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ITINERARI DI FEDE storie di passione

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2017 20:16
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  ITINERARI DI FEDE

 




Nel 1448, quando Crema era ancora sotto la giurisdizione del Ducato di Milano, imperversavano anche qui interminabili lotte tra Guelfi e Ghibellini. Assediatisi questi ultimi nel Duomo, vi accesero un fuoco per attizzare il quale utilizzarono anche il Crocefisso. Il Cristo ritrasse le gambe e il legno non bruciò. 



di Margherita Del Castillo



 Il Cristo ritrasse le gambe, ancora oggi in quella posizione, e il legno non bruciò. La Croce miracolosa, da allora profondamente venerata, fu scolpita probabilmente in Francia tra il 1250 e il 1275 ed è oggi custodita nell’abside della navata sinistra della Cattedrale di Crema.

Intitolata a Santa Maria Assunta la chiesa è frutto della lunga ricostruzione avvenuta dopo l’assedio sotto cui Federico Barbarossa, tra il 1159 e il 1160, pose la città, procurando la distruzione dell’edificio precedente, risalente all’XI secolo, probabilmente grande come l’attuale con pianta basilicale e tre navate. Di gusto romanico sono alcuni elementi della facciata a vento il cui profilo a capanna è delimitato da una fascia di archetti intrecciati e da una loggia praticabile di colonnine in marmo. 

Tre grandi archi a tutto sesto, poggianti su massicce semicolonne, tripartiscono la superficie su cui si aprono bifore a vento. Sullo sfondo del laterizio della muratura risalta il marmo del portale principale la cui lunetta accoglie il gruppo scultoreo, di fattura campionese, della Madonna con Bambino tra i SS. Giovanni Battista e Pantaleone. L’architrave è decorato con cinque clipei, di cui quello centrale rappresenta l’Agnello pasquale mentre i laterali sono stati interpretati quali figure del clero, del monaco, del vescovo e del laico. Gotico è il grande rosone, in marmo di Candoglia, con sedici colonne a raggiera, intrecciate da archetti a tutto sesto.

Cinque ampie campate, delimitate da arcate a tutto sesto laterali e da archi ogivali trasversali, scandiscono lo spazio interno oggetto di un radicale intervento di trasformazione tra il 1776 e il 1780. Solo nel secolo scorso fu deciso di procedere con la rimozione delle sovrastrutture barocche e di riportare l’ambiente al suo stile originario. Testimoni del gusto barocco sono rimasti solo la Cappella del Crocefisso, a sinistra dell’altare maggiore, decorata con affreschi che ricordano i miracoli di cui il Legno sacro fu protagonista, e la Cappella della Madonna della Misericordia, adiacente all’ingresso, il cui altare è sormontato da un affresco quattrocentesco di Rinaldo da Spino, raffigurante la Madonna e il Bambino. 

L’ambientazione architettonica e i SS. Giuseppe e Giovanni Battista vi furono aggiunti dal Civerchio il secolo seguente. Della decorazione primitiva restano tracce negli affreschi della controfacciata – una Maestà, angeli e un santo che legge - e nella quarta campata a sinistra dove tra due figure su scanni si intravvede San Pantaleone. Al patrono della diocesi, medico di Nicomedia martirizzato durante le persecuzioni di Diocleziano, è intitolata la cappella a destra dell’altare maggiore, sopra la quale si innalza, dal XIV secolo il campanile, concluso con un caratteristico coronamento ottagonale e lanterna a cono. 

La torre ospita un raffinato concerto di campane, tra i più prestigiosi di Lombardia. Sopravvissute alle diverse requisizioni e ai danni della Seconda Grande Guerra, le campane, realizzate nel 1753 dalla fonderia cremasca dei Crespi, perfettamente intonate tra loro, compongono una particolare scala musicale, unica nel suo genere. 







 ITINERARI DI FEDE

 




Una conversione è all’origine della chiesa di Santa Maria Bressanoro, a Castelleone, in provincia di Cremona. L’ebreo sefardita Amadeo Mendes de Silva, rinunciando ad una promettente carriera politica, si convertì al cattolicesimo presso il convento agostiniano di Santa Maria di Guadalupe in Estremadura.


di Margherita del Castillo

Una conversione è all’origine della chiesa di Santa Maria Bressanoro, a Castelleone, in provincia di Cremona. Intorno alla metà del XV secolo l’ebreo sefardita Amadeo Mendes de Silva, rinunciando ad una promettente carriera politica, si convertì al cattolicesimo presso il convento agostiniano di Santa Maria di Guadalupe in Estremadura. Dopo una visione della Vergine che gli mostrava San Francesco, entrò nell’ordine francescano nell’ambito del quale fondò la congregazione degli amadeiti. Il suo cammino verso la beatitudine e la sua opera di riforma, promossa attraverso una più stretta osservanza della regola, ebbero inizio presso Castelleone, dove si stabilì su richiesta della duchessa Bianca Maria Sforza.

Nel 1460 si avviarono i lavori per la costruzione di un nuovo complesso nello stesso punto in cui i documenti ricordano una chiesa plebana, intitolata a San Lorenzo, già dall’842. Il convento e la piccola chiesa, dedicata alla Madonna di Guadalupe per onorare il luogo della conversione del religioso portoghese, furono affidati a un architetto di cui si ignora il nome ma che senz’altro va ricercato tra le maestranze al servizio della committenza sforzesca. A causa delle soppressioni napoleoniche, però, il convento venne poi in gran parte demolito: scomparvero, così, i chiostri, l’oratorio e  le celle eremitiche.

L’imponente edificio chiesastico, in mattoni a vista, presenta elementi tipici della tradizione architettonica lombarda quali la facciata a capanna e il tiburio ottagonale. La novità architettonica di questa bellissima chiesa è la planimetria a croce greca libera, dove il corpo di base è un ampio quadrato, sormontato da cupola rivestita dal massiccio tiburio, sui cui lati si sviluppano le braccia, sempre quadrate, ma di dimensioni minori. Il portico a tre fornici, il campanile e il coro poligonale furono aggiunti nel corso del XVI secolo.

La robusta mole esterna è alleggerita solo dalla ricca decorazione fittile che sottolinea le linee di ogni elemento architettonico: in particolare, il portale centrale è incorniciato da cinque fasce di terracotta dove formosi putti si arrampicano su tralci di vite. L’austerità del paramento esterno del tempio contrasta con la luce e il colore dello spazio interno: sulle pareti del vano centrale si sviluppa un ciclo pittorico, realizzato alla fine del Quattrocento da un autore rimasto ancora ignoto, il cui fine principale è l’imitazione di Cristo.  E’ composto di ventinove affreschi che raccontano episodi della vita di Gesù, soprattutto la Sua Passione.

Nella scena dell’ingresso a Gerusalemme il Figlio di Dio è rappresentato al centro della scena, benedicente, a cavallo di un asino che qui intende sottolineare la regalità del Cristo, mentre sulla destra tre giovani rappresentano la folla che accolse il Salvatore. Di questi, il primo stende sotto gli zoccoli dell’animale la sua veste rossa e gli altri agitano rami di ulivo in segno di pace.

La cupola, suddivisa in otto spicchi, è una volta celeste rivestita da una moltitudine di stelle che si irradiano dal sole centrale. Alla base corre una teoria di tondi con santi e beati cari alla tradizione francescana. Alla Vergine è intitolata la cappella di destra dove un cinquecentesco ciclo di affreschi racconta i principali episodi della vita di Maria; la cappella simmetrica è, invece, dedicata allo Spirito Santo.

  



[Modificato da Caterina63 08/04/2017 12:33]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Le 16 apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa

 

 
La prima notizia storicamente accertata di un’apparizione risale a Gregorio di Nissa (335 392), che narra della visione della Vergine avuta da un altro vescovo greco, Gregorio Taumaturgo, nel 231. Ma la tradizione ci porta ancora più in là nel tempo.

Il Santuario del Pilar a Saragozza, ad esempio, avrebbe avuto origine da un’apparizione di cui fu protagonista l’apostolo Giacomo, evangelizzatore della Spagna, nell’anno 40. Uno dei più grandi esperti viventi, l’abbé René Laurentin, nel suo monumentale Dizionario delle apparizioni della Beata Vergine Maria, pubblicato in italiano nel 2010, ha raccolto oltre duemila interventi straordinari della Madonna dagli inizi del cristianesimo a oggi. Una storia oltre modo complessa, nella quale spiccano le SEDICI apparizioni – un numero risicatissimo – che hanno avuto un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa.

Vale la pena di elencarle (di seguito il luogo, gli anni in cui si sono verificate e il nome dei protagonisti): Laus (Francia) 1664-1718, Benôite Rencurel;

Medaglia miracolosa (o medaglia della Madonna delle Grazie, o medaglia dell'Immacolata) è il nome che la tradizione cattolica ha dato alla medaglia realizzata in seguito a quanto accaduto nel 1830 a Parigi, in rue du Bac n. 140, a santa Caterina Labouré, novizia nel convento delle figlie della carità di San Vincenzo de' Paoli, la quale avrebbe avuto delle apparizioni mariane. Secondo quanto riferito da suor Labouré, questa medaglia fu coniata — in seguito a quanto richiesto dalla Madonna durante la seconda apparizione (27 novembre 1830) — come segno di amore, pegno di protezione e sorgente di grazie. I papi Gregorio XVI e Pio IX ne hanno fatto uso (Laurentin, 1996). Da allora, la cosiddetta "Cappella delle Apparizioni" è divenuta un frequentato luogo di culto, aperto a tutti i fedeli tanto che la Chiesa ha voluto una Memoria Liturgica, l'unica, per ricordare il dono della Medaglia.

Roma 1842, Alfonso Ratisbonne; 

La Salette
 (Francia) 1846, Massimino Giraud e Melania Calvat; Lourdes  (Francia) 1858, Bernadette Soubirous; Champion (Usa) 1859, Adele Brise; Pontmain (Francia) 1871, Eugène e Joseph Barbedette, François Richer e Jeanne Lebossé; Gietrzwald (Polonia) 1877, Justine Szafrynska e Barbara Samulowska; Knock (Irlanda) 1879, Margaret Beirne e diverse persone; 

Fatima (Portogallo) 1917, Lucia Dos Santos, Francesco e Giacinta Marto; Beauraing (Belgio) 1932, Fernande, Gilberte e Albert Voisin, Andrée e Gilberte Degeimbre;  Banneux (Belgio) 1933, Mariette Béco; Amsterdam (Olanda) 1945-1959, Ida Peerdemann; 

Akita (Giappone) 1973-1981, Agnes Sasagawa; Betania (Venezuela) 1976-1988, Maria Esperanza Medano; Kibeho (Ruanda) 1981-1986, Alphonsine Mumereke, Nathalie Ukamazimpaka e Marie-Claire Mukangango. 

Ma cosa vuol dire riconoscimento ufficiale? «Significa che la Chiesa si è espressa favorevolmente attraverso dei decreti» spiega il mariologo Antonino Grasso, docente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Catania, autore nel 2012 di Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane (Editrice Ancilla).

«Secondo le norme emanate dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 1978 – continua Grasso – la Chiesa demanda al vescovo l’esame dei fatti, con un’analisi accurata affidata a una commissione di esperti, dopo la quale sempre l’ordinario diocesano esprime un pronunciamento. A seconda della particolarità dell’apparizione e delle sue 'ricadute' può occuparsene anche una Conferenza episcopale o direttamente la Santa Sede».

Tre sono i giudizi possibili: negativo (constat de non supernaturali-tate), 'attendista' (non constat de supernaturalitate, sebbene questa formula non sia citata nella normativa del 1978), positivo (constat de supernaturalite). 

«Un caso di pronunciamento negativo – dice Grasso – è quello che si è avuto lo scorso marzo, quando l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni ha misconosciuto le apparizioni di cui si diceva protagonista un giovane del luogo, Mario D’Ignazio».

Il mariologo ricorda anche la possibilità di una situazione “intermedia”, quella in cui un vescovo non si pronunci ufficialmente sulle apparizioni ma riconosca la “bontà” della devozione che esse suscitano e autrorizzi il culto: «A Belpasso, arcidiocesi di Catania, la Vergine sarebbe apparsa dal 1981 al 1986. Nel 2000 l’arcivescovo ha elevato il luogo a Santuario diocesano e anche il suo successore vi si reca ogni anno, all’anniversario delle apparizioni».

 Infine non va dimenticata l'apparizione di fatto:  quella di Guadalupe in Messico. Non ci fu un decreto ufficiale, ma il vescovo di allora fece costruire una cappella là dove aveva chiesto la Vergine e il veggente Juan Diego è stato canonizzato e, l'Apparizione, riconosciuta da tutta la Chiesa. 

Poi il caso di santa Caterina Labouré a Parigi, per alcuni non fu mai riconosciuta, ma non è propriamente così: ci fu solo una lettera pastorale del vescovo, è vero, che autorizzava l’uso della Medaglia miracolosa, ma non un suo decreto, perché suor Caterina non volle farsi riconoscere, nemmeno dalla commissione d’inchiesta, alle domande della quale rispose solo tramite il confessore. 

Tuttavia a seguito della richiesta presentata dal Procuratore Generale della Congregazione della missione presso la Santa Sede, Padre Natale Barbagli e da Padre Francesco Biondelli al Cardinale Gaetano Aloisi Masella Prefetto della Congregazione dei riti, Papa Leone XIII istituì nel 1894 la celebrazione della festa della Beata Vergine Maria della Medaglia Miracolosa nel calendario liturgico della Chiesa cattolica da celebrarsi ogni 27 novembre, l'unico oggetto "Sacramentale" ad essere entrato nella liturgia della Chiesa, con una Memoria propria, infine, la stessa canonizzazione della Suora ha portato, di fatto, ad un riconoscimento ufficiale di tutta la Chiesa.

 


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Gli scritti mariani di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, a peso di carta non sono imponenti, ma sono molto importanti a due livelli. In primo luogo, sono assai incisivi nell’indicare la collocazione della mariologia e della devozione mariana nel complesso della fede e della teologia. In secondo luogo, gli scritti di Ratzinger su Maria si mostrano fortemente capaci di ben orientare il pensiero mariano, d’aiutare a trarne conclusioni testimoniali e missionarie per la Chiesa oltre che stimolazioni per la cultura e la vita degli uomini; pertanto sono significativi anche fuori del mondo cristiano e di quello della credenza in generale. Il cuore e lo spirito della teologia mariana di Ratzinger si può cogliere se si considera innanzitutto Maria come l’Innocente, che, con la sua prima grazia, si pone come la Bellissima, come la memoria migliore degli uomini. Il suo volto illuminato dalla gloria, infatti, è un faro luminoso per orientare il cammino della Chiesa pellegrina verso il Cielo trinitario.

Nella mariologia breve di Ratzinger, se così ci si può esprimere, sono affrontati due rapporti essenziali, gli stessi curati nei nn. 52-69 del capitolo VIII della Lumen Gentium: il rapporto con Cristo e il rapporto con la Chiesa. La parte mariologica della teologia di Ratzinger, testimonia quanto essa sia inevitabile e necessaria perché il cristianesimo sia espresso in maniera completa e possa essere interpretato in modo convincente e nell’aderenza alla rivelazione biblica. Ratzinger sottolinea molto il doppio legame che Maria intrattiene con i misteri di Cristo e con il mistero della Chiesa, sulla filigrana del capitolo VIII della Lumen Gentium e dell’enciclica Redemptoris mater (15.3.1987) di Giovanni Paolo II. La persona e il ruolo della Vergine Madre da lui sono presentati come essenziali, poiché il suo mistero è concentrico al mistero di Cristo. E’ interessante constatare come una mariologia breve e sobria, qual è quella di Ratzinger, sia ben capace di rimettere al centro dell’attenzione cristiana Santa Maria, convincendo che la dottrina su di lei costituisce il sistema di coordinate del pensiero cristiano.

Così facendo, apparirà chiaro che Maria è essenziale per il cristianesimo, per la Chiesa e per la vita del singolo cristiano. Per Ratzinger, il rapporto della figura di Maria è con tutta la Trinità e il suo ancoraggio è solidamente stabilito con l’intero piano salvifico che il Padre ha ideato e realizzato per gli uomini, ponendovi al centro il suo Figlio eterno, che nel tempo ha generato nel seno della Vergine Madre. Inoltre, pensa l’esistenza di Maria interamente avvolta dalla carità del Dio trinitario e dice che la sua è un’esistenza fra due grazie:  la grazia dell’inizio (l’Immacolata Concezione ) e la grazia della fine (l’Assunzione) che sono i simboli della creazione e dell’escatologia cristiane.

 

Maria, quale creatura particolarmente toccata dalla grazia, dice come si vive la realtà della creazione in piena aderenza al progetto salvifico del Creatore. In mariologia, dice Ratzinger, diventa chiaro che la dottrina della grazia non termina col ritiro dalla creazione ma, al contrario, è il “si” definitivo alla creazione stessa: la mariologia diventa così garanzia dell’autonomia della creazione, garanzia della fede nella creazione e sigillo ad una dottrina sulla creazione rettamente intesa. In concreto, Ratzinger colloca il mistero di Maria nel cuore della creazione, come figura che, dal di dentro di essa, si pone quale esempio corretto ed esemplare del rapporto con Dio.

Risultati immagini per Theotokos Benedetto XVIEgli pure vede Maria inscritta significativamente ed esemplarmente dentro la realtà di grazia della creazione, non solo nella sua condizione di donna- madre, ma anche in quella di donna-vergine, due condizioni che si riferiscono a Cristo in modo inclusivo, cioè tale che, per mezzo del Cristo, si riferiscono anche a tutti gli uomini. Infine, la vede nell’ordine del principio, in quanto figura pienamente realizzata della maternità e della verginità, mentre ne mostra come si compone e si risolve in lei il misterioso paradosso della Vergine Madre, che è una delle caratterizzazioni più originali dell’antropologia cristiana. Ratzinger, dice anche che Maria partecipa, per grazia del Dio trinitario, all’inaugurazione dei tempi nuovi operata da Cristo. In lei Dio ricerca l’incontro più personale con gli uomini che egli realizza con l’incarnazione del Figlio; cosicché in lei, per mezzo del nuovo Adamo, nel suo seno, accade l’evento della più grande comunione che Dio abbia mai stabilito con l’uomo. In Maria, dunque, passano le orme più marcate fra quelle che Dio ha lasciato nella creazione, in lei Dio inizia i modi più intimi di presenza fra gli uomini. Scrive Ratzinger: «Dio non è legato alle pietre, ma si lega a delle persone viventi. Il si di Maria gli apre lo spazio in cui può innalzare la propria tenda. Ella stessa diventa per lui tenda ed è così che ella è l’inizio della santa Chiesa, che, a sua volta, rinvia alla nuova Gerusalemme, in cui non c’è più alcun tempio, poiché Dio stesso abita in lei». Ratzinger sottolinea il fatto che la Vergine Maria, a motivo della sua collocazione «centrale» nel cristianesimo, non può essere mai esclusa da alcun punto della riflessione teologica, neppure da quella sul futuro ultimo, a motivo della straordinaria capacità di sintesi di cui gode il mistero mariano. La collocazione, per così dire strategica, di Maria al centro dei misteri cristiani si realizza in concreto col suo essere presente al farsi dell’evento-Chiesa.

La considerazione che Ratzinger fa della Madre del Signore come tipo della Chiesa, lo porta a fare una precisazione quanto mai lucida: il confronto tipologico della Vergine con la Chiesa ricorda che si può e si deve parlare di questa in termini personali e non semplicemente istituzionali. Egli precisa che Maria non è in contrapposizione con la Chiesa, ma , al contrario, ella è presente nella Chiesa con la sua persona e nella sua personalità, proprio dentro la Chiesa, quale suo membro sovreminente, esigendo che la ricchezza della dimensione personale si espanda e si approfondisca anche nella stessa Chiesa. Oltre che nel cuore del mistero dell’incarnazione, Maria è presente anche nel cuore del mistero dell’Ora pasquale. Ella è decisiva nel cristianesimo, non solo perché è stata la più vicina a Cristo, non solo perché – in termini di grazia – ha ricevuto dalla Trinità più di ogni altra creatura umana, ma perché in nessuno, più che in lei, la grazia è stata efficace.

Quindi da ciò deriva che l’esistenza della Vergine Madre è segno limpido di tutti i misteri cristiani:
– del mistero trinitario (per essere Figlia eletta del Padre, Madre Santa del Figlio, Tempio dello Spirito);
– del mistero dell’incarnazione (per la sua maternità divina);
– del mistero pasquale (per il suo essere stata “Socia del Salvatore” e destinataria privilegiata dell’annuncio pasquale);
– del mistero pentecostale (per il suo essere stata nel Cenacolo, quale «madrina» della Chiesa);
– del mistero della Chiesa (per essere suo membro sovreminente).
Perciò, indicando la teologia come necessaria matrice della pastorale, Ratzinger indica un criterio pastorale e di culto mariano all’insegna dell’integralità misterica, che sbarra la strada ad ogni coltivazione di devozione mariana.

Ratzinger a grandi tratteggi legge ed interpreta la terza parte della Redemptoris Mater. Il discorso che egli fa sulla mediazione è di  larghe vedute, libera il concetto di mediazione da schematismi consolidati da tempo per darne  un’interpretazione al massimo larga e diffusa. Egli dice che la mediazione è nome di tutta la vita cristiana: della testimonianza e della missione, e permea di sé il quotidiano cristiano. Questa reciprocità della mediazione in nessun modo va intesa come una forma d’auto- redenzione e d’auto-salvezza, cioè detto in termini mariani, la Vergine non si è né autoredenta, né si è autoeletta Madre del Salvatore, non si è  inserita nella missione della Chiesa con decisione autonoma, né si è alla fine auto glorificata. Ratzinger nel trattare la maternità di Maria e della Chiesa, dice: la Chiesa è chiamata ad essere madre feconda vivendo in se stessa, in maniera missionaria la maternità della Vergine (Maria e la Chiesa sono una sola madre e più madri).

Non si tratta di un parallelismo esemplificativo o dell’uso improprio di un simbolo o di una metafora. Si tratta piuttosto della realistica affermazione riguardante la comunione di vita fra due persone (Maria e la Chiesa) che fa entrare in relazione anche le loro maternità, permettendo uno scambio di predicati fra di esse. Si tratta di due persone, di due donne, di due madri che sono in qualche modo mutuamente immanenti, in modo però non fusionale e confuso. Ratzinger insiste molto sul carattere personale della Chiesa, alla cui formazione collabora anche Maria. Questo comporta che la Chiesa possa essere madre al modo di Maria, la quale ha concepito anzitutto per la sua fede e, perciò, anzitutto per essere stata donna fecondata dalla Parola che genera la fede. È  questa maternità di Maria che la Chiesa può vivere, è la misteriosa maternità della Parola (è creatrice e feconda), dalla Parola (chi l’ascolta e l’assimila è fecondo) e con la Parola (genera credenti e dunque nuovi figli per il Regno).

Infatti il papa un’affermazione troppo poca meditata di Paolo: “Io di nuovo partorisco nel dolore, finché non sia formato Cristo in voi”. La Chiesa che genera, che partorisce nel dolore, che educa al Cristo è una Chiesa della vita e perciò vitale, è una Chiesa –madre e perciò materna. Questa certamente è una Chiesa attiva, ma il suo dinamismo è il suscitare la vita dei figli di Dio, allevarla, nutrirla, educarla,formarla a immagine del Cristo, guidarla nella forza dello Spirito, condurla al Padre. Inoltre, la maternità di Maria rispetto alla Chiesa non è una maternità generica: ella non è solo madre della Chiesa nel suo insieme, ma è anche madre di ognuno dei suoi membri. Quindi, la maternità di Maria, esemplare per a maternità della Chiesa, è complessa: esprime le due indivisibili realtà cristiane: singolarità e interezza.

tratto da : I papi e Fatima


[Modificato da Caterina63 24/05/2017 20:16]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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20/05/2017 09:22
 
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A strapiombo sulla Valle dell’Adige nella roccia del Monte Baldo in quel di Spiazzi, provincia di Verona, in una posizione davvero ardita è incastonato un santuario mariano dedicato alla Madonna detta della Corona. Già intorno alla metà dell'anno Mille, grazie alla presenza di benedettini del monastero di San Zeno a Verona, era qui viva la devozione alla Vergine.

di Margherita del Castillo


A strapiombo sulla Valle dell’Adige, a circa 774 metri sul livello del mare, nella roccia del Monte Baldo in quel di Spiazzi, provincia di Verona, in una posizione davvero ardita è incastonato un santuario mariano dedicato alla Madonna detta della Corona per i monti che circondano questo incantevole luogo. Già intorno alla metà dell'anno Mille, grazie alla presenza di benedettini del monastero di San Zeno a Verona, era qui viva la devozione alla Vergine.

Alcune grotte scavate nel lato della montagna erano abitate, infatti, fin da allora, da monaci eremiti che solo verso la fine del XIII secolo costruirono una primitiva chiesetta sulle pareti della quale fecero realizzare da un maestro di San Zeno un affresco rappresentante Maria, assisa su un trono, con Gesù Bambino: la Madonna di Monte Baldo. Questa immagine trecentesca, ancora esistente, smentisce la pia tradizione che vorrebbe fare risalire la fondazione del Santuario all'anno 1522 e alla miracolosa traslazione, per intervento angelico, della statua della Madonna dall'isola di Rodi, all’epoca invasa dai musulmani. Il gruppo scultoreo della Madonna della Corona, venerato simbolo del Santuario, in pietra locale dipinta, risale alla prima metà del Quattrocento e rappresenta Maria che, addolorata, sostiene il corpo del Figlio deposto dalla Croce.

Nel 1625 una più ampia chiesa venne costruita sopra la precedente, inglobata nel nuovo presbiterio. I lavori si conclusero verso la fine dello stesso secolo, grazie all’impegno dei Cavalieri del Santo Sepolcro che nel frattempo erano subentrati ai benedettini. La facciata neogotica della fine dell’Ottocento protegge lo spazio sacro interno a croce latina e tre navate. L’aspetto attuale fu a esso conferito negli anni Settanta del XX secolo, quando la chiesa fu resa oggetto di una profonda ristrutturazione, fino a che Papa Giovanni Paolo II, in visita apostolica, non la consacrò nuovamente qualche anno dopo averla elevata a basilica minore.

Nella cappella delle Confessioni, al piano inferiore, c’è la ricostruzione di una Scala Santa, a imitazione di quella romana: i suoi ventotto gradini sono da risalire in ginocchio meditando sulla Passione.

Con il Cristo risorto termina il cammino che si deve compiere per raggiungere il santuario, lungo il quale siamo accompagnati dalle statue bronzee delle quattordici stazioni della via Crucis e da una via Matris, segnalata da sette capitelli che raffigurano i dolori della Vergine. Un percorso che attraverso Gesù, dunque, ci conduce a Maria.

   




FOCUSdi Benedetta Frigerio
Kibeho
 

Monsignor Henryk Hoser, inviato dal papa a Medjugorje, fa intendere che la Chiesa prenderà posizioni simili a quelle che adottò a Kibeho. Qui i messaggi della Vergine furono accolti solo dopo che eventi drammatici predetti (un genocidio) si verificarono. Ma sulle apparizioni successive e sulle rivelazioni di Gesù non fu presa posizione, riducendo il messaggio destinato al mondo. Questo e altro accomunano i due siti mariani.

 

Venerdì scorso su Avvenire l'arcivescovo di Varsavia-Praga, Henryk Hoser, inviato del Papa a Medjugorje, paragonava le apparizioni bosniache a quelle avvenute in Rwanda tra il 1981 e il 1989, facendo intendere la scelta di una medesima soluzione per un fenomeno molto simile. Le apparizioni di Kibeho, cominciate anche qui nel 1981 e che, come a Medjugorje, riguardano degli adolescenti (in questo caso sette), si riferivano non solo al Rwanda, ma a tutto il mondo. I veggenti videro l’inferno, il paradiso e il purgatorio (che la Madonna mostrò anche ai veggenti bosniaci), ebbero delle visioni terribili su quello che sarebbe successo in Rwanda (un genocidio che dal 1994 al 1995 causerà oltre un milione di morti) e parlò di un mondo ormai sull’orlo di un baratro. Lo stesso messaggio veniva ripetuto a Medjugorje negli stessi anni.

GIUDIZIO A META' - Ora, posto che sia difficile credere che sette giovani di un povero e isolato paese africano si siano messi d’accordo con sei giovani figli di contadini bosniaci, è quanto meno singolare che il contenuto dei messaggi mariani e la data dell’inizio delle apparizioni siano del tutto simili. Ma soprattutto impressiona che, anche in questo caso, il messaggio della Vergine sia stato, prima ostacolato (anche da religiosi e prelati) e poi, quando il genocidio si verificò realmente, accettato solo in parte. 

Infatti fu nel 2001 che la Chiesa ammise la veridicità delle visioni, riconoscendo però solo tre veggenti e solo le visioni relative ai primi mesi (“Sì, la Vergine Maria è apparsa a Kibeho nella giornata del 28 novembre 1981 e nel corso dei mesi successivi”, dichiarazione ufficiale del 29 giugno 2001). La Chiesa dunque non prese posizione sulle apparizioni successive, su quelle di Gesù e sui messaggi ricevuti dagli altri quattro ragazzi. Ugualmente, ha fatto capire Hoser, vissuto a lungo in Rwanda, anche a Medjugorje si vorrebbe procedere così. In poche parole, sottolinea l’inviato del Papa, senza sottoporre nuovamente i veggenti ad esami medici e senza indagare ulteriormente, si preferirebbe chiudere la faccenda riducendo il nucleo delle apparizioni alle prime sette che parlano di pace. Eliminando così gli ammonimenti al mondo e la via indicata dalla Madonna (preghiera, digiuno, confessione, Eucarestia, Vangelo) per salvarsi.

MESSAGGI SIMILI - Ma vediamo cosa disse la Madonna a una delle veggenti di Kibeho, Nathalie, il 15 agosto 1982: “Il mondo va assai male e se voi non fate nulla per pentirvi e per rinunciare ai vostri peccati, guai a voi! E’ proprio questo che continua a farmi male, perché io voglio liberarvi da un baratro perché voi non vi cadiate, ma voi rifiutate. Raddoppiate quindi lo zelo, figlia mia, per la preghiera in favore del mondo, affinché i peccati diminuiscano e siano perdonati a coloro che lo desiderano. Come potrei io essere contenta, allorché vedo i miei figli prendersi gioco di me ed essere sul punto di cadere in un abisso e di perdersi? Sono venuta da voi per comunicarvi un messaggio che vi richiama quello che avete dimenticato: ma voi rifiutate di accoglierlo”.

Lo stesso dirà la Madonna in Bosnia prima dell’avvento della guerra civile (aprile 1992 - dicembre 1995): messaggio del  25 luglio 1991: "Cari figli oggi vi invito a pregare per la pace. In questo tempo la pace è minacciata in un modo particolare e chiedo a voi di rinnovare il digiuno e la preghiera nelle vostre famiglie. Cari figli, io desidero che voi capiate la serietà della situazione e che molto di quello che accadrà dipende dalla vostra preghiera, ma voi pregate poco. Cari figli, io sono con voi e vi invito che con serietà cominciate a pregare e a digiunare”. E ancora il 25 del mese successivo: “…Vi invito, cari figli, a comprendere l'importanza della mia venuta e la serietà della situazione”. Ma un altro messaggio che impressiona per l’attualità è quello che la Vergine di Kibeho diede il 6 dicembre 1981 ad Alphonsine: “La fede e l’incredulità verranno senza che ci si accorga”. Sembra un dipinto dell’attuale situazione dei credenti per cui il 2 maggio 2017, a Medjugoeje, la Madonna ha detto a Mirijana: “Io prego mio Figlio per voi, per la vostra fede, che sta sempre più diminuendo nei vostri cuori”. 

LA STESSA OSTILITA' - Anche in Ruwanda fedeli, suore e sacerdoti si dividevano, tanto che il 12 gennaio 1982 la Madonna comunicò a Nathalie: “Figlia, sono triste! E ciò che mi affligge è che ho comunicato un messaggio e voi non l’avete accolto come desidero”. La Madonna si riferiva alle preghiere, digiuni e penitenze richieste per per placare la guerra nei cuori che avrebbe portato al genocidio predetto il 15 agosto 1982, festa dell’Assunzione al Cielo di Maria, in cui la Vergine triste e lacrimante rivelò ad Alphonsine: “Se piango è perché voi uomini siete in uno stato così critico che io non posso più trattenere le lacrime per voi. Figlia mia, io ho aperto le porte, ma essi non hanno voluto entrare. Ho visto che il mondo era quasi moribondo e quando sono venuta in suo soccorso voi mi avete rifiutato”. 

Ma soprattutto, la Madonna le confesserà di non essere creduta se non a posteriori: “Essi desidereranno sentire quello che io ti incarico di dire loro quando sarà troppo tardi e non avranno più nulla da salvare. E tutti quelli che non si curano di ascoltare il messaggio che voi trasmettete loro, che cosa aspettano? Che cosa aspettano? Non si rendono conto che il tempo si fa breve?”. Dopo questo richiamo così forte alla necessità e all’urgenza della conversione, Alphonsine ebbe una tremenda visione: spargimenti di sangue, roghi, omicidi, torture e decapitazioni, insieme ad uno stuolo immenso di cadaveri mutilati.

GENOCIDIO E GUERRA- Anche a Medjugorje il 22 ottobre del 1985 la Gospa dirà: “Quando finiranno le apparizioni potrebbe essere troppo tardi”. E questo nonostante alla loro fine siano associati dei segreti che dovrebbero rivelare con evidenza la veridicità delle apparizioni al mondo. E quindi:"Cari figli! Il mio cuore materno sta piangendo mentre guarda quello che fanno i miei figli. I peccati si moltiplicano. La purezza dell’anima diventa sempre meno importante. Le persone dimenticano mio Figlio e lo adorano sempre meno… Perciò, miei figli, riprendete la preghiera del Rosario” (2 dicembre 2016, Medjugorje).

Un altro messaggio del 27 marzo 1982 alla veggente di Khibeo, Marie, spiegherà che non “vengo solo per Kibeho, o per la diocesi di Butare, oppure per il Rwanda o per l’Africa. Io mi rivolgo al mondo intero”.  Così come dirà a Medjugorje rivolgendosi a tutto il pianeta, come se stesse facendo di tutto (nonostante l'incredulità di molti) per salvarci apparendo continuamente in tutto il mondo. E ancora, come in Bosnia (“con il digiuno potete fermare le guerre” disse subito dopo lo scoppio della guerra bosniaca), la vergine triste per le anime che si perdevano chiese un lungo digiuno alle veggenti. Anche perché aveva detto a Nathalie “la strada che conduce al cielo passa sempre attraverso la sofferenza. Nessuno arriva al Cielo senza avere sofferto”.

RESTANO I FRUTTI - Eppure, di queste apparizioni destinate a tutto il mondo, ma su cui la Chiesa decise di astenersi da un giudizio totale, si sa ben poco. Nonostante anche in questo caso, è difficile capire come mai dopo esperienze mistiche approvate, a cui seguirono atti di riparazione, servizio alla Madonna e agli uomini, si possa dubitare sulla successiva sincerità dei veggenti. Piuttosto, dati i frutti di conversione ammessi anche dal vescovo locale, sarebbe dovuto accadere l’opposto, informando il mondo di quanto anche Gesù aveva rivelato ai veggenti circa la sua seconda venuta e sulla tiepidezza di fede. Difficile davvero comprendere le vie di mezzo. Resta l’esperienza di conversione di milioni di persone grazie ad un messaggio che riporta al nucleo essenziale della fede, contro il modernismo (richiamato più volte a Medjugorje) e a favore della penitenza e dei sacramenti come via alla conversione. Sebbene di questi tempi sia politicamente scorretto.  












[Modificato da Caterina63 21/05/2017 21:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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