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L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 3

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2018 11:51
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Sesso: Femminile
27/04/2017 20:59
 
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  riflessione provocatoria


Perché non possiamo dirci cattolici

Non possiamo dirci cattolici perché i cattolici non contano niente.
Sì, lo so, non è una scusa. Ma è la realtà. Chi se li fila ancora, i cattolici? Non sono specie protetta, anzi, sono la sola specie che è possibile cacciare impunemente. Provate a toccare una qualsiasi minoranza di pervertiti, di stranieri, di lavoratori di qualche nicchia. I coltivatori di rucola e i sodomizzatori di capre possono trovare la loro sponda in Parlamento, la loro manifestazione, il loro articolo sul giornale che sancisca il loro sacrosanto diritto a qualche legge favorevole. L’indignazione, se qualcuno osa andare loro contro. I cattolici no. Guai se parlano.
Ogni cosa loro sostengano sarà inseguita e distrutta, nello sforzo corale di distruggere il cattolicesimo stesso. Di cancellarne ogni vestigia, così che non sia più possibile essere legalmente cattolici. Essere facilmente cattolici. Essere impunemente cattolici.

Con il plauso, l’approvazione o l’indifferenza di coloro che un tempo erano cattolici; e magari lo sono ancora, ma non lo dicono più. Perché non possono dirsi cattolici.

Così assisto allibito alla esaltazione, da parte di coloro che un tempo si chiamavano cattolici, delle peggiore castronerie contro il cristianesimo. Contro il suo popolo. Contro la famiglia. Contro le persone. Contro la vita.
Adempiendo forse al precetto evangelico di amare i propri nemici, e andando forse ancora più in là, adorandoli pure.
E tali nemici ne approfittano. Come talvolta c’è chi abusa di chi lo ama. Disfacendosene quando è ridotto ad un guscio vuoto, a niente. Perché niente gli importa. A questo siamo. Ad abbracciare il male non per tirarlo verso il bene, ma perché non lo sappiamo più distinguere dal bene.
Come possiamo trasmettere il fascino di ciò che non ci affascina? Spiegare ciò che non abbiamo capito? Invitare a credere in ciò in cui non crediamo?

Abbiamo dato ascolto a troppe bugie, rendendocene conto solo dopo; ed alla bugia successiva abbiamo dato ascolto ancora, dicendoci che questa volta sarebbe stato diverso. Ogni volta. Pecore senza discernimento in mano a pastori confusi.
Sì, è questo il nostro peccato più grande. Il solo grande peccato. Credere a tutto tranne che in ciò in cui dovremmo credere davvero. Essendo cattolici.

                                                   
Non credere più a Cristo. Non sapere più cosa ha detto. Non sapere più cosa dice. O, pur sapendolo, non fidandocene. Non credendoci veramente.
No, Signore, non andiamo a Gerusalemme. Là ci ammazzeranno.
Se ci andiamo non possiamo dirci cristiani. Non possiamo dirci cattolici. Ci farebbero del male. Non crederebbero a quello che diciamo.
E allora rinnegheremo. Non ci diremo più cattolici. Il gallo canterà, ma noi non piangeremo.
Quando Lui ci chiederà se lo amiamo, cosa risponderemo?

Un sacerdote risponde

Provo un grande rancore verso mia madre perché ha abortito e mi ha negato di vivere con mio fratello

Quesito

Caro Padre Angelo,
non sono italiana, sono polacca, ma spero comunque di riuscire ad esprimermi. Il mio problema che mi accompagna per tutta la mia vita da adulta, e' l'aborto fatto da mia madre due anni della mia nascita. L'avevo sempre saputo che c'era stato qualcuno prima di me - l'avevo sentito come un vuoto. Soffro tantissimo per questa cosa, Padre Angelo, e veramente non riesco a calmarmi. Anche perche' mia madre, pur avermelo detto, non mi ha mai chiesto perdono. Anzi, quando me l'ha confessato, ha detto che tanto ormai non avrebbe avuto nessun significato per me nel senso che io non avrei rimesso niente per quella cosa. E quanto sbagliava. Sono passati piu' di trent'anni da quando me l'ha detto e io ci penso tutti i giorni, anzi, piu' volte al giorno. La mia tragedia e' che non riesco a perdonarla, ne' lei ne' mio padre, anche se loro non mi chiedono neanche il perdono. Secondo loro non sia un problema che mi riguardi. Invece non e' cosi'. Sono "figlia unica" anche se sembra grottesco in questo contesto, e come tale ho sempre avuto l'unica responsabita' di soddisfare le loro aspettative. E poi, perche' non hanno ammazzato pure me? Sarei stata piu' felice con mia sorella nel Cielo, che con loro in terra. Veramente provo un grande rancore verso mia madre soprattutto, perche' e' donna. Per mio padre invece mi dispiace e nei suoi confronti provo, piuttosto, compassione. In questa mia tragica situazione non posso neanche parlare con un sacerdote, non posso andare a confessarmi, perche' sono due volte divorziata e ancora risposata. Ho cinque figli - tutti fantastici -  che ho cresciuto quasi senza aiuto di nessuno. Sono il mio orgoglio e la mia gioia piu' grande. Pero' devo anche ammettere che il modello di vita che ho scelto e' forse una specie di opporsi contro la scelta di mia madre. Mia madre poi ora frequenta la chiesa tutti i giorni e si crede quasi l'ambasciatore di Dio e ci costringe tutti psicologicamente a seguirla - mi dica Lei, con che faccia lo fa? Non si vergogna davanti a me e a mio fratello abortito? Per cortesia, mi dia qualche consiglio perche' il mio dolore invece di passare col tempo, sta crescendo ogni giorno di piu'.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. in genere quando si pensa alle donne che hanno abortito la mente vola alla loro sofferenza interiore.
Questa è la mia esperienza di confessionale. Nessuna donna che ha abortito riesce a perdonarsi di quello cha ha fatto, anche se io le dico che deve essere certa del perdono di Dio.
C’è dunque e senza dubbio la loro sofferenza.
Ma c’è anche la sofferenza di fratelli o sorelle dei bambini abortiti quando questi vengono a sapere che la loro mamma ha volontariamente abortito.
Sentono che è stato fatto loro un torto perché è stato loro negato un fratello cui avevano diritto perché era già vivo e l’hanno soppresso prima della nascita.
Questo è il motivo per cui tu senti che tua madre avrebbe dovuto chiedere perdono anche a te.

2. Tua madre ha sbagliato sia nell’abortire sia nel dirlo anche a te.
Sarebbe stato sufficiente che l’avesse detto solo al confessore.
Ormai te l’ha detto e così senza saperlo, oltre a devastare se stessa, ha devastato anche te che sei portata ad avere sentimenti non buoni verso di lei.
Ma il rancore non ti serve a nulla. Anzi, ti è dannoso perché non attira la benevolenza di Dio, di cui hai bisogno in particolare per i cinque figli che il Signore ti ha voluto dare e di cui giustamente sei fiera.

3. Pertanto ti esorto a perdonare tua madre, anche perché pure tu hai bisogno del perdono di Dio, della sua continua misericordia e benedizione. Ne hai bisogno in particolare per la tua famiglia. Mi dici infatti che sei due volte divorziata ed attualmente sei sposata con un terzo e pertanto nell’impossibilità di poterti confessare e ricevere la Santa Comunione.
Cerca di attingere la grazia che attualmente non ti può essere data con i Sacramenti attraverso altre strade.
La prima è quella del perdono.
Ogni volta che ti assale il pensiero di quello che tua madre ha fatto, perdonala di cuore e prega per lei. 
Così attiri subito su di te e sulla tua famiglia la benevolenza di Dio.

4. Mi dici che questo rancore, anziché allentarsi col tempo, s’ingrandisce sempre più.
Cogli la tentazione che si riaffaccia di continuo come un’occasione per ribadire e moltiplicare il tuo perdono e il tuo merito.
Così anche del peccato che tua madre ha commesso puoi dire: dove è abbondato il peccato lì è sovrabbondata la grazia.

5. Questo perdono è un atto di carità.
E tu sai che per un  atto di carità Dio perdona tanti peccati.
Lo ha ricordato anche Papa Francesco in Amoris laetitia quando a proposito di coloro che vivono in una situazione irregolare dice: “Davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis (la via della carità). La carità fraterna è la prima legge dei cristiani (cfr Gv 15,12; Gal 5,14)” (AL 306).

6. Ebbene, la carità fraterna si esprime col perdono, con il dimenticare, con il buon tratto verso tutti, proprio come dice San Paolo: “la carità non manca di rispetto, (…) non si adira, non tiene conto del male ricevuto, (…). Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,5.7). 
Vale per tutti e in particolare per quanti non possono accedere ai sacramenti quanto Amoris laetitia dice: “Non dimentichiamo la promessa delle Scritture: «Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8)” (Ib.).

7. Il Papa riprende poi una bella affermazione di sant’Agostino: “Come dunque se fossimo in pericolo per un incendio correremmo per prima cosa in cerca dell’acqua, con cui poter spegnere l’incendio, (…) ugualmente, se qualche fiamma di peccato si è sprigionata dal fieno delle nostre passioni e perciò siamo scossi, rallegriamoci dell’opportunità che ci viene data di fare un’opera di vera misericordiacome se ci fosse offerta la fontana da cui prender l’acqua per spegnere l’incendio che si era acceso” (De catechizandis rudibus (I,14,22).

8. Forse il Signore permette al tuo avversario di ripresentarti di continuo davanti alla mente il peccato di tua madre perché tu non smetta mai di attingere a questa fonte di perdono, di grazia e di benedizione per te e per i tuoi figli.
Sfrutta dunque l’occasione.
Ti accorgerai ben presto che le tentazioni del demonio se vengono superate con le armi che il Signore ci presenta sono un’occasione di grazia e di crescita nella via della santificazione.

Ti ricordo volentieri nella preghiera insieme a tutti i tuoi figli e ti benedico. 
Padre Angelo



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   ATTENZIONE, ANCHE I SACERDOTI DEVONO CONFESSARSI....

Il mio parroco ha cambiato la formula durante la Consacrazione. La comunione era ancora valida? Ovvio che "NO!" non è valida, ma cerchiamo di capire il perché....



 Un lettore ci chiede: «Ammettiamo che il prete cambi la formula per la transustanziazione. L’ostia è divenuta lo stesso il Corpo di Cristo?»

Don Enrico Finotti, direttore della rivista “Culmen et fons” premette: «L’uomo comunica con gli altri attraverso la persona, il gesto e la parola, in modo che la persona spieghi con la parola il senso preciso dei suoi gesti».

«L’eterno Padre – prosegue il liturgista – comunica con noi nello stesso modo, inviandoci, nella pienezza dei tempi, il Suo Figlio divino, il Verbo incarnato, che, incontrandosi personalmente con gli uomini, compie i suoi gesti salvifici, illuminandoli con la potenza della sua parola mirabile ed efficace».

LA MISSIONE DELLA CHIESA

La Chiesa, «obbediente al comando del Salvatore», evidenzia Finotti, «attualizza nei secoli l’opera della nostra Redenzione, mediante la persona dei suoi ministri, che, agendo in persona Christi capitis, compiono, in modo sacramentale, i medesimi gesti del Signore e pronunziano le Sue stesse parole per la realizzazione efficace, qui ed ora, dei suoi Misteri (Sacrificio e Sacramenti)».

MINISTRO, MATERIA E FORMA

La teologia, «in perfetta coerenza con questo processo», denomina «i tre elementi intrinsecamente cooperanti – persona, gesto e parola – con i termini tecnici di ministro, materia e forma».

Nel caso specifico dell’Eucaristia, sottolinea il liturgista, «la sua celebrazione valida esige il ministro idoneo (il sacerdote validamente ordinato), la materia autentica (il pane e il vino), la forma stabilita (le parole stesse del Signore)».

QUANDO LA CELEBRAZIONE E’ ILLECITA

L’omissione o l’alterazione sostanziale di uno di questi tre elementi necessari (intrinseci e indissolubili) «provoca l’invalidità del sacramento, ossia la sua inesistenza fin dal principio. Mentre, la loro attuazione in modalità e condizioni difformi dalle leggi liturgiche della Chiesa rende la celebrazione illecita».

LE PAROLE DI GESU’

La Chiesa Cattolica ha dichiarato che «la forma necessaria per realizzare il Sacrificio sacramentale – sottolinea il liturgista – é costituita dalle medesime parole pronunziate dal Signore sul pane e sul calice, così come sono attestate dalla costante tradizione liturgica della Chiesa e contenute nelle Preci eucaristiche approvate».

LA FORMULA CONSACRATORIA

Finotti evidenzia la «formula consacratoria» stabilita nel vigente Messale Romano:

(forma ordinaria)

(sul pane)  Accipite et manducate ex hoc omnes:

hoc est enim Corpus meum,

quod pro vobis tradétur.

(sul calice) Accipite et bibite ex eo omnes:

hic est enim calix Sanguinis mei,

novi ed aeterni testamenti,

qui pro vobis et pro multis effundetur

in remissionem peccatorum.

Hoc facite in meam commemorationem.

(forma extraordinaria)

(sul pane)         Hoc est enim Corpus meum.

(sul calice) Hic est enim calix Sanguinis mei,

novi ed aeterni testamenti:

mysterium fidei:

qui pro vobis et pro multis effundetur

in remissionem peccatorum.

LA LEZIONE DEL CONCILIO

«Il monito conciliare – … assolutamente nessuno, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica (SC 22), se riguarda ogni rito liturgico e ciascuna sua parte, vale in modo del tutto speciale (stricte) per la forma della Consacrazione eucaristica e per quella di ognuno degli altri Sacramenti».

NESSUNA MODIFICA

A nessuno è quindi lecito aggiungere, togliere o mutare, conclude il liturgista, «alcunché delle parole con le quali l’autorità della Chiesa, in coerenza con la tradizione perenne, ha stabilito di voler realizzare sacramentalmente il mistero (“transustanziazione”) del Corpo e Sangue del Signore nell’atto stesso del Suo Sacrificio incruento».

 


[Modificato da Caterina63 26/09/2017 13:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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