le ma­nifestazioni della vita in comune e deve essere costante nel tempo, così come è fedele e irrevocabile l'amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa.
«Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (vv. 31s.). Qui si fa un percorso inverso e si procede `dal basso', dalla relazione sponsale della coppia, per applicarla al rapporto Cristo-Chiesa e non più vice­versa. Questo evidenzia la qualità simbolica dell'amore nuziale, la sua capacità di annunziare realmente, nel con­creto del vissuto familiare, il trascendente amore di Cri­sto. La citazione di Gen 2,24 è oggetto di un'interpretazio­ne originale: in Cristo si compie la verità della creazione, del progetto divino sul rapporto uomo-donna. Avviene così che il mistero del rapporto sponsale arrive ad essere simbolo del rapporto di Cristo con la Chiesa, il quale a sua volta riverbera una nuova luce sulla relazione coniugale.

Ringraziamo sul testo (MEDITATIO)

Ha ragione san Paolo, in questa inimitabile catechesi sui rapporti coniugali: egli pare sbilanciarsi soltanto nella ri­chiesta di sottomissione alle mogli, mentre ai mariti vie­ne chiesto soltanto (!) di amare la moglie come il proprio corpo; ma questa è una lettura superficiale. Infatti, non solo non ci è lecito astrarre una frase dal suo contesto (v. 21: «Siate sottomessi gli uni gli altri), ma a ben vedere l’“essere soggetta” da parte della moglie e l'amare la propria moglie come il proprio corpo da parte del marito non sono che due facce della sotto­missione reciproca. Un marito che ami gratuitamente e disinteressatamente, cioè senza pretese di diritti acquisi­ti, è una novità assoluta nel contesto sociale di quel tempo, certamente molto di più di una moglie sot­tomessa!
Ma tutto questo ancora su un piano umano: la novità sconvolgente, come detto sopra, è che questo piano in­carna l'annuncio dell'amore fedele reciproco tra Cristo e la Chiesa! L'amore sponsale di due coniugi battezzati mo­stra l'incredibile apertura sul mistero d'amore tra Cristo e la Chiesa. E nel medesimo tempo esso, l'amore sponsale, scopre la propria radice ultima: la sottomissione recipro­ca come la grazia che viene da Cristo Gesù che fa «santa e immacolata» la sua sposa. Se l'autore della Lettera agli Efesini si fosse prefisso di esaltare il rapporto coniugale, non avrebbe potuto fare di più: oltre non si può andare; siamo infatti alle soglie del mistero. Tanto noi coniugi dobbiamo all'incarnazione!

Preghiamo (ORATIO)

O Signore, che ci hai dato l'un l'altro perché il mondo veda e ti dia lode, aiuta, ti preghiamo, quello di noi che oggi vede il prossimo passo da fare per la nostra coppia verso di te, affinché ami l'altro quanto ama il cammino verso di te, che intravede oltre le contingenze mondane; e aiuta l'altro a sottomettersi, non tanto al coniuge, quanto alla verità di cui il primo è portatore.
Ma aiutaci soprattutto quando domani,nella storia della nostra coppia, capiterà che quello che si è sottomesso veda chiaro le tracce di te e sia giunto per il primo il momento di imparare la sottomissione.
A vicenda guide, a vicenda sottomessi, perché il mondo creda.

Cosa ha detto la parola (CONTEMPLATIO)

“«Questo mistero è grande», dice Paolo; «io intendo rispetto a Cristo e alla Chiesa»
(Ef 5,32). Si compie un grande mistero. In che modo è un mistero? Convengono insieme e di due fanno uno solo. Vengono per diventare un solo corpo. Se i due non divenissero uno, non riprodurrebbero molti finché rimanessero due; ma quando giungono all'unità, allora ne riproducono.
Che cosa impariamo di qui? Che è grande la forza dell'unione. L’abilità perfetta di Dio divise all'origine uno in due, e, volendo che anche dopo la divisione rimane uno, non ha permesso che uno solo bastasse alla generazione. Infatti non è ancora uno, ma la metà ed è evidente che non può generare figli, come anche prima. Hai visto il mistero del matrimonio? Da uno ne fece uno e di nuovo, resi questi due uno, in questo modo ne fa uno: cosicché anche ora l’uomo nasce da uno. Infatti la donna e l'uomo non sono due esseri, ma uno solo” (san Giovanni Crisostomo).

Mettere in pratica la parola (ACTIO)

Traducete nella vostra vita coniugale questa parola: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ef 5,21).

PER LA LETTURA SPIRITUALE

“La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a sé come suo corpo.
Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del 'principio' (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo ren­de capace di realizzarla interamente.
Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'a­more che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla croce per la sua sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazio­ne (cfr. Ef 5,32s.); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito che il Signore effonde dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla croce” (Giovanni Paolo II - “Familiaris consortio”).




[Modificato da Caterina63 29/04/2016 09:31]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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