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Cardinale Sarah: per risolvere la crisi della Chiesa bisogna ritornare alla Sacra Liturgia

Ultimo Aggiornamento: 09/06/2017 09:08
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06/10/2016 14:35
 
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La riforma della riforma "si farà". La vuole anche il papa




 

È ciò che Francesco ha detto in privato al cardinale Sarah, salvo poi sconfessare tutto con un comunicato. Ma il prefetto della liturgia la promette di nuovo, in un suo libro da oggi in vendita, dal titolo: "La forza del silenzio" 

di Sandro Magister





ROMA, 6 ottobre 2016 – Con il cardinale Robert Sarah papa Francesco intrattiene un rapporto bifronte. Benevolo da vicino, ostile a distanza.

È Sarah uno di quegli uomini di Chiesa dal presunto "cuore di pietra" contro cui il papa spesso si scaglia, senza far nomi, ad esempio nel risentito discorso di fine sinodo dello scorso 24 ottobre:

> "I cuori chiusi che si nascondono dietro gli insegnamenti della Chiesa…"

Ed è stato Sarah, questa volta con nome e cognome, nella sua qualità di prefetto della congregazione per il culto divino, il bersaglio di un inaudito, umiliante comunicato della sala stampa della Santa Sede di questa estate, contro i suoi propositi di "riforma della riforma" della liturgia:

> Gesù tornerà da Oriente. Ma in Vaticano hanno perso la bussola(14.7.2016)

"Ma chi lo può cacciare? È africano e gode di grande popolarità", mormorano nella corte di papa Francesco.

In effetti, il cardinale Sarah, 71 anni, africano della Guinea, è una figura di prima grandezza nella Chiesa d'oggi, assurto a straordinaria notorietà e a universale ammirazione grazie a un suo libro dello scorso anno che è insieme autobiografia e meditazione spirituale, nello stile delle "Confessioni", dal titolo "Dieu ou rien", Dio o niente: 335 mila copie vendute in tredici lingue:

> Un papa dall'Africa nera (10.4.2015)

E ora Sarah torna in campo con un nuovo grande libro: "La force du silence", la forza del silenzio. È curato come già il precedente da Nicolas Diat e si conclude con un toccante colloquio tra il cardinale e il priore della Grande Chartreuse sulle Alpi francesi, dom Dysmas de Lassus.

Il libro è in vendita da oggi, festa di san Bruno, il fondatore del monachesimo certosino, per ora soltanto in lingua francese per i tipi di Fayard, ma presto anche in italiano, in inglese e in spagnolo, edito rispettivamente da Cantagalli, Ignatius Press e Palabra.

"Contre la dictature du bruit", contro la dittatura del rumore, dice il sottotitolo. E in effetti il rumore assordante della moderna società, penetrato anche nella Chiesa, è la colonna sonora di quel "niente" che è la dimenticanza di Dio, messo a fuoco nel libro precedente.

Mentre viceversa solo il silenzio consente di "sentire la musica di Dio".

La meditazione di Sarah tocca in profondità la vita della Chiesa. Sono frequenti i riferimenti alla liturgia e alle forme spesso disordinate con cui oggi è celebrata, cioè a quel "culto divino" di cui il cardinale ha la cura come prefetto.

Alcuni di questi passaggi – sia critici, sia propositivi – sono riprodotti qui di seguito.

E ce n'è uno in particolare – l'ultimo qui riportato – che mostra come il cardinale Sarah non sia affatto remissivo di fronte ai continui ostacoli che gli sono frapposti da ogni parte.

È là dove il cardinale torna ad assicurare fermamente che "si farà" ciò che il comunicato della scorsa estate aveva preteso di bloccare: cioè quella "riforma della riforma" in campo liturgico senza la quale "ne va dell'avvenire della Chiesa".

A tu per tu papa Francesco aveva raccomandato a Sarah di procedere con questa "riforma della riforma", nell'udienza come sempre calorosa che gli aveva dato lo scorso aprile, come lo stesso cardinale aveva in seguito riferito.

Poi invece, a distanza – e due giorni dopo una seconda udienza amichevole –, era scattato il veto, in quel proditorio comunicato di luglio, di fonte anonima ma comunque approvato a Santa Marta.

Da uomo di fede, Sarah professa obbedienza al papa. O almeno al primo dei due Francesco che si trova di fronte.

__________Risultati immagini per cardinale Sarah"La riforma della riforma si farà, ne va dell'avvenire della Chiesa"

di Robert Sarah

Da "La force du silence", Fayard, 2016



"IL CORPO DI GESÙ DATO A TUTTI, SENZA DISCERNIMENTO" (par. 205)

Oggi, certi preti trattano l'eucaristia con sovrano disprezzo. Vedono la messa come un rumoroso banchetto nel quale i cristiani fedeli all'insegnamento di Gesù, i divorziati risposati, gli uomini e le donne in situazione di adulterio, i turisti non battezzati che partecipano alle celebrazioni eucaristiche delle grandi folle anonime possono avere accesso al corpo e al sangue del Cristo, senza distinzioni.

La Chiesa deve esaminare con urgenza l'opportunità ecclesiale e pastorale di queste immense celebrazioni eucaristiche composte da migliaia e migliaia di partecipanti. C'è un grande pericolo di trasformare l'eucaristia, "il grande mistero della fede", in una banale kermesse e di profanare il corpo e il sangue prezioso del Cristo. I preti che distribuiscono le sacre specie e non conoscono nessuno e danno il corpo di Gesù a tutti, senza discernimento tra i cristiani e i non cristiani, partecipano alla profanazione del santo sacrificio eucaristico. Coloro che esercitano l'autorità nella Chiesa diventano colpevoli, per una forma di complicità volontaria, lasciando che si compia il sacrilegio e la profanazione del corpo del Cristo in queste gigantesche e ridicole autocelebrazioni, in cui davvero pochi percepiscono che ""voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga" (1 Cor 11, 26).

Dei preti infedeli alla "memoria" di Gesù insistono più sull'aspetto festivo e sulla dimensione fraterna della messa che sul sacrificio di sangue del Cristo sulla croce. L'importanza delle disposizioni interiori e la necessità di riconciliarci con Dio accettando di lasciarci purificare dal sacramento della confessione non sono più di moda oggi. Ogni giorno di più occultiano il monito di san Paolo ai Corinti: "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi" (cf. 1 Cor 11, 27-30).


"TANTI PRETI CHE ENTRANO TRIONFALMENTE…" (par. 237)

All'inizio delle nostre celebrazioni eucaristiche, come è possibile eliminare il Cristo che porta la sua croce e cammina con sofferenza sotto il peso dei nostri peccati verso il luogo del sacrificio? Ci sono tanti preti che entrano trionfalmente e salgono verso l'altare, salutando a destra e a sinistra, per apparire simpatici. Osservate il triste spettacolo di certe celebrazioni eucaristiche… Perché tanta leggerezza e mondanità nel momento del santo sacrificio? Perché tanta profanazione e superficialità davanti alla straordinaria grazia sacerdotale che ci rende capaci di rendere realmente presente il corpo e il sangue del Cristo con l'invocazione dello Spirito? Perché alcuni si credono in dovere di improvvisare o inventare delle preghiere eucaristiche che nascondono le frasi divine in un bagno di piccolo fervore umano? Le parole del Cristo sono insufficienti, per moltiplicare le parole puramente umane? In un sacrificio così unico ed essenziale, c'è bisogno di queste fantasie e di queste creatività soggettive? "Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole", ci ammonisce Gesù (Mt 6, 7).


"PROCESSIONI FATTE DI DANZE INTERMINABILI"
 (par. 266)

Abbiamo perso il senso più profondo dell'offertorio. Eppure è il momento in cui, come dice il suo nome, tutto il popolo cristiano si offre, non a lato del Cristo, ma in lui, tramite il suo sacrificio che sarà compiuto nella consacrazione. Il Concilio Vaticano II ha mirabilmente sottolineato questo aspetto insistendo sul sacerdozio battesimale dei laici che consiste essenzialmente nell'offrire noi stessi col Cristo in sacrifico al Padre. […]

Se l'offertorio non è più visto che come una preparazione dei doni, come un gesto pratico e prosaico, allora sarà grande la tentazione di aggiungere e d'inventare dei riti per colmare ciò che è percepito come un vuoto. In certe regioni dell'Africa deploro le processioni di offerta, lunghe e rumorose, fatte di danze interminabili. Dei fedeli portano ogni sorta di prodotti e di oggetti che non hanno niente a che vedere con il sacrificio eucaristico. Queste processioni danno l'impressione di esibizioni folcloristiche, che snaturano il sacrificio di sangue del Cristo sulla croce e ci allontanano dal mistero eucaristico, che invece dev'essere celebrato nella sobrietà e nel raccoglimento, poiché anche noi siamo immersi nella sua morte e nella sua offerta al Padre. I vescovi del mio continente dovrebbero prendere delle misure perché la celebrazione della messa non diventi un'autocelebrazione culturale. La morte di Dio per amore per noi è al di là di ogni cultura.


"RIVOLTI AD ORIENTE" (par. 254)

Non basta semplicemente prescrivere più silenzio. Perché ciascuno comprenda che la liturgia ci volge interiormente verso il Signore, sarebbe bene che durante le celebrazioni, tutti insieme, preti e fedeli, siamo corporalmente rivolti verso l'oriente, simbolizzato dall'abside.

Questo modo di fare resta assolutamente legittimo. È conforme alla lettera e allo spirito del Concilio. Le testimonianze dei primi secoli della Chiesa non mancano. "Quando ci alziamo in piedi per pregare, ci rivolgiamo verso l'oriente", precisa sant'Agostino, facendosi eco di una tradizione che risale, secondo san Basilio, agli stessi apostoli. Essendo state concepite le chiese per la preghiera delle prime comunità cristiane, le costituzioni apostoliche preconizzavano nel IV secolo che esse fossero rivolte verso l'oriente. E quando l'altare è rivolto ad occidente, come in San Pietro a Roma, il celebrante deve volgersi verso levante, faccia a faccia con il popolo.

Questo orientamento corporeo della preghiera non è che il segno di un orientamento interiore. […] Il prete non invita il popolo di Dio a seguirlo all'inizio della preghiera eucaristica quando dice: "In alto i cuori", al che il popolo gli risponde: "Sono rivolti al Signore"?

Come prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramento, mi preme ancora una volta ricordare che la celebrazione "versus orientem" è autorizzata dalle rubriche del messale poiché essa è di tradizione apostolica. E non c'è bisogno di un'autorizzazione particolare per celebrare così, popolo e prete, rivolti verso il Signore. Se materialmente non è possibile celebrare "ad orientem", bisogna necessariamente porre una croce sull'altare, ben in vista, come punto di riferimento per tutti. Il Cristo in croce è l'Oriente cristiano.


"SE DIO LO VUOLE, LA RIFORMA DELLA RIFORMA SI FARÀ" (par. 257)

Io rifiuto che si occupi il nostro tempo contrapponendo una liturgia a un'altra, o il rito di san Pio V a quello del beato Paolo VI. Ciò che conta è entrare nel grande silenzio della liturgia; bisogna lasciarsi arricchire da tutte le forme liturgiche latine od orientali che privilegiano il silenzio. Senza questo spirito contemplativo, la liturgia rimarrà un'occasione di lacerazioni piene d'odio e di scontri ideologici, invece di essere il luogo della nostra unità e della nostra comunione nel Signore. È questa l'ora grande di entrare in questo silenzio liturgico, rivolto verso il Signore, che il Concilio ha voluto restaurare.

Ciò che voglio dire ora non entra in contraddizione con la mia sottomissione e la mia obbedienza all'autorità suprema della Chiesa. Desidero profondamente e umilmente servire Dio, la Chiesa e il Santo Padre, con devozione, sincerità e attaccamento filiale. Ma ecco la mia speranza: se Dio lo vuole, quando lo vorrà e come lo vorrà, in liturgia, la riforma della riforma si farà. Nonostante lo stridore di denti, essa verrà, perché ne va dell'avvenire della Chiesa.

Rovinare la liturgia è rovinare il nostro rapporto con Dio e l'espressione concreta della nostra vita cristiana. La Parola di Dio e l'insegnamento dottrinale della Chiesa sono ancora ascoltati, ma le anime che desiderano volgersi verso Dio, offrirgli il vero sacrificio di lode e adorarlo, non sono più afferrate da liturgie troppo orizzontali, antropocentriche e festose, spesso simili ad eventi culturali rumorosi e banali. I media hanno totalmente invaso e trasformato in spettacolo il santo sacrifico della messa, memoriale della morte di Gesù sulla croce per la salvezza delle nostre anime. Il senso del mistero scompare sotto i cambiamenti, gli adattamenti permanenti, decisi in modo autonomo e individuale per sedurre le nostre mentalità moderne profanatrici, segnate da peccato, secolarismo, relativismo e rifiuto di Dio.

In molti paesi occidentali, vediamo i poveri abbandonare la Chiesa cattolica, poiché questa è stata presa d'assalto da persone male intenzionate che si atteggiano da intellettuali e che disprezzano i piccoli e i poveri. Ecco che cosa il Santo Padre deve denunciare con voce alta e forte. Perché una Chiesa senza i poveri non è più la Chiesa, ma un semplice "club". Oggi, in Occidente, quante chiese vuote, chiuse, demolite o trasformate in strutture profane nel disprezzo della loro sacralità e della loro destinazione originale. Tuttavia, so anche quanto sono numerosi i preti e i fedeli che vivono con una zelo straordinario la loro fede e si battono quotidianamente per preservare e abbellire le case di Dio.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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San Francesco dà istruzioni sulla sacra liturgia. Altro che pauperistico: a Dio il meglio e il più prezioso!

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http://www.ilcovile.it/scritti/COVILE_744_Papa_Francesco.pdf 

I calici non siano di materiale vile, ma prezioso (SanFrancesco d’Assisi).

A CURA DI ANDREA LONARDO
Fonte: www.gliscritti.it , 20 dicembre 2012.

SAN FRANCESCO D'ASSISI,
PRIMA LETTERA AI CUSTODI: FF 241.

2 Vi prego, più che se riguardasse mestesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e isanti nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo.

3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa.

4 E se in qualche luogo il santissimo corpo del Signore fosse collocato in modo troppo miserevole, secondo il comando della Chiesa venga da loro posto e custodito in un luogoprezioso, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione.

M SAN FRANCESCO D'ASSISI,
LETTERA A TUTTI I CHIERICI, I: FF 208A-209A.

Tutti coloro, poi, che amministrano così santi misteri, considerino tra sé, soprattutto chili amministra illecitamente, quanto siano vili i calici, i corporali e le tovaglie, dove si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui.

5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato in forma miseranda e ricevuto indegnamente e amministrato agli altri senza discrezione.
Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate con i piedi,

7 perché «l’uomo animale non comprende le cose di Dio».

8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si mette nelle nostre mani e noi lo tocchiamo e lo assumiamo ogni giorno con la nostra bocca?

9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani? Orsù, di tutte queste cose e delle altre,subito e con fermezza emendiamoci;

11 e dovunque il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo sarà stato collocato e abbandonato in modo illecito, sia rimosso da quel luogo e posto ecustodito in un luogo prezioso.

12 Ugualmente, dovunque i nomi e le parole scritte del Signore siano trovate in luoghi immondi, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.

13 Tutte queste cose, sino alla fine, tutti i chierici sono tenuti ad osservarle più diqualsiasi

altra cosa.

14 E quelli che non faranno questo, sappiano che dovranno renderne «ragione» davanti al Signore nostro Gesù Cristo «nel giorno del giudizio».

M SAN FRANCESCO D'ASSISI,TESTAMENTO: FF 113–114.

E questi e tutti gli altri [sacerdoti] voglio temere, amare e onorare come miei signori.

9 E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori.

10 E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

11 E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.

12 E i santissimi nomi e le parole di luiscritte, dovunque le troverò in luoghi indecenti, voglio raccoglierle, e prego che siano raccolte e collocate in luogo decoroso.


M TOMMASO DA CELANO,MEMORIALE (COMUNEMENTE DETTO VITA SECONDA), 201: FF 789.

Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero nelluogo più degno possibile il prezzo dellaredenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro.

M CONCILIO LATERANENSE IV, CANONE XIX.

Non vogliamo tollerare che alcuni chierici si servano delle chiese per depositare le suppellettili loro e di altri di modo che esseassomigliano più a case di laici che a delle basiliche di Dio. Essi dimenticano che il Signore non permetteva che un vaso venisse portato per il tempio. Altri non hanno per le loro chiese alcuna cura, permettono che i vasi sacri, i paramenti liturgici, le nappe dell'altare, e perfino i corporali, siano così sporchi che ad alcuni fanno ribrezzo.
Poiché, dunque, lo zelo della casa di Dio ci divora, proibiamo con ogni fermezza di depositare queste suppellettili nelle chiese, salvo che, in caso di incursioni nemiche, di incendi improvvisi, o di altre urgenti necessità, non si debba cercar rifugio in esse a condizione che passato il pericolo gli oggetti siano riportati alloro posto.

Comandiamo anche che i luoghi di culto, i vasi sacri, i corporali, le vesti cuiabbiamo accennato, siano conservati puliti. È infatti assurdo che si tolleri negli oggetti sacri tale sporcizia, che sarebbe vergognosa anche nelle cose profane.

M CONCILIO LATERANENSE IV, CANONE XX.

Ordiniamo che in tutte le chiese il crisma e l'Eucarestia debbano esser conservati scrupolosamente sotto chiave, perché nessuna mano temeraria possa impadronirsi di essi profanandoli con usi innominabili. Se il custode li abbandona, sia sospeso dall'ufficio per tre mesi; e seper la sua negligenza accadesse qualche cosa di abominevole,sia assoggettato ad una pena più grave.



 

La rivista dei Gesuiti contesta il cardinal Sarah e Papa Benedetto XVI sulla riforma della riforma liturgica. E cita Papa Francesco per il quale la Costituzione conciliare sulla liturgia deve continuare. Ma una eventuale “riforma della riforma” non sarebbe una revisione del Concilio, ma solo della riforma voluta dalla Commissione e promulgata da Paolo VI. Quindi non si contraddirebbe l’espressione di Papa Francesco. 

di Stefano Fontana

«La “riforma della riforma” è un errore». Il numero 3995 de “La Civiltà Cattolica”, con un articolo di Padre Cesare Giraudo, mette la parola fine a quanto Joseph Ratzinger, e più di recente, il Cardinale Robert Sarah, avevano auspicato. La frase che dà il titolo all’articolo è dello spesso Papa Francesco ed è contenuta in una conversazione con Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei gesuiti, ora pubblicata nel volume “Nei tuoi occhi la mia Parola. Omelie e discorsi di Buenos Aires (1999-2013)” (Rizzoli). Queste le parole del Papa: «Il Vaticano II e la Sacrosanctum concilium si devono portare avanti come sono. Parlare di “riforma della riforma” è un errore».

In una conferenza tenuta a Londa il 5 luglio 2016, il Cardinale Sarah, che poco prima disse di essere stato incaricato da Papa Francesco di prendere in mano il dossier sulla liturgia, espresse il proprio parere su un importante punto di una eventuale riforma, ossia l’orientamento dell’altare ad est in modo che tutti, celebrante e fedeli, si rivolgessero a Cristo Salvatore e non a guardarsi negli occhi reciprocamente. La cosa avrebbe richiesto di tornare ai “vecchi” altari. Il Cardinale aveva anche detto che si sarebbe potuto procedere poco a poco.

Ci si chiede: un simile ritorno al celebrante con le spalle rivolte al popolo vorrebbe dire una messa in questione della Sacrosanctum Concilium e del Vaticano II? Il Papa, nella frase sopra riportata dalla conversazione con Padre Spadaro, ha detto che bisogna portare avanti il Vaticano II e la Sacrosanctum concilium. Ora, il celebrante rivolto ad est è cosa che contrasta con questo impegno? Evidentemente no, perché nessuno al Concilio parlò di smantellare i vecchi altari e di costruirne di nuovi rivolti al popolo, nemmeno lo dice il testo della Costituzione sulla divina liturgia. Né il Cardinale Sarah, con la sua proposta, voleva certamente mettere in discussione il Concilio. In altre parole, si potrebbe chiedere, nel pieno rispetto dello spirito e della lettera del Concilio, che questa riforma della riforma fosse intrapresa. La riforma della riforma, secondo le parole del Papa, sarebbe un errore se mettesse in questione il Concilio, ma si deve considerare possibile una riforma della riforma in continuità con la costituzione conciliare sulla liturgia.

Non si può né si deve identificare tale Costituzione con la riforma postconciliare. Non si sovrappongono completamente, la Sacrosanctum Concilium ne sporge. Lo aveva detto, tra gli altri, il cardinale Koch: «Occorre distinguere tra la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium e la riforma liturgica attuata dopo il Concilio; e non deve essere oggetto di tabù la relazione che esiste tra esse» (nel libro “Il mistero del granello di senape”).

L’idea di cambiare posto all’altare e di mutare l’orientamento del celebrante fu non del Concilio ma della Commissione che fece la riforma. Una eventuale “riforma della riforma” non sarebbe una revisione del Concilio e della sua Costituzione sulla liturgia, ma solo della riforma voluta dalla Commissione e promulgata da Paolo VI. Quindi, se si desse il via a questa riforma della riforma non si contraddirebbe l’espressione di Papa Francesco riportata dalla rivista dei gesuiti.

Colpisce che nell’articolo di Padre Giraudo manchi qualsiasi riferimento a quanto detto sulla “riforma della riforma” dal Cardinale e poi Pontefice Joseph Ratzinger a più riprese, oggi consultabile nel volume dell’Opera Omnia dedicato alla teologia della liturgia. In un articolo che intende bocciare la riforma della riforma, il silenzio sull’autore dell’espressione stessa e delle maggiori argomentazioni a suo sostegno è quantomeno strano. Trattandosi, tra l’altro, del “Papa emerito”.

In sintesi si potrebbero riassumere così le posizioni di Ratzinger-Benedetto XVI: la riforma non doveva avere un intento primariamente pastorale come invece ha avuto; la riforma non doveva essere pensata a tavolino da esperti e professori ma nascere dalla vita della Chiesa; la riforma avrebbe avuto bisogno di molto più tempo. E questo senza nulla togliere né al Vaticano II né alla sua Costituzione apostolica, anzi richiamandosi proprio ad essi.

Il punto principale, in ordine all’articolo di Giraudo, è che per Ratzinger-Benedetto XVI la riforma della riforma non avrebbe dovuto imporsi dall’alto, ma nascere da un “nuovo movimento liturgico”. Come è sconveniente imporre dall’alto la sua realizzazione è anche sconveniente vietarla dall’alto. In questo senso è positivo che La Civiltà Cattolica inviti a non contrapporre tra loro Pio V e Paolo VI, ma forse il modo migliore per contrapporli è proprio porre la parola fine sulla prospettiva della riforma della riforma. Il motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum che ha nuovamente permesso la celebrazione secondo il vetus ordo non era una concessione ai nostalgici, ma la spinta ad una riforma della riforma tendente – se e quando Dio vorrà – ad una nuova unificazione liturgica. 

 




[Modificato da Caterina63 08/01/2017 18:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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18/05/2017 08:52
 
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Il cardinale Sarah con Benedetto XVI
 

«Con il cardinal Sarah la liturgia è in buone mani». Firmato: Benedetto XVI. Quello che a prima vista può sembrare un semplice atto di stima, è in realtà una vera e propria bomba. Significa infatti che il Papa emerito – pur nel suo stile discreto, con un commento a un libro - scende direttamente in campo a difesa del cardinale Robert Sarah che, come prefetto della Congregazione per il Culto divino, è stato ormai isolato dalle nuove nomine di papa Francesco.

di Riccardo Cascioli

«Con il cardinal Sarah la liturgia è in buone mani». Firmato: Benedetto XVI. Quello che a prima vista può sembrare un semplice atto di stima, è in realtà una vera e propria bomba. Significa infatti che il Papa emerito – pur con il suo stile discreto - scende direttamente in campo a difesa del cardinale Robert Sarah che, come prefetto della Congregazione per il Culto divino, è stato ormai isolato ed emarginato dalle nuove nomine di papa Francesco, e pubblicamente smentito nel suo indirizzo dallo stesso Papa.

Il clamoroso gesto di Benedetto XVI è arrivato sotto forma di post-fazione per un libro del cardinale Sarah, “La force du silence” (Il potere del silenzio), non ancora tradotto in italiano. Il testo di Benedetto XVI dovrebbe essere pubblicato sulle prossime edizioni del libro, ma è stato reso pubblico ieri sera dal sito americano First Things.

In esso Benedetto XVI elogia grandemente il libro del cardinale Sarah e Sarah stesso, definito «maestro spirituale, che parla dal profondo del silenzio con il Signore, espressione della sua unione interiore con Lui, e per questo ha da dire qualcosa a ciascuno di noi».

E alla fine della lettera si dice grato a papa Francesco per «aver nominato un tale maestro spirituale a capo della congregazione per la celebrazione della liturgia nella Chiesa». È una nota che sa più di blindatura che di vera gratitudine. Non è un mistero infatti che nel corso dell’ultimo anno il cardinal Sarah è stato via via esautorato di fatto, prima con la nomina dei membri della Congregazione che ha avuto l’esito di circondare Sarah di personaggi progressisti apertamente ostili alla “riforma della riforma” invocata da Benedetto XVI e che il cardinale guineano tentava di realizzare (clicca qui). Poi l’aperta sconfessione da parte del Papa a proposito della posizione degli altari (clicca qui e qui); quindi la nuova traduzione dei testi liturgici che sarebbe allo studio di una commissione creata a insaputa e contro il cardinale Sarah (clicca qui); infine le mosse per studiare una messa "ecumenica" bypassando la Congregazione stessa (clicca qui).

Si tratta di una deriva che colpisce al cuore lo stesso pontificato di Benedetto XVI che poneva la liturgia al centro della vita della Chiesa. E nel documento ora pubblicato, il Papa emerito rilancia un monito: «Così come per l’interpretazione della Sacra Scrittura, anche per la liturgia è vero che è necessaria una conoscenza specifica. Ma è anche vero della liturgia che la specializzazione può mancare l’essenziale a meno che non sia radicata in una profonda, interiore unione con la Chiesa orante, che sempre di nuovo impara dal Signore stesso cosa sia l’adorazione». Da qui l’affermazione finale che suona come un avvertimento: «Con il cardinale Sarah, maestro del silenzio e della preghiera interiore, la liturgia è in buone mani».

Questo intervento di Benedetto XVI, che cerca di blindare il cardinale Sarah e rimetterlo effettivamente a capo della Congregazione per la liturgia, è senza precedenti. E seppure la forma è quella di un “innocuo” commento a un libro, a nessuno può sfuggire il significato ecclesiale di tale mossa, che indica la preoccupazione del Papa emerito per quanto sta avvenendo nel cuore della Chiesa.

Benedetto XVI interviene ora sulla cosa che forse maggiormente ha caratterizzato il suo pontificato: «La crisi della Chiesa è una crisi della liturgia», ebbe modo di dire, e tale giudizio è stato rilanciato dal cardinale Sarah. Ma non bisogna dimenticare ciò che monsignor Georg Geinswein ha affermato in una recente intervista, in modo solo apparentemente innocente: rispondendo a una domanda sulla confusione che c’è nella Chiesa e alle divisioni che si sono create, disse che Benedetto XVI segue con attenzione tutto ciò che avviene nella Chiesa. E ora vediamo che comincia discretamente a muovere qualche passo.

 

ecco la traduzione integrale da Chiesapostconcilio

Con il Card. Sarah, la Liturgia è in buone mani
Benedetto XVI, papa emerito

Da quando ho letto le Lettere di sant'Ignazio di Antiochia nel 1950, mi ha particolarmente colpito un brano della sua Lettera agli Efesini: “Ѐ meglio tacere e essere [cristiani] che parlare e non esserlo. Insegnare è cosa ottima purché chi lo fa pratichi ciò che insegna. Uno solo è il Maestro che ha parlato e messo in pratica i suoi insegnamenti e anche ciò che ha fatto nel silenzio è degno del Padre. Solo chi ha fatto veramente sue le parole di Gesù è in grado di ascoltare anche il suo silenzio e quindi diventare perfetto, tanto da compiere le cose di cui parla e essere conosciuto per quelle che tace” (15, 1f.).

Che cosa significa: ascoltare il silenzio di Gesù e conoscerlo attraverso il suo silenzio? Sappiamo dai Vangeli che Gesù spesso trascorreva notti intere da solo “sul monte” in preghiera, in conversazione con il Padre. Sappiamo che i suoi discorsi, le sue parole, provenivano dal silenzio e potevano maturare solo lì. Quindi è ragionevole pensare che la sua parola possa essere compresa correttamente solo se anche noi entriamo nel suo silenzio, se impariamo ad ascoltarlo a partire dal suo silenzio.

Certamente, per poter interpretare le parole di Gesù, è necessaria la conoscenza storica, che ci insegna a comprendere il tempo e il linguaggio del tempo. Ma questo da solo non è sufficiente, se vogliamo davvero comprendere il messaggio del Signore in profondità. Chiunque oggi voglia leggere i commenti sempre più profondi sui Vangeli, alla fine rimane deluso. Impara molte cose utili sulla storia di quell'epoca e una quantità di ipotesi che non contribuiscono per nulla alla comprensione del testo. In definitiva si sente che in tutto quell'eccesso di parole manca qualcosa di essenziale: l'ingresso nel silenzio di Gesù, da cui nasce la sua parola. Se non sappiamo entrare in questo silenzio, ascolteremo sempre la superficie della parola e quindi non possiamo  realmente capire.

Mentre stavo leggendo il nuovo libro del Cardinale Robert Sarah, tutti questi pensieri mi sono di nuovo tornati in mente. Sarah ci insegna ad essere silenziosi con Gesù, vera quiete interiore, e proprio questo ci aiuta a comprendere la parola del Signore in modo nuovo. Naturalmente egli non parla quasi mai di se stesso, ma di quando in quando ci  fa cogliere uno scorcio della sua vita interiore.
In risposta alla domanda di Nicolas Diat, “Nella sua vita ha mai pensato che le parole stessero diventando troppo ingombranti, troppo pesanti, troppo rumorose?,” risponde: “Nella mia preghiera e nella mia vita interiore, ho sempre sentito il bisogno di un silenzio più profondo, più completo.... I giorni di solitudine, di silenzio e di digiuno assoluto sono stati di grande aiuto. Sono stati una grazia senza precedenti, una purificazione lenta, e un incontro personale con Dio.... I giorni di solitudine, di silenzio e di digiuno, nutriti unicamente dalla Parola di Dio, permettono all'uomo di fondare la sua vita su ciò che è essenziale”.

Queste linee rendono visibile la fonte da cui il cardinale vive e che dà alle sue parole profonda interiorità. Da questo punto di vista, si possono quindi vedere i pericoli che continuamente minacciano la vita spirituale, anche di sacerdoti e vescovi e che quindi mettono in pericolo la Chiesa stessa, nella quale non è infrequente che la Parola venga sostituita da una prolissità che ne diluisce la grandezza. Vorrei citare una sola frase che può diventare un esame di coscienza per ogni Vescovo: “Può capitare che un sacerdote buono e pio, una volta elevato alla dignità episcopale, cada rapidamente nella mediocrità e nella preoccupazione per il successo mondano. Sopraffatto dal peso dei doveri che incombono su di lui, preoccupato per il suo potere, la sua autorità, e le necessità materiali del suo ufficio, poco a poco finisce il carburante”.

Il cardinale Sarah è un maestro spirituale, che si esprime dalle profondità del silenzio con il Signore, dalla sua unione interiore con Lui, e così ha davvero qualcosa da dire a ciascuno di noi.

Dovremmo essere grati a Papa Francesco per aver nominato un maestro così spirituale come capo della congregazione che è responsabile della celebrazione della liturgia nella Chiesa. Ѐ vero che nella liturgia, come pure nell'interpretazione della Sacra Scrittura, è necessaria la conoscenza specializzata. Ma è anche vero, per quanto riguarda la liturgia, che la specializzazione, in ultima analisi, corre il rischio di tralasciare le cose essenziali se non è fondata su una profonda unione interiore con la Chiesa orante, che impara ogni giorno di nuovo dal Signore stesso ciò che è l'adorazione. Con il cardinale Sarah, come maestro di silenzio e di preghiera interiore, la liturgia è in buone mani.

Benedetto XVI, Città del Vaticano.
______________________
Questo saggio apparirà come post fazione nel prossimo libro del card. Robert Sarah The Power of Silence: Against the Dictatorship of Noise, pubblicato da Ignatius Press. (Edizione italiana: La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore, Cantagalli, maggio 2017, pag.400)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
 


[Modificato da Caterina63 18/05/2017 20:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/06/2017 09:08
 
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SARAH

Il card Roberto Sarah

 



Il Prefetto Sarah apre il convegno internazionale sulla liturgia e si toglie più di un sassolino: «L'arroganza e la violenza del linguaggio verso Benedetto XVI sono diabolici e coprono la Chiesa con un manto di tristezza e di vergogna. Queste persone demoliscono la Chiesa e la Sua profonda natura». 
Nel discorso chiede ancora la riforma della riforma e invita alla comunione in ginocchio e sulla bocca. Sull'esempio di Giovanni Paolo II e Madre Teresa. 

di Lorenzo Bertocchi

Con il discorso inaugurale tenuto ieri alle 17,30 dal cardinale Robert Sarah hanno preso avvio i lavori del convegno internazionale Sacra Liturgia, quattro giorni che vedono impegnati relatori da tutto il mondo. Quest'anno l'incontro si svolge a Milano e il discorso tenuto ieri nell'Aula magna dell'Università Cattolica dall'attuale prefetto della Congregazione per il Culto Divino era particolarmente atteso.

L'indirizzo di saluto di monsignor Dominique Rey, vescovo di Toulon, ha ricordato la postfazione che il papa emerito Benedetto XVI ha scritto all’edizione tedesca del libro di Sarah, La Forza del Silenzio. Come sappiamo questo breve testo di Joseph Ratzinger ha fatto perdere la bussola a qualche personaggio interessato al tema, che si è spinto in apprezzamenti pesanti nei confronti della persona di Benedetto XVI e del prefetto (vedi QUI).

«Prego devotamente», ha detto Sarah nell'avvio del suo discorso, «per coloro che hanno il tempo e la pazienza di leggere attentamente questo volume [La forza del silenzio, nda]: che Dio li aiuti a dimenticare la volgarità e la bassezza usate da alcune persone quando si riferiscono alla "Prefazione" e al suo autore, Papa Benedetto XVI. L'arroganza, la violenza del linguaggio, la mancanza di rispetto e il disprezzo inumano per Benedetto XVI sono diabolici e coprono la Chiesa con un manto di tristezza e di vergogna. Queste persone demoliscono la Chiesa e la Sua profonda natura. Il Cristiano non combatte contro nessuno. Il Cristiano non ha nemici da sconfiggere».

Poi l'intervento del cardinale si è sviluppato cercando di focalizzare il tema più volte espresso da Joseph Ratzinger sul fatto che la Chiesa si regge e cade sulla liturgia. Per comprendere questo ha richiamato l'attenzione su tre domande: Chi è Gesù Cristo?; Come conoscere Gesù Cristo?; Che cos'è un Cristiano?

NON SEPARARE IL CRISTO DELLA STORIA DAL CRISTO DELLA FEDE

Nella liturgia «non stiamo celebrando il "Gesù della storia", e nemmeno "il Cristo della fede". Riconosciamo umilmente il Cristo risorto come Dio, nostro Signore. Non viene demitizzato e allontanato da tutto ciò che riguarda la nostra fede: nonostante il valore accademico di questa separazione, non può essere considerata un’impresa legittima nel culto della Chiesa. Quando celebriamo la Sacra Liturgia, partecipiamo nell’adorazione del Cristo diventato uomo per la nostra salvezza, pienamente umano e pienamente divino». Perciò, ha sottolineato Sarah, «la liturgia non può diventare semplice celebrazione della fratellanza, ma deve diventare culto di Dio».

CRISTO SI INCONTRA NELLA CHIESA

Come Persona vivente il Cristo si incontra nella Chiesa. «Il nostro rapporto con Cristo parte dall’unica vera Chiesa che egli ha fondato per questo scopo. Come disse Papa Benedetto XVI: “Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa. Essa è il ‘suo Corpo”». Oggi, ha aggiunto, «questa realtà è negata, perchè si accoglie Gesù, ma non la Chiesa. L'incontro personale è un seme che non riesce a maturare e a produrre frutto da solo perchè ha bisogno di nutrirsi della vita della Chiesa». Quindi il cardinale ha fatto riferimento all'appello che Giovanni Paolo II fece a Sidney nel 1996, rivolgendosi ai battezzati: “Tornate a casa”. E' vero, infatti, che tanti battezzati si assentano dalla liturgia e questo viene considerato da Sarah come «un continuo e grave scandalo presente nella Chiesa che mette in pericolo la loro vita eterna. Se diciamo alla gente di tornare occorre essere sicuri che la Sacra liturgia sia fatta come vuole la Chiesa».

In riferimento alla cosiddetta “riforma della riforma”, il cardinale ha detto che «occorre considerare questa questione con urgenza. In alcuni ambienti c'è separazione tra “vecchio” e “nuovo” [rito, nda], questa opposizione non può continuare. La liturgia non può essere modificata ad ogni sviluppo ecclesiologico. La Chiesa prima e dopo il concilio non ha due identità separate».

ESSERE RIVOLTI A CRISTO

Il cardinale ha quindi richiamato alcune parole di Sant'Ambrogio rivolte al battezzato: “Ricorda le domande che ti sono state poste, ripensa alle risposte: tu ti volti verso oriente, perchè chi rinuncia a Satana guarda Cristo faccia a faccia” (De Mysterii). «Attraverso l’uso di una postura fisica comune di profondo significato accanto ai suoi fratelli, il neofita prende il suo posto come Cristiano nel culto della ecclesia. Ho parlato diverse volte sull’importanza di recuperare questo orientamento, di essere rivolti a Est durante la celebrazione della liturgia di oggi, e continuo a sostenere ciò che ho detto. Vorrei semplicemente notare che in queste parole di Sant’Ambrogio possiamo apprezzare il vero potere, la bellezza, e anche il significato quando guardiamo a est. Così siamo uniti nella Chiesa che si rivolge al Signore per adorarlo, per guardare Cristo “faccia a faccia”».

In definitiva, «un Cristiano è una persona che prende il suo giusto posto nell'assemblea liturgica della ecclesia, che prende da questa fonte la grazia e l'istruzione necessaria per la vita Cristiana. Queste persone iniziano a penetrare e quindi vivere sempre di più i profondi misteri trasmessi dalla Sacra Liturgia. Per ciò, partecipare nella Sacra Liturgia rimane essenziale per il Cristiano».

LA COMUNIONE IN BOCCA E IN GINOCCHIO

«Oggi vorrei espressamente proporre di riflettere e promuovere la bellezza, appropriatezza e il valore pastorale di una pratica sviluppata durante la lunga vita e tradizione della Chiesa, cioè l’atto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua mentre inginocchiati. Se San Paolo ci insegna che, “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fili 2:10), quanto più dobbiamo piegare le nostre ginocchia quando riceviamo il Signore nel sublime e intimo atto della Santa Comunione!».

Per riflettere su questo delicatissimo tema il cardinale ha proposto ai presenti l'esempio di due santi: Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. «L’Intera vita di Karol Wojtyla è stata segnata da un profondo rispetto per la Santa Eucarestia. (…) Oggi vi chiedo semplicemente di ripensare agli ultimi anni del suo ministero, un uomo segnato nel corpo dalla malattia, ma Giovanni Paolo II non si è mai seduto al cospetto dell’Eucarestia. Si è sempre imposto di inginocchiarsi. Aveva bisogno dell’aiuto di altri per piegare le ginocchia e poi alzarsi. Fino ai suoi ultimi giorni ha voluto darci una grande testimonianza di riverenza al Santissimo Sacramento».

Madre Teresa «sicuramente toccava quotidianamente il “corpo” di Cristo presente nei corpi rovinati dei più poveri. Tuttavia, con stupore e rispettosa venerazione, decise di non toccare il Corpo di Cristo transustanziato. Invece, lo adorava. Lo contemplava silenziosamente. Si inginocchiava e si prostrava di fronte a Gesù nell’Eucaristia. E la riceveva come un piccolo bambino umilmente nutrito dal suo Dio. Vedere Cristiani che ricevevano la Santa Comunione nelle loro mani la riempivano di tristezza e dolore. Ella stessa disse: “Quando entro nel mondo, la cosa che mi rattristisce di più è vedere la gente ricevere la Comunione nelle loro mani.”».

Sarah si è detto consapevole del fatto che «l'attuale legislazione contiene l'indulto di ricevere l'eucaristia in piedi e in mano, ma quella di riceverla in ginocchio e sulla lingua è la norma dei cattolici di rito latino».

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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