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Il caso enigmatico di padre Riccardo Lombardi, Fatima e la rivoluzione nella Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2016 15:04
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  L’enigmatico caso di padre Riccardo Lombardi.

La dimostrazione più vistosa della dilacerante mutazione «culturale» conciliare si è palesata nel comportamento del clero cattolico.
Migliaia di preti lasciarono la Chiesa, molti si sposarono, e quelli rimasti hanno subìto, in gradi diversi, sollecitazioni di fedeltà della propria coscienza, tra la Chiesa in cui furono formati e la nuova chiesa ecumenista conciliare.
Questo fatto perdura da quasi mezzo secolo.
La verità è che essi furono attratti dalla più insidiosa forma di rivoluzione «culturale» d’ogni tempo,
quella semantica, che aliena il senso d’ogni cosa venuta dall’Alto, a causa di un «aggiornamento» dall’«alto» (o altro).
Come si è visto essa mirava a convertire i «consacrati» a un nuovo ordine sociale, i cui «operatori» si sentissero i nuovi salvatori del mondo.
Si trattava d’instaurare un nuovo sacerdozio per una nuova religione «socialistoide».
L’esempio scelto qui per illustrare questa rivoluzione paradossale, questa prassi distruttiva dell’identità del sacerdote cattolico, è quello del padre gesuita Riccardo Lombardi, tanto vicino a Pio XII e alla sua attività pastorale da essere chiamato «microfono di Dio».
Egli fu anche legato da vicino all’Evento di Fatima, ma con quale contributo?
La domanda è d’obbligo per le ragioni che si discuteranno in seguito; infatti lui è di certo il «tipo» più diretto del «profeta di sventure» di roncalliana memoria.

La resistenza cattolica alla «rivoluzione culturale»

L’illuminismo rivoluzionario ha abbagliato da subito un intero mondo cristiano che si vergognava di non essere abbastanza aggiornato con i tempi.
Pochi furono i cattolici capaci d’individuare i metodi dell’operazione d’inganno che funziona a tutt’oggi.
Uno di questi fu Augustin Cochin, che descrisse i centri di potere dei «maître à penser» della Francia repubblicana nella sua opera «Groupes réducteurs et noyaux dirigeants».
Cochin scrisse sulla manipolazione delle discussioni nelle assemblee, metodo che è stato applicato dai modernisti nel Vaticano II per prendere il controllo dei lavori.
L’altro fu il grande pensatore cattolico spagnolo dell’Ottocento, Juan Donoso Cortés, che predisse: «Nel passato gli errori stavano nei libri, in tal modo che se non si cercasse in essi, non si potevano incontrare da nessuna parte, mentre ai nostri giorni l’errore non si limita ai soli libri, ma anche fuori dei libri; nelle istituzioni, nelle leggi, nei giornali, nei discorsi, nei dialoghi, nelle aule, nei circoli, nei focolari, nel foro, tanto in ciò che si dice come in ciò che si tace» (1).
E in quel tempo non c’era ancora né cinema, né TV, né internet.
Già da allora la intellighenzia rivoluzionaria sapeva esattamente che musica suonare per deviare i cattolici.

Da noi Gramsci ha fatto scuola, ma ancora più insidiosa per la vita mentale del mondo è stata quella scuola di Francoforte che contava con Adorno, Marcuse, ecc.
Pio XII era consapevole che l’errore stava ovunque e ovunque andava affrontato.
Ma per combatterlo alla fonte, nelle scuole, nelle università, nei mezzi di comunicazione sociale, la Chiesa doveva mobilitare coraggiosi maestri, professori, comunicatori capaci perché in quel momento storico l’errore comunista imperversava scatenato nel mondo con una potente macchina di inculturazione sociale, minacciando ogni cultura, ma specialmente il clero cattolico minato dal misero buonismo modernista.
Allora il Papa disponeva ancora di una forte elite culturale nei Gesuiti, e tra questi un padre che era un eccellente oratore, capace d’impressionare con la sua eloquenza anche i più tiepidi.
Si trattava di padre Riccardo Lombardi, noto negli anni Quaranta e Cinquanta per la grande stima avuta dal Papa.
E Lombardi - col soprannome di «microfono di Dio» - corrispondeva a tanto privilegio alzando la voce specialmente contro il pericolo comunista degli «atei senza Cristo, senza Dio, senz’anima, figli del demonio con le mani sporche di sangue», i quali avrebbero trascinato nel conflitto e nella miseria la società umana.

Occorreva, quindi, una «mobilitazione generale» dei cattolici, in seguito alle parole d’ordine del Papa.
«Il ‘microfono di Dio’, al di là del linguaggio, affrontava qui un autentico problema pastorale, in seguito eluso: ciò che si potrebbe chiamare apostolato dell’intelligenza e che oggi, ben mezzo secolo dopo, è evidentissimamente il nodo più decisivo che i cattolici debbano risolvere: e stavolta al più presto, poiché ne va della salvezza delle anime in una società che di giorno in giorno si fa più confusa e sbalestrata» (2).

Progetti contrapposti per un Mondo Migliore

Con Pio XII si poteva dire che era stato offerto alla Chiesa nel nostro secolo un piano celeste per un mondo migliore nella pace di Gesù Cristo.
A questo punto si deve confrontare il piano per la pace offerto alla Chiesa a Fatima con i piani elaborati a Roma da uomini della Chiesa miranti ad un mondo migliore senza troppo affidarsi ad aiuti celesti.
E’ bene ricordare ancora che per i cristiani nel campo ideale vi sono due tipi di piani: uno che si fonda sulle verità rivelate da Dio, che devono plasmare il pensiero; l’altro che mira alla scelta e alla promozione di una direttiva clericale su cui fondarsi. Ora, se nel Messaggio di Fatima ci sono tutti i segni di un piano divino, come crediamo, esso avrebbe dovuto modellare i progetti della Chiesa e la vita dei credenti, altrimenti sarebbe stato un piano umano a mettere a suo servizio il messaggio divino.
Sono due piani che possono assomigliarsi, ma che hanno provenienze opposte: uno da Dio all’uomo, dall’Essere al divenire; l’altro dall’uomo a quel che idealizza per adattarsi ai tempi.
Tale è la differenza tra il pensiero cristiano e l’ideologia utopica.
Tale si dimostrò la differenza tra Pio XII e il suo portavoce Lombardi, che usò in sostanza le parole papali per il suo progetto di mondo futuro.
Quindi, anche preti cattolici, non modernisti, erano coinvolti in questo dilemma.

Qui si vedrà che padre Lombardi era anche lui un riformatore; come mai allora questo suo aspetto lo ha reso ancora più inviso al velato riformista e modernista Roncalli?
E’ chiaro che a questo punto si può parlare di un dilemma nel dilemma del riformismo clericale, che si spiega soltanto nella differenza di scopi: uno voleva superare le deviazioni della vita civile e ecclesiastica, l’altro cambiarne la visione.
Il piano del «mondo migliore» di padre Lombardi era tra i primi, ma a differenza dei pensieri di Pio XII, che versava su princìpi, seguiva soprattutto le nuove congiunture ecclesiali e mondiali.











[Modificato da Caterina63 30/04/2016 14:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La Russia nel «piano di pace della Madonna di Fatima»

Prima di vedere come tale piano fu presentato e si sia poi svolto nel suo corso fino al lamentabile esito
finale, torniamo all’apparente mistero del nome della Russia nel Messaggio di Fatima.
Il rapporto Fatima-Russia del Messaggio di Fatima, dato proprio alla vigilia della rivoluzione del 1917, sarà stato inventato dai pastorelli?
La veggente Lucia, interrogata a proposito, rispose che non sapeva allora che il nome Russia corrispondesse ad una nazione; piuttosto pensava che spargendo errori si trattasse di una donna cattiva dai capelli rossi.
Ora, poiché il mistero di un piano divino risiede nella visione profetica e non nella comprensibilità delle questioni storiche, vediamo cosa significava e significa ancora il riferimento alla Russia in quel Messaggio.
Questa nazione aveva allora, come lo ha avuto fino al 1989, una posizione chiave nel processo di degrado della vita sociale del mondo che, visto alla luce della sua necessità di cristianizzazione, si rivelava allora senza uscita, specialmente con la vittoria della rivoluzione comunista.
Anzi, questa avrebbe dato l’impulso iniziale al piano per la trasformazione a ferro e fuoco di una vita sociale libera dall’idea di Dio nel mondo.
Ma la stessa nazione-chiave che ha la forza per aprire alla rivolta sociale può essere, se convertita, quella che la risolve nell’ordine cristiano.
Tale condizione di vigorosa religiosità russa è un dato storico.
Perciò era perfettamente comprensibile ieri, come lo è oggi, che un intervento divino in Russia potrebbe diventare il fatto decisivo per fermare il degrado spirituale dell’umanità intera.
Ecco l’aspetto razionale di un segno straordinario nella vita degli uomini.
E si ricordi che la religione cristiana è essenzialmente quella dell’intervento divino nella storia umana.
Dato, però, che Dio, creatore dell’umana libertà è il primo a rispettarla, questo intervento divino è affidato agli uomini, alla Chiesa, al Suo Vicario in Terra, il Papa: è la richiesta che è una offerta legata a una risposta nella fede.

Ecco cos’è la domanda del Messaggio di Fatima della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria fatta dal Papa con i vescovi di tutta la terra.
Ecco il piano divino che i Papi purtroppo hanno attuato solo in piccola parte per affrontare l’immane tragedia umana del mondo moderno.
Si pensi al Russicum del tempo di Pio XI e Pio XII, per formare sacerdoti da inviare in Russia.
Eppure nel frattempo sono stati avanzati dei progetti clericali che tendevano ad accantonare questo piano essenziale per la fede nel mondo.
Vediamo ora un evento che lo riguarda.

La Lettera apostolica di Pio XII, «Sacro vergente anno», del 7 luglio 1952, è un’invocazione alla Madonna per la salvezza spirituale della Russia: «Solleviamo ad essa le nostre supplichevoli invocazioni, affinché la verità cristiana, decoro e sostegno della convivenza umana, si rafforzi e vigoreggi fra i popoli della Russia, e tutti gli inganni dei nemici della religione, tutti i loro errori e le loro fallaci arti siano respinte lontano da voi; affinché i costumi pubblici e privati ritornino alla conformità con le norme evangeliche; affinché coloro special¬mente che presso di voi si professano cattolici, benché privati di pastori, resistano con fortezza impavida contro gli assalti della empietà, se necessario anche fino alla morte; affinché quella giusta libertà che si conviene alla persona umana, ai cittadini e ai cristiani, sia restituita a tutti come è loro diritto e in primo luogo alla Chiesa, che ha il divino mandato di ammaestrare tutti gli uomini nelle verità religiose e nella virtù».

Consacrazione dei popoli della Russia al Cuore Immacolato

«Noi pertanto, affinché più facilmente le nostre e le vostre preghiere siano esaudite, e per darvi un singolare attestato della nostra particolare benevolenza, come pochi anni fa abbiamo consacrato tutto il mondo al Cuore Immacolato della Vergine Madre di Dio, così al presente in modo specialissimo consacriamo tutti i popoli della Russia al medesimo Cuore Immacolato, nella sicura fiducia che col potentissimo patrocinio di Maria Vergine quanto prima si avverino felicemente i voti che Noi, che voi, che tutti i buoni formano per una vera pace, per una fraterna concordia e per la dovuta libertà a tutti e in primo luogo alla Chiesa; in maniera che, mediante la preghiera che Noi innalziamo insieme con voi e con tutti i cristiani, il regno salvifico di Cristo, che è ‘regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace’ in ogni parte della terra trionfi e si consolidi stabilmente. E con supplice invocazione preghiamo la medesima Madre clementissima perché assista ciascuno di voi nelle presenti calamità, e ottenga dal suo divin Figlio per le vostre menti quella luce che proviene dal
cielo, ed impetri per le anime vostre quella virtù e quella fortezza per cui, sorretti dalla divina grazia, possiate vittoriosamente superare ogni empietà ed errore».

Con quest’atto Pio XII dimostra l’intenzione di completare la consacrazione fatta nel 1942, compiuta per adempiere alla richiesta di Fatima che richiedeva la menzione esplicita della Russia.
Inoltre, c’è il riferimento alle parole del Messaggio sugli «errori sparsi dalla Russia»; quindi alle persecuzioni dei Paesi vittime dell’URSS.
Ma, si può anche verificare  che in questa consacrazione mancava ancora la partecipazione collegiale di tutti i vescovi del mondo (lettera a Pio XII, Documenti di Fatima, pagina 437).
Perciò essa continuava ad essere incompleta e il «piano di pace» offerto alla Chiesa era ancora disatteso.
Non ci è dato conoscere la ragione che aveva impedito Pio XII, chiamato il Papa di Fatima, di compiere interamente la richiesta.
Si può immaginare che fosse stato informato dai suoi più stretti ausiliari che avrebbe trovato una resistenza, da parte di alcuni vescovi, ancora più grande di quella in occasione della promulgazione del dogma della Assunzione di Maria.
Anche trattandosi di questioni diverse, nessuno meglio di Pio XII, che come ha fatto sapere fu beneficiato dalle visioni del «miracolo del sole», accaduto il 13 ottobre 1917 a Fatima, ma da lui visto nei giardini vaticani nei giorni in cui promulgava il grande dogma mariano, poteva sapere come sono intimamente correlati il dogma e la consacrazione per onorare la Madre di Dio.

Tuttavia, non risulta che Pio XII abbia richiesto, e meno ancora ordinato ai vescovi del mondo di partecipare alla consacrazione che ha fatto della Russia all’Immacolato Cuore di Maria.
Perciò non ha accolto pienamente la richiesta nei termini trasmessi da suor Lucia.
Ed essa includeva la promessa di pace e di salvezza per molte anime, in seguito alla conversione della Russia conseguente all’intervento della Madonna.
Ma abbiamo detto che il Papa non ignorava che la richiesta-offerta di Fatima doveva ancora essere soddisfatta per intero e che a dimostrarlo sta l’istituzione della festa a Maria Regina.
Vediamone i termini del pensiero di Pio XII: «Godano tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all’impero della Vergine Madre di Dio, la quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore».

Questa sottomissione all’impero di Maria Regina, come una devozione da sempre osservata dai cristiani, è illustrata lungamente nella Enciclica «Ad Caeli Reginam» dell’ 11 ottobre 1953, che conclude così: «EssendoCi poi fatta la convinzione, dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla Chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro con la Nostra Au¬torità Apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria Regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo, il giorno 31 maggio...
Ordiniamo che in detto giorno sia rinnovata la consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato della beata Vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova éra, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione. Aveva il Papa in mente qualche paese in speciale? In molti Paesi della terra ci sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristia¬na e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati, rivolga i suoi occhi di miseri¬cordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di potere presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa del Van¬gelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena».



Fraternamente CaterinaLD

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Progetto clericale per un Mondo Migliore

Il «Movimento per un Mondo Migliore» fu, in quello stesso periodo, un progetto animato da chierici connessi in qualche modo con gli avvisi di Fatima.
Il suo fondatore fu il noto gesuita padre Riccardo Lombardi ed ebbe entusiastico appoggio da parte di Pio XII.
Per la storia è importante conoscere questo movimento e padre Lombardi, poiché, attraverso questo personaggio chiave del Pontificato di Pio XII, si può capire meglio la dimensione dei problemi di quel momento.
Essi stavano ingenerando quella crisi pre-conciliare che sarebbe sfociata nello smarrimento religioso di una moltitudini
di chierici, di religiosi e di fedeli.
Per descriverlo faremmo un breve riassunto del libro «Pio XII per un mondo migliore», di padre Lombardi, pubblicato nel 1954, a Roma da La Civiltà Cattolica, dei Gesuiti (sigla Mm).
Movimento e libro si rifanno allo spirito delle parole dell’esortazione papale: «per un mondo migliore», del 10 febbraio 1952 e della serie di discorsi di Pio XII legati a questa speranza in quel momento storico.
Il lavoro si apre con una lettera della Segreteria di Stato di Sua Santità del 18 Maggio 1953, con la quale è assicurato l’appoggio ed è espressa la riconoscenza del Papa per il lavoro di diffusione di questo movimento per il mondo migliore.
La lettere è firmata G. B. Montini che diverrà in futuro Paolo VI.
Un nuovo ordine cristiano per il mondo presente «avviato verso la rovina» e che «occorre rifare dalle fondamenta» è la mèta del progetto.
Perciò si proclama il «grande risveglio», l’annunzio che «è tempo di scuotere il funesto letargo».
Dato che «solo la Chiesa può essere alla testa di così grande impresa», il Papa, avendo «ripetutamente annunziato la necessità di un ordine universale migliore, assumeva davanti all’avvenire la parte di primo costruttore» (Mm, pagina 25).
Ecco la ragione perché il piano conta sulla «certezza che l’ora grande verrà» e, in tale prospettiva, l’allocuzione del 10 febbraio, da cui parte il movimento, e la risposta dei cattolici, sarebbe un «atto storico».
Una nuova controriforma cattolica?

E’ il titolo che segue e che include il sottotitolo «La nuova controffensiva di Dio», quando si parla di affrontare l’uguaglianza nell’odio del comunismo insegnando e vivendo il mistero della fraternità umano-divina.
Ecco la lotta dichiarata contro l’apostasia moderna, legata al dovere di rinnovamento della Chiesa attraverso l’Azione Cattolica, ecc.
E per attuare questo piano si vuole «tutte le diocesi chiamate al Mondo migliore».
In occasione di un’importante radiomessaggio di Pio XII, il 13 ottobre 1952 (Mm, pagina 240) in cui è
ricordato che il vero nemico è lo spirito di ribellione a Dio e contro Gesù, cioè la rivoluzione di sempre, padre Lombardi associa l’appello al Mondo migliore a Fatima e menziona la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato fatta dal Papa in giugno.
Non menziona, però, che tale atto rimase incompleto per la mancata partecipazione dei vescovi del mondo catto¬lico.
Per la salvezza universale.

«Sta a noi adesso ubbidire al mandato, che attraverso il Papa ci giunge dalla Vergine Maria. Oh, se un giorno si potesse riconoscere nella storia, che il prodigioso passaggio della silenziosa statua della Vergine di Fatima in tante nazioni cattoliche, protestanti, anche pagane, fu il discreto annunzio della Mamma per quel Mondo migliore, che ad onore di suo Figlio fu poi costruito su tutta la terra per impulso del Vicario di Gesù! Certo Pio XII volle scegliere per proclama iniziale del movimento il 10 febbraio, cioè la vigilia di una festa mariana, e ci tenne a dichiararlo fin dal primo momento perché i due nomi si unissero per sempre: Mondo migliore e Maria, mondo rinato da una pioggia di grazie e la Mediatrice di ogni grazia» (Mm, pagina 59).
La civiltà moderna, padrona di forze stupefacenti, andrebbe battezzata per la maggior gloria di Gesù
Cristo.
In verità, questo tenore millenarista delle idee ventilate dal suo direttore rende evidente una mancanza di sintonia del movimento con le parole di Fatima, anche se le usa.
Un altro esempio di questo millenarismo si trova nella pagina 66: «La stupefacente civiltà moderna, padrona di forze gigantesche e tuttavia agonizzante perché priva di anima, riceva lo spirito del Vangelo e domini i secoli con una nuova mirabile armonia: terra e cielo. Canti ai millenni la gloria di Gesù».
Vi è in queste frasi un ottimismo in rapporto al progresso tecnologico che non avrebbe sopravvissuto nemmeno venti anni di dura realtà.

Nel Messaggio mariano, al contrario, vi sono delle scure previsioni sul disordinato potere umano che finisce a servizio delle guerre e delle persecuzioni all’ordine cristiano.
Per smontare tale minaccia esso esprime come necessità prioritaria la conversione della Russia.
Ma attenzione, nemmeno in queste condizioni le sue parole esprimono un ottimismo millenarista.
Infatti alla fine della frase è detto soltanto: «Allora sarà concesso al mondo un periodo di pace».
Un’espressione in anticipo del Vaticano II è quella espressa dal «Movimento per un Mondo Migliore» dicendo che i suoi corsi in alcune diocesi italiane sembrava attuassero una nuova Pentecoste.
In tal senso si cita il telegramma di incoraggiamento del Papa dell’8 agosto 1953: «Sua Santità vivamente compiacendosi fraterno convegno sacerdotale Fognano promosso per studi urgente attuazione Mondo Migliore, invoca larga effu¬sione divini lumi aiuti conforto mentre invia di cuori numerosi partecipanti implorata benedizione – Montini» (Mm, pagina 84).
Preparare le categorie responsabili della Chiesa alla grande ora!
E’ curioso come già allora potesse passare inosservato il contrasto che si palesa continuamente nel «Movimento» tra l’ottimismo organizzativo che prepara «per la grande ora» e le parole ripetute da Pio XII nel descrivere il mondo avviato all’abisso.
Infatti, il movimento pare guidato da una doppia visione: da un lato quella papale del mondo in pericolo crescente; dall’altro l’euforia riformista pre-conciliare improntata al progresso del mondo, da parte dei mentori del movimento.
Ciò sarà chiaro nel piano in 140 punti scelti come qualificanti della «Dottrina Pontificia per un Mondo Migliore» (Mm, pagine 101-105).

Un nuovo ordine nazionale e internazionale i cui princìpi sono la libertà, la sicurezza, il rispetto per le minoranze, la spartizione della materia-prima, la riduzione degli armamenti e gli accordi internazionali, nella libertà di azione della Chiesa e nella dignità e nei diritti della persona umana.
Molte idee lodevoli, ma il cui ambito non è religioso; alcune un po’ utopiche, che ripetono i discorsi politici di moda.
Ma poiché esse sono prese qua e là da discorsi papali, «Il Sommo Pontefice stesso si proclama l’araldo di un Mondo migliore, che dichiara voluto da Dio... [esso] è l’ardente aspirazione del suo cuore» (pagina 103).
Il punto 138 dice: «La Chiesa crede alla pace e non si stancherà di promuoverla. Però tiene conto delle potenze oscure che hanno sempre agito nella storia e perciò diffida delle propagande pacifiste» (pagina 115).
Ciò svela che in questi punti importa più il concetto di propaganda che quello della pace cristiana da
distinguere della pace del mondo.
Il piano del «Mondo migliore» definito dai 140 punti di Lombardi, dopo Pio XII, avrebbe ricevuto grand’attenzione e impulso con il Vaticano II.
Tutto fa pensare che allora bastasse dare a un piano il titolo di «crociata del Papa» per renderlo
accettabile.
Ora, lo stesso spirito ha pervaso i piani e anche la lettera del concilio di Giovanni XXIII.
Allora però tutto sarebbe ammesso, ma a condizione di essere spurgato dalla parola «crociata», e dal suo profeta Lombardi.
Si vedrà perciò la storia di questo dilemma un po’ più avanti.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Progetto clericale per un nuovo ordine del mondo

Qui si vuole osservare che molte idee conciliari erano già in giro nel tempo di Pio XII come parte di una crociata del Papa che poteva andare pari passo con una riorganizzazione del mondo attraverso una sana democrazia di cui la Chiesa si sarebbe fatta garante, a causa dei suoi princìpi di libertà e di dignità umane nel piano nazionale, riconoscendo ad un organo mondiale (ONU) la tutela della pace internazionale.
Infatti, il 140° punto del programma rivendica il dominio dell’universo per tutti gli uomini.
Dunque alla ricerca di un amministratore comune.
Ma si può dire che gli scritti di padre Lombardi riflettessero bene il pensiero di Pio XII?
Non riflettevano forse un’indole rivoluzionaria?
Prendiamo per esempio i capitoli che riguardano il messaggio natalizio del 1944 di Pio XII, i cui titoli
sono: «IX - Una sana democrazia per l’ordine nuovo» (pagina 173) e: «X - L’unità del genere umano nel nuovo ordine» (pagina 181).
Il messaggio papale tratta delle questioni della democrazia, del governo e di una società degli Stati come soluzione delle controversie internazionali e finisce auspicando un ritorno alla solidarietà tra i popoli, nel rispetto del diritto naturale.
Il magistero cattolico illustrato da Pio XII distingue due democrazie: una buona, consistente nel sistema del consenso per eleggere il governo che rappresenti meglio i governati; l’altra perversa, che sottomette al voto popolare princìpi dell’ordine assoluto che trascendono ogni umano governo.
Non è questo però a preoccupare padre Lombardi, ma che le esigenze del bene comune non siano sacrificate, altrimenti «la democrazia non funzionerà e resterà esposta a pericolosissimi sfruttamenti».

Ora, il principio di governo per cui «la dignità dell’autorità politica consiste nella sua partecipazione all’autorità di Dio» è universale e quanto Pio XII applica alle democrazie nazionali non può non estendersi ad un governo per «l’unità del genere umano e della famiglia dei popoli» (Mm, pagina 182).
Dunque per Pio XII ciò dipende dal riconoscimento del principio assoluto, senza di che nessuna vera riforma mondiale può sussistere.
Ma qui già si intravede un’intenzione di fare della Chiesa, che è per istituzione la roccia dell’unione in Dio, un mezzo, come altri, per questa unione delle nazioni nella pace.
Ecco che il titolo del capitolo XI è: «Ciò che può fare la Chiesa per la restaurazione del mondo» in base al discorso papale del 20 febbario 1946.
In esso padre Lombardi vede un periodo che va meditato più di ogni altro: «La Chiesa non può, rinchiudendosi inerte nel segreto dei suoi templi, disertare la sua missione divinamente provvidenziale di formare l’uomo completo, e con ciò di collaborare senza posa alla costituzione del solido fondamento della società. Tale missione è in lei essenziale. Considerata da questo lato, la Chiesa può dirsi la società di coloro che, sotto l’influsso soprannaturale della grazia, nella perfezione della loro dignità personale di figli di Dio e nello sviluppo armo¬nico di tutte le inclinazioni e le energie umane, edificano la potente armatura della convivenza umana».

Le parole di Pio XII seguono un ordine diverso da quello della lettura per un progetto di unione universale, poiché «la mirabile universalità e unità della Chiesa» deve plasmare la restaurazione del mondo, e ciò non vuol dire far parte di un piano di unione indifferenziata degli uomini, come sembra voler il progetto lombardiano e come vuole apertamente il progetto ecumenico conciliare che seguì.
Ma sentiamo Pio XII che al Sacro Collegio parla «del profondo interesse che una tale manifestazione del carattere soprannazionale della Chiesa e della sua universale unità avrebbe suscitato nel mondo; povero mondo, che dappertutto ha fame e sete di unità e in vario modo lotta per conseguirla! Nelle nostre parole i fedeli hanno trovato un nuovo motivo di consolazione e di incoraggiamento; agli altri - intendiamo di parlare delle persone oneste, non di coloro che sono schiavi del ‘padre della menzogna’ (Giovanni 8,44) - esse hanno offerto materia di seria riflessione. La Chiesa possiede in Dio, nell’Uomo Dio, in Cristo, l’invisibile ma incrollabile principio della sua unità e della sua interezza... E questa Chiesa si leva oggi, in mezzo al mondo lacerato e diviso, come un segno ammonitore, come un signum levatum in nationes, che invita a sé coloro i quali ancora non credono, e conferma i suoi figli nella fede che professano, poiché senza Dio e lontano da Dio non può esservi fra gli uomini alcuna vera, solida e sicura unità».

Influsso della Chiesa sul fondamento della società umana: «Se dunque oggi tanti da ogni parte, in una ansiosa aspettazione e in una trepida speranza, si volgono alla Chiesa, e le chiedono quale sia la sua parte nella salvezza della società umana, nello stabilimento di quel bene inestimabile, più prezioso di tutti i tesori, che è una durevole pace interna ed esterna, la risposta della Chiesa può essere molteplice e varia, come svariate sono le sue possibilità. Tuttavia la grande, la definitiva risposta, alla quale si possono ricondurre tutte le altre, rimane sempre la unità e la interezza della Chiesa fondata in Dio e in Cristo. […] La Chiesa - cerca primieramente l’uomo stesso; si studia di formare l’uomo, di modellare e perfezionare in lui la somiglianza divina. Il suo lavoro si compie nel fondo del cuore di ognuno, ma ha la sua ripercussione su tutta la durata della vita, su tutti i campi dell’attività di ciascuno».
E infatti quanto segue ha un diverso indirizzo e il capitolo XII ha per titolo: «Necessità di anime oranti per l’auspicata rinnovazione» e contiene il discorso papale del 17 gennaio 1943 in cui Pio XII parla del potere della fede e del valore della preghiera e del Sacrificio: «Se ora la Chiesa si trova dinanzi a doveri inumani e a molteplici cure: azione in favore della pace; opere di carità e di soccorso ai sofferenti; lavoro missionario; riconducimento degli increduli alla fede, dei fratelli separati alla unità della Chiesa, della civiltà odierna alla onestà del costume cristiano: come potrebbe essa sperare di portare a termine così formidabile impresa senza una falange di oranti e di penitenti, le suppliche e i sacrifici dei quali ogni giorno salgono a Dio? A questa falange voi vi siete incorporati colla vostra promessa di fedeltà al Cuore del Salvatore divino. Domandate e riceverete».

  per comprendere le aberrazioni di questo progetto, si legga qui: Noi non attendiamo nessun "nuovo" ordine mondiale, l'Ordine è Cristo stesso....





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Il Capitolo XIII, «L’anno 1950 apra il grande ritorno dell’umanità» auspica il ritorno a Dio degli increduli, degli atei, dei pagani, dei peccatori e il ritorno alla Chiesa dei dissidenti.
Mentre nel Capitolo XIV: «Penitenza del peccato come primo passo verso un mondo rinnovato», Pio XII torna a parlare dello «spettacolo miserando di un mondo in disfacimento per la rovina, in esso operata, delle fondamentali strutture morali della vita», avvertendo che la consapevolezza rende inescusabili, e attribuendo la causa del male al «falso umanesimo e commiserazione anticristiana, che finiscono con sovvertire la gerarchia dei valori morali e con attenuare a tal punto il senso del peccato da coonestarlo, presentandolo come normale espansione delle facoltà dell’uomo e quasi arricchimento della
propria personalità».
Per la riabilitazione della società contro il degrado morale, a cui si è data «cittadinanza col pretesto di umanitarismo o di tolleranza civile», il Papa ribadisce che il primo passo è l’espiazione (MD, pagina 210).
Parole in cui si poteva avvertire tutta la forza dell’avviso di Fatima.

Riguardo ad altre scorciatoie Pio XII avvertiva: «Il dovere del sacerdote è la santificazione propria. Abbiamo già dichiarato in pubblico documento che devono essere richiamati a più retto sentire quanti presumono che si possa salvare il mondo attraverso quella che è stata giustamente definita ‘l’eresia dell’azione’: di quell’azione che non ha le fondamenta nell’aiuto della grazia e non si serve costantemente dei mezzi necessari al conseguimento della santità, datici da Gesù Cristo. Allo stesso modo abbiamo ritenuto opportuno di stimolare alle opere del sacro ministero coloro che, troppo alieni dall’attività esteriore e quasi diffidenti della efficacia del divino aiuto, non si adoperano abbastanza, secondo le proprie possibilità, a far penetrare la forza dello spirito cristiano nella vita quotidiana, con tutte le forme di attività che sono richieste dai nostri tempi» (Allocuzione del 12 settembre 1947, Mm, pagina 267).

Lo spirito di novità - Dall’esortazione al Clero ‘Menti nostrae’, 23 settembre 1950: «Stimiamo infine essere nostro officio rivolgervi un avvertimento sulle difficoltà che sono proprie di questi nostri tempi. Riteniamo che vi siate già accorti e accertati come vada sempre più largamente e gravemente serpeggiando uno spirito di novità tra i sacerdoti, ordinariamente tra quelli meno di altri forniti di cultura e dottrina e di vita meno severa. La novità non è mai per se stessa un criterio di verità, e può
essere lodevole solo a patto che, insieme, confermi la verità e porti alla rettitudine e alla virtù. L’epoca in cui viviamo soffre di un grave smarrimento: è veramente triste il nascere e il morire di molti sistemi filosofici senza punto migliorare i costumi; vedere le mostruosità di certa arte che pure ha la pretesa di chiamarsi cristiana.[…] Su tutto ciò, venerabili fratelli, richiamiamo vivamente la vostra vigilanza, sicuri che voi, tra la diffusa bramosia del nuovo e l’esagerato attaccamento al passato, userete quella prudenza che deve essere saggia e vigilante, proprio quando si tentano vie nuove di attività e di lotta unicamente per il trionfo finale della verità».
Ma quale sarebbe allora il punto di equilibrio nell’azione cristiana?

Pio XII il 14 settembre 1952 dava al Katholikentag austriaco il seguente messaggio: «Se i segni dei tempi non ingannano, la seconda parte delle lotte so¬ciali, quella nella quale si può pensare che siamo già entrati, pone adesso altre questioni ed altri compiti come supremi. […] La lotta di classe non può mai essere meta dell’etica sociale cristiana; la Chiesa sa di avere obblighi verso ogni categoria ed ogni classe del popolo. Poi c’è la difesa dell’individuo e della famiglia contro il vortice che cerca d’inghiottirli nella socializzazione universale: una socializzazione, alla fine della quale diventerebbe orribile realtà il terrificante quadro del Leviathan. La Chiesa combatterà questa battaglia con decisione estrema perché si tratta di valori supremi, della dignità dell’uomo e della salvezza dell’anima sua. Proprio per questo, fra l’altro, la dottrina sociale cattolica sostiene con tanto cosciente impegno il diritto dell’individuo alla proprietà. Ed è questo il motivo più profondo, perché i Papi delle encicliche sociali e Noi stessi abbiamo negato che dalla natura del contratto di lavoro scaturisca per l’operaio, in modo diretto o indiretto, il diritto di comproprietà al capitale dell’impresa e per conseguenza il diritto alla cogestione. Dovevamo negarlo, perché dietro ad esso sorge l’altro, più grande problema. Il diritto che l’individuo e la famiglia hanno alla proprietà deriva loro immediatamente dal fatto che si tratta di persone; è diritto spettante alla dignità della persona umana; un diritto cui certamente sono inerenti obblighi sociali, ma un diritto e non soltanto una funzione sociale».



[Modificato da Caterina63 30/04/2016 14:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Tenere il perfetto equilibrio cristiano

«Ci preme molto esortare di nuovo voi e tutti i cattolici perché vi atte¬niate, fin dall’inizio delle nuove lotte, alle limpide direttive tracciate dalla dottrina sociale cattolica, senza scostarvi da esse né verso destra né verso sinistra. Uno spostamento, anche solo di pochi gradi, potrebbe forse apparire in principio come irrilevante; però alla lunga porterebbe pericolosamente lontano dalla via giusta e le conseguenze sarebbero certamente gravi. Sia pertanto il motto dell’ora presente: pensiero sereno, auto-controllo, fermezza di fronte agli allettamenti degli estremismi».
Queste parole di Pio XII, che del resto sono state ribadite in molti altri discorsi, avvertivano contro «l’eresia dell’azione», cioè della prassi priva dell’appoggio della grazia.
Confidare solo nell’efficacia di una strategia umana per affrontare il metafisico Leviatano rivoluzionario non era la posizione di lotta cattolica.
Essa ricorre all’aiuto di Maria Santissima.
Ma non era ciò esattamente quanto è stato indicato e offerto a Fatima per affrontare gli «errori sparsi dalla Russia», che riassumono ogni attacco al diritto naturale e alla Chiesa?
Si confidò sufficientemente nella forza di questa grazia portata dalla Madonna alla Chiesa?
O, al contrario, in queste iniziative per un utopico mondo migliore non traspare la tendenza ad alimentare soluzioni basate su di un’evoluzione religiosa pro¬grammata per l’adattamento a un mondo futuro?
Quello che rimane accertato è che per tali iniziative ci si appellava a tutte le diocesi del mondo cattolico, ma tralasciando la richiesta di consacrazione fatta dalla Madonna.
Ciò avveniva in quello stesso anno, 1953, in cui un’immagine di Maria pianse più volte a Siracusa, come se chiamasse i suoi figli alla preghiera e alla penitenza di fronte all’avanzata di un degrado sociale e religioso.

Ecco che l’8 dicembre 1953, in un radiomessaggio diretto all’Azione Cattolica italiana, Pio XII diceva: «In questo giorno di gioia e di esultanza, Dio sa co¬me vorremmo poter dimenticare l’asprezza dei tempi che attraversiamo! Ma i pericoli, che gravano sul genere umano, sono tali che Noi non dobbiamo cessare mai - si può dire - di gettare il nostro grido di risveglio. Vi è il ‘nemico’, che preme alle porte della Chiesa, che minaccia le anime. Ed ecco un altro aspetto - presentissimo – di Maria: la sua forza nel
combattimento».

Fraternamente CaterinaLD

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La vocazione clerico-rivoluzionaria

In quel periodo molti chierici della Chiesa mordevano il freno, ansiosi di entrare in azione per promuovere un radicale rinnovamento politico e religioso mondiale.
C’era un impulso segreto che accomunava i Montini, Helder Camara, Camillo Torres, Lombardi e tanti altri.
Esso non risultava da una precisa idea politica, anzi, il comunismo che per i primi era un generoso tentativo di riforma sociale da battezzare, per Lombardi era la «verga di Dio» che poteva suscitare la reazione interna per aprire la Chiesa alle riforme richieste dal mondo moderno.
Si pensi che Helder Camara, nominato il «vescovo rosso» negli anni sessanta, nei quaranta era stato integralista del movimento di Plinio Salgado, una sorta di fascismo brasiliano.
Ed era talmente fervoroso, perfino dal pulpito, che il suo arcivescovo, il cardinale Leme, anche se accettava che alcuni suoi sacerdoti, come Helder Camara, vestissero la camicia verde sotto la tonaca, l’aveva diffidato in questi termini: «O abbassi il fascio o lasci la diocesi!» (A. Guedes de Holanda, ex direttore del giornale diocesano «A Cruz, Autodestruição da Igreja no Brasil, Rio, 1975, pagina 146).
Si sono prima segnalate le avventate iniziative segrete di conciliazione nel campo della politica internazionale del segretario Montini.
Esse si erano manifestate ugualmente nella politica italiana dove ora operava padre Lombardi.
Vediamole in qualche pagina del suo diario ripreso nel libro di Giancarlo Zizola, «Il Microfono di Dio» (sigla MD, Mondadori, 1990).

Prima di tutto c’è da dire che nel Vaticano coabitava sia lo spirito di condanna sia quello di apertura al comunismo.
Il primo portava il Papa a parlare di quel pericolo «intrinsecamente perverso, con cui nessuna trattativa è possibile», il secondo preparava il «compromesso storico» con ogni socialismo, democratico o reale, ma lo faceva segretamente.
Ora, chi lavorava con la visione di Pio XII non poteva ignorare e tacere che quell’altra politica era dentro lo stesso palazzo papale nella figura di Montini.
Lo stesso libro di Zizola ce lo racconta.
«La Crociata bolognese ha rialzato le quotazioni di Lombardi agli occhi di Pio XII e, intransigentismo a parte, ha riem¬pito di soddisfazione lo stesso Lercaro, che ne dice tutto il bene possibile alla riunione dell’8 febbraio dei cardinali e ¬vescovi d’Italia a Roma» (MD, pagina 322).
Ma «l’intemperanza» di Lombardi predicatore suscitò anche le obiezioni di un summit gerarchico interessato a favorire la riunificazione delle forze cattoliche in un solo partito: quello democristiano.
Da un’altra parte c’era la tendenza a compensare le spinte politiche con quelle spirituali (La Pira).
Lombardi s’ispira al carismatismo di Chiara Lubich (Focolari) quasi come ad un secondo afflato di vita.
Ma comunque il suo campo di lotta è ormai ben individuato.
Si vedrà poi che era il «conciliarismo» di Chiara la ricetta per la nuova pastorale modernista, tanto buonista verso il mondo moderno, quanto indifferentista verso l’omologazione religiosa.
«A ridosso di queste nuove delusioni, Lombardi ha un gesto creativo, quello che deciderà del corso successivo della sua vita».
E il 13 febbraio 1953: «Improvvisamente» scrive «mi è balzata l’idea di una vera istituzione per il Mondo Migliore».
Il progetto è già abbastanza definito fin dalla nascita.
Lombardi immagina una istituzione «alle immediate dipendenze del Papa», con vari gradi di unione; ad un primo livello, i «dodici apostoli», un gruppo di preti, religiosi e laici scelti come ani¬matori centrali del movimento.
Poi - dice il primissimo abbozzo - «si scenderebbe fino a quegli elementi che restano fermi in diocesi, solo con l’impegno di zelare colà il mondo migliore (preti, laici, forse anche suore e magari donne e magari sofferenti). Se l’idea è di Gesù maturerà. Forse lo attuerà il prossimo Papa, il Papa del Mondo Nuovo» (D, 13 febbraio 1953)».
Lercaro!

«Scopo è promuovere il rinnovamento generale della Chiesa» è l’idea sovrana «in modo da corrispondere nel miglior modo possibile alle necessità del mondo moderno e salvare il maggior numero possibile di anime».
La sua principale caratteristica sarà il legame col Papa, ma la sua idea di fondazione incontra l’opposizione del Generale,
Janssens, il «Papa nero», preoccupato della possibile reazione dei vescovi, sospettosi di una riforma ecclesiale secondo Lombardi.
Padre Lombardi, però, tramite l’amico Rotondi, l’altro gesuita che ha accesso in alto, cerca l’autorizzazione papale per il suo progetto del Movimento per un Mondo Migliore.
Ora, il Papa non potrà non chiedere il parere di Janssens, scavalcato da Lombardi, ma attratto dal progetto supera lo scoglio attraverso una lettera favore¬vole della Segreteria di Stato.
E’ la lettera del 23 maggio firmata da Montini.
Lo scontro rimane duro e il padre cerca conforto nel suo versante carismatico dove don Calabria gli comunica: «E’ Gesù che parla in lei, sulla riforma della Chiesa, e specialmente del Vaticano. Vada avanti. Non tema di usare veemenza sul Vaticano e sui mercanteggiamenti, ambizioni, cortigianerie e tradimenti».
Lombardi si sente investito allora della missione della riforma della Chiesa e del mondo «che provvidenzialmente cammina verso ‘l’unità dei popoli, ossia la fratellanza fra tutti gli uomini’; è persuaso che: ‘Gesù vuole la riforma della Chiesa, il comunismo è la sua verga. Avanzerà finché non ci scuotiamo’» (cf. MD, pagina 328).

Ma l’iniziativa rischia il fallimento a Roma e Lombardi usa il tono della denuncia: «Il Papa si è lanciato ma il cerchio intorno a lui ha voluto far morire tutto. Il Papa è tradito», occorre liberarlo!
Perciò propone al Papa un piano di riforme religiose e, in vista del 1954, dichiarato «anno mariano», un movimento spirituale che vada oltre le processioni e fiaccolate; una vasta azione organica per difendere la fede e recuperare i «lontani» sotto la guida di un prelato influente.
Qui trova la freddezza di uno dei due prosegretari di Stato, Tardini, ma la disponibilità dell’altro, Montini, che dirigerà la riunione del 31 agosto 1953, fondatrice del Movimento che progetta una radicale riforma per il risanamento spirituale di Roma e poi di tutta la Cristianità, con un’operazione «pastorale-apostolica» totale.
Lombardi lascia intendere chiaramente che il suo piano vuole strappare ai comunisti le posizioni da essi occupate in Italia, cosa che è risultata impossibile ai democristiani.
Montini però lo tiene d’occhio; il suo piano punta all’articolazione di nuove conferenze episcopali.
In settembre Lombardi va in Brasile per una serie di contatti, principalmente con molti futuri vescovi latino-americani.
Si prepara qualcosa di nuovo.

L’anno prima si era costituita la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, che aveva per primo Segretario don Helder Câmara.
La sua idea era di formare nuovi quadri episcopali per una riforma globale della Chiesa.
Erano in ballo 109 nuove diocesi e 24 archidiocesi.
Perciò don Helder era in stretto contatto con il nunzio apostolico in Brasile, Armando Lombardi, noto per la sua amicizia con Montini.
In quel momento la posta in gioco era il controllo della Chiesa in Brasile, con il risultato della sinistra e impetuosa politicizzazione del clero e dell’episcopato che è divenuta nota in tutto il mondo.
Lombardi scriverà poi che, nel 1960, parlando con quel nunzio della riforma della Curia, il diplomatico gli disse di non farsi illusioni: «Ci vorranno miracoli per tale riforma, senza carriera e affermando il principio che si può anche tornare indietro». L’unica via - gli suggerì - sarebbe di sviluppare un movimento dei vescovi in un Concilio, perché «non basterebbe neanche persuadere il Papa, da solo».
Anche Helder Câmara lo ha esortato a battersi in ogni modo per la «liberazione del Papa», «prigioniero della Curia co¬me quando era ad Avignone» (D, maggio 1960).
L’accento del gesuita Lombardi allora, sull’urgenza dell’impegno ecclesiastico sul fron¬te della giustizia sociale fu il tema di gran lunga preferito in Brasile, ma visto con sospetto poi in Argentina.
Fraternamente CaterinaLD

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Padre Lombardi a Fatima

Tornando in Europa, padre Lombardi fa scalo in Portogallo per andare a Fatima, dove esprime una preghiera a Maria Santissima: «Io predico in tutti i toni la riforma della Chiesa, dico di presentare un messaggio del Papa, in realtà sono io che trascino la Chiesa. Mamma, fa che non sia una follia, che non danneggi nessuna anima».
Infatti, in quel periodo padre Lombardi si era messo in piena azione, ma secondo il suo piano, non quello della Madonna di Fatima.
A Lei si fece ricorso più per chiedere la benedizione del piano del «Mondo migliore» che per seguire il Piano divino.
Ma si accordava il primo al secondo?
Ecco che padre Lombardi, dopo molto insistere, riuscì ad avere un colloquio con la veggente di Fatima, suor Lucia, nel parlatorio del convento di Coimbra il 18 ottobre 1953, nel libro si Zizola, il 7 febbraio 1954, in quello di Padre Alonso.

Il dialogo è essenzialmente lo stesso, e qui riprendiamo le due versioni.

Padre Lombardi ha domandato allora alla suora, che era malata e febbricitante: - Mi dica se il Movimento per un Mondo Migliore [che la suora conosce], può essere la risposta della Chiesa alle parole della Madonna a lei affidate.

Lucia rispose che certamente Dio vuole che si intraprenda un lavoro di grande rinnovamento. «Si cominci dalla riforma del clero: il popolo seguirebbe. Si dice che mancano le vocazioni. Non è così. Non è che ci sono pochi preti, è che non sono come devono essere. Come il popolo seguirebbe il clero, così questo seguirebbe una riforma di Roma. Nel fare i vescovi dovrebbero badare più a sceglierli santi che dotti».
«La suora non esita a dare a Lombardi qualche consiglio pratico: ‘Lei deve evitare di dire cose imprudenti a chi è in alto’
dice. ‘Anche se dobbiamo fare osservazioni a chi è in alto, lo si deve fare nella forma corrispondente al nostro grado inferiore. Altrimenti non si ottiene nulla. Lei ha il Papa con sé, non importa se altri sono contrari’» (MD, pagina 332).

E Lucia continua: «La rinnovazione stabile che lei predica è necessaria: altrimenti, considerando lo stato dell’umanità, solo una piccola parte del genero umano si salverà».
Padre Lombardi insiste - Lei crede veramente che molti si perdono?

Personalmente, spero che Dio salvi un gran numero di anime e a questo proposito ho scritto il libro «La salvezza di chi non ha fede».
«No Padre, si salvano in pochi», risponde la Suora.
- «E’ vero che il mondo è un abisso di vizi... tuttavia c’è sempre speranza di salvezza».
- «Padre, molti, molti si dannano. Anche anime consacrate, molte».

Ora, Padre Lombardi, deve essersi ricordato allora anche delle parole della piccola Giacinta, che aveva visto l’inferno, e che parlava spesso delle sue visioni delle molte anime che nel corso delle guerre si perdono, cadendo nell’inferno come la neve sui campi.

Perciò la bambina ardeva di pietà per salvarle, invocando preghiera e sacrificio.
Non è dato sapere se queste visioni appartengano al Terzo Segreto, ma si sa che padre Lombardi è tornato a Roma talmente depresso che molti sono rimasti allarmati, immaginando che avesse preso conoscenza dei castighi incombenti contenuti nel Messaggio di Fatima.




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30/04/2016 14:13
 
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Un clima di tensione a Roma, risultante dalla divisione ecclesiale sulla posizione da assumere di fronte alla crescente sovversione anche in seno all’Azione cattolica, è quanto Lombardi trova al ritorno.
Pio XII condanna i preti-operai e appoggia Gedda nel senso di un irrigidimento della politica vaticana, indebolita da troppe incertezze.
La situazione è grave e non sembra che ci sia modo per contenerla.

«Quanto a Montini, le sue difficoltà sembrano accresciute da quando i suoi ben noti legami con De Gasperi, Fanfani, La Pira e con i dirigenti dell’Azione cattolica giovanile, hanno contribuito a stendere sui suoi quotidiani rapporti col Papa un velo leggerissimo, quasi impalpabile e tuttavia inquietante di pena, quel minimo disagio che basta a insinuare tra loro il dubbio o la reticenza. E’ qualcosa di più che un sospetto se Rotondi ha sussurrato all’orecchio di Lombardi, già dall’estate, un segreto: ‘Il Papa ha ora sempre più la sensazione di essere servito male da qualcuno molto vicino a lui’» (MD, p. 333).
Il modo come suor Pascalina, la governate di Pio XII, trattò Montini, fa capire che pesa su di lui un sospetto di tradimento.
Lui era il «monsignore che aveva osato ‘tradire’ il termine era molto forte - la battaglia antisocialista oltre che anticomunista di Pacelli».

Suor Pascalina aveva visto piangere il Papa, deluso per l’atteggiamento aperturista di Montini.

Il monsignore aveva già attirato l’attenzione del prosegretario del Sant’Uffizio, cardinale Ottaviani, un capofila, insieme a Gedda, di quanti accusavano Montini di trescare con Fanfani e di aspirare a una Democrazia Cristiana autonoma dal Vaticano. Si andava oltre volendo far credere che il monsignore avesse perfino assistito a certe messe nere.

Fu padre Lombardi a darne notizia al Papa, e lui, in una nuova crisi di pianto, esclamava: «Non è vero! Non è possibile! Assolutamente non è possibile crederci» (A. Spinosa, «Pio XII, l’ultimo Papa», Mondadori,1992, pagina 358; MD, pagina 356).

In vista delle gravi informazioni su Montini, che non si limitano solo a sospetti d’ordine politico, è alquanto strano che questo potente monsignore abbia scelto allora di sfogare la sua afflizione proprio andando alla Civiltà Cattolica, il 16 novembre 1953.

«L’impressione che ne riceve Lombardi è piuttosto lugubre. Il quadro della situazione, quale risulta dall’analisi del prosegretario di Stato, inclina al peggio».

«Senza dirlo esplicitamente, ha fatto capire bene» riferisce Lombardi nel Diario «che attribuiva al metodo del Papa la crisi gravissima d’autorità che c’è nei supremi organi della Chiesa».

Quanto alle proposte caldeggiate da Lombardi per il movimento riformatore in Italia, Montini assicu¬ra il suo appoggio, benché dichiari il suo scetticismo sull’esito dell’esecutivo episcopale che dovrebbe assumere il comando complessivo... con il Papa «sempre più chiuso, più diffidente»...
«Sono confidenze gravi, c’è anche Rotondi a raccoglierle» (ibidem).

Qui si palesa un tentativo di Montini di capovolgere un sospetto e un giudizio: Non sarebbe lui, una delle massime autorità vaticane, dopo il Papa, a tradire la sua fiducia tessendo una politica contraria alle direttive papali per arginare il comunismo, ma lo stesso Pio XII chiamato in causa come responsabile della crisi di autorità, secondo l’analisi formulata da chi l’ha tradita! E per completare il quadro è lo stesso Montini che «parla con estremo pessimismo della situazione politica italiana. Egli vede il comunismo avanzare inesorabile e per vie legali. Però, bisogna tentare tutto» (ibidem) [Ogni compromesso?].

Poteva Lombardi credere a questa messinscena del frequentatore di messe nere e architetto dell’apertura a sinistra e del compromesso storico?
O avrebbe finto di crederlo per conservare l’appoggio al suo movimento di un potente che aveva in mano mezza politica vaticana?

Ora, Lombardi era al corrente che il Sant’Officio aveva aperto un dossier segreto su Montini: lui stesso l’ha denunciato «come responsabile di una politica personale verso i regimi comunisti dell’Europa orientale e verso alcuni Paesi latino-americani» (MD, pagina 355).

Ma lui sapeva pure che il «castigo» inflitto al «traditore» sarebbe la riprova che esso era più forte del cosiddetto «partito romano» che all’interno della curia faceva capo allo stesso Ottaviani e a Pizzardo, con appoggi nell’università Lateranense e nella Civiltà Cattolica e che voleva l’allontanamento di Montini dalla sua mansione nella Segreteria di Stato, da affidare al conservatore Tardini.
Infatti, il Papa scelse monsignore Dell’Acqua e quanto a liberarsi di Montini, non ha saputo far di meglio che inviarlo come arcivescovo a Milano, di modo che sembrasse a tutti di aver promosso e non rimosso il sospetto personaggio.

Si è solo guardato dal farlo cardinale!

E’ uno squarcio delle trame vaticane a cui partecipò padre Lombardi, che allora ebbe da Pio XII l’appoggio al suo movimento e l’approvazione del suo libro «Pio XII per un Mondo Migliore», le cui bozze erano dal Papa da mesi: «Una sistemazione organica del magistero pontificio circa l’ordine internazionale e sul ruolo della Chiesa romana per la ricostruzione spirituale e politica del mondo. In questo orizzonte autorevole Lombardi ha fatto emergere la esigenza di una riforma del cattolicesimo, anzi di una ‘nuova controriforma’, per contrasto con ‘la più recente spaventosa apostasia della società moderna’».

«Si tratta di cominciare l’aggiornamento sistematico dell’intero campo nostro di fronte al mondo moderno» scrive Lombardi (MD, pagina 334).

Il Papa ha rivisto personalmente le bozze, emendando qua e là - e togliendo la parola «rivoluzione», molto frequente in quel testo.

Nello stesso periodo Lombardi riesce a ricucire lo strappo col Generale dei Gesuiti, Janssens, e il consenso per una sede del Movimento indipendente dalla Compagnia di Gesù, adeguata all’impresa troppo grande per continuare nella sede di Civiltà Cattolica.

«Con l’aiuto di Ortolani e dei suoi amici - che hanno costituito una Associazione Maria Mediatrice per assicurare al Movimento una relativa autonomia finanziaria - viene affittato un villino di quindici stanze, per il quale Pio XII si affretta a decretare l’indulto dell’oratorio domestico, con la facoltà di conservare l’Eucarestia.[…] l’utopia ha finalmente un tetto ma egli si sente di colpo solo».

«Umanamente è una follia» confida al Diario in quei tormenti. «Siamo senza personale, senza danaro. Sono andato come alla cieca, senza sapere quasi cosa facevo. Ora mi sveglio».
Motivo in più per abbandonarsi alla fede: «Mamma, per il tuo Gesù, guida tu tutto. Se l’opera è vostra, qui cade nell’assurdo e nel ridicolo» (MD, pagina 335).

Si noti che tutto questo attivismo per seguire alla cieca un’utopia lasciava da parte giustamente il piano rappresentato da una richiesta-offerta da parte della Madre di Dio a Fatima.
Chi legge quel Messaggio può non trovare lì tutto un programma di rinnovamento cattolico, dettato dalla «Piena di Grazia», programma che giustificherebbe ogni movimento universale e anche un concilio ecumenico?
Quale aiuto potrebbe essere più forte?

Ora, i chierici di vocazione rivoluzionaria credevano nell’intervento di Dio nella storia, ma attraverso le loro iniziative.
Si noti questo: per il suo movimento padre Lombardi viaggiò e si appellò a tutte le diocesi del mondo cattolico; ma senza ricordare che la richiesta della Madonna di Fatima rimaneva disattesa.
Il che significa dare la priorità al progetto umano sull’indicazione divina; ecco una delle vere mancanze di sintonia del movimento lombardiano con gli eventi straordinari di Fatima, e ciò veniva anche confermato dalla riforma da esso espressa.

Si può quindi concludere crudamente che alla fine dei conti si assumeva Fatima al servizio di quell’idea di riforma e non il contrario.
Dire questo non significa giudicare delle intenzioni degli autori di tale movimento, ma del suo risultato oggettivo.
E allora si può vedere nel gesuita padre Riccardo Lombardi un prototipo del religioso in crisi tra la Chiesa guida a un miglior mondo e una «nuova Pentecoste» per stabilire una nuova Chiesa al servizio del Mondo Migliore.
Per la storia di Fatima è dunque importante conoscere attraverso questo personaggio chiave, la crisi di un’intera classe clericale, che seguendo un tale percorso pre-conciliare fu sorda al Messaggio di Maria Santissima.
«Fai sapere ai Miei Ministri...»




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Il «nuovo Giona» di fronte alla sfinge di un flagello terminale

La predicazione di padre Lombardi aveva Giona per modello e la fiducia e audacia di Davide come atteggiamento (MD, pagina 435).

Si può pensare che questa idea era già nelle sue Esercitazioni adatte alla prassi pastorale per la «formazione di apostoli», la via suggerita da Montini, allora arcivescovo di Milano, con cui mantiene i migliori rapporti.
«Il metodo consiste nella combinazione tra la ‘riforma individuale’ cui mirano i tradizionali ‘esercizi’ ignaziani e il modello collettivo dei convegni di studio: ‘Si tratta di tentare’ aggiunge ‘la riforma vera della coscienza ma in tanti insieme, dinanzi a problemi che ci riguardano tutti’ » (MD, pagina 338).

«Solo nei primi dodici mesi di lavoro compiono le Esercitazioni duemila preti, ottanta vescovi, un migliaio di dirigenti d’Azione cattolica, uomini politici, sindaci democristiani, operai... Lombardi supera il sistema tradizionale... sollecita il dialogo orizzontale... Nel 2° anno, l’afflusso è ancora maggiore, partecipando interi episcopati regionali come quello del Triveneto, capeggiato dal patriarca di Venezia Roncalli. Lo schema fondamentale è proposto e sintetizzato da Lombardi: ‘S’illustra il piano pontificio di santa rivolta contro il mondo moderno nei suoi aspetti organizzati male’» (MD, pagina 339).

Ma tale crociata pontificia contro il mondo moderno era annullata, se non invertita, con la scomparsa di Papa Pio XII nell’ottobre 1958.

L’ascesa degli ammiratori della Ninive moderna

«Roncalli Papa se lo aspettano in pochi. Tra loro non c’è padre Lombardi. La sera del 28 ottobre 1958, quando sente alla TV l’habemus Pontificem di Ottaviani dalla loggia di San Pietro, col nome di Angelo Giuseppe, il gesuita si mette d’istinto le mani sulla testa, come per una sciagura: ‘O Signore Iddio’ mormora impallidendo»...

«Mi aspettavo il Papa del rinnovamento della Chiesa» dirà «e invece chi era? Mi pareva assurdo. […] Lombardi ha predicato davanti a Roncalli, nunzio a Parigi. Ha tenuto per Roncalli, e i vescovi delle Tre Venezie, le Esercitazioni per un Mondo Migliore. E’ stato suo ospite a Venezia. Una volta lo ha pure confessato» (MD, pagina 410).

Ma qualcosa ha sempre impedito i buoni rapporti tra questi due personaggi rappresentativi di quel momento della vita nella Chiesa.

Un episodio può in parte rivelare le ragioni profonde della reciproca avversione.

Padre Lombardi ha predicato a Parigi nel 1949. «Ma è di quell’anno anche l’episodio brusco di quel religioso benedettino, andato dal Nunzio a intercedere per una benedizione sulla Crociata della Bontà: ‘Non pronunciate mai questa parola davanti a me!’ gli fece Roncalli, rabbuiandosi. ‘Vengo da Costantinopoli e so che il solo ricordo delle crociate basta a dividere i cristiani’» (MD, pagina 411).

Chi ha paura dello spirito di crociata?

Lo spirito del movimento d’espansione della Fede e della Civiltà cristiana nel mondo, sotto il segno della Croce, ha sempre plasmato l’operato della Chiesa.

Basta ricordare che la Bolla della Crociata fu un documento pontificio tradizionale per suscitare e gratificare con privilegi e indulti l’opera fatta con quello spirito.

Benedetto XV nel 1915 e Pio XI nel 1928 ne confermarono l’uso adattandola alle circostanze presenti.
La Crociata Eucaristica fiorì nel tempo di Pio XII.

Si tratta ora di sapere se era il nome crociata o il suo spirito che faceva rabbuiare l’animo di Giovanni XXIII.
Che i vescovi delle Tre Venezie non avessero simpatia per le iniziative pontificie condotte da Lombardi se ne dovette accorgere Pio XII.

«Messo al corrente da Dell’Acqua del dispiacere del Papa, Roncalli - appena arrivato a Venezia - suggerì ai vescovi della regione di invitare Lombardi a predicare gli Esercizi spirituali del 1955» (MD, pagina 411).
La riluttanza dei vescovi a sperimentare il nuovo metodo comunitario era comprensibile per la loro carica di responsabilità individuale.

«Invece, nel corso di fine maggio a Torreglia Alta (Padova), quei venerandi vescovi si sentirono infliggere per cinque giorni un condensato delle tesi del Mondo Migliore dalla mattina alla sera, col risultato di diventare ancora più sconcertati e di lasciare deluso il predicatore. Anche da parte mia» dirà «fu uno dei corsi più deboli, precisamente per la forma così stonata con il contenuto comunitario...» (MD, pagina 411).

«Fu al termine di quegli esercizi così disagiati che il patriarca andò a confessarsi da Lombardi: si proponeva così ‘di dargli ulteriore prova della mia cordialità e della mia attenzione’. Ne profittò anche per ‘fargli mitemente alcuni rilievi sul suo modo di parlare ai vescovi’... Però non era solo questa la causa di certa perplessità. Nel diario di quei giorni il patriarca precisava che, a dividerli erano ‘alcune riserve circa apprezzamenti d’ordine storico e di visione unilaterale dello stato del mondo odierno’ nonché un certo ‘suo modo di concepire e di esprimere forse troppo alla buona il suo pensiero in tono pessimista, aggressivo e alla franc-tireur’ » (MD, pagina 412).

«L’incidente maggiore avvenne a Venezia nell’ottobre seguente. Per confermargli ancora la sua stima, Roncalli volle affidare a Lombardi un corso straordinario di conferenze in San Marco. Lo presentò al clero come ‘un potente e straordinario richiamo, come di un profeta antico, al fervore delle epoche più felici della storia della Chiesa: a un rinnovamento - precisava il manifesto d’invito - non di superate strutture, ma dello spirito che le pervase e deve pervaderle ancora, e le rese, come le renderà, assolutamente benefiche e salutari’.
A Lombardi il patriarca riservò le stanze del mezzanino del Patriarchio, un tempo abitate dal cardinale Sarto: ‘E’ una reliquia’ disse il predicatore entrando, alla vista del semplice letto di legno che era stato d’un Papa. ‘Sì, sì’ rispose Roncalli. ‘Ma le reliquie fanno bene ai vivi’. Quella sera la preghiera di Lombardi fu per San Pio X: ‘Ottienici un Papa del Mondo Migliore, dopo Pio XII’» (D, 15 ottobre 1955).

«Il tema della ‘nuova controriforma’ per la riconquista della società al cattolicesimo dominava le conferenze del gesuita. E a tu per tu col patriarca, egli insisteva che ora occorreva un riformatore, che la Chiesa aveva assolutamente bisogno di una riforma e quindi di un Papa riformatore: però non gli venne neppure in mente che quel Papa potesse essere proprio lui.
‘Ci vuole un altro San Carlo’ gli disse Lombardi, una sera, mentre il Patriarca gli mostrava i cinque volumi, da lui curati con la collaborazione di don Pietro Forni, degli Atti della Visita Apostolica di San Carlo Borromeo a Bergamo (1575). ‘Veda in questo punto, ad esempio’ gli disse Roncalli. ‘San Carlo trova un vescovo assente da tre mesi dalla diocesi e nessuno che sappia dove sia andato. Cose del genere sono inconcepibili, oggi’. Lombardi insiste: ‘Non è che i tempi siano migliorati di molto. Anche oggi non si vede un cardinale riformatore da cui sperare. Sia pure per ragioni diverse, i difetti ci sono ancora’. ‘Ah, noi ci sforziamo di fare ciò che possiamo’ sospira il cardinale» (R, «Giovanni XXIII e il Concilio», citato, pagina 2).

«Non era che l’avvisaglia di quanto successe poco dopo, durante la cena col patriarca e con il vescovo di Padova, monsignore Bortignon, segretario dell’episcopato veneto, commensali l’ausiliare di Venezia Augusto Gianfranceschi e il segretario del patriarca, Loris Capovilla. Lombardi continuò più liberamente che nelle conferenze pubbliche a manifestare la sua visione apocalittica delle vicende italiane. Tra l’altro, disse che non trovava in tutta Italia un solo vescovo ‘di stile tridentino’; che si rotolava verso il peggio; che nessuno riusciva a capire l’importanza del Mondo Migliore, la sua necessità, la sua quasi obbligatorietà, dal momento che il Papa lo aveva fatto proprio. Il cardinale, che gli era accanto, tentò di contraddirlo: ‘Caro padre, ho studiato a fondo la situazione italiana, pre e post-tridentina. Posso dirle che oggi le cose vanno molto meglio!’».

«Lombardi allora scattò in piedi, congestionato, vibrò un pugno sulla tavola così forte da far tremare piatti e bicchieri e, mentre qualche vetro schizzava in frantumi sul pavimento, gridò: ‘Le anime vanno all’inferno e il patriarca mi dice che le cose vanno bene!’ Si strappò il tovagliolo dal colletto, lo gettò tra i piatti e usci bruscamente dalla saletta lasciando i commensali sbigottiti» (MD, pagine 413, 414).
Il predicatore aveva minacciato: «Non parlo più!».


Dopo lo sconcerto del primo momento, Roncalli si levò e uscì a sua volta per andare a calmare Lombardi affinché confermasse l’impegno serale della conferenza a San Marco.
L’iniziativa bastò allora a placare le acque.

Questo episodio, in cui è affiorato con violenza come Lombardi era combattuto dal contrasto tra le parole di suor Lucia sulla perdita di tante anime e l’attivismo ottimista di tanti prelati, deve aver sconvolto la mente del padre quando udì, la sera del 28 ottobre 1958, il nome di Roncalli con l’habemus Papam.

Lombardi aveva deplorato l’assenza di vescovi tridentini?
Adesso si trovava con un capo a cui perfino il nome di crociata faceva inorridire.
Aveva ragione di preoccuparsi.
Le porte si sarebbero chiuse in seguito al suo Mondo Migliore, considerato un «integrismo» fondato sul profetismo di sventura.




[Modificato da Caterina63 30/04/2016 14:23]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il concilio del nuovo ordine religioso

L’impeto riformatore di Lombardi avrebbe avuto, l’anno dopo, un fremito di entusiasmo con la convocazione del concilio di Roncalli, il 25 gennaio 1959.

Il Padre si allinea subito. «E’ un Lombardi non più apocalittico che esce da questo ritratto: ‘Dovunque si guarda nella Chiesa si trovano da valorizzare spunti stupendi già in atto, basterebbe notare con quale energia e quali applicazioni colossali si sia fatto araldo di tale spirito di unità e di rinnovamento il nuovo regnante Pontefice Giovanni XXIII, benedetto per questo dall’intero genere umano. Il Concilio Ecumenico annunziato da Lui per ispirazione dello Spirito Santo è il più grande sforzo umanamente immaginabile per una unità cattolica più efficiente ed un mondo migliore’» (MD, pagina 428).

L’8 agosto del 1960, Lombardi è a Castel Gandolfo e in una udienza «indimenticabile», si sente dire da Giovanni XXIII: «Il padre Lombardi prima era come quei profeti dell’Antico Testamento, terribili. Poi è diventato profeta del Nuovo Testamento. Ma ora deve diventare ancora più soave... E’ con spirito di soavità che si deve dire tutto. Dire le cose, ma badando al modo...».

Lombardi risponde: «Ho avuto tante umiliazioni e son cambiato molto. Ho imparato, sa? Sono più calmo, più modesto...» (MD, pagina 428).

La vera questione qui, però, non è di badare al modo, ma alla sostanza, cioè se quanto il magistero dei Papi e di Pio XII, ribadito nel Messaggio di Fatima, ha insegnato sugli errori sociali, ora crescenti, veniva seguito ed applicato.
Ma i nuovi obiettivi dell’opera «per la riforma collettiva permanente ascetica» implica nella nuova indicazione vaticana un disimpegno politico completo. Lombardi non può non vedere in tutto ciò «uno sganciamento da Pio XII» ed entra in crisi.
Nel giro di un anno tralascia la direzione del movimento per dedicarsi a un istituto per l’apostolato della gioventù femminile.

Che storie sono queste di «errori sparsi dalla Russia»?


Il capo del Sant’Officio, Ottaviani, «ha attaccato fortemente, in una omelia nella basilica di Santa Maria Maggiore, quei politici che non si fanno scrupolo di ‘stringere le mani grondanti di sangue dei novelli anticristi’, riferendosi alla visita di Gronchi a Mosca il 7 febbraio 1960. Anche sui primi cosmonauti sovietici sono caduti i fulmini di Ottaviani, che li considera ‘atei i quali credono di vuotare i cieli con le lo-ro prodezze spaziali’ (MD, pagina 437). La nuova politica vaticana, però, apre talmente alla sinistra e al comunismo che la Curia romana è allarmata: ‘La voce diffusa è che Giovanni XXIII sia persuaso che viene il comunismo. Perciò attenuerebbe tanto i contrasti per poter trattare’» (MD, pagina 434).

«Roncalli sta lavorando per assicurare la partecipazione dei vescovi d’oltre cortina al Vaticano II. Ha avviato contatti con il regime di Tito per normalizzare le relazioni tra Chiesa e Stato in Jugoslavia. Malgrado la bufera abbattutasi sulla Chiesa a Cuba, si è astenuto dal fulminare la scomunica su Fidel Castro, come vorrebbero i circoli della ‘Chiesa del silenzio’, e mantiene il nunzio all’Avana. […] Al principio dominante con Pio XII, ‘Non ci si accorda con il diavolo’, nell’epoca della contrapposizione frontale dei blocchi, egli preferisce la formula del primate polacco Stephan Wyszynski, ‘cardinale conciliante’ che Pacelli ha costretto ad una umiliante anticamera nel 1957: ‘Con il diavolo no, con gli uomini si. Non abbiamo nemici, abbiamo fratelli che ignorano per il momento i legami che ci uniscono’» (MD, pagina 435).

In verità, Pio XII, e predecessori, si riferivano a regimi «intrinsecamente perversi, con cui la trattativa è impossibile», giustamente quelli con cui Wyszynski trattò e ora anche Roncalli.

Giovanni XXIII nel messaggio natalizio del 1960 saluta «L’atmosfera di distensione che ha fatto rifiorire la speranza in molte anime» e ha aggiunto: ‘La Chiesa accompagna con le sue preghiere tutti coloro che, nelle relazioni internazionali, permettono gli incontri in un clima di serenità, aiutano al regolamento pacifico dei conflitti, al riavvicinamento dei popoli e alla loro mutua collaborazione’» (MD, pagina 436).

La sterzata a sinistra nel piano nazionale e internazionale preoccupa i membri della Curia romana e altre personalità prossime al pensiero di Pio XII che cercavano le voci autorevole per affrontarla.
Chi meglio di padre Lombardi, che considerava la distensione un cavallo di Troia del comunismo mondiale?

Egli diceva in una lettera a La Pira, che lo invitava a «cogliere ogni sintomo di speranza»: «Mi è sembrato un dovere per la difesa di tanti pusilli il dichiarare che nell’attuale fase bisogna stare in guardia dalla speculazione comunista su quei fatti. Se tutte le persone fossero buone, si sarebbe potuto parlare di quegli incontri come di una promessa per l’umanità. Siccome purtroppo ci sono innumerevoli persone che oggi tramano per la rovina delle anime con la bandiera del comunismo, mi sembra che bisogna difendere i deboli da tutto ciò che li può illudere, che il comunismo sia in qualsiasi senso in via di conversione e di avvicinamento alla Chiesa» (DOC, Lettera di Lombardi a La Pira, 9 ottobre 1959).

«Lo ribadisce in una clamorosa intervista a Oggi alla fine di maggio 1961, dal titolo simbolico: ‘Padre Lombardi prepara una nuova Crociata per sottrarre al caos la Civiltà Cristiana. Nel Diario scrive: ‘Si respira nell’aria una specie di adattamento ad avere i comunisti tra noi. E il silenzio del Papa è interpretato come acquiescenza. Insomma, si teme che il Papa mi richiamerebbe se io parlassi molto su quello’» (D, 4 giugno 1961).

Il cardinale Ottaviani, che ripeteva allora: «la situazione è molto grave», patrocina la «crociata» di Lombardi mettendo a disposizione i mezzi di cui dispone.
S’illude però ed inganna il gesuita sul consenso che pensa di strappare a Giovanni XXIII: «Ottaviani riferisce che il Papa benedice approvando» annota nel suo diario Lombardi. Richiede però «che io devo agire come singolo non con l’intero Movimento Mondo Migliore e che, per la predicazione, stia attento a quei punti che mi furono già notati in altre occasioni. Il cardinale mi dice di aver riferito al Papa che il padre Lombardi predicherà solo di far preghiera e penitenza e questo certamente è buono» (D, 8 e 27 giugno 1961).

In verità Giovanni XXIII reagisce al progetto in ben altra maniera: «Non passano molte settimane e il cardinale Confalonieri riceve da Tardini una lettera durissima, accompagnata dall’intervista di Lombardi a Oggi, piena di sottolineature».

Ecco le direttive a Lombardi:

1) La Santa Sede non vuole che si usino certi toni e certi metodi.
Non si deve parlare di «crociata», non si deve gettare l’allarme, non si deve parlare di rivoluzione, di «riforma».
Non si devono prendere atteggiamenti da Savonarola.

2) Parlando del comunismo non si dia la falsa impressione che esso sia il male.
Si dica che ci sono tanti mali e - fra i tanti - anche il comunismo.

3) Poi bisogna sempre specificare che la Chiesa è contro il «comunismo ateo»: questo è il termine della Divini Redemptoris.
Si capisce che il comunismo è condannabile anche per altri motivi, ma noi dobbiamo stare a questa terminologia.

4) Non bisogna proclamare che si farà un giro di tutta l’Italia.
Si andrà, così, diocesi per diocesi senza suscitare clamori ed allarmi fuori luogo.

5) Soprattutto viene raccomandato il «garbo»: quel garbo che da tre an¬ni viene praticato e predicato dall’Alto (DOC, Lettera di padre Rotondi a padre Lombardi, 18 agosto 1961).



  per comprendere le aberrazioni di questo progetto, si legga qui: Noi non attendiamo nessun "nuovo" ordine mondiale, l'Ordine è Cristo stesso....


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Profeti di sventura!


Lombardi colpito cerca appoggi nella Curia e non solo al Sant’Officio ma anche al Vicariato.
Monsignor Parente lo assicura: «Gli avvisi riguardano solo il tono apocalittico e profetico».
Bisogna muoversi: «Le notizie sul comunismo in Italia sono gravissime», «lei si senta libero, è necessario il suo grido perché l’ora è gravissima» (D, 4 ottobre 1961).

«Lo stesso allarme, e in più una pesante critica alla linea papale ritrova alla Congregazione del Concilio, da monsignore Pietro Palazzini che ne è segretario. In alto dominano un cieco ottimismo ad oltranza e l’illusione».

Non diversa è l’opinione di tanti altri prelato, tra cui Samoré, capo degli «Esteri» della Segreteria di Stato e frequentatore dei riti a Santa Maria Maggiore per la «Chiesa del silenzio» (D, 24 ottobre 1961).
Padre Lombardi è portato ad una reazione di sdegno, che si accresce con la lettura della prima lettera sociale di Giovanni XXIII, Mater et Magistra, per cui sembra che «la Chiesa possa cristianizzare il sistema comunista da dentro».

Tali mosse per dialogare con i regimi comunisti sono causa di turbamento per il mondo cattolico.
«La tolleranza che viene da Roma disorienta tutti».

Lui vive un’ora dolorosa.

Ma padre Lombardi continua a proporre i suoi corsi nei termini del gravissimo pericolo che incombe: «Vorrei sforzarmi di mostrare il piano del Signore» in cui include la Madonna.
E si sente rispondere: «La Madonna farà pur qualcosa!».
E Lombardi: «Ma la responsabilità è nostra! Il pericolo lo dobbiamo fronteggiare noi, con l’aiuto di Lei, ma anche con l’impegno del clero cattolico».
E sente la risposta tagliente: «La Madonna mi sta bene, lei con la spada in alto».

Il vescovo di Vittorio Veneto Albino Luciani in una lettera «spiega i motivi per i quali rifiuta l’offerta della predicazione di Lombardi per ‘mostrare il piano del Signore’: «Può esser interpretata da certa gente entusiasta in senso profetico, carismatico, quasi alla Savonarola. Iniziative del genere, appoggiate da un vescovo e lasciate cadere da un altro, vanno a rischio di creare dicerie e nuove confusioni».
Infatti, il «piano della Madonna di Fatima», la consacrazione della Russia al Suo Immacolato Cuore, era uguale per tutti i vescovi, ma non vi era nessuno che lo ricordasse allora, tanto meno quelli che avevano i propri piani di aggiornamenti e riforme, tra cui Lombardi.

Lombardi chiede udienza a Giovanni XXIII, che lo fa aspettare tre mesi, tempo in cui il Padre riepiloga le sue tormentose contraddizioni.

Dopo tanti suoi giudizi durissimi rivolti nei confronti di quella politica di tolleranza verso il comunismo e l’URSS, da buon gesuita padre Lombardi è alla ricerca proprio degli ordini papali da accogliere con ogni slancio di fedeltà e di sottomissione, qualunque essi saranno.

E Giovanni XXIII quando riceve il sacerdote nella sua biblioteca la mattina dell’antivigilia di Natale è al corrente di questo fatto.

«Del problema per cui Lombardi ha chiesto di vederlo - se possa intraprendere il nuovo giro di predicazione anticomunista - il Papa non fa parola per tutto il tempo. Preferisce attirare l’attenzione del gesuita su altri problemi, per esempio la vita spirituale del clero... si duole che, nella riforma del Breviario, siano stati mantenuti - dice - dei salmi che ‘nulla hanno a che fare con la pietà sacerdotale’. Per esempio, si trovano ancora dei salmi sulla storia d’Israele, salmi che parlano di battaglie, guerre, scontri, salmi che invocano un Dio guerriero. E addirittura son state conservate le famose ‘maledizioni’... ‘non per nulla evangeliche’».
«Io proprio non amo questi salmi forti».
«Veramente» suggerisce modestamente il gesuita «io sono cambiato tanto, Santità. E proprio per effetto del suo stile... ma il Padre Lombardi rimane forte» incalza Giovanni.
«E sarà forse talora necessario esser così, che ci siano degli apostoli di fuoco. Però, veda, la pietà normale del sacerdote deve essere nella pace, nella pace! E’ la pace lo scopo del Concilio, anzi della stessa Chiesa».

Cosi Giovanni XXIII introduce l’altro tema che gli sta a cuore: quello dell’accoglienza delle ispirazioni divine, un tema che sa non meno presente all’orizzonte spirituale dell’interlocutore.
Lo stile è sempre quello narrativo e gli racconta come gli sia venuta l’ispirazione del Concilio.
«Non ci avevo pensato affatto prima» dice.
«Ma dovendo io andare nella Basilica di San Paolo, molti cardinali vollero andarci anche loro. Per cui ho pensato di dir loro qualcosa. Per il popolo era facile improvvisare un discorsino. Mi consigliai con Tardini. Tardini aveva un carattere tutto diverso dal mio, sa? Però, eravamo due galantuomini e allora io gli avevo detto che non avrei fatto nulla senza dirlo prima a lui, e che anche lui non facesse nulla senza dirlo a me. Così il bene ci fondeva e c’era in mezzo a noi lo Spirito del Signore. Parlando con Tardini» prosegue il Papa «mi venne di dirgli che per i cardinali pensavo di parlare dell’unità, l’unità dei figli di Dio, e anche quella con i non cattolici, e che bisognava fare nella Chiesa qualcosa, come tutti fanno adesso le loro assemblee. Per esempio: un Concilio... Poi venne da me don Dell’Acqua, che era mio segretario a Istanbul, e per questo lo conosco nell’anima. Si vede che il cardinal Tardini gli aveva detto qualcosa perché, appena gli accennai del Concilio, subito disse: ‘Ma il Concilio è un gran progetto. Però qui a Roma bisognerebbe anzitutto fare un Sinodo’... E infine venne un altro, e mi disse che le leggi della Chiesa sono tutte da rivedere. Capisce, Padre? Cosi son venute le tre idee, del Concilio, del Sinodo romano e della revisione del Codice di diritto canonico che ho annunciato a San Paolo’ » (MD, pagine 444/5).

Il racconto vorrebbe illustrare «l’anima docile» che «è come un vaso in cui Dio versa le ispirazioni, servendosi, quando siamo li aperti per ricevere, di tante persone attraverso le quali il Signore parla...».
Negli appunti che padre Lombardi ha lasciato di quell’udienza egli salta prontamente su quel discorso e dice: «Forse qui c’è una quarta ispirazione per Vostra Santità!»... riunire un gruppo di apostoli...
«Quanto a quello che dovrebbe essere l’argomento dell’udienza - il piano di predicazione -, il Diario si limita ad ammettere che il Papa ‘non gli dedica una sola parola’... Lombardi lascia nelle sue mani un libro fresco di stampa... Concilio. Per una riforma nella carità... E’ un libro esplosivo. E, per il suo autore, un boomerang» (MD, pagine 446/7).

Il libro racchiude un terremoto di idee rivoluzionarie , dal matrimonio per i preti caduti ad una radicale riforma della Curia.

La cosa in parte è anche piaciuta al Generale dei Gesuiti Janssens, ma c’erano ancora troppi strali contro l’Impero di Satana del comunismo ateo...

Giovanni XXIII fu molto turbato da quel lavoro e ha calcato una dura mano sul suo autore.
E Lombardi fu sottomesso a una serie di ritrattazioni e umiliazioni, fino al completo ridimensionamento del padre e del suo Movimento.

Certamente padre Lombardi ha toccato un grande segreto e ha voluto dirottare una rivoluzione pianificata e già in corso.
Ha preteso di giocare con qualcosa molto più grossa di lui... e ne diviene una pedina, fin che quella sfinge lo divorò.



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La notte scura che seguì...

Nel pontificato di Paolo VI i sogni di Lombardi svanirono.

Il fallimento personale si concretizza quando il 2 ottobre 1963, Montini, divenuto Paolo VI, in trono da poco più di tre mesi lo informa, in un’udienza drammatica, che il Mondo Migliore sarebbe stato affidato alla Compagnia di Gesù.

«Mandato arcivescovo a Milano (‘un allontanamento attribuito da alcuni in parte a noi’ ammette a fior di labbra Lombardi) (D, 21 giugno 1963) Montini lo ha invitato fra i predicatori di spicco della Missione ambrosiana del 1957. A un pranzo con Siri e Lercaro, lo ha voluto alla propria destra. Mentre gli ospiti erano accompagnati alle macchine, per un attimo l’arcivescovo e il gesuita sono rimasti separati dagli altri... Lombardi ha gettato le braccia al collo all’arcivescovo, come per un improvviso moto di perdono, e Montini gli ha posato la testa sulla spalla: ‘Eccellenza, perché il Papa non la fa cardinale?».

Negli anni successivi, Montini ha ricevuto da Giovanni XXIII l’intero dossier istruito dal Sant’Officio sul suo conto». [quello istruito sul conto di Roncalli non fu più trovato, è ovvio che appena fu fatto Papa l'interessato lo fece letteralmente distruggere] (MD, pagina 473).

Così Paolo VI, che aveva già riconvocato il Vaticano II e annunciato la riforma della Curia romana, chiude una tra le più calde pendenze del tempo roncalliano, quella del Mondo Migliore che si era caricata di aspetti troppo personali.

Proprio chi aveva tanto pianificato riforme per la Chiesa e per la Curia era tolto di mezzo.
Perché?

Per aver toccato un duro segreto di uomini coinvolti con i poteri del mondo, ma principalmente per non aver testimoniato l’abbandono di un Segreto di Dio. (e per non aver messo Fatima avanti al suo progetto, lasciandola dietro le file del suo personalismo rivoluzionario, questo pagò, di fatto, Lombardi, la sua personale vanagloria)

Il Mondo Migliore sarà d’allora in poi strumentalizzato ovunque.  

In Brasile servì a promuovere molti «profeti» delle nuove «comunità ecclesiali di base», che alimentavano proprio uno sfondo marxista.
In altri luoghi servì una «teologia del laicato», aperta anche al dialogo sulla «morte di Dio» e sulla redenzione dei miscredenti e atei.

«Si spezza anche l’uomo, sotto i colpi della Curia romana e quelli, non meno percussivi, di una crisi psicologica devastante.
Al termine di questa passione, il protagonista si ritira tra le quinte. La voce che ha fatto vibrare le masse si vela di pianto e si spegne» (MD, pagina 472).

Durante una delle sue tante notte d’angoscia, divorate dall’insonnia, Lombardi si sente un’altra persona e immagina di essere ad Assisi, solo, nel buio d’una notte oscura: tutti erano partiti senza salutarlo.
Possiamo essere d’accordo con Zizola che uno dei frutti del piano di Lombardi fu l’incontro interreligioso di Assisi.
La differenza è che lui e il suo mondo conciliare ne rimane incantato mentre invece il mondo cattolico non può che non rimanervi inorridito, a punto di vedere in tale smarrimento della Fede il contenuto del Terzo Segreto di Fatima.

Chi ha paura di tale Segreto?

Naturalmente quanti vedono in esso un ostacolo ai suoi piani.
Da Benedetto XV a Pio XII, entusiasta del Mondo Migliore di padre Lombardi, il Messaggio di Fatima poteva intralciare la loro diplomatica politica di concordati ed alleanze.

(basterà vedere poi anche la reazione di Giovanni XXIII contro il Messaggio di Fatima, definendolo un insulso allarmismo di profeti di sventura contro i quali si doveva opporre l'alta dose di ottimismo che sarebbe stato lanciato dal Concilio)


Ciò ha portato ad un contenimento della dimensione profetica di Fatima.
E questo fatto non si dimostra oggi più un segreto.

Rimane che dalla morte di Pio XII in poi, si è visto nel Messaggio di Fatima l’intralcio da sopprimere o riciclare in favore della politica per l’aggiornamento della stessa Religione all’ammirabile mondo nuovo.

Padre Lombardi avrebbe potuto canalizzare le sue doti di oratore e le sue energie di organizzatore per chiamare il mondo cattolico al compimento del piano straordinario donato alla Chiesa da Maria Santissima ma ha preferito ad esso il suo progetto.

Preso dall’idea di mondo migliore a cui un rinnovamento della Chiesa avrebbe contribuito, aveva trescato coi profeti della nuova chiesa conciliare; aveva osato sfiorare il segreto oscuro di uomini che pianificavano «come dèi» una religione mondiale.
Aveva ricevuto tante grazie e molti aiuti, ma non aveva saputo ordinare la sua impresa all’Idea principale: al dolce segreto di Dio per gli uomini del nostro tempo: la parola di Maria!
E il suo momento passò lasciando solo pena e rovina.

Arai Daniele (da erredieffe del 1° maggio 2008)


1) Juan Donoso Cortés, «Lettera al cardinal Fornari», 19 giugno 1852, in [Pio IX,] Sillabo [1864], a cura di Gianni Vannoni, Cantagalli, Siena, 1998, pagine 111-135, pagina 113.

2) «Il ‘microfono’ di Pio XII, il gramscismo cattolico e i fumetti», Mattia Tanel 24/05/2007.
Per quanto segue, confronta Antonio Spinosa, «Pio XII. L’ultimo Papa», Mondadori, Milano, 1992,
pagine 292-294 e 323-324.
Sulla interessante figura di padre Lombardi (1908-1979), personaggio

decaduto dalla notorietà pubblica all’avvento di Giovanni XXIII, confronta Giancarlo Zizola,
«Il microfono di Dio: Pio XII, padre Lombardi e i cattolici italiani», Mondadori, Milano, 1990, o per una prima ricognizione it.wikipedia.org/wiki/Riccardo_Lombardi_(gesuita).



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1956-Mariapoli-focolari-Assunta1“Lei intende fondare una scuola di profeti?”

Questa era la domanda che Paolo VI rivolgeva a P. Riccardo Lombardi SJ (dopo aver ascoltato, alla conclusione del Concilio Vaticano II, lo scopo che egli si proponeva con le sue attività e con la stessa funzione del Gruppo Intervocazionale che le animava….
In una conferenza sulla natura del Gruppo in Messico, nel 1967, commentava così questa felice formula del Papa: “Credo che questo PROFETA del mondo attuale debba essere comunitario. Ci saranno sempre profeti individui, come sempre ce ne sono stati, ma Dio che opera normalmente secondo la situazione storica e locale, oggi promuoverà piuttosto persone che studiano, e pregano, il mondo insieme, in modo da giudicare la situazione con gli occhi di Dio”. E poco dopo: “Vogliamo essere una scuola di animatori della Chiesa; e siccome la Chiesa è animatrice del mondo, anima della storia, come dice il Concilio, vogliamo creare animatori del mondo, animatori della Chiesa per un mondo migliore”…

Servizio di Animazione Comunitaria: questa è la funzione che oggi svolgiamo. In questa denominazione, il Gruppo qualifica se stesso come “servizio” e come “animazione comunitaria” l’azione che svolge. Animare tutti e tutto perché il dono trinitario della “comunione” si esprima edificandoci in “Chiesa-comunità”, a servizio della trasformazione del mondo in “comunità fraterna”. In “famiglia umana” usando la felice formula conciliare (GS 24). L’ “animazione comunitaria” è una funzione-competenza specifica. Ne aiuta la comprensione, il collegarla e il distinguerla da tre altre funzioni: l’insegnamento in cui si influisce in forza della dottrina; ilcomando in cui si influisce in forza dell’autorità giuridica; l’organizzazione in cui si influisce in forza delle strutture.

Era lapidario PL: “Ecco dunque i tre aspetti che chiaramente Dio ci ha fatto capire fin dall’inizio che non sono propri di questo gruppo, come suo servizio specifico nella Chiesa”. “Animazione comunitaria”, quindi. Al fianco della altre funzioni già presenti nella Chiesa, ma non confusa con esse. Non si tratta di una novità come fatto: sempre nella Chiesa sono esistite forme molteplici di animazione. Le novità sono piuttosto tre. Primo: l’animazione come funzione organica e permanente nello scenario complessivo dei molteplici ministeri ecclesiali.Secondo: la comunione-comunità in senso globale come cuore dell’animazione.Terzo:un gruppo intervocazionale, in base a un dono specifico e uno specifico mandato canonico, come soggetto promotore.

1956-Mariapoli-focolari-AssuntaIn questo senso è vero quanto affermava ancora PL: “Si tratta di una categoria relativamente nuova. La Chiesa, come ci viene descritta nel Vangelo, è una realtà molto semplice; solo dopo si è andata sviluppando in organi e funzioni, fino a strutturarsi così come la vediamo oggi. Se non mi inganno, a me sembra che c’è un aspetto che dovrà svilupparsi molto più di quanto non si sia sviluppato fino ad ora; è precisamente in questa linea dell’animazione: convertire la volontà, animare lo spirito, accrescere il fervore. Indubbiamente c’è chi lo fa; sempre qualcuno l’ha fatto e sempre qualcuno lo farà nella Chiesa; io però vedo che “determinare” una categoria per questo, stabilire un servizio stabile nella Chiesa a questo fine è un po’ la nostra originalità”.

Una originalità “nostra” a ben vedere, in cui l’appropriazione stessa è “provvisoria”. Saremo, come di fatto –ahimé – lo siamo, un “gruppo in più nella Chiesa”, finché non maturerà la coscienza ecclesiale di avere bisogno anche diquesta funzione. La Chiesa stessa, in nome proprio e come propria peculiare preoccupazione, dovrebbe suscitare e promuovere questa funzione. Così come ormai fa in altri campi e per altre necessità con diverse forme di consigli, di commissioni, di organismi. Possiamo dire con una formula non allusiva, ma precisa ed intenzionale: “esistiamo per la nostra estinzione”. Perché muoia come “nostro” e risorga come integralmente “ecclesiale” il servizio di animazione comunitaria a tutti i livelli di Chiesa: la parrocchia, l’unità pastorale, la vicaria, la diocesi. Senza escludere altri livelli più ampi a servizio delle decisioni collegiali dei Vescovi: le conferenze episcopali regionali, nazionali, continentali…

Chiudeva così la citata riflessione il P.Lombardi: “Mi sto chiedendo se non sta forse nascendo una nuova categoria, in questo sviluppo della Chiesa, che poi dovrà continuare fino alla fine del mondo… La Santa Sede e i vari Superiori che hanno la responsabilità di scegliere persone idonee a esercitare l’ufficio di vescovo chiedono informazioni a tutti coloro che possono avere elementi utili; perché non potrebbero chiedere analogamente informazioni per sapere se ci sono apostoli potenziali che abbiano il dono di Dio di animare la gente, trasformando la volontà, dando maggior fervore a una parrocchia, a una diocesi, a un presbiterio, a un convento, a una scuola, a un movimento familiare o giovanile? Animatori! E’ la categoria che fin dall’inizio abbiamo capito che Dio ci assegnava, come missione di servizio: essere un gruppo che converte, con l’aiuto dello Spirito.

Forse verrà un giorno in cui la Chiesa darà a questa categoria uno sviluppo organico migliore, più funzionale; io credo che a noi spetti cominciare a svolgere questo servizio con stile, in forma organica, nel mondo intero, come gruppo che nasce proprio a questo scopo. Penso che nella Chiesa ci sia oggi una fortissima necessità di tale servizio; direi che è l’esigenza massima che abbiamo ora. Abbiamo superiori, abbiamo professori, abbiamo organizzatori; ma mi sembra che siamo anemici nell’ambito dell’animazione spirituale. Che venga questo servizio, se Dio lo vuole!”

(cfr. p. 71 in Caruso-Iaria edd, Padre Riccardo Lombardi, Edizioni San Paolo, 2005, pp. 125)

 
dal sito ufficiale


[Modificato da Caterina63 30/04/2016 14:59]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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 i chiarimenti di Pio XII sul concetto di "Mondo Migliore" che padre Lombardi tentò di fare proprio, ma senza riuscirvi.


10 febbraio 1952

PROCLAMA PER UN MONDO MIGLIORE

Sua Santità Pio XII

Un grido di allarme

(1) Dal nostro cuore, diletti figli e figlie di Roma, vi giunge questa paterna esortazione; dal nostro cuore inquieto, da un lato, per il prolungarsi, senza stabili schiarite, della pericolosa condizione esterna, dall’altro, per un troppo diffuso torpore, che trattiene molti dall’intraprendere quel ritorno a Gesù Cristo, alla Chiesa, alla vita cristiana, che abbiamo spesso indicato come il risolutivo rimedio della totale crisi che agita il mondo. Ma la fiducia di trovare in voi il conforto della comprensione e la ferma prontezza all’azione, ci ha mossi ad aprirvi l’animo nostro. Un grido di risveglio oggi ascoltate dalle labbra del vostro Padre e Pastore, di noi che non possiamo restar muti ed inerti dinanzi ad un mondo che prosegue inconsciamente per quelle vie le quali menano al baratro anime e corpi, buoni e malvagi, civiltà e popoli. Il sentimento della nostra responsabilità davanti a Dio, richiede da Noi di tutto tentare, di tutto intraprendere, affinché al genere umano sia risparmiata una così immane sciagura.

(2) Per confidarvi queste nostre ansie, abbiamo scelto la festività, domani ricorrente, della Vergine di Lourdes, perché commemora le prodigiose apparizioni che circa cento anni fa furono in quel secolo di sbandamento razionalistico e di depressione religiosa, la risposta misericordiosa di Dio e della sua Madre celeste alla ribellione degli uomini: l’irresistibile richiamo al soprannaturale, il primo passo per una progressiva ripresa religiosa.

E quale cuore di cristiano, sia pure tiepido e dimentico, potrebbe resistere alla voce di Maria? Non certo il cuore dei Romani, di voi che avete ereditato, trasmesso per lunghi secoli, insieme con la fede dei martiri, il filiale affetto a Maria invocata nelle sue venerande immagini, con gli amorosi titoli di lapidaria eloquenza: “Salus populi romani”, “Portus Romanae securitatis”, e con quello più recente, di “Madre del Divino Amore”, i quali tutti sono monumenti della costante pietà mariana e, più veramente, soavi echi di una storia di provati interventi della Vergine, nelle pubbliche calamità che fecero trepidare queste vecchie mura di Roma, per virtù di lei sempre salva.

pio-xiiOgnuno esamini che cosa deve e può fare

Ora voi non ignorate che ben più estesi e gravi, quali non furono né le pesti, né i cataclismi tellurici, sono i pericoli che incombono tutt’ora sulla presente generazione, anche se la loro perdurante minaccia ha cominciato a rendere i popoli pressoché insensibili ed apatici. Sarebbe forse questo il più infausto sintomo dell’interminabile, ma non svigorita crisi, che fa tremare le menti aperte alla realtà. Rinnovato quindi il ricorso alla benignità di Dio e alla misericordia di Maria, è d’uopo che ciascun fedele, ciascun uomo di buona volontà, riesamini, con risolutezza degna dei grandi momenti della storia umana, quanto personalmente possa e debba fare, come suo contributo personale all’opera salvifica di Dio, per venire in soccorso di un mondo, avviato come oggi verso la rovina.

Scuotere il funesto letargo

(3) La persistenza di una condizione generale, che non dubitiamo di chiamare esplosiva ad ogni istante, e la cui origine deve ricercarsi nella tiepidezza religiosa di tanti, nel basso tono della vita pubblica e privata, nella sistematica opera di intossicazione delle anime semplici, a cui il veleno è propinato dopo averne per così dire narcotizzato il senso della genuina libertà, non può lasciare i buoni immoti nel medesimo solco, contemplatori inerti di un travolgente avvenire. Lo stesso Anno Santo che recò una prodigiosa fioritura di vita cristiana, dischiusasi prima in mezzo a voi e poi in ogni dove sulla terra, non deve riguardarsi come una splendente, ma fuggevole meteora, né come un impegno momentaneo ormai scontato, bensì come primo e promettente passo verso la completa restaurazione dello spirito evangelico, che oltre a strappare milioni di anime dalla eterna rovina è il solo che possa assicurare la pacifica convivenza e la feconda collaborazione dei popoli.

(5) Ed ora è tempo, diletti figli. E’ tempo di compiere gli altri definitivi passi. E’ tempo di scuotere il funesto letargo. E’ tempo che tutti i buoni, tutti solleciti per i destini del mondo, si riconoscano e serrino le loro file. E’ tempo di ripetere con l’Apostolo: “Hora est iam nos de somno surgere” (Rom. 13,11 ). E’ ora che ci svegliamo dal sonno, poiché vicina è adesso la nostra salvezza!

Un mondo da rifare

(6) E’ tutto un mondo che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio. Da milioni di uomini si invoca un cambiamento di rotta e si guarda alla Chiesa di Cristo come a valida e unica timoniera, che, nel rispetto dell’umana libertà, possa essere alla testa di così grande impresa. E si implora la guida di Lei con aperte parole ed anche più con le lacrime già versate, con le ferite ancora doloranti, additando gli sterminati cimiteri che l’odio organizzato ed armato ha disteso sui continenti.

Araldo di un Mondo Migliore

(7) Come potremmo Noi, posti da Dio, sebbene indegni, fiaccola fra le tenebre, sale della terra, pastore del gregge cristiano, respingere questa missione salutifera? Come accettammo, in un giorno ormai lontano, perché a Dio così piacque, la pesante croce del pontificato, così ora, ci sottomettiamo all’arduo ufficio di essere, per quanto lo permettono le nostre deboli forze, araldi di un Mondo Migliore, da Dio voluto, e il cui vessillo premiamo in primo luogo di consegnare a voi diletti figli di Roma, a Noi più vicini e alle nostre cure più particolarmente affidati e perciò stesso anche voi posti quali fiaccole sul candelabro, lievito tra i fedeli, città sul monte. A voi, dai quali a buon diritto, altri si attendono maggiore coraggio e più generosa prontezza.

Accogliete la chiamata di Dio

Accogliete con nobile impeto di dedizione, riconoscendola come chiamata di Dio e degna ragione di vita, la santa consegna che il vostro Pastore e Padre oggi vi affida: dare inizio a un potente risveglio di pensiero e di opere. Risveglio che impegni tutti, senza evasioni di sorta, il clero ed il popolo, le autorità e le famiglie, i gruppi, ogni singola anima, sul fronte del rinnovamento totale della vita cristiana, sulla linea della difesa dei valori morali, nell’attuazione della giustizia sociale, nella ricostruzione dell’ordine cristiano, cosicché anche il volto esterno dell’Urbe, dai tempi apostolici centro della Chiesa, appaia in breve tempo, fulgido di santità e di bellezza. L’Urbe su cui ogni età ha impresso l’orma di gloriose attuazioni, divenute poi eredità delle genti, riceva da questo secolo, dagli uomini che oggi la popolano, l’aureola di promotrice della salvezza comune, in un tempo in cui contrastanti forze si contendono il mondo. Tanto sperano da lei i popoli cristiani e soprattutto aspettano azione.

Azione e non più discussioni

(9) Non è questo il momento di discutere, di cercare nuovi principi, di assegnare nuovi scopi e mète, le une e gli altri, già noti ed accertati nella loro sostanza, perché insegnati da Cristo stesso, chiariti dalla secolare elaborazione della Chiesa, adattati alle immediate circostanze dagli ultimi Sommi Pontefici, attendono una cosa sola: la concreta attuazione.

(10) A che gioverebbe scrutare le vie di Dio e dello Spirito se in pratica si elegessero le strade della perdizione e si piegasse docile il dorso al flagello della carne? A che servirebbe il conoscere e il dire che Dio è Padre e gli uomini sono fratelli, quando di Lui si temesse ogni intervento nella vita privata e pubblica ? A che varrebbe il disputare sulla giustizia, sulla carità, sulla pace, se la volontà fosse già risoluta a rifuggire dalla immolazione, il cuore determinato a rinchiudersi in glaciale solitudine, e se nessuno osasse, per primo, infrangere le barriere dell’odio separatore, per correre ad offrire un sincero abbraccio? Tutto questo non farebbe che rendere più colpevoli i figli della luce, ai quali sarà meno perdonato, se avranno meno amato. Non con questa incoerenza ed inerzia la Chiesa mutò ai suoi inizi la faccia del mondo e si estese rapidamente, e perdurò benefica nei secoli e riscosse l’ammirazione e la fiducia dei popoli.

La radice dei mali

(11) Sia ben chiaro, diletti figli, che alla radice dei mali odierni e delle loro funeste conseguenze non sta, come nei tempi precristiani o nelle regioni ancora pagane, l’invincibile ignoranza sui destini eterni dell’uomo e sulle vie maestre per conseguirli, bensì il letargo dello spirito, l’anemia della volontà, la freddezza dei cuori. Gli uomini, da una tale peste ammorbati, quasi a giustificazione, tentano di circondarsi delle antiche tenebre e cercano un alibi in nuovi e vecchi errori. Bisogna dunque agire sulle loro volontà.

Come procedere

(12) L’azione a cui oggi chiamiamo pastori e fedeli, rifletta quella di Dio, sia illuminatrice e unificatrice, generosa ed amorevole. A questo scopo, ponendovi dinanzi allo stato concreto della vostra e nostra città, studiatevi che siano ben accertati i bisogni, ben chiare le mete, ben calcolate le disponibili forze, in guisa che le presenti risorse iniziali non vengano trascurate perché ignorate, né disordinatamente impiegate, né sciupate in attività secondarie. Si invitino le anime di buona volontà; esse stesse si offrano spontaneamente. Loro legge sia la fedeltà incondizionata alla persona di Gesù Cristo e ai suoi insegnamenti. La loro oblazione sia umile e obbediente: la loro opera si inserisca come elemento attivo nella grandiosa corrente che Dio muoverà e condurrà per mezzo dei suoi ministri.

Prima Roma e poi l’umanità intera

(13) A tal fine Noi invitiamo il nostro venerabile fratello, il signor Cardinale Vicario, ad assumere l’alta direzione, per la diocesi di Roma, di questa azione rigeneratrice e salvatrice. Siamo certi che non mancheranno, né per numero, né per qualità, i cuori generosi, che correranno alla nostra chiamata e che metteranno in atto questo nostro voto. Vi sono anime ardenti che attendono ansiosamente di essere convocate. All’impaziente loro fremito si additi il vasto campo da dissodare. Altre ve ne sono, sonnacchiose, e occorrerà destarle, trepide e bisognerà incoraggiarle, disorientate e si dovrà guidarle. Di tutte si chiede un saggio inquadramento, un assennato impiego, un ritmo di lavoro corrispondente all’urgente necessità di difesa, di conquista e di positiva costruzione. In tal guisa Roma rivivrà la sua secolare missione di maestra spirituale delle genti, non soltanto, come fu ed è, per la cattedra di verità che Dio stabilì nel suo centro, ma per l’esempio del suo popolo, tornato fervido nella fede, esemplare nei costumi, concorde nell’adempimento dei doveri religiosi e civili, e, se piacerà al Signore, prospero e felice. Volentieri ci auguriamo che il potente risveglio, a cui oggi vi esortiamo, senza indugio promosso e tenacemente proseguito, secondo il disegno tracciato, e che altri potranno più particolarmente illustrare, sarà presto imitato dalle vicine e lontane diocesi, affinché ai nostri occhi sia concesso di veder tornare a Cristo non solo le città, ma le nazioni, i continenti, l’umanità intera.

La mano all’aratro – Dio lo vuole

(14) Mano dunque all’aratro. Vi muova Dio che tanto vuole, vi attragga la nobiltà dell’impresa, vi stimoli la sia urgenza; il giustificato timore del tremendo avvenire che deriverebbe da una colpevole inerzia, vinca ogni titubanza e fissi ogni volontà.

(15) Vi sorreggeranno le preghiere degli umili e dei piccoli, ai quali vanno le vostre più tenere cure, i dolori accettati e offerti dei sofferenti. Feconderanno i vostri sforzi gli esempi e l’intercessione dei martiri e dei santi che questo suolo resero sacro. Benedirà e moltiplicherà il felice successo per cui ardentemente preghiamo, la Vergine Santissima, la quale, se in ogni tempo fu pronta a stendere la sua mano protettrice sui suoi Romani, non dubitiamo che vorrà far sentire anche al presente la sua materna protezione per questi figli, che tanto affettuosa pietà dimostrarono nella sua recente glorificazione, e di cui in questo cielo risuona ancora il potente grido di osanna.

(16) Vi sia infine, di conforto e di sostegno la paterna benedizione apostolica che con effusione di animo impartiamo a tutti voi che ci ascoltate, alle vostre famiglie, alle vostre opere e a questa eterna Città, la cui fede, già dei tempi dell’Apostolo, è annunciata nel mondo universo e la cui cristiana grandezza, faro di verità, di amore e di pace, si infutura nei secoli. Così sia”.

Sancti Apostoli Petrus et Paulus, de quorum potestate et auctoritate confidimus, ipsi intercedant pro nobis ad Dominum! Amen.

Precibus et meritis Beatae Mariae sempre Virginis, beati Michelis Arcangeli, beati Joannis Baptistae, et sanctorum apostolorum Petri e Pauli et omnium sanctorum. Misereatur vestri omnipotens Deus, et dimissis omnibus peccatis vestris, perducat vos Jesus Christus ad vitam aeternam. Amen.

Indulgentiam absolutionem et remissionem omniun peccatorum vestrorum, spatium et verae et fructuosae penitentiae, cor semper penitens, et emendationem vitae, gratiam et consolationem et Sancti Spiritus et finalem perseverantiam in bonis operibus, tribuat vobis omnipotens et misericors Domunus. Amen

Et benedictio Dei omnipotentis Patris et Filii et Spiritus Sancti descendat super vos et maneat semper. Amen.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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