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L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 3

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2018 11:51
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22/11/2016 22:32
 
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  Sì Amici, apriamo una terza pagina dedicata all'Esame della coscienza perchè il successo è stato notevole, due thread per un totale di oltre ventuno-mila visite in due anni... è evidente che l'argomento interessa, e di questo servizio rendiamo gloria e grazie a Dio che ci Ama immensamente.

Siamo entrati nell'anno del Centenario di Fatima... coraggio allora, frequentiamo di più il Confessionale. Del resto se per curare e guarire il corpo non ci facciamo mancare le visite specialistiche dei Medici, ecco che per la nostra Anima abbiamo Medici inviati da Gesù Cristo.....


Qui i primi due thread: 
L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 1

L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 2






  Il Sacerdote, ed anche esorcista, Don Matteo De Meo, ha pubblicato una intelligentissima e saggia risposta alle aberrazioni e contorte descrizioni mediatiche sulla Lettera del Papa... tutti i giornali a titolare: "il Papa assolve l'aborto!..." ma è davvero così? NO! se vi sta a cuore la verità, leggete queste riflessioni, vi supplichiamo NON LEGGETE I MEDIA!   

ABORTO NON PIU’ PECCATO ?

"Assolvete medici e donne che abortiscono", così Scalfaro su Repubblica, con la sua nota ambiguità, pronto come sempre a denigrare la Chiesa e la sua dottrina, divulga la lettera apostolica del Pontefice "Misericordia et misera" sull’ assoluzione del peccato di Aborto. Ma si ricredano Scalfaro Bonino e compagnia cantando!
Il Pontefice afferma nella Lettera : 

“. In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. 
Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. 
Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione. “ 


Il Pontefice ha ribadito con forza: l’aborto è un peccato grave!, A chi se ne macchia in forma diretta e indiretta se risulta pentito e pronto a riconciliarsi nella penitenza sia accordato il perdono. Ma questa è la prassi di sempre della Chiesa. Certo non c’è peccato che possa ostacolare la divina misericordia di fronte al PENTIMENTO. Pertanto solo una grave e colpevole ignoranza può far pensare che il Pontefice affermi che l’aborto non sia più un peccato grave o peggio ancora che ordini di concedere assoluzioni senza il necessario pentimento, la qualcosa tra l’altro invaliderebbe anche la sacramentale confessione!

Allora cosa cambia rispetto a prima?.
 

Permettetemi di ribadire sinteticamente cosa stabilisce la Chiesa in merito fino ad oggi!

1.Vi sono dei peccati che i sacerdoti normali non possono assolvere e per i quali è necessario ricorrere ad un penitenziere maggiore. Questo perché sono peccati che hanno come pena la scomunica latae sententiae
Il motivo è soprattutto medicinale. Non dimentichiamoci che la scomunica nella Chiesa ha questo valore! Come del resto anche per diagnosticare e curare determinate malattie si ricorre ad un medico specialista, così in qualche modo avviene anche nella confessione sacramentale.

2. Secondo il Codice di Diritto canonico vi è un solo peccato riservato al vescovo ed è l’assoluzione dall’aborto.
Il Vescovo tuttavia, all’interno della sua diocesi, può riservarsi l’assoluzione di qualche altro peccato.
Per farsi assolvere dai peccati riservati al Vescovo si ricorre al canonico penitenziere che si trova in ogni Chiesa Cattedrale e anche in altre Chiese collegiate.

3. In particolare per l’aborto la scomunica, riservata al vescovo, tocca la madre, il medico, l’infermiere, il mandante (can. 1398).
È una pena severa (latae sententiae) e “colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato: con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza” (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae 62).

Per l’aborto possono dare l’assoluzione anche altri sacerdoti facoltizzati dal Diritto canonico (Vicario generale) o personalmente dal Vescovo.
Inoltre, per antico privilegio, mai revocato, possono assolvere dall'aborto anche i sacerdoti religiosi degli ordini mendicanti (francescani, domenicani...).

Rispetto a ciò cosa cambia con la lettera del Pontefice?

1 Il papa ribadisce tutta la gravità del peccato. E in ciò non può non riflettere il contenuto morale del canone sopracitato. 

2.E' falso quanti cercano di far credere che ad oggi il peccato d’aborto non poteva essere perdonato in quanto le disposizioni canoniche riguardano proprio la modalità dell’assoluzione al peccatore pentito che viene concessa di fronte al reale pentimento.

3.Cambia la modalità con cui l’assoluzione viene concessa nella sua forma “medicinale”. Mentre prima per la forma di scomunica era riservata al vescovo o a sacerdoti con incarico evidenziandone l’aspetto della gravità, ora tutti i sacerdoti ricevono facoltà di assolvere, accertato il reale pentimento e fermo restando tutta la gravità del peccato.

Le intenzioni del Pontefice sono quelle di una agevolazione nel ricevere l’assoluzione in maniera più diretta con il confessore che sta amministrando il sacramento. Infatti è questo sacerdote che deve, dice il Pontefice, assumersi la responsabilità, di guidare il penitente a riconoscere pienamente il male fatto e a gioire della misericordia di Dio per il perdono concesso.

Infine lascio ai canonisti discutere sulla forma con cui esso dovrebbe essere ora regolato dal Diritto qualora tale decisione del Pontefice dovesse richiederne una diversa!

Certo ora dovremo attenderci sicuramente quanto già successo con la massoneria. Ovvero, quando nel nuovo codice di diritto canonico si tolse la forma della scomunica latae sententiae per i cattolici che ne facevano parte, dovette intervenire la Congregazione par la Dottrina della Fede a ribadire con un atto ufficiale che nonostante tutto l’appartenenza alla massoneria continuava ad essere incompatibile con la fede cattolica e che poneva in uno stato di peccato grave il cattolico che ne volesse far parte escudendolo quindi dalla comunione sacramentale. Pertanto pur non usando più il concetto di scomunica, il contenuto veniva di fatto trattenuto.

Vorrei infine solo ribadire, soprattutto a coloro che mi hanno contattato chiedendomi confusi e inquietati se l aborto fosse ancora da ritenersi un peccato grave: l’aborto era, è, e resterà un gravissimo peccato! Un peccato fra i più abominevoli agli occhi di Dio. 

Concedere a tutti i sacerdoti tale facoltà impone loro una ulteriore responsabilità.Una responsabilità certo molto grave per il singolo sacerdote! Ora deve essere lui, giovane o anziano, con esperienza o meno e soprattutto confidando nelle sue giuste disposizioni e nello stato di grazia a valutare e discernere con serietà, verità e carità le intenzioni del penitente; e accertato il pentimento, come d’altronde per ogni peccato, può e deve concedere l’assoluzione sacramentale. 

In questo caso(aborto) deve inoltre guidare direttamente il penitente ad una maggiore consapevolezza attraverso un cammino penitenziale di riconciliazione con Dio e di ringraziamento per la sua infinita misericordia. Inoltre a noi sacerdoti tocca ora vigilare che nessuna intenzione o tentazione di sdoganamento della gravità di tale peccato sia penetrata nelle intenzioni del penitente e in genere nel popolo di Dio.

Il signore non vuole la morte del peccatore MA CHE SI CONVERTA E VIVA.

Don Matteo De Meo

 



Papa Francesco
 

È sicuramente quella che avrà l'effetto più risonante tra le disposizioni contenute nella Lettera apostolica Misericordia et misera. Ma la possibilità per ogni prete di assolvere donne, medici, politici dal peccato di aborto non significa che l'aborto sia ora meno grave. Papa Francesco lo spiega nella Lettera, ma nei media è già partita la strumentalizzazione.

di Claudio Crescimanno

Tra le disposizioni contenute nella Lettera apostolica Misericordia et Misera, pubblicata il 21 novembre, quella che avrà l’effetto più risonante è certamente l’estensione in modo stabile a tutti i confessori della possibilità di assolvere il peccato di aborto procurato e contemporaneamente di rimettere la scomunica latæ sententiæ ad esso legata.

Il provvedimento, infatti, era già stato preso all’inizio del Giubileo straordinario, un anno fa, come misura altrettanto straordinaria, per favorire il ricorso più ampio possibile di tutti i fedeli al sacramento della confessione e favorire così quella generale purificazione dalle colpe del popolo cristiano, che è il senso ultimo di ogni Anno santo. Ora questa concessione viene estesa ad ogni sacerdote che confessa. Il cambiamento è molto importante: vediamo dunque di capirne meglio la portata con l’aiuto di qualche domanda e relativa risposta, speriamo, chiarificatrice.

1) Fino ad un anno fa il peccato di aborto non veniva assolto?
Ovviamente sì, veniva assolto, è logico. Non c’è colpa per quanto grave, che non possa essere perdonata, quando colui che la confessa è sinceramente pentito, pronto a correggersi e disposto a compiere una penitenza proporzionata.

Però comportava delle restrizioni. Per semplificare, poniamo il caso di colui o colei che (sino ad un anno fa) si presentava al confessionale e, tra le altre cose, si riconosceva colpevole di aver compiuto un aborto. Precisiamo che il peccato coinvolge a pieno titolo sia la donna che lo ha compiuto, sia i familiari che l’hanno incitata ad esso, sia il personale medico che ha cooperato direttamente alla sua realizzazione, sia i politici che lo promuovono.

A questo punto il confessore non poteva che ricordare a questa persona la gravità del peccato commesso (o favorito) e delle sue conseguenze, tra le quali il fatto di essere incorsa nella scomunica. Doveva inoltre – eccoci al punto – spiegarle che per essere assolta da questo peccato e contemporaneamente essere sciolta dalla scomunica annessa doveva rivolgersi ad alcuni sacerdoti autorizzati: il vescovo diocesano, il suo vicario generale, il canonico penitenziere della cattedrale e altri ancora incaricati ad hoc. Il ricorso ad uno di questi sacerdoti poteva essere fatto in due modi: o il penitente andava personalmente al più presto da uno di questi sacerdoti e ripeteva la confessione; oppure il confessore lasciava in sospeso la confessione in corso, ricorreva lui stesso ad una delle figure sopra elencate (naturalmente fatto salvo il segreto circa l’identità del penitente in questione) e, ricevuta l’autorizzazione, invitava il penitente a tornare per impartirgli l’assoluzione con relativa remissione della scomunica.

È evidente che questo procedimento rendeva più laborioso ricevere l’assoluzione di questo peccato. Ma questo non significa in alcun modo che si volesse porre ostacoli al perdono: molti anni prima che ci fosse un giubileo intitolato alla misericordia di Dio, già il Catechismo della Chiesa Cattolica assicurava che, ponendo delle regole per l’assoluzione di questa colpa, “la Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. (Ma piuttosto) essa mette in evidenza così la gravità del crimine commesso” (n. 2272)

2) Perché era stata posta la necessità di ricorrere a sacerdoti appositamente incaricati? Forse perché la scomunica rende più grave il peccato?

Il delitto dell’aborto procurato è un peccato mortale e nulla può rendere un peccato mortale più grave di quanto già sia. Il peccato mortale è la cosa più grave in assoluto sulla faccia della terra e oltre ad esso non c’è nulla.

Sarebbe poi assurdo che la Chiesa intervenisse per rendere più grave una cosa già mortalmente grave! Il compito della Chiesa è combattere il peccato non certo ‘aggravarlo’. 

Il senso di una censura ecclesiastica, dunque, non è quello di peggiorare una situazione di peccato, ammesso e non concesso che sia peggiorabile; il senso è, al contrario, quello di rendere più evidente la gravità di un peccato in modo da mettere in guardia coloro che non lo valutano adeguatamente per ciò che è.

3) Allora perché l’Autorità della Chiesa aggiunge la scomunica?

La scomunica è un’aggravante non sul peccato, ma sul peccatore, in quanto gli manifesta la gravità di ciò che ha fatto, e non solo per la sua personale vita morale, ma anche per la comunità: la scomunica, come dice la parola stessa, è la pena per l’impatto che il peccato commesso ha non solo sui singoli, ma sul corpo ecclesiale e sociale. Infatti “l'aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori … ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà” (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitæ, n. 59).

Perché infatti l’Autorità della Chiesa avrebbe legato l’aggravante della scomunica ad alcuni peccati mortali e non a tutti, e in particolare al delitto dell’aborto, se non per questo motivo? Perché esso porta con sé dei fattori di particolare impatto sociale.

Vediamoli brevemente:

- un peccato diviene particolarmente grave quando colpisce un innocente perché, oltre al danno recato, è anche un atto di ingiustizia, poiché qualunque azione contro un innocente è immeritata; così pure è particolarmente grave quando colpisce un debole perché è anche un atto di prevaricazione, poiché il debole non può difendersi. Ora, è evidente che l’ingiustizia e la prevaricazione sono fattori fortemente destabilizzanti per la struttura della comunità umana; ed è altrettanto evidente che nessun crimine ha per vittima un soggetto più innocente e indifeso di un bambino nel grembo della madre. Dunque l’aborto costituisce un disordine sociale gravissimo. Ecco perché Madre Teresa di Calcutta poteva dire in tutta verità che il più grande nemico della pace nel mondo è l’aborto! (cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitæ, III).

- Il pericolo che gli uomini sottovalutino la gravità di un peccato è tanto più grande nella misura in cui sono numerosi e autorevoli coloro che minimizzano tale gravità. Ora, nel caso dell’aborto è lo Stato stesso, cioè la massima fonte di autorevolezza sociale, che ha dichiarato l’aborto addirittura legittimo. Dunque è evidente che una tale azione pubblica di contrapposizione alla legge di Dio deve essere sanzionata nel modo più forte possibile dall’Autorità della Chiesa, che infatti ha comminato la pena ecclesiastica più grave, a tutela della verità divina e della dignità della persona.

- L’aborto ha evidentemente come effetto primario l’uccisione di un innocente, ma ha un effetto ugualmente devastante sulla comunità nel quale si compie: la vita della madre è segnata per sempre, il rapporto di coppia e la vita coniugale, già in atto o in prospettiva di realizzazione, ne viene sconvolta, tutto l’ambiente di vita, dei partenti e degli amici, ne subisce un contraccolpo. Dunque, insieme al bambino non nato, è la famiglia, comunità base della Chiesa e della società, la ‘vittima’ dell’aborto, ed è anche per tutelare questo immenso valore che viene comminata la scomunica. 

 

4) Quali potrebbero essere gli effetti di questo cambiamento normativo?

Dopo tutto ciò che abbiamo detto, risulta chiaro qual è il motivo per cui al delitto di aborto è legata la scomunica e il perché la remissione della scomunica non era ‘facilitata’. Dopo le disposizioni contenute in Misericordia et Misera non viene modificata la legge canonica e quindi la scomunica legata all’aborto resta, ma non è più necessario ricorrere ad un confessore ‘speciale’ e qualunque sacerdote può assolverlo.

Indubbiamente questa nuova prassi potrà facilitare, come ci auguriamo, l’avvicinamento al confessionale di coloro che si convertono dopo questo orribile peccato.

D’altra parte speriamo vivamente che non diventi oggetto di strumentalizzazione da parte delle lobby abortiste e dei guru della mentalità dominante che approfittano di tutto pur di far apparire meno dura la condanna inappellabile della Chiesa, che è l’unica voce fuori dal coro rimasta. Purtroppo sappiamo bene che nella manipolazione dei media facilmente ciò che anche solo indirettamente viene meno sanzionato, significa che, anche per la Chiesa, è diventato meno grave, e se è meno grave alla fin fine vuol dire che si può fare. Occorrerà dunque moltiplicare la vigilanza perché i fedeli non cadano in questa trappola.

 

MERCOLEDÌ 30 NOVEMBRE 2016 da cantualeantonianum

Un contributo di Giovanni Paolo II al dibattito su comunione ai divorziati risposati

Nel 1981 era stata pubblicata da Giovanni Paolo II la grande Esortazione Apostolica post-sinodale sulla Famiglia, una delle tappe miliari del suo pontificato: la "Familiaris Consortio".
A pochi anni di distanza, nel dicembre del 1984, San Giovanni Paolo II, a seguito di un altro Sinodo, stavolta sulla Penitenza e la riconciliazione, dà alle stampe la "Reconciliatio et Paenitentia". 
Anche in quest'ultima Esortazione il Santo Padre non tralascia di affrontare alcuni casi "più delicati"- così scrive - che riguardano le persone in quelle situazioni che non permettono l'accesso ai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. 
Possiamo leggere con quanta bontà eppure con quale schietta parresia il Pontefice polacco sapeva coniugare Verità e Misericordia, il principio della compassione e il principio della coerenza, per cui la chiesa mai può "chiamare bene il male e male il bene".
Non vogliamo che il suo magistero si perda proprio adesso che, canonizzato il Papa, viene combattuto il suo pensiero che è il pensiero della Chiesa riguardo alle "condizioni richieste" per l'accesso ai sacramenti, condizioni ben chiarite e ribadite fin da Familiaris Consortio 84.
La parola più importante è: "FINCHÉ". Il Papa non esclude nessuno dalla Misericordia di Dio, ma i Sacramenti, di cui la Chiesa ha solo l'amministrazione e non il possesso, richiedono delle condizioni oggettive e delle disposizioni minime. Non correre - fa capire il Papa - finché non ci sono le condizioni richieste dare i sacramenti sarebbe una menzogna contro la verità, come chiudere per sempre le porte della possibile riconciliazione sarebbe negare la divina bontà. Non si può fare nessuna delle due cose. Ma finché c'è vita c'è speranza di riconciliazione piena e di cambiamento.
Un principio fondamentale della Teologia cattolica è quello di leggere il magistero successivo sempre e solo alla luce della Parola di Dio e del magistero precedente, divenuto "Tradizione". Se paiono in contraddizione si deve chiedere una spiegazione. E a volte si dovrà pretenderla.

Dall'Esortazione Apostolica Reconciliatio et Paenitentia, num. 34 di S.Giovanni Paolo II:

Alcuni casi più delicati


Ritengo di dover fare a questo punto un accenno, sia pur brevissimo, a un caso pastorale che il Sinodo ha voluto trattare - per quanto gli era possibile farlo -, contemplandolo anche in una delle «Propositiones». Mi riferisco a certe situazioni, oggi non infrequenti, in cui vengono a trovarsi cristiani desiderosi di continuare la pratica religiosa sacramentale, ma che ne sono impediti dalla condizione personale in contrasto con gli impegni liberamente assunti davanti a Dio e alla Chiesa. Sono situazioni che appaiono particolarmente delicate e quasi inestricabili.
 
Non pochi interventi nel corso del Sinodo, esprimendo il pensiero generale dei padri, hanno messo in luce la coesistenza e il mutuo influsso di due principi, egualmente importanti, in merito a questi casi. Il primo è il principio della compassione e della misericordia, secondo il quale la Chiesa, continuatrice nella storia della presenza e dell'opera di Cristo, non volendo la morte del peccatore ma che si converta e viva, attenta a non spezzare la canna incrinata e a non spegnere il lucignolo che fumiga ancora, cerca sempre di offrire, per quanto le è possibile, la via del ritorno a Dio e della riconciliazione con lui. L'altro è il principio della verità e della coerenzaper cui la Chiesa non accetta di chiamare bene il male e male il bene. Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell'eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste.
 
Circa questa materia, che affligge profondamente anche il nostro cuore di pastori, è sembrato mio preciso dovere dire parole chiare nell'esortazione apostolica «Familiaris Consortio», per quanto riguarda il caso di divorziati risposati, o comunque di cristiani che convivono irregolarmente.
 
Al tempo stesso, sento il vivo dovere di esortare, insieme col Sinodo, le comunità ecclesiali e, soprattutto, i vescovi a portare ogni aiuto possibile ai sacerdoti, che, venendo meno ai gravi impegni assunti nell'ordinazione si trovano in situazioni irregolari. Nessuno di questi fratelli deve sentirsi abbandonato dalla Chiesa. Per tutti coloro che non si trovano attualmente nelle condizioni oggettive richieste dal sacramento della penitenza, le dimostrazioni di materna bontà da parte della Chiesa, il sostegno di atti di pietà diversi da quelli sacramentali, lo sforzo sincero di mantenersi in contatto col Signore, la partecipazione alla santa messa, la ripetizione frequente di atti di fede, di speranza, di carità, di dolore il più possibile perfetti, potranno preparare il cammino per una piena riconciliazione nell'ora che solo la Provvidenza conosce.


[Modificato da Caterina63 05/09/2018 11:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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