È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Il Vicario di Cristo il Papa il suo ruolo e la sua rinuncia (2)

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2017 00:02
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
29/06/2016 10:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Ancora mons. Gänswein. Sulle dimissioni di papa Benedetto 'la natura ha parlato'


 


Riprendiamo, nella nostra traduzione, un articolo del 25 giugno scorso di Anian Christoph Wimmer (Catholic News Agency). Stile molto colloquiale. In realtà nulla di nuovo rispetto all'intervento di Mons Georg Gänswein [qui] - da me commentato qui - che ha suscitato le reazioni di cui si parla. Tranne la notazione finale sulla cosiddetta 'Profezia dei Papi' di Malachia, che francamente appare sorprendente sia nella domanda che nella risposta. E anche col riferimento indecifrabile, che io ne sappia, a San Filippo Neri.




Mons Georg Gänswein, il collaboratore personale più stretto del Papa Emerito Benedetto XVI, in una nuova intervista parla delle dimissioni di Benedetto, della reazione negativa alle sue recenti affermazioni su un "ministero petrino allargato", e altro ancora.


Qual è il punto di vista di Benedetto XVI sulle sue storiche dimissioni? Il suo segretario monsignor Georg Gänswein com'è arrivato alla controversa osservazione su un "ministero petrino allargato"? Che dire della "Profezia di Malachia", che vede presumibilmente Francesco come l'ultimo pontefice?

In una recente e franca conversazione col veterano corrispondente da Roma di EWTN, Paul Badde, Gänswein ha espresso la sua opinione su queste ed una serie di altre questioni.
L'arcivescovo tedesco attualmente è al servizio di Papa Francesco come Prefetto della Casa Pontificia e ha inoltre mantenuto le sue funzioni di segretario del pontefice in pensione [!?] Benedetto XVI. La conversazione precede di poco il 65° anniversario della ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto, per il quale è fissata una cerimonia in Vaticano il 28 giugno prossimo.

'La Natura ha parlato'
Quando un enorme fulmine ha illuminato la cima della cupola di San Pietro, la sera dell'11 Febbraio 2013, molti osservatori hanno voluto interpretarlo come una reazione divina all'annuncio storico delle dimissioni di Papa Benedetto, rese proprio quella mattina.
Come suo segretario personale, Gänswein, ha ricordato, circa il fulmine, come sia lui che Benedetto lo abbiano scoperto solo dopo l'evento.
"L'impressione è stata quella di un segno dall'alto, una reazione", ha detto Badde. Quando [Gänswein] ha mostrato a Benedetto le immagini dell'incidente spettacolare pochi giorni dopo, il Papa ha chiesto se si trattasse di una specie di montaggio digitale, Gänswein ha detto, aggiungendo: "Tuttavia, la natura ha parlato."

Come Papa Benedetto vede oggi la sua decisione sulle dimissioni.
Gänswein ha ricordato il doloroso impatto emotivo dell'addio di Benedetto all'ufficio papale e alla casa. "Infatti, mi sono trovato costretto a piangere apertamente", ha detto. Tuttavia, con i tre anni trascorsi, "c'è stata molta riflessione, inclusa quella personale."
Egli ha affermato che "Papa Benedetto era - e ciò vale ogni giorno di più - molto in pace con la sua decisione di dimettersi, e che fosse il passo giusto da fare. Mi ha aiutato personalmente a superare la mia resistenza iniziale e accetto che Papa Benedetto abbia preso, dopo molta battaglia interiore e preghiera, quella che si rivelava la decisione giusta. E poi ha deciso".
Gänswein ha detto che le gioie più grandi di Benedetto XVI dopo il ritiro sono: "avere il tempo per la preghiera, la riflessione e la lettura -, ma anche per gli incontri personali", nonostante viva anche "la vita di un monaco" nel monastero dove ora risiede..

Un 'Ministero petrino allargato?'
Paul Badde durante l'intervista ha accennato ad certo numero di cardinali che sono "sconvolti quando sentono che la Chiesa attualmente ha due successori di Pietro viventi. Recentemente lei ha parlato di un ufficio petrino allargato, che si dice Papa Benedetto abbia introdotto. Ci può spiegare qualcosa in più? "
"Ho esaminato le reazioni e mi è stato imputato di aver detto una serie di cose che non ho detto. Naturalmente, Papa Francesco è il papa legittimo e legittimamente eletto ", ha detto Gänswein.
"Qualsiasi affermazione riguardante due papi, legittimo uno, illegittimo l'altro, è quindi errata." Quello che in realtà intendevo dire, ha aggiunto Gänswein, è che Benedetto continua ad essere presente nella preghiera e nel sacrificio, che porta frutti spirituali.
L'arcivescovo ha anche respinto qualsiasi allusione a problemi o anche ad una qualche forma di rivalità. Ha detto: "Quando si applica il buon senso, la fede e un po 'di teologia, ciò dovrebbe essere chiaro".

La 'Profezia dei Papi'
Durante l'intervista, Badde fa riferimento ad una vecchia presunta profezia recentemente ripresa in alcune discussioni clericali: La "Profezia dei Papi", conosciuta anche come la "profezia di Malachia," - la previsione è attribuita a San Filippo Neri (?) - secondo la quale, Papa Francesco può essere considerato l'ultimo papa.
Gänswein. ha ammesso: "Infatti, se si considera la profezia, e come in essa ci siano precisi riferimenti ai papi citati nella sua storia - ciò mi dà i brividi".
Anche se i cattolici non sono tenuti ad accettare la profezia, "parlando per esperienza storica, bisogna dire: "Sì, è un campanello d'allarme"

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]



Che tipo di “dimissioni” sono quelle di Benedetto XVI?


A proposito delle recenti dichiarazioni di Mons. Gänswein 


24 giugno 2016, San Giovanni Battista


Abbiamo ricevuto il seguente testo:

Cara Redazione di Disputationes Theologicae,

                  ho letto la conferenza di Mons. Gänswein del 21 maggio scorso sulle “dimissioni” di Benedetto XVI. Che cosa dobbiamo pensare di un testo del genere? Chi è il Papa ? Sono inquieto per la Chiesa e prego incessantemente per questa situazione che mi sembra incomprensibile e quasi apocalittica.

Vi ricordo tutti nel Rosario
                                                                                                Cesare Bin



Ringraziamo il lettore Cesare Bin per aver scritto alla nostra Redazione. Fermo restando che sulla legittimità dei Pontificati solo la Chiesa ha diritto a pronunciarsi in maniera dirimente, resta giusto interrogarsi sulla natura e le circostanze di un atto “eccezionale”, soprattutto se esso appare difficilmente inquadrabile in un contesto teologico e canonico finora noto. In attesa che la Storia ci offra ulteriori dati, risponderemo proponendo alcune riflessioni, che evidentemente - vista la complessa e delicata materia - rimangono suscettibili di rilettura anche in funzione dei futuri pronunciamenti ufficiali dell’autorità ecclesiastica.

Prima d’analizzare il testo di Mons. Gänswein è forse necessario fare un passo indietro.

Nel 1294 Pietro da Morrone veniva eletto Pontefice con il nome di Celestino V. L’umile - ed oggettivamente inadeguato - monaco degli Abruzzi si ritrovava così sul soglio di Pietro. Presto si rese conto di quanto difficile fosse il compito che aveva accettato e cominciò a riflettere sull’opportunità d’una rinuncia. Furono interrogati i più insigni canonisti (tra i quali i Cardinali Benedetto Caetani e Gerardo Bianchi) e - per evitare accuratamente quei problemi che possono presentarsi quando un Papa regolarmente eletto resta in vita dopo la rinuncia - si redassero dei  documenti d’abdicazione che non lasciassero adito a dubbi e che specificassero accuratamente che Celestino V lasciava per sempre il Papato e tutto quanto esso comporta. E’ noto che i Cardinali si rifiutarono di accondiscendere alle richieste di Celestino che voleva mantenere l’uso delle insegne pontificali durante le celebrazioni[1]. Egli ridiventava ormai solo Pietro da Morrone e rivestiva il rude sacco monastico.

Questa per sommi capi la storia di una rinuncia al Pontificato che si svolse, seppur in vicende travagliate, con una chiarezza canonica che la fece assurgere a paradigma futuro per gli studiosi di storia della Chiesa, di teologia e di diritto canonico, fino all’approdo al recente canone 332 del Codice di Diritto Canonico[2].
  La scelta di Celestino però che “era ridiventato Pietro da Morrone” - ci dice Mons. Gänswein[3] - non è paragonabile a quella di Benedetto XVI, che ancor oggi deve essere chiamato “Sua Santità Papa Benedetto XVI”.

Mons. Gänswein, nel citato intervento, non si stanca di ripetere che l’atto del 21 febbraio 2013 fu un atto sui generis, specifica che esso non è inquadrabile in un precedente storico o canonico e che “Da allora viviamo in un’epoca storica che nella bimillenaria storia della Chiesa è senza precedenti”. 
Citiamo : “Perciò dall’undici febbraio 2013 il ministero papale non è più quello di prima. È e rimane il fondamento della Chiesa cattolica; e tuttavia è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione (Ausnahmepontifikat)”.

Aggiunge il Segretario di Papa Benedetto: “Molti continuano a percepire ancor oggi questa situazione nuova come una sorta di stato d’eccezione voluto dal Cielo”. Mons. Gänswein si interroga anche se davvero sia venuto il momento di giudicare tale Pontificato e rimanda al Pontificato di San Gregorio VII, il Papa riformatore - eterno bersaglio del pensiero liberale e dei nemici della Chiesa - che morì in esilio a Salerno, talmente avversato dai potenti di turno che l’Imperatore gli oppose un antipapa.

Quello compiuto da Benedetto XVI è descritto come un “passo di millenaria portata storica”, un “misterioso passo”.

E più in basso: “Un passo come quello compiuto da Benedetto XVI fino ad oggi non c’era appunto mai stato”.

Ma citiamo l’intera frase che ancora una volta prende nettamente le distanze dal precedente canonico di Celestino V:

“Ma nella storia della Chiesa resterà che nell’anno 2013 il celebre Teologo sul Soglio di Pietro è diventato il primo “Papa emeritus” della storia. Da allora il suo ruolo - mi permetto ripeterlo ancora una volta - è del tutto diverso da quello, ad esempio, del santo papa Celestino V, che dopo le sue dimissioni nel 1294 avrebbe voluto ritornare eremita, divenendo invece prigioniero del suo successore Bonifacio VIII (al quale oggi dobbiamo nella Chiesa l’istituzione degli anni giubilari). Un passo come quello compiuto da Benedetto XVI fino ad oggi non c’era appunto mai stato.”

L’interrogativo teologico e canonico sorge dunque spontaneamente, poiché se è un atto che “non c’era mai stato” e che “è del tutto [addirittura “del tutto”, ndr] diverso da quello, ad esempio, del Santo papa Celestino V”, è naturale interrogarsi in sede teologica e canonica sulla sua natura e le sue conseguenze, anche perché a tali impressionanti affermazioni non hanno fatto seguito delle spiegazioni proporzionate. Non sappiamo nemmeno se esistono altri testi che specifichino e precisino canonicamente tali novità, magari redatti nei giorni precedenti o immediatamente successivi all’11 febbraio 2013, giorni in cui la potestà era certamente ancora plenaria e indiscussa.

 La questione si complica ulteriormente perché tali affermazioni seguono la questione - inaudita fino al 2013 - del “Papa emerito”. Che si tratti di una novità da non sottovalutare che preoccupò lo stesso Benedetto XVI è detto nel testo, che parla di una sua profonda riflessione: “già da tempo aveva riflettuto a fondo, dal punto di vista teologico,sulla possibilità di papi emeriti per il futuro”. Ora, la questione della rinuncia al Soglio Pontificio è questione da tempo definita, non solo a seguito di Papa Celestino, ma anche in tante altre discussioni teologiche, come per esempio gli approfonditi studi messi a punto per trovare una via d’uscita allo Scisma d’Occidente[4]. Non poteva certo sfuggire al Papa teologo che non è necessario riflettere molto a lungo, né dal punto di vista teologico né dal punto di vista canonico, sulla natura, le modalità e le conseguenze di tale atto, se si intende porlo nelle formule classiche di Celestino. Eppure ci viene detto che fu necessaria una riflessione “a fondo” - si badi bene - non già sull’opportunità e le circostanze prudenziali, ma “dal punto di vista teologico”. Su cosa c’è da riflettere ?

Quest’ultima dichiarazione tra l’altro insiste sul fatto che ciò che ha impegnato lungamente la riflessione teologica di Benedetto XVI sia stato il ruolo di “Papa emerito”. Sembrerebbe quindi da escludersi, come semplicisticamente affermato in più sedi, che l’appellativo di “Papa emerito” sia da prendere come qualcosa di meramente metaforico, quasi ad indicare un’affezione speciale al Papato. Un simile richiamo al ruolo passato, ove fosse solo d’ordine affettivo-orante e niente affatto giurisdizionale, può comportare molte preghiere e qualche lacrima nostalgica al limite, ma non esige certo lunghe riflessioni teologiche. Mentre qui si parla di una questione non solo totalmente nuova, ma anche lungamente meditata dal punto di visto teologico.

Nel punto specifico, del quadro teologico e canonico classico, manca il chiaro ritorno a “Pietro da Morrone”. Una tale assenza - nelle rinunce classiche - “fino ad oggi non c’era appunto mai stat(a)”.

Mons. Gänswein afferma quindi implicitamente che l’intentio di Papa Benedetto - e tutti intuiscono l’importanza dell’intentio in un atto del genere - è sempre stata la stessa. “Prima e dopo le sue dimissioni”, ma soprattutto “prima”.
  Citiamo: “Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale “ministero petrino”. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”.

Quindi l’intentio di Benedetto XVI nel porre l’atto fu quella dell’abbandono del ministero petrino…senza però abbandonarlo affatto? Ora, l’unico modo di leggere questa frase perché essa abbia un senso e rimanendo nella logica classica, che è l’unica a fondare il Diritto, è che l’abbandono di cui si parla non sia avvenuto “sotto lo stesso rapporto”. Si sta dicendo che c’è stato l’abbandono di un aspetto del ministero, ma non di un altro? Si sta forse parlando di un’intenzione ad un abbandono parziale di tale ministero?

E si parla non a caso di “partecipazione a un tale ministero petrino”. “Partecipare” vuol dire “partem habere”, ma che partecipazione al ministero (ed è detto che non si tratta di una partecipazione meramente simbolica, ma “quasi un ministero in comune”) può avere un ecclesiastico, alla Plenaria et Suprema Potestas, se non gli è data dal Papa stesso?  E soprattutto come può qualcuno conferire a se stesso la partecipazione “a un tale ministero” per l’avvenire, presumibilmente fino alla propria morte, prima ancora che il Successore sia eletto? Questa “continuità di partecipazione” dopo le “dimissioni” su cosa riposa se non sul potere delle Chiavi?

E’ noto in proposito il parere autorevole del canonista Stefano Violi, professore di Diritto Canonico della Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, che, specificando la singolarità della rinuncia di Benedetto XVI, ha scritto : “Il fondamento teologico giuridico è laplenitudo potestatis sancita dal can. 331. Proprio nel fascio delle potestà inerenti l’ufficio è compresa anche la potestà privativa ovvero la facoltà libera e insindacabile di rinunciare a tutte le potestà stesse senza rinunciare al munus”[5].
  Ora, anche facendo astrazione dal problema non secondario di cosa possa e cosa non possa essere ceduto del potere pontificio, rimane assodato che chi può decidere cosa ritenere personalmente e cosa dare in collazione (personale o collegiale) del ministero petrino, è solo colui che detiene la Potestas in maniera suprema e plenaria[6].

Mons. Gänswein poche righe prima aveva esordito sottolineando l’importanza e la perennità del Papato monarchico: “Come ai tempi di Pietro, anche oggi la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica continua ad avere un unico Papa legittimo”. Ora ci parla di una “integrazione” secondo la quale pur restando l’ “ufficio personale” si può introdurre una dimensione che prevede “quasi un ministero in comune”. Quel “quasi” si rende necessario perché in effetti non esiste - e mai potrà esistere - un Papato che non sia monarchico.

Non è facile determinare con chiarezza di cosa si stia parlando. In linea con altre affermazioni, sta forse parlando di una sorta d’associazione al potere pontificio di un secondo soggetto oltre al Papa regnante? Certo non è limpido in che misura questo secondo soggetto, che non sarebbe Papa, ma piuttosto quasi una sorta di “Super-Vescovo-associato”, potrebbe esercitare “di fatto” delle prerogative papali in un “ministero allargato” e a che titolo potrebbe fregiarsi dell’appellativo di “Papa”, soprattutto se non ha il munus, ma solo un’associazione al ministerium. Mons. Gänswein sottolinea tra l’altro che “La parola chiave di quella Dichiarazione è munus”. E questo è evidente, poiché è proprio l’assenza da tale Dichiarazione di una esplicita rinuncia al “munus” che ha fatto correre tanto inchiostro.

Continua il Segretario del Papa, dando ragione del perché Benedetto sia ancora Sua Santità: “Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato - con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è “Santità”; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano - come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la “centrale” della sua preghiera e della sua compassione posta nei Giardini vaticani.”

Il problema rimane, seppur diversamente espresso, ed è che se qualcosa di papale persiste in Benedetto XVI per sua volontà “prima e dopo le dimissioni” - addirittura il titolo di “Santità” che appunto fa riferimento alla santità non dell’uomo, ma del munus - ciò sembra potersi produrre solo in virtù di quella giurisdizione che Cristo Gli ha conferito nell’aprile 2005.

Una delle traduzioni più calzanti di “munus” in un contesto canonico è forse proprio la parola “ufficio”. Dice il Segretario di Benedetto: “egli non ha abbandonato l’ufficio di Pietro - cosa che gli sarebbe stata del tutto impossibile a seguito della sua accettazione irrevocabile dell’ufficio nell’aprile 2005. Con un atto di straordinaria audacia egli ha invece rinnovato quest’ufficio (anche contro l’opinione di consiglieri ben intenzionati e senza dubbio competenti)”.

Né si capisce perché abbandonare l’ufficio “gli sarebbe stato del tutto impossibile”, se non per un motivo volontario, perché - come fece Celestino - è certamente possibile abbandonare l’ufficio petrino. La frase conferma comunque l’importanza della “parola chiave munus” e dell’assoluta novità della situazione, nel contempo viene anche svelata la contrarietà degli esperti (verosimilmente teologi e canonisti) a tale soluzione “eccezionale”.

Il tempo porterà certamente nuova luce, ma i quesiti ecclesiali sollevati dalle suddette dichiarazioni restano di grande portata.

Sulle circostanze dell’atto infine, la cui importanza è tale da condizionarne la moralità nel senso più ampio del termine e che forse racchiudono la vera chiave di lettura, lasciamo ancora una volta la parola al Segretario di Benedetto XVI:

Joseph Ratzinger, dopo una delle elezioni più brevi della storia della Chiesa, uscì eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una drammatica lotta tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”. L’elezione era certamente l’esito anche di uno scontro, la cui chiave quasi aveva fornito lo stesso Ratzinger da cardinale decano, nella storica omelia del 18 aprile 2005 in San Pietro; e precisamente lì dove a “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” aveva contrapposto un’altra misura: “il Figlio di Dio e vero uomo” come “la misura del vero umanesimo”.


La Redazione di Disputationes Theologicae






[1] P. Herde,Celestino V, Santo, in Enciclopedia dei Papi, II, p. 268. Sulla documentazione storica e canonica e sui testi raccolti sotto il Pontificato di Bonifacio VIII, cfr. anche Idem, Celestino V (Pietro del Morrone). Il Papa angelico, L’Aquila 2004; V. Gigliotti «Fit monachus, qui papa fuit»: la rinuncia di Celestino V tra diritto e letteratura inRivista di Storia e letteratura religiosa, 44 (2008), pp. 257-323.
[2] Il citato canone è in continuità con la costante tradizione canonistica, dal Liber Sextus Decretalium di Bonifacio VIII fino al suo immediato precedente, il can. 221 del Codice di Diritto Canonico del 1917.
[3] Georg Gänswein, Intervento del 21 maggio 2016, Città del Vaticano. Cfr. Benedetto XVI, la fine del Vecchio, l’inizio del nuovo, l’analisi di Georg Gansweinhttp://www.acistampa.com/story/bendetto-xvi-la-fine-del-vecchio-linizio-del-nuovo-lanalisi-di-georg-ganswein-3369. I grassetti sono nostri.
[4] Cfr. Johannes Grohe, Deposizioni, abdicazioni e rinunce al Pontificato tra 1046 e 1449, in Chiesa e Storia 4 (2014), pp. 55-72.
[5] S. Violi, La rinuncia di Benedetto XVI. Tra storia, diritto e coscienza, in Rivista teologica di Lugano 18 (2013) pp. 155-166.

[6] Sull’origine e la natura del potere di giurisdizione papale e la collazione di giurisdizione cfr. anche S. Carusi,Episcopalismo, collegialismo e Sommo Pontificato, in Disputationes Theologicae del 29 giugno 2014.

Pubblicato da Disputationes Theologicae 





<header class="entry-header">

Se fosse una fiction ci divertiremmo

</header>
 

di Satiricus

Sono stato a distanza dalle critiche verso l’attuale Pontefice, un po’ per prudenza e un po’ per senso di inutilità delle medesime, un po’ perché non ho capito se c’è o no un Pontefice.

Però, come sapete, in estate le giornate si allungano e bisogna pur riempire il tempo, per cui nessuno si allerti se rispolvero una puntata dell’ambita serie “I Bergoglioni”. I Bergoglioni ha un vago precedente nei Cesaroni, che a loro volta si ispirano a Los Serrano. Tutte fiction che piacciono ai media e alla critica, ma chefanno accapponare la pelle se riportare a vita reale.

I Cesaroni parla di due ex fidanzati, Giulio e Lucia, che riscoprono il loro amore, si sposano e vanno a vivere a casa di lui, a Roma, con i tre figli di lui e le due figlie di lei; i Cesaroni sono inoltre circondati da parenti e amici, etc. (fonte: wiki). I Bergoglioni invece tratta di una scena surreale in cui due pontefici con i relativi seguiti di livree e di fedeli vanno a vivere assieme e si trovano tutti d’amore e d’accordo, tra colpi di scena e momenti di suspense, che però tradiscono ad ogni ciack l’immancabile lieto fine. Quello dei Bergoglioni è il mondo “tout va très bien madame la marquise” in cui giornali, radio, TV, curie e sempre meno fedeli vivono da alcuni anni in qua.

Per darvene un esempio, di recente ho avuto modo di raccogliere uno sketch bergoglione che grossomodo viaggiava su questi toni: «Il Papa non parla 'ai lontani', ma parla all'uomo post-moderno [3], e se non usa quei criteri (umani e non teologici [2]) non passerebbe nessun messaggio. Così dimostra che è necessario rifondare le basi umane prima ancora che convertire [1]), sennò in sostanza farebbe le cose a metà o non si partirebbe nemmeno [4]. La situazione ecclesiale poi non mi pare una cosa così ingestibile e non CREDO ancora che possa portare grandi drammi nella Chiesa [5]».

Quindi? Quindi “tout va très bien madame la marquise” (applausi!). Una bella puntata, non c’è che dire, a patto che la si guardi con attitudine da telespettatore. Se invece ci trovassimo nella vita reale, allora qualche obiezione andrebbe mossa e senza tanti complimenti. La prima è stata suggerita sopra: sono sempre meno i fedeli convinti di questa tranquillità di fondo: si tratti di teologi, chierici e non, che hanno risposto con durezza sorprendente ad alcune recenti dichiarazioni e pubblicazioni papali, o di più semplici opinionisti e giornalisti, che da gioviali estimatori del Pontefice sono divenuti suoi aperti e scientifici critici.
Lasciatemi fare pochi nomi, tra i laici: Maurizio Blondet, che prima ha elogiato e poi, dopo alcuni mesi, demolito Francesco; il Mastino, che prima ha criticato, poi salvato, poi ignorato e ora (mi pare) di nuovo piccona sul pontificato; Langone, che biasimava Gnocchi&Palmaro per le loro visioni retrive, ma ormai li ha pareggiati ampiamente; la Miriano – mi dicono – che in punta di tacchi qualcuna indietro gliel’ha rimandata, a Giorgione; Aldo Maria Valli, che non ha mancato recenti esternazioni sul suo blog. Sono alcuni esempi, cui andrebbero aggiunte decine di insabbiati. Non si smuovono invece, sempre tra i laici, gli inossidabili: Socci e Gnocchi sul fronte dei critici, Tornielli e Bianchi su quello degli adulatori.

E sia, il mare dei bergoglioni è ancora abbastanza vasto e carico di ottime convinzioni. Convinzioni che mettono tristezza a tutti, tranne al telespettatore. Ma insomma, voi cosa rispondereste al monologo della marchesa appena citato? Io basito ho risposto per punti, ma sapendo che si tratta di un gioco che non interessa a nessuno, non serve a nessuno e non giova a nessuno: 

Punto primo [1], rifondare e convertire non sono due step che possano essere separati in tutto e per tutto, anche Hegel col suo sistema dialettico potrebbe insegnarcelo (così, tanto per citare un eretico, che magari lo ascoltano più volentieri). 

Punto secondo [2], umano e teologico non si contrappongono, ma si intersecano; la scissione tra natura e soprannatura (detta duplex ordo) è stata mortalmente ferita proprio nel contesto conciliare, possibile che il più conciliarista dei pontificati abbia oscurato questo sapere teologicamente aggiornatissimo? 

Punto terzo
 [3], mi pare che il Papa in realtà stia ancora parlando all'uomo moderno, per il semplice fatto che il post-moderno ha rotto gli argini spaziali, temporali e culturali in ogni direzione; esemplifico per non annoiare: Radio Spada è ospite graditissimo del post-moderno, ospite sgraditissimo del moderno (questa analisi farà pure indispettire tutti, ma questo è il post-moderno e non per mia scelta) – del resto non mi stupirei se persino in Vaticano non avessero chiaro la cosa (non coloro che hanno voce in capitolo). 

Punto quarto [4], ci manca solo che il Vangelo univocamente inteso (cioè senza cedere a contraddizioni, eresie materiali, luteranismi) non sia più sufficiente ad evangelizzare, almeno per l'azione dello Spirito che agisce tramite esso: il Papa rappresenta Cristo, non lo sostituisce, e nel Vangelo è Gesù che seda la tempesta, Pietro ben che vada affonda tra le onde. 

Punto quinti
 [5], io SPERO che i drammi che Cristo ha finora permesso e ancora permetterà tramite l'attuale stagione servano a purificarci, o almeno a purificare me. Per il resto, godetevi il prosieguo dei Bergoglioni, per essere intrattenimento è anche piacevole, esilarante a tratti, guardando per esempio alle incestuosità dottrinali che l’ecumenismo ispira a passi presti e svelti.



[Modificato da Caterina63 05/07/2016 10:11]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:32. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com