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Il Vicario di Cristo il Papa il suo ruolo e la sua rinuncia (2)

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2017 00:02
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21/07/2016 10:38
 
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La Rinuncia di Benedetto XVI e il cardinale Brandmüller



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Oggi ci occuperemo di una cronaca papale che sta a cuore a molti. Lo faremo approfondendo, ulteriormente, riprendendo alcuni commenti interessanti scaturiti da una discussione di FB – vedi qui – a riguardo dell’imponente testo redatto dal cardinale Walter Brandmüller riportato da Sandro Magister – vedi qui – il 18 luglio, sulla Rinuncia di Benedetto XVI e l’attuale situazione la quale necessiterebbe – è evidente – di urgenti chiarimenti ufficiali.


Intanto partiamo dal fatto che ciò che è accaduto è senza precedenti nella storia bimillenaria della Chiesa. Lo stesso cardinale, nello spiegare i singoli episodi avvenuti in passato, lo espone benissimo e ci colpisce infatti una delle frasi che l’illustre dice con un tono, lo immaginiamo, di profondo dolore e preoccupazione:


_0044 Rinuncia 2
Il card. Brandmüller

La rinuncia del papa è possibile (can. 332 § 2). Ciò non significa che sia senz’altro anche moralmente lecita. Per la liceità ci vogliono motivi oggettivi, istituzionali, orientati verso il bonum commune Ecclesiae, non motivi personali…


Non motivi personali, dunque, ma motivi oggettivi… una bella gatta da pelare, non c’è che dire! È ovvio che, come fa capire Brandmüller – qui testo integrale -, non si mette in discussione la validità del suo Successore, ma non è meno inquietante laddove dice, seppur per ipotesi: “Se, in questo caso, fatta l’elezione si presentassero delle prove della mancata libertà della rinuncia le conseguenze sarebbero disastrose….


Disastrose perché la situazione non solo non è stata chiarita, ma disastrose anche per il governo della Chiesa stessa. Del resto, come è stato fatto osservare nella discussione su FB: “Le considerazioni dei post precedenti rendono conto della grande confusione tra i fedeli e dei gravissimi pericoli insiti in una rinuncia papale. Brandmuller fa il punto della situazione da un punto di vista canonistico, distinguendo tra ciò che attiene alla costituzione divina della Chiesa – come tale irreformabile – e al diritto positivo vigente che smentisce sia la tesi socciana che tutte le altre fantasiose ricostruzioni dei poteri papali. Fa inoltre delle valutazioni de iure condendo nella malaugurata ipotesi che il caso abbia a ripetersi. Niente di più.”


Prendiamo atto che il testo di Brandmüller  non intende mettere in dubbio né la validità della Rinuncia di Benedetto, e neppure l’invalidità dell’elezione del legittimo Successore, questo sia chiaro. Noi andiamo a sbirciare un po’ più dentro il testo, visto che la confusione, senza dubbio, regna.


E’ vero quanto qui riportato, Brandmüller sollecita infatti ad aggiungere al Diritto Canonico ciò che manca per la gestione di un fatto anomalo come questo che, appunto, essendo un fatto unico e nuovo senza precedenti, necessita di una legge specifica che liberi il campo da ogni supposizione che oggi viene anche usata o per delegittimare la libera scelta della rinuncia da parte di un Papa, oppure il rischio della invalidità di una successione a causa di una rinuncia non completa, come è questo caso in cui, infatti, Benedetto XVI ha messo un poco in imbarazzo tutti i canonisti allorquando ha specificato: non me ne vado, resto… Ma senza mai dire “resto Papa”, questo è venuto dopo, ma nessuno si è chiesto: perché dopo e non quando ha letto la Rinuncia ufficiale


In che modo allora può restare Papa? Questo è il problema che affronta Brandmüller, semplicemente perché “non può rimanere Papa”, non è contemplato nel primato petrino. Per questo ci chiediamo: “possibile che Ratzinger non sapesse tutto ciò”?


Ci sono alcuni passaggi, dal testo del cardinale Brandmüller che definiamo inquietanti, o allarmanti fate voi, ma che meritano di essere sottolineati.


– Brandmüller dice: “Parimenti incomprensibile pare il concetto, inventato in questo contesto, di una ‘renuntiatio mystica’ e, nemmeno, il tentativo di stabilire una specie di parallelismo contemporaneo di un papa regnante e di un papa orante. (…) Questo silenzio eloquente non ammette altra conclusione che: i canoni in parola hanno ovviamente l’obiettivo di aprire una via d’uscita da una situazione di estrema emergenza ecclesiale, la quale è pensabile, ma de facto non capita. (..) Questa opinione viene confermata dai Sommi Pontefici Paolo VI e San Giovanni Paolo II. Ambedue ritenevano la dimissione dal ministero petrino moralmente inaccettabile. Lo stesso beato Paolo VI – dopo qualche incertezza – disse che una rinuncia “sarebbe un trauma per la Chiesa” e sentiva il “grave obbligo di coscienza di continuare a svolgere il proprio ufficio”…”


Viene dunque specificato, da Brandmüller, che il motivo per una Rinuncia (ha fatto anche l’esempio di Pio VII e di Pio XII) riguarda il caso in cui fosse messo a rischio il papato. Conoscendo la grandezza intellettuale e morale di Benedetto XVI, non possiamo non domandarci: non sarà che forse, sotto molta pressione, vide in pericolo il primato petrino e non ha trovato altro modo che la Rinuncia per metterlo al sicuro, facendo passare il tutto come un problema personale legato al suo stato di salute? Chi potrebbe scartare questa ipotesi?


La dichiarazione di rinuncia di Benedetto XVI diffuso dalla Sala Stampa Vaticana.
La dichiarazione di rinuncia al papato di Benedetto XVI diffuso dalla Sala Stampa Vaticana.

– Un’altro passaggio interessante è infattiquello sulla precisazione che la rinuncia deve riguardare un fatto oggettivo e non una scelta a situazioni personali; qui c’è poco da commentare. Nel testo ufficiale della Rinuncialeggiamo una motivazione del tutto personale: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino…”.


Attenzione, ripetiamo che Brandmüller nel testo non sta cercando prove di una Rinuncia fallita o di una nuova elezione illegittima, ma siamo noi che stiamo analizzando più approfonditamente il testo perché le domande senza risposte sono tante, troppe. E per quanto l’atteggiamento da assumere è quello della preghiera, della prudenza, dell’attesa paziente, che non ci facciamo venire meno, l’analisi di certi passaggi ci possono aiutare ad esercitare ancor di più le virtù.


– Brandmüller riporta l’espressione addolorata di Giovanni Paolo II nella quale diceva che “non esiste un papa emerito”; e Ratzinger lo sapeva bene tanto che non è stato lui a darsi questo titolo, lui lo ha solo accettato, dopo la Rinuncia, ed è questo che vogliamo provare qui con voi. Inoltre, due giorni dopo la Rinuncia, all’Udienza del 13 febbraio, specifica: ” ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede…”


Intanto va chiarito che molti parlavano e parlano di “abdicazione”, ma da subito Benedetto XVI non ha mai usato questo termine, bensì “rinuncia”, un rinunziare che per noi cattolici suona davvero sinistro perché, attenti all’etimologia delle parole, il termine è composto della particella “re” che significa anche “respingere” e il nuntiare, il far sapere. Un termine, per altro, intrinseco all’uso dell’ annunziare. Con tale “rinuncia” sembra proprio che il Papa abbia misurato assai le parole. Dunque “rinunciare”,  far sapere che si lascia, si abbandona, ci si ritrae.


L’altro aspetto è che mai Benedetto XVI ha parlato di diventare un emerito! Sempre nel testo ufficiale della Rinuncia egli specifica bene: “… dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005..“. Come spiega Brandmüller: “…la rinuncia si riferisce all’ufficio di Vescovo di Roma, al quale è unito quello di successore dell’apostolo San Pietro e quindi del Supremo Pastore della Chiesa di Cristo. Tutti e due gli elementi si distinguono sostanzialmente. Mentre l’episcopato viene conferito tramite ordinazione sacramentale che imprime nell’anima dell’ordinato un carattere indelebile, il Primato Petrino è – nonostante l’istituzione divina – di natura giuridica (..) La rinuncia, quindi, si riferisce soltanto agli aspetti giuridici dell’ufficio. Il dimissionario, per conseguenza, non è più né vescovo di Roma né Papa, e neppure cardinale


Del resto il diritto canonico non riconosce la figura di un Papa emeritus. – e spiega il cardinale – Il tentativo di ridefinire il munus Petrinum in tal senso è inaccettabile dal punto di vista teologico e comporterebbe una minaccia all’unità della Chiesa. Perciò senz’altro va rifiutato. Insomma: la sostanza del papato è così chiaramente definita dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione autentica, cosicché nessun Papa può essere autorizzato a ridefinire il suo ufficio. Il luogo ecclesiologico di un Papa dimissionario, quindi, viene determinato solamente dalla sua ordinazione episcopale, in virtù della quale fa parte del Collegio Episcopale e partecipa della responsabilità spirituale per la Chiesa…”


A queste lucidissime analisi non possiamo non farci questa domanda: ma dal momento che tutti conosciamo la grandezza intellettuale teologica di Ratzinger, e la precisione canonista in quanto Benedetto XVI, come è possibile che si sia lasciato cadere in questi errori? Non sapeva Ratzinger che “nessun Papa può essere autorizzato a ridefinire il suo ufficio”? O non vi è forse stato il pericolo di far abdicare con Benedetto XVI anche i suoi otto anni di pontificato con tutto il suo ricco magistero? E’ una provocazione, ma pensateci bene.


Si evince chiaramente che o Brandmüller ha torto e Ratzinger ragione, o viceversa, non possono avere ragione entrambi. Ma anche dessimo ragione a Ratzinger i conti non tornerebbero, perché Brandmüller non ha affatto torto… Nell’ultimo Angelus, Benedetto XVI specificava ulteriormente, ma sempre lo stesso ritornello: “Cari fratelli e sorelle… Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze.” (24.2.2013).


Le parole più chiare, ma al tempo stesso più nebulose a quanto detto anche da Brandmüller, sono quelle che Benedetto XVI ha pronunciato nell’ultima Udienza: ” Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio..” (27.2.2013)


Non possiamo non domandarci se si sta pensando ad un papato “attivo”, con un Pontefice vigoroso regnante, insieme ad uno “passivo” (nel senso che  non è giuridico), ma anziano e a “riposo orante”… E’ del resto quello che scongiura proprio Brandmüller.


Ma soprattutto non possiamo non domandarci: perché Benedetto XVI, proprio all’ultima udienza quando c’erano tutti i cardinali presenti, o quasi, ha voluto rilasciare quelle parole dalle mille interpretazioni? “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo.”


E’ in queste parole che scaturisce quel “resto papa” come a mettere al sicuro i suoi otto anni di Pontificato con il magistero che ne è scaturito, e di conseguenza l’emerito che gli sarà attribuito dopo. Ma a chi lo stava dicendo Benedetto XVI? Era forse in pericolo il suo magistero che qualcuno voleva far sparire insieme alla sua rinuncia? E’ una provocazione, ma pensateci bene. Forse non avremo mai una risposta, ma queste domande sono lecite e legittime.


Vediamo che non ha mai parlato di Papa Emerito, ma ha resistito fino alla fine per difendere la sua “nuova” posizione: “Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra…” (28.2.2013 da Castel Gandolfo).


Come abbiamo provato, mai e poi mai, Ratzinger ha parlato di essere ancora “Papa” e men che meno “emerito”, ma è anche evidente che in quella ultima udienza qualcosa di simile l’ha detta eccome. Le discussioni su quale titolo avrebbe dovuto assumere, scaturirono dopo e per rinfrescarvi la memoria cliccate qui.


C’è anche un’altro passaggio inquietante alle riflessioni del cardinale:


– Brandmüller sottolinea (attenzione è una ipotesi che fa, non collegata a questa Rinuncia né a questo Pontificato regnante), ipotizza il pericolo di uno scisma: “va preso in considerazione – data l’eccezionalità della rinuncia papale – il pericolo di uno scisma. (..) Come già detto, la rinuncia di un papa presuppone – e al contempo crea – una situazione ecclesiale pericolosissima.”


Però subito dopo non ipotizza più: “Non mancano in questo momento persone o gruppi seguaci del papa rinunciatario i quali, scontenti dell’accaduto, potrebbero minacciare l’unità della Chiesa e persino provocare uno scisma…”


Noi caliamo l’ipotesi nel caso che stiamo analizzando, dal momento che il cardinale parla di un “momento” specifico: “questo”. Appare chiaro che l’allarme ha davvero dell’inquietante perché non risultano gruppi “del papa rinunciatario” pronti a fare opposizione al Papa regnante…  a meno che, quei vescovi e cardinali come Caffarra – vedi qui – che stanno chiedendo al Papa di chiarire le sue idee su di un testo papale che sta gettando scompiglio e divisione a livello dottrinale, si debba interpretare come un gruppo scismatico, di persone che rifiutano il magistero corrente… capiamoci bene eh! La qualcosa sarebbe davvero inaccettabile! Scismatico anche Spaemann – vedi qui – coetaneo e amico di Joseph Ratzinger, professore emerito di filosofia presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, uno dei maggiori filosofi e teologi cattolici tedeschi, per aver detto: “Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità”… riferendosi ai problemi dottrinali creati da questo magistero pontificio regnante?


Ora possiamo provare a concludere, cercando di rimettere un po’ insieme i pezzi di questo puzzle


Noi riteniamo che Papa Benedetto XVI sia stato in qualche modo spinto, magari molto elegantemente, ad andarsene. E non per motivi personali quali la salute, ma per difendere la Chiesa, per amore alla Chiesa. Ricattato non per questioni personali, ma ricattata era la Chiesa.


Benedetto regala a Francesco un vero tesoro: il proprio magistero.
Benedetto regala a Francesco un vero tesoro: il proprio magistero. (Città del Vaticano, 28-06-2016)

Il tassello che inseriamo è quello di un articolo firmato da Blondet assai interessante – vedi qui – il quale riporta questa notizia: “Quando una banca o un territorio è escluso dal Sistema, come lo fu nel caso del Vaticano nei giorni che precedettero le dimissioni di Benedetto XVI nel febbraio 2013, tutte le transazioni sono bloccate. Senza aspettare l’elezione di papa Bergoglio, il  sistema Swift  è stato  sbloccato all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI...”


Forse qualcuno di voi stracciandosi le vesti ci griderà che siamo complottisti. Forse sì, ma anche no, perché allora dovreste spiegarci come mai che i primi atti ufficiali del nuovo Papa appena eletto, riguardarono lo IOR? Ed oggi, a distanza di tre anni, avete più sentito parlare dello IOR? Consigliamo di leggere anche questo articolo di Sandro Magister: ” gli uomini più ricchi del mondo e i super-potenti della finanza fanno ressa per essere ricevuti da lui (il Papa). E lui non solo li accoglie a braccia spalancate, ma li ricopre di elogi…” –vedi qui –


Tornando alla Rinuncia, Benedetto XVI la descrive come un fatto personale, eppure lui conosce a memoria tutto ciò che ha riportato Brandmüller è evidente allora che le questioni sono due:


1) Benedetto XVI fa parte di una cospirazione che vuole cambiare il primato petrino…


Oppure:


2) o Benedetto XVI è stato costretto ad andare via, e mite ed umile quale è sempre stato, se ne è assunto la responsabilità ma con un paletto chiaro: Bene, me ne vado come volete voi, ma “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo.”


Come a dire: mi assumo la responsabilità del gesto e delle conseguenze per amore alla Chiesa, ma non potete chiedermi di abdicare a quel giuramento fatto, restituisco il mandato “a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005..“, ma non quel giuramento fatto a Cristo.


Vaneggiamo? Forse sì, ma anche no! Del resto la recente uscita di mons. Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI e Prefetto della Casa Pontificia – che non chiarisce affatto, al contrario, ingarbuglia di più la situazione, inquietando maggiormente gli animi – è davvero l’atto più strano e strampalato che sia accaduto sulla vicenda…. – vedi qui tutta la raccolta di interventi sull’argomento – e riteniamo plausibile che proprio questa recente uscita abbia sollecitato il cardinale Brandmüller a scrivere questo suo saggio.


Mons. Gänswein
Mons. Gänswein

Quelle affermazioni di mons. Gänswein possono “comprendersi” solo all’interno di un “gioco” più grande di noi, che sta avvenendo dal 2005 nella Chiesa…. Di fatti strani ne riscontriamo almeno tre:


1) mons. Georg aveva scritto il testo, quindi si era preparato: a chi era indirizzato? non certo a noi “comuni mortali”….


2) che il suo testo fosse indirizzato a “qualcuno” è chiaro perchè dopo non ha fatto smentite o altre interviste importanti per spiegare meglio il suo messaggio e tutti gli interventi che ne erano scaturiti. Perché non rispondere alle mille domande che le sue parole avevano suscitato da molti ambienti?


3) che cosa c’entrava tirare in ballo il “Gruppo di San Gallo” e il conclave del 2005?


Dice mons. Georg: “…nel conclave dell’aprile del 2005, dal quale Joseph Ratzinger, dopo una delle elezioni più brevi della storia della Chiesa, uscì eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una drammatica lotta tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”…


E allora: o si è davvero sprovveduti a tal punto che nessuno sa più cosa dice o fa; oppure è chiaro che è in atto una guerriglia interna alla Chiesa e la posizione assunta da Benedetto XVI sarà, alla fine, una vera protezione alla supremazia del papato, una protezione che ha pagato con la Rinuncia.


Facciamo nostre le riflessioni di un teologo: “Ratzinger si è sforzato di aiutare a reinterpretare il papato, cercando di sottrarsi al ruolo di star al quale ormai il mondo lo chiamava, contro il suo carattere.


Ma soprattutto, da vero profeta che legge i segni dei tempi presenti con gli occhi di Dio, colse la deriva mondanizzante di un ruolo soprattutto spirituale, del dolce “Cristo in terra”… Ha avuto contro molti personaggi curiali ormai abituati a gestire soldi e potere, lobbies e amicizie influenti. Il partito sangallese voleva invece il papato per cavalcarne il ruolo a beneficio del proprio programma. Anche secondo me il ruolo di papa emerito ha spiazzato un po’ le trame di costoro: hanno ottenuto il “loro” papa, stanno vincendo a suon di sinodi e mass media, ma sono sconfitti dall’indisponibilità a riconoscere in questo papato la sana dottrina, che sono in genere proprio quelli che la fede la vivono in modo più spirituale…”


Del resto lo stesso Benedetto XVI, da quando si è ritirato, ha mantenuto e sta mantenendo fede alla parola data: “tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza.” (28 febbraio 2013)


Oseremo dire, come fanno rilevare altri vaticanisti, che forse è il Papa regnante a cercare ogni tanto, dalla presenza di Benedetto XVI, una sorta di conferma pubblica al suo mandato, non certamente il contrario.






quasi puntuale arriva questa intervista
a mons. Gänswein: la dottrina non si cambia con mezze frasi
21-07-2016 da laBussola
Monsignor Georg Gaenswein

Lunedì sul quotidiano tedesco Schwäbische Zeitung è stata pubblicata un'ampia intervista concessa dal Prefetto della Casa Pontificia, monsignor Georg Gänswein, a Hendrik Groth (clicca qui per la versione originale). Data la delicatezza dei temi trattati e le prevedibili reazioni che essa susciterà, proponiamo ai lettori della Bussola la traduzione in italiano delle principali domande e risposte (Traduzione di Katharina Stolz).

Come sta papa Benedetto?
Non è più Papa, ma emerito. Nel mese di aprile ha compiuto 89 anni e ha recentemente celebrato il suo 65° anniversario di sacerdozio. Per questo c'è stata una piccola cerimonia con Papa Francesco, alcuni cardinali e ospiti invitati personalmente. La testa è lucida, brillante, in ordine. Le gambe sono diventate un po’ stanche […] Un Papa emerito è una persona soggetta alle leggi naturali.

Lei è anche intermediario tra il papa in carica Francesco e Benedetto. Poco dopo l’elezione del nuovo Papa ha affermato che tra le vedute teologiche di Benedetto XVI e quelle di Francesco non entra nemmeno un foglio di carta (espressione per dire che non c’è disunione, n.d.t.). Lei ribadirebbe questa convinzione, dopo un po’ di anni?
[…] Per quanto riguarda i principi base delle loro convinzioni teologiche c'è sicuramente una continuità. Naturalmente, sono anche consapevole che occasionalmente si potrebbero originare dubbi a motivo delle diverse modalità di rappresentazione e formulazione.  Ma quando un Papa vuole cambiare qualcosa nella dottrina, allora deve dirlo con chiarezza, in modo che sia vincolante. Importanti concetti dottrinali non possono essere cambiati da mezze frasi o da qualche nota a piè di pagina formulata in modo generico. La metodologia teologica ha criteri chiari a riguardo. Una legge che non è chiara in se stessa, non può obbligare. Lo stesso vale per la teologia. Le dichiarazioni magisteriali devono essere chiare, affinché siano vincolanti. Dichiarazioni che aprono a diverse interpretazioni sono rischiose.

Non è una questione di mentalità? Il Papa viene da Buenos Aires…
Naturalmente, la mentalità gioca un ruolo. Papa Francesco è fortemente influenzato dalla sua esperienza come provinciale dei Gesuiti e soprattutto come arcivescovo di Buenos Aires, in un momento in cui il paese era economicamente veramente messo male. Questa metropoli è poi diventata il luogo delle sue fatiche e delle sue gioie. Già in quella grande città e mega-diocesi, si era capito che ciò di cui lui è convinto, lo fa e lo porta fino in fondo senza scrupoli. Questo vale anche adesso come Vescovo di Roma e come Papa. Che nei discorsi, rispetto ai suoi predecessori, di tanto in tanto sia un po' impreciso, e addirittura irrispettoso, si deve solo accettare. Ogni Papa ha il suo stile personale. È il suo modo di parlare, anche correndo il rischio che ciò possa dar adito ad equivoci, a volte anche a interpretazioni avventurose. Continuerà anche in futuro a non aver peli sulla lingua.

C’è una rottura all’interno dei cardinali e tra i cardinali dei vari continenti, che vedono e comprendono il Papa in modo diverso?
Prima del Sinodo dei Vescovi dello scorso ottobre si parlava di una sorta di un quadro di favorevoli e contrari a Papa Francesco. Non so chi abbia diffuso questo scenario. Io mi guarderei dal parlare di una distribuzione geografica dei pro e dei contro. È vero che in alcune questioni, per esempio, l'episcopato africano ha parlato molto chiaramente. Episcopati, cioè intere conferenze episcopali e non solo singoli vescovi. Questo in Europa e in Asia non si è verificato. Tuttavia, non credo a questa teoria della rottura. Per amore della verità, devo anche aggiungere che alcuni vescovi hanno davvero la preoccupazione che l’edificio della dottrina possa subire delle perdite a motivo di un linguaggio non cristallino.

Si ha a volte l’impressione che i cattolici conservatori, che durante il pontificato di Benedetto XVI pretendevano fedeltà al Papa dai loro confratelli e sorelle progressisti, ora, sotto Francesco, abbiano un problema a riguardo. È così?
La certezza che il Papa sia una roccia nei marosi, ritenuto come l'ultima ancora, ha iniziato in effetti a vacillare. Se questa percezione corrisponda alla realtà e se riproduca correttamente l'immagine di Papa Francesco, o se sia piuttosto un’immagine dei media, non posso giudicarlo. Incertezze, a volte anche confusione e caos sono, a dire il vero, cresciuti. Papa Benedetto XVI parlava poco prima delle sue dimissioni, riguardo al Concilio Vaticano, di un autentico "Concilio dei padri" e un "Concilio dei media" piuttosto virtuale. Adesso forse si può dire una cosa simile anche di papa Francesco. C'è un divario tra la realtà dei media e quella effettiva.

D’altro canto a Francesco riesce bene a entusiasmare la gente per la Chiesa cattolica.
In effetti papa Francesco riesce ad attirare l’attenzione pubblica su di sé e a legarla a sé. E ciò ben oltre i confini della Chiesa. Forse addirittura più all’esterno che all’interno della Chiesa cattolica. L’attenzione che il mondo non cattolico, anche in Germania, dà al Papa è notevolmente più grande che per i predecessori. Naturalmente ciò è legato anche al suo stile piuttosto non convenzionale e al fatto che, attraverso i suoi simpatici gesti inattesi, attira a sé i media […]

Con Francesco, c’è una svolta epocale nella Chiesa? C’è un inizio in una direzione tutta nuova?
Se lei considera la sua vita spirituale, se ascolta quello che predica, che chiede e annuncia, allora può riconoscere in lui un classico gesuita della vecchia scuola ignaziana, nel miglior senso della parola. Se quest’uomo introduce una svolta epocale, lo fa per il fatto di fare affermazioni chiare, senza rispetto per ilpolitically correct. Questo è liberante; fa bene ed è necessario […] Un vescovo, pochi mesi dopo l’elezione di papa Francesco, ha parlato di “effetto-Francesco” e, tutto impettito, ha aggiunto che adesso era di nuovo bello essere cattolici. Adesso si poteva percepire di nuovo pubblicamente uno slancio nella fede e nella Chiesa. Ma questo accade davvero? Non dovrebbe esserci una vita cattolica più viva, le Messe più frequentate, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa aumentate, e un maggior ritorno degli uomini che hanno lasciato la Chiesa? Cosa significa “effetto-Francesco” concretamente per la vita della fede nella nostra patria [Germania, n.d.t.]? Dall’esterno non si percepisce un nuovo inizio. La mia impressione è che papa Francesco goda di grande simpatia come uomo più di tutti gli altri leader del mondo. Ma riguardo alla vita e all’identità della fede, però, questa sua simpatia non sembra avere grande influenza. I dati statistici, se non mentono, mi danno purtroppo ragione.

Un tema ricorrente è il sistema fiscale della Chiesa tedesca. Benedetto si è più volte espresso a riguardo in modo critico. Questo sistema è anche difficilmente coniugabile con la Chiesa povera che Francesco si augura. È giusto che chi non paga la Kirchensteuer (la tassa alla Chiesa, n.d.t.], per dirla alla buona, sia buttato fuori?
Il tema della Kirchensteuer è un tema senza fine. Ovviamente la domanda se il sistema che adottiamo in Germania per il sostentamento della Chiesa sia la modalità giusta, è giustificata […]. Ci sono due opinioni contrastanti: alcuni dicono basta con la Kirchensteuer, altri la elevano addirittura ad un “depositum fidei”. Entrambi gli estremi non vanno bene […] Ovviamente è qualcosa di molto forte che si venga cacciati fuori se non si vuole più pagare la Kirchensteuer.

Il problema è che chi non paga la Kirchensteuer è in fondo scomunicato?
Sì, questo è un serio problema. Come reagisce la Chiesa cattolica in Germania ad un’uscita dalla Chiesa? Con l’automatica esclusione dalla comunità ecclesiale, il che significa: scomunica. Ciò è eccessivo, incomprensibile. Si possono mettere in dubbio dogmi e nessuno viene cacciato fuori. Forse che il non pagamento della Kirchensteuer è un’infrazione più grave contro la fede che non le trasgressioni contro le verità di fede? L’impressione è che, finché c’è in gioco la fede, non sia così tragico, quando però entra in gioco il denaro, allora non si scherza più. La spada affilata della scomunica per un’uscita dalla Chiesa [per chi non paga la Kirchensteuer, n.d.t.] è inadatta e necessita di correzione.

Vale comunque la frase di papa Benedetto che la Chiesa debba rinunciare ai suoi beni per conservare il suo bene. 
Se i beni sono contrari al bene, cioè alla fede, allora c’è solo una possibilità: bisogna liberarsene. Le casse piene e le chiese vuote: questa è una forbice terribile. Non può continuare a lungo. Se le casse suonano e le panche della chiesa si svuotano sempre di più, allora si giunge prima o poi ad un’implosione. […] A che serve se una diocesi è molto ricca, ma la sua fede si insabbia a poco a poco? Siamo così tanto secolarizzati che la fede non ha più un ruolo o addirittura viene vista come una zavorra? La zavorra viene buttata quando non serve più. Non siamo più in grado di annunciare la fede in modo tale che gli uomini possano sentire che si tratta di qualcosa di grandioso, di bello e che arricchisce e approfondisce la vita?

Quando si tratta di occupare sedi vescovili vacanti in Germania viene spesso fatto il suo nome. Riesce ad immaginarsi in un tale ruolo?
Si portano i favoriti nella corsa per bruciarli. Questo è il vero motivo per cui vengono menzionati: un gioco che si può indovinare. Qui ed ora ho due compiti importanti da adempiere: sono Prefetto della Casa Pontificia e Segretario del papa emerito, al quale, alla sua elezione, ho promesso fedeltà fino alla fine dei suoi giorni […]




[Modificato da Caterina63 23/07/2016 14:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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