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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (5)

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2017 00:46
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30/11/2016 18:28
 
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Card. Sarah preoccupato per la confusione sulla dottrina della Chiesa



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SarahCome riporta il portale web in lingua tedesca kath.net, in un’intervista concessa al settimanale francese Homme Nouveau, il cardinale Robert Sarah esterna la propria preoccupazione per la grande confusione che regna nel mondo cattolico, persino tra i Vescovi, riguardo alla dottrina della Chiesa.


Il cardinale si sente chiamato in causa in qualità di Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, poiché l’attuale disorientamento coinvolge tre sacramenti: il Matrimonio, la Penitenza e l’Eucaristia. Secondo il cardinale, la confusione che viviamo attinge la sua linfa nella mancanza di formazione che riguarda purtroppo i suoi stessi confratelli nell’episcopato.


Sarah tiene a sottolineare che ogni Vescovo, se stesso in primis, è legato alla dottrina del matrimonio monogamico indissolubile, che Cristo ha riportato alla sua forma originaria e nel quale risiede il bene dell’uomo, della donna e dei figli.


Questa verità non può che avere delle conseguenze riguardo alla possibilità di accostarsi alla Santa Comunione: «La Chiesa intera ha sempre tenuto fermo sul fatto che non si può ricevere la Comunione quando si è consapevoli di aver commesso un peccato grave, principio che è stato confermato definitivamente dall’enciclica Ecclesia de Eucharistia di San Giovanni Paolo II». Ed il Cardinale Prefetto aggiunge: «Neanche un Papa può sciogliere da questa legge divina».






L'UMILTÀ DI PIETRO NELL'ACCETTARE I «DUBIA» E LA CORREZIONE DI PAOLO, SECONDO SANT'AGOSTINO

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Sant'Agostino, Esposizione sulla lettera ai Galati, 15

Dopo la sua venuta in Antiochia fu rimproverato da Paolo, ma la causa del rimprovero non fu perché egli si atteneva alle costumanze giudaiche, cioè del popolo nel quale era nato ed era stato educato, anche se poi non le rispettava quand’era fra i pagani.

Fu rimproverato perché tali costumanze egli voleva imporle ai pagani, a ciò indotto dalla presenza di alcuni, provenienti da Giacomo, cioè dalla Giudea e dalla Chiesa di Gerusalemme, presieduta da Giacomo. 

Costoro erano ancora convinti che la salvezza dipendesse dalle pratiche legali, e Pietro, impaurito dalla loro presenza, evitava di frequentare i pagani, mostrando con la sua ambiguità d’essere d’accordo nell’imporre ai pagani i pesi di quell’asservimento legalistico. Ciò appare abbastanza chiaramente dal rimprovero di Paolo. Non dice infatti: Se tu, che sei un giudeo, vivi alla maniera dei pagani, come fai a tornare alle costumanze giudaiche?, ma dice: Come fai a costringere i pagani a vivere da giudei?

L’avergli poi rivolto il rimprovero alla presenza di tutti è perché vi fu costretto dalla necessità. Dal suo rimprovero infatti doveva essere sanata l’intera comunità, e pertanto correggere in segreto un errore palesemente nocivo sarebbe stato del tutto inutile.

Da notarsi inoltre la maturità spirituale e il progresso nella carità raggiunti da Pietro, cui dal Signore era stato detto per tre volte: Mi ami tu? Pasci le mie pecore.

Per la salvezza del gregge egli seppe accettare volentieri un simile rimprovero, anche se a lui rivolto da un pastore di grado inferiore. E in effetti colui che veniva rimproverato desta più stupore e rimane più difficile a imitarsi che non colui che lo rimproverava. In realtà è abbastanza facile scorgere il difetto da correggere nell’altro e intervenire con parole di disapprovazione o di rimprovero perché si corregga. 

Correggere l’altro infatti è certamente più facile che non vedere in te stesso cosa tu abbia da correggere, e accettare di buon animo la correzione, anche se fatta da te stesso, peggio poi se te la faccia un altro, per di più inferiore, e te la faccia alla presenza di tutti. 

Il comportamento di Pietro ha pertanto valore come grande esempio di umiltà, che è il sommo dell’ascesi cristiana in quanto con l’umiltà si tutela la carità, mentre nulla più della superbia ha potere di demolirla. 

Per questo non disse il Signore: «Prendete il mio giogo e imparate da me, poiché io risuscito i morti da quattro giorni e li fo uscire dal sepolcro o perché scaccio dal corpo dell’uomo ogni sorta di demoni e guarisco tutte le malattie», e così di seguito; ma disse: Prendete il mio giogo e imparate da me che sono mite ed umile di cuore.



Quando Ratzinger predisse il futuro della Chiesa

In una trasmissione del 1969 alla radio tedesca

Quando Ratzinger predisse il futuro della Chiesa


Non fingeva di predire il futuro. Era fin troppo saggio per farlo. Di fatto, temperò le sue considerazioni iniziali dicendo:

“Dobbiamo quindi essere cauti nei nostri pronostici. Quello che ha detto Sant’Agostino è ancora vero: l’uomo è un abisso; nessuno può prevedere quello che uscirà da queste profondità. E chiunque creda che la Chiesa sia non solo determinata dall’abisso che è l’uomo, ma raggiunga l’abisso più grande, infinito, che è Dio, sarà il primo a esitare con le sue predizioni, perché questo ingenuo desiderio di sapere con certezza potrebbe essere solo l’annuncio della sua inettitudine storica”.

Ma quest’era, traboccante di pericolo esistenziale, cinismo politico e caparbietà morale, anelava a una risposta. La Chiesa cattolica, faro morale nelle acque turbolente del suo tempo, aveva sperimentato di recente alcuni cambiamenti sia tra i propri aderenti e che tra i dissenzienti, che si chiedevano cosa sarebbe diventata la Chiesa in futuro.

E così, in una trasmissione della radio tedesca del 1969, padre Joseph Ratzinger offrì la sua risposta accuratamente pensata. Ecco le sue considerazioni conclusive:

Il futuro della Chiesa può risiedere e risiederà in coloro le cui radici sono profonde e che vivono nella pienezza pura della loro fede. Non risiederà in coloro che non fanno altro che adattarsi al momento presente o in quelli che si limitano a criticare gli altri e assumono di essere metri di giudizio infallibili, né in coloro che prendono la strada più semplice, che eludono la passione della fede, dichiarandola falsa e obsoleta, tirannica e legalistica, tutto ciò che esige qualcosa dagli uomini, li ferisce e li obbliga a sacrificarsi.
Per dirla in modo più positivo: il futuro della Chiesa, ancora una volta come sempre, verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una realtà più ampia. La generosità, che rende gli uomini liberi, si raggiunge solo attraverso la pazienza di piccoli atti quotidiani di negazione di sé.
Con questa passione quotidiana, che rivela all’uomo in quanti modi è schiavizzato dal suo ego, da questa passione quotidiana e solo da questa, gli occhi umani vengono aperti lentamente. L’uomo vede solo nella misura di quello che ha vissuto e sofferto. Se oggi non siamo più molto capaci di diventare consapevoli di Dio, è perché troviamo molto semplice evadere, sfuggire alle profondità del nostro essere attraverso il senso narcotico di questo o quel piacere. In questo modo, le nostre profondità interiori ci rimangono precluse. Se è vero che un uomo può vedere solo col cuore, allora quanto siamo ciechi!
In che modo tutto questo influisce sul problema che stiamo esaminando? Significa che tutto il parlare di coloro che profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede sono solo chiacchiere vane. Non abbiamo bisogno di una Chiesa che celebra il culto dell’azione nelle preghiere politiche. È del tutto superfluo. E quindi si distruggerà. Ciò che rimarrà sarà la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede nel Dio che è diventato uomo e ci promette la vita dopo la morte. Il tipo di sacerdote che non è altro che un operatore sociale può essere sostituito dallo psicoterapeuta e da altri specialisti, ma il sacerdote che non è uno specialista, che non sta sugli spalti a guardare il gioco, a dare consigli ufficiali, ma si mette in nome di Dio a disposizione dell’uomo, che lo accompagna nei suoi dolori, nelle sue gioie, nelle sue speranze e nelle sue paure, un sacerdote di questo tipo sarà sicuramente necessario in futuro.

Facciamo un altro passo. Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali. Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l’assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo.
Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza.
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo.
Il processo sarà lungo e faticoso, come lo è stata la strada dal falso progressismo alla vigilia della Rivoluzione Francese – quando un vescovo poteva essere ritenuto furbo se si prendeva gioco dei dogmi e insinuava addirittura che l’esistenza di Dio non fosse affatto certa – al rinnovamento del XIX secolo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto.
A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”.  

La Chiesa cattolica sopravvivrà nonostante uomini e donne, non necessariamente a causa loro, e comunque abbiamo ancora la nostra parte da fare. Dobbiamo pregare e coltivare la generosità, la negazione di sé, la fedeltà, la devozione sacramentale e una vita centrata in Cristo.

Nel 2009 Ignatius Press ha diffuso il discorso di padre Joseph Ratzinger in un libro intitolato Faith and the Future.








[Modificato da Caterina63 01/12/2016 13:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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