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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 72 alla 152 (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2022 11:51
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13/03/2022 10:22
 
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LXXXV (85)- A Pietro di Tommaso de' Bardi da Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi illuminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza. Perocchè in altro modo non potreste esser piacevole al nostro Creatore, nè partecipare la vita della Grazia; perocchè fede viva non è mai senza opera. Che se fede fusse senz'opera, sarebbe morta, e partorirebbe e' figliuoli suoi delle virtù morti, e non vivi. Però che colui che è senza il lume della fede, è privato della virtù della carità; e senza la carità neuno bene che faccia, o atto di virtù, gli vale e vita eterna; benchè neuno bene si debba lassare, che non si faccia, però che ogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita. Poniamochè quello bene che è fatto in colpa di peccato mortale (che è privato allora del lume della santissima fede),non gli vale quanto a vita eterna: ma valgli a molte altre cose, ricevendo grazia da Dio. Cioè, che non volendo la divina bontà che quel bene che adopera l'uomo, passi inremunerato, egli il remunera, alcuna volta prestandoci 'l tempo, nel qual tempo abbiamo spazio di poterci correggere; o egli ci mette nei cuori de' servi suoi, costringendoli a desiderio della salute nostra; onde per quel desiderio e orazioni che fanno per noi, esciamo dalla tenebra del peccato mortale, e ridurrenci allo stato della grazia. O egli il remunera in cose temporali, se egli non si dispone per suo difetto a ricevere le spirituali. Sicchèdunque vedete che ogni bene è remunerato. E però non si debbe lassare il bene; ma bene doviamo ingegnarci di farlo in Grazia, acciò che sia fatto col lume della fede, nel qual lume della fede si partoriscono i figliuoli delle virtù vivi, cioè che danno nell'anima vita di Grazia.

O glorioso lume, che privi l'anima delle tenebre, e spoglila della speranza di sè e del mondo e de' figliuoli ed'ogni creatura, e vestila della vera speranza la quale ha posto in Cristo crocifisso! E però non teme mai che gli manchi alcuna cosa, però che col lume della fede ha cognosciuta la divina bontà in sè; onde cognosce che Dio è potente a poterlo sovvenire: e è sapientissimo, che sa sovvenire; e è clementissimo, che vuole sovvenire la sua creatura che ha in sè ragione. Chi spera in lui, non gli manca mai; ma a misura tanto ci provede, quanto noi speriamo nella sua larghezza. Onde tanto saremo proveduti, quanto noi spereremo. E però, se l'uomo cognosce sè con lume della fede, egli non si confida in sè, nè in suo sperare. Però che cognosce, sè per sè non essere manifestamente: che se alcuna cosa fusse da sè, egli potrebbe possedere di quelle cose ch'egli ama, a suo modo. La qual cosa non è. Anco, quando vuole essere ricco, spesse volte gli conviene essere povero; vorrebbe la sanità e la lunga vita, ed egli conviene essere infermo, e viengli meno 'l tempo. E però è stolto e maladetto colui che si confida nell'uomo; vedendo egli, che alcuna cosa non è da sè, vedendo che il mondo e l'uomo nol serve se non per propria utilità. Chi dunque si vorrà confidare in loro, sempre ne rimarrà ingannato; però che a neuna cosa gli tiene fede. Chè, volendo arricchire, egli impoverisce l'anima sua e sè, e' figliuoli, della sustanzia temporale. Egli diventa disordinato e incomportabile a sé medesimo; desiderando quello che non debbe desiderare. E l'animo che è disordinato a volere quello che non ha, sempre pena; però che è privato del sommo Bene, 'l quale pacifica, quieta e sazia l'anima.

O fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio dell'intelletto col lume della santissima fede, acciocchè cognosciate la poca fermezza e stabilità del mondo, e la grande bontà di Dio, fermo e stabile, che non si muove mai, 'l quale sazia e nutrica l'anima nell'affettuosa carità, e vestela di speranza; sperando nel suo dolce Creatore. E sa bene che la divina Bontà vede di quello, che ha bisogno; e però offera il desiderio e 'l bisogno a lui, servendolo con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo. E la fadiga delcorpo dà alla famiglia, sovvenendogli e aiutandogli di quello che può. Con buona e santa coscienzia fa quello che può; e l'avanzo lassa fare alla divina Bontà, in cui egli ha posto la speranza sua, perché cognobbe col lume della fede la sua bontà e providenzia. In altro modo non veggo che potreste campare dal loto del mondo senza il lume della fede, onde trasse la speranza e l'affettuosa carità, gustando in questa vita l'arra di vita eterna, perché la volontà sua è vestita della dolce volontà di Dio.

E però io vi dissi che desideravo di vedervi alluminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza. Così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che facciate voi e la donna vostra, acciò che non stiate instato di dannazione. E quello che non fusse stato fatto per lo tempo passato, io voglio che si faccia per lo presente. E non aspettate il tempo a cercare la salute vostra, però che il tempo non aspetta voi; e però non dovete aspettar lui, facendo come 'l corvo, che dice cra cra. Così e' perditori del tempo sempre dicono: domane farò. E così si trovano giunti alla morte, e non se n'avveggono. E allora vuole il tempo, e non lo può avere, quando ha speso il tempo suo miserabilmente, con avarizia e cupidità e guadagni illeciti e con molta immondizia della mente e del corpo suo, contaminando il sacramento del Matrimonio; fassi Dio de' figliuoli suoi; e, come cieco, pone la speranza dove non la dee ponere. E così va di cecità in cecità; in tanto che, se non si corregge e non punisce la colpa con la contrizione del cuore, e con la confessione e satisfazione, giusta al suo potere e la sua possibilità, dico (e non la impossibilità, chè non la richiede Dio), giunge all'eterna dannazione. Voglio dunque, che vi destiate del sonno prima che venga la morte; e quello desiderio e lume che Dio v'ha dato, non sia tolto da voi, ma con perseveranzia lo esercitiate col tesoro delle virtù, e col lume della fede, e colla perfettissima speranza. E non pensate che la divina Providenzia vi venga meno: ma sempre vi sovverrà, sperando voi in lui in ogni vostro bisogno. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXVI - All'abadessa del monastero di Santa Maria delli scalzi in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera carità, acciocchè siate vera nutrice e governatrice delle vostre pecorelle. Bene è vero, che non potremmo nutricare altrui se prima non nutricassimo l'anima nostra di vere e reali virtù: e di virtù non si può notricare se non s'attacca al petto della divina carità, dal qual petto si trae il latte della divina dolcezza. A noi, carissima madre, conviene fare come fa il fanciullo, il quale volendo prendere il latte, prende la mammella della madre, e mettesela in bocca; onde col mezzo della carne trae a sè il latte: e così dobbiamo fare noi, se vogliamo notricare l'anima nostra. Perocchè ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo crocifisso, in cui è la madre della carità; e colmezzo della carne sua trarremo il latte che notrica l'anima nostra, e' figliuoli delle virtù: cioè, per mezzo dell'umanità di Cristo; perocchè nell'umanità cadde, e sostenne, la pena, ma non nella deità.

E noi non potiamo notricarci di questo latte che traiamo dalla madre della carità, senza pena. E differenti sono le pene. Onde spesse volte sono pene di grandi battaglie o dal dimonio, o dalle creature, con molte persecuzioni, infamie, strazi e rimproverii. Queste sono pene in loro, ma non sono pene all'anima che s'è posta a notricare a questo dolce e glorioso petto, onde ha tratto l'amore, vedendo in Cristo crocifisso l'amore ineffabile che ci ha mostrato col mezzo di questo dolce e amoroso Verbo. E nell'amore ha trovato l'odio della propria colpa, e della legge perversa sua, che sempre impugna contra allo spirito. Ma sopra l'altre pene che porta l'anima, che è venuta a fame e desiderio di Dio, sì sono i crociati e amorosi desiderii che ha per la salute di tutto quanto ilmondo. Perocchè la carità fa questo, che ella s'inferma con quelli che sono infermi, e è sana con quelli che sono sani: ella piagne con coloro che piangono, e gode con coloro che godono; cioè, che piagne con coloro che sono nel tempo del pianto nel peccato mortale, e gode con quelli che godono che sono nello stato della Grazia. Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce con lui; non pena affliggitiva che disecchi l'anima, ma pena che la ingrassa, dilettandosi di seguitare le vestigie di Cristo crocifisiso. E allora gusta il lattedella divina dolcezza. E con che l'ha preso? con la bocca del santo desiderio; in tanto che, se possibile gli fusse d'avere questo latte senza pena, e con esso dare vita alle virtù (perocchè le virtù hanno vita dal latte dell'affocatacarità), nol vorrebbe. Ma piuttosto elegge di volerlo con pena per l'amore di Cristo crocifisso; perocchè non gli pare che sotto il capo spinato debbano stare i membri delicati, ma piuttosto portare la spina insieme con lui; non eleggendo portare a suo modo, ma a modo del capo suo. E facendo così, non porta, ma il capo suo Cristo crocifisso n'è fatto portatore.

Oh quanto è dolce questa dolce madre della Carità! la quale non cerca le cose sue, cioè che non cerca sè per sè, ma sè per Dio; e ciò che ella ama e desidera ama e desidera in lui; e fore di lui nulla vuole possedere; e in ognistato ch'ella è, spende il tempo suo secondo la volontà di Dio. Onde s'ella è secolare, ella vuole essere perfetta nello stato suo; se ella è religiosa suddita, ella è perfettaangela terrestre in questa vita; e non appetisce nè pone l'amore suo nel secolo, nè nella ricchezza, volendo possedere in particolare, perocchè ella vede che ella farebbe contra il voto della povertà volontaria, la quale promesse d'osservare nella sua professione. E non si diletta nè vuole la conversazione di coloro che gli volessero impedire il voto della castità: anco, li fugge come serpenti velenosi; e mettesi in bando delle grate e del parlatorio; e sbandisce la dimestichezza de' devoti, e ribandiscesi alla patria della cella, siccome vera e legittima sposa. E ine acquista al petto di Cristo crocifisso la vigilia, e l'umile econtinua orazione; e non solamente l'occhio del corpo, ma l'occhio dell'anima veglia in cognoscere sè medesima, la fragilità, e la miseria sua passata, e la dolce bontà di Dio in sè, vedendosi essere amata ineffabilmente dal suo Creatore.

Onde allora gli sèguita a mano a mano la virtù dell'umilità, e il santo e affocato desiderio, il quale è quella continua orazione della quale Paolo ci manifesta, dicendo, che sempre dobbiamo orare senza intermissione. E al desiderio santo seguitano le sante e buone operazioni. E quella non cessa d'orare, che non cessa di bene adoperare. In cella fa mansione con lo sposo eterno, abbracciando le vergogne e le pene per qualunque modo gli concede; spregiando le delizie, lo stato e l'onore del mondo; annegando la propria e miserabile volontà; ponendosi dinanzi l'obedienzia di Cristo crocifisso, il quale per l'obedienzia del Padre e per la salute nostra corse all'obbrobriosa morte della croce. Sicchè, con l'obedienzìa sua è fatta obediente; e così osserva il terzovoto dell'obedienzia, e mai non recalcitra all'obedienzia sua; nè vuole investigare la volontà di colui che comanda, ma specialmente osserva l'obedienzia. Or così fa il vero obediente; ma il disobediente sempre vuole sapere la cagione e il perché gli è comandato. Onde questa cotale non è mai osservatrice dell'ordine, ma trapassatrice. Ma quella che è obediente, sel pone dinanzi come specchio; e innanzi elegge la morte, che volerlo trapassare; sicchè questa cotale è perfetta suddita.

E se ella ha a governare, ella è perfetta nello stato delreggimento, se ella ha notricata prima l'anima sua in virtù al petto di Cristo crocifisso. Allora, se ella è statabuona suddita, essendo poi posta a reggere, è buona nutrice delle sue figliuole; e riluce in lei la margarita dellagiustizia; e gitta odore d'onestà, dando esemplo a loro di santa e buona vita. E perché carità non è senza giustizia (anco, è giusta l'anima che la possiede giustamente); rende a ciascuno il debito suo. Onde rende a sè odio e dispiacimento di sè; a Dio rende per affetto d'amore gloria e loda al nome suo; e al prossimo rende la benivolenzia, amandolo e servendolo in ciò che può. A' sudditi suoi rende a ciascuno secondo il suo stato: onde al perfetto, gli aita ad aumentare la virtù; allo imperfetto e a quelli che commette difetto, la correzione e punizione, poco e assai secondo la gravezza della colpa, e secondo che il vede atto a portare. Ma non lassa mai passare il difetto impunito: e con carità, e non con animo, il vuole punire piuttosto in questa vita che poi lo' sia punita nell'altra. Ma pensate, che se ella non avesse notricata l'anima sua, come detto è, e non porterebbe la margarita della Giustizia, ma con molta ingiustizia menerebbe la vita sua; e, come ladra, furerebbe quello che è di Dio, e darebbelo a sè. E così quello del prossimo; e non l'amerebbe se non per propria utilità. E le figliuole sue non governerebbe se non a piacimento di sè o delle creature; e per non dispiacer loro, farebbe vista di non vedere i difetti loro. O se correggesse con la parola, piglierebbe poco luogo, perché nol farebbe con ardire e sicurtà di cuore: però che, perché la vita sua non è ordinata, germina paura e timore servile: e però non ha luogo il suo correggere. Non ci veggo dunque altro modo, se non di ponerci al petto di Cristo crocifisso; se per questo mezzo (per lo modo detto, che gustiamo il latte della divina carità), e qui fare il fondamento.

Onde considerando me, che neuno altro rimedio nè via c'è, dissi che io desideravo di vedervi fondata in verae perfetta carità; e così vi prego per l'amor di Cristo crocifisso, che v'ingegniate d'essere, acciocchè le pecorelle vostre sieno governate da voi con esemplo di buona e santa vita; e acciocchè le pecorelle che sono fuore dell'ovile della virtù, ritornino all'ovile loro. Ritraeteledalle conversazioni, e animatele alla cella, e fatele sollecite al coro, e al refettorio in comune, e non in particolare. E se voi nol farete giusta il vostro potere, vi sarannorichieste da Dio; e sopra alla ragione de' pesi vostri, averete a rendere la loro. Adunque, carissima madre, non dormite più, ma destatevi dal sonno della negligenzia. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


LXXXVII - A monna Giovanna pazza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi portare realmente ciò che il nostro dolce Salvatore vi permette. E a questo cognoscerà la Vita eterna, che tu l'ami; però che altro segno non gli possiamo dare del nostro amore, se non di amare caritativamente ogni creatura che ha in sè ragione, e di portare con vera e reale pazienzia infino alla morte; non eleggendo luogo nè tempo a modo nostro, ma a modo di Dio, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione. Troppo sarebbe grande ignoranzia, che noi infermi addimandassimo la medicina al nostro medico Cristo, ce la desse secondo el nostro piacere, e non secondo la sua volontà; che vede e cognosce quello che ci bisogna. Onde io voglio che tu sappi, figliuola mia, che ciò che Dio ci dà e permette in questa vita, il fa o per necessità della salute nostra, o per accrescimento di perfezione: e però dobbiamo umilmente e con pazienzia portare, e con riverenzia ricevere, aprendo l'occhio dell'intelletto a ragguardare con quanta carità e fuoco d'amore egli cel dà. E vedendo ch'egli dà per amore, e non per odio; per amore le riceveremo. E tanto c'è di necessità questa virtù della pazienzia, che cela conviene procacciare acciò che non perdiamo il frutto delle nostre fadighe. E dovianci levare dalla negligenzia, e con sollicitudine andare colà dove ella si trova.

E dove si trova? In Cristo crocifisso. Perocchè tanta fu la pazienzia sua, che il grido suo non fu udito per alcuna mormorazione. E' Giudei gridavano: Crucifige; ed egli gridava: «Padre, perdona a costoro che mi crocifiggono, perché non sanno che si fanno». Oh pazienzia che ci desti vita, cioè, che portando le nostre iniquitadi con pazienzia, le ponesti in sul legno della croce sopra el corpo tuo! Col sangue suo lavò la faccia dell'anima nostra; nel sangue sparto con tanto fuoco d'amore, e con vera pazienzia, ci creò a Grazia; il sangue ricoperse la nostra nudità, perocchè ci rivestì di Grazia; nel caldo delsangue distrusse il ghiaccio, e riscaldò la tepidezza dell'uomo; nel sangue cadde la tenebra, e donocci la luce, nel sangue si consumò l'amore proprio, cioè, che l'anima che ragguarda sè essere amata nel sangue, ha materia di levarsi dal miserabile amore proprio di sè, e amare il suo Redentore che con tanto fuoco d'amore ha data la vita, e corso, come innamorato, alla obbrobriosa morte della croce. Il sangue c'è fatto beveraggio a chi 'l vuole, e la carne cibo: però che in ne uno modo si può saziare l'appetito dell'uomo, nè tollersi la fame e la setese non nel sangue. Chè, perché l'uomo possedesse tutto quanto il mondo, non si può saziare: però che le cose del mondo sono meno di lui: onde di cosa meno di sè saziare non si potrebbe. Ma solo nel sangue si può saziare, però che 'l sangue è intriso e impastato con la Deità eterna, Natura infinita, maggiore che l'uomo. E però l'uomo ne sazia il desiderio suo, e col fuoco della divina Carità: però che per amore fu sparto. Questo sangue fu dato a noi abbondevolmente: onde l'ottavo dì dopo la sua natività fu spillata la botticella del corpo suo, quando fu circonciso; ma era sì poco, che anco non saziava la creatura; ma al tempo della croce si mise la canna nel costato suo, e Longino ne fu strumento, quando gli aperse il cuore. Votata questa botte della vita del corpo suo, separandosi l'anima da esso corpo; il sangue fu messo a mano, e bandito con la tromba della misericordia e col trombatore del fuoco dello Spirito Santo; chè chiunque vuole di questo sangue, vada per esso. Dove? A questa botte medesima, Cristo, crocifisso; seguitando la dottrina e la via sua. Quale è la sua dottrina? Amare l'onore di Dio e la salute dell'anime; e con pene, forza, eviolenzia della propria sensualità acquistare la virtù.

Che via ha a tenere chi vuole giugnere al luogo e alla dottrina per avere il sangue? E che vasello e lume li conviene avere? Dico il lume della santissima fede, la quale fede è la pupilla che sta nell'occhio dell'intelletto. Peròche se l'anima non avesse questo glorioso lume, smarrirebbe la via, siccome fanno gli uomini del mondo, che hanno accecato l'occhio dell'intelletto dalla nuvola del proprio amore e tenerezza di se, e però vanno per la tenebra come abacinati. Costoro spregiano e schifano il sangue, non tanto che vadano per esso. Convienci dunque avere el lume, come detto è, e tenere per la via del vero cognoscimento di noi medesimi, e del cognoscimento della bontà di Dio in noi, con odio del vizio e amore della virtù. Questa è una via, ed è una, casa, dove l'anima cognosce ed impara la dottrina di Cristo crocifisso. In questa casa del cognoscimento di noi e di Dio, troviamo il sangue, dove noi troviamo lavata la faccia dell'anima nostra.

Che vasello ci conviene portare? Dico che 'l vasello del cuore: acciocchè, come spugna, mettendo l'affetto del cuore nel sangue, tragga a sè il sangue, e l'ardore della carità con che fu sparto. E allora l'anima s'inebria. Poiche ha avuto il lume, ed è andata per la via, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso; è giunta al luogo, ed empito el vasello, gusta uno cibo di pazienzia, uno odore di virtù, uno desiderio di sostenere, che non pare che si possa saziare di portare croce per Cristo crocifisso. E fa come l'ebrio, che quanto più breve, più vorrebbe bere; e così quest'anima quanto più porta, più vorrebbe portare. E il suo refrigerio le sono le pene; e le lagrime che hatratte per la memoria del sangue le sono beveraggio; ed e' sospiri le sono cibo.

Questa è dunque la via e 'l modo di potere giugnere alla Grazia, e acquistare questa reina della pazienzia. Della quale io ti dissi, che io ho desiderato di vederti portare realmente ciò che la divina Bontà ti permette, con vera e santa pazienzia.

Or su, carissime figliuole, non stiamo più a dormire nel sonno della negligenzia, ma entriamo nella bottiga aperta del costato di Cristo crocifisso (dove noi troviamo el sangue) con ansietato dolore e pianto dell'offesa di Dio. Non ci ha veramente luogo dove riposare il capo, se non nel sangue e capo spinato di Cristo crocifisso. Ine dunque gittate saette d'affocato desiderio, e di umili e continue orazioni per onore di Dio e salute dell'anime. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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