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Testo ufficiale Misericordia et Misera oltre il Giubileo

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2016 08:58
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23/11/2016 10:25
 
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  Il Sacerdote, ed anche esorcista, Don Matteo De Meo, ha pubblicato una intelligentissima e saggia risposta alle aberrazioni e contorte descrizioni mediatiche sulla Lettera del Papa... tutti i giornali a titolare: "il Papa assolve l'aborto!..." ma è davvero così? NO! se vi sta a cuore la verità, leggete queste riflessioni, vi supplichiamo NON LEGGETE I MEDIA!   

ABORTO NON PIU’ PECCATO ?

"Assolvete medici e donne che abortiscono", così Scalfaro su Repubblica, con la sua nota ambiguità, pronto come sempre a denigrare la Chiesa e la sua dottrina, divulga la lettera apostolica del Pontefice "Misericordia et misera" sull’ assoluzione del peccato di Aborto. Ma si ricredano Scalfaro Bonino e compagnia cantando!
Il Pontefice afferma nella Lettera : 

“. In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. 
Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. 
Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione. “ 


Il Pontefice ha ribadito con forza: l’aborto è un peccato grave!, A chi se ne macchia in forma diretta e indiretta se risulta pentito e pronto a riconciliarsi nella penitenza sia accordato il perdono. Ma questa è la prassi di sempre della Chiesa. Certo non c’è peccato che possa ostacolare la divina misericordia di fronte al PENTIMENTO. Pertanto solo una grave e colpevole ignoranza può far pensare che il Pontefice affermi che l’aborto non sia più un peccato grave o peggio ancora che ordini di concedere assoluzioni senza il necessario pentimento, la qualcosa tra l’altro invaliderebbe anche la sacramentale confessione!

Allora cosa cambia rispetto a prima?.
 

Permettetemi di ribadire sinteticamente cosa stabilisce la Chiesa in merito fino ad oggi!

1.Vi sono dei peccati che i sacerdoti normali non possono assolvere e per i quali è necessario ricorrere ad un penitenziere maggiore. Questo perché sono peccati che hanno come pena la scomunica latae sententiae
Il motivo è soprattutto medicinale. Non dimentichiamoci che la scomunica nella Chiesa ha questo valore! Come del resto anche per diagnosticare e curare determinate malattie si ricorre ad un medico specialista, così in qualche modo avviene anche nella confessione sacramentale.

2. Secondo il Codice di Diritto canonico vi è un solo peccato riservato al vescovo ed è l’assoluzione dall’aborto.
Il Vescovo tuttavia, all’interno della sua diocesi, può riservarsi l’assoluzione di qualche altro peccato.
Per farsi assolvere dai peccati riservati al Vescovo si ricorre al canonico penitenziere che si trova in ogni Chiesa Cattedrale e anche in altre Chiese collegiate.

3. In particolare per l’aborto la scomunica, riservata al vescovo, tocca la madre, il medico, l’infermiere, il mandante (can. 1398).
È una pena severa (latae sententiae) e “colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato: con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza” (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae 62).

Per l’aborto possono dare l’assoluzione anche altri sacerdoti facoltizzati dal Diritto canonico (Vicario generale) o personalmente dal Vescovo.
Inoltre, per antico privilegio, mai revocato, possono assolvere dall'aborto anche i sacerdoti religiosi degli ordini mendicanti (francescani, domenicani...).

Rispetto a ciò cosa cambia con la lettera del Pontefice?

1 Il papa ribadisce tutta la gravità del peccato. E in ciò non può non riflettere il contenuto morale del canone sopracitato. 

2.E' falso quanti cercano di far credere che ad oggi il peccato d’aborto non poteva essere perdonato in quanto le disposizioni canoniche riguardano proprio la modalità dell’assoluzione al peccatore pentito che viene concessa di fronte al reale pentimento.

3.Cambia la modalità con cui l’assoluzione viene concessa nella sua forma “medicinale”. Mentre prima per la forma di scomunica era riservata al vescovo o a sacerdoti con incarico evidenziandone l’aspetto della gravità, ora tutti i sacerdoti ricevono facoltà di assolvere, accertato il reale pentimento e fermo restando tutta la gravità del peccato.

Le intenzioni del Pontefice sono quelle di una agevolazione nel ricevere l’assoluzione in maniera più diretta con il confessore che sta amministrando il sacramento. Infatti è questo sacerdote che deve, dice il Pontefice, assumersi la responsabilità, di guidare il penitente a riconoscere pienamente il male fatto e a gioire della misericordia di Dio per il perdono concesso.

Infine lascio ai canonisti discutere sulla forma con cui esso dovrebbe essere ora regolato dal Diritto qualora tale decisione del Pontefice dovesse richiederne una diversa!

Certo ora dovremo attenderci sicuramente quanto già successo con la massoneria. Ovvero, quando nel nuovo codice di diritto canonico si tolse la forma della scomunica latae sententiae per i cattolici che ne facevano parte, dovette intervenire la Congregazione par la Dottrina della Fede a ribadire con un atto ufficiale che nonostante tutto l’appartenenza alla massoneria continuava ad essere incompatibile con la fede cattolica e che poneva in uno stato di peccato grave il cattolico che ne volesse far parte escudendolo quindi dalla comunione sacramentale. Pertanto pur non usando più il concetto di scomunica, il contenuto veniva di fatto trattenuto.

Vorrei infine solo ribadire, soprattutto a coloro che mi hanno contattato chiedendomi confusi e inquietati se l aborto fosse ancora da ritenersi un peccato grave: l’aborto era, è, e resterà un gravissimo peccato! Un peccato fra i più abominevoli agli occhi di Dio. 

Concedere a tutti i sacerdoti tale facoltà impone loro una ulteriore responsabilità.Una responsabilità certo molto grave per il singolo sacerdote! Ora deve essere lui, giovane o anziano, con esperienza o meno e soprattutto confidando nelle sue giuste disposizioni e nello stato di grazia a valutare e discernere con serietà, verità e carità le intenzioni del penitente; e accertato il pentimento, come d’altronde per ogni peccato, può e deve concedere l’assoluzione sacramentale. 

In questo caso(aborto) deve inoltre guidare direttamente il penitente ad una maggiore consapevolezza attraverso un cammino penitenziale di riconciliazione con Dio e di ringraziamento per la sua infinita misericordia. Inoltre a noi sacerdoti tocca ora vigilare che nessuna intenzione o tentazione di sdoganamento della gravità di tale peccato sia penetrata nelle intenzioni del penitente e in genere nel popolo di Dio.

Il signore non vuole la morte del peccatore MA CHE SI CONVERTA E VIVA.

Don Matteo De Meo

 


Papa Francesco
 

È sicuramente quella che avrà l'effetto più risonante tra le disposizioni contenute nella Lettera apostolica Misericordia et misera. Ma la possibilità per ogni prete di assolvere donne, medici, politici dal peccato di aborto non significa che l'aborto sia ora meno grave. Papa Francesco lo spiega nella Lettera, ma nei media è già partita la strumentalizzazione.

di Claudio Crescimanno

Tra le disposizioni contenute nella Lettera apostolica Misericordia et Misera, pubblicata il 21 novembre, quella che avrà l’effetto più risonante è certamente l’estensione in modo stabile a tutti i confessori della possibilità di assolvere il peccato di aborto procurato e contemporaneamente di rimettere la scomunica latæ sententiæ ad esso legata.

Il provvedimento, infatti, era già stato preso all’inizio del Giubileo straordinario, un anno fa, come misura altrettanto straordinaria, per favorire il ricorso più ampio possibile di tutti i fedeli al sacramento della confessione e favorire così quella generale purificazione dalle colpe del popolo cristiano, che è il senso ultimo di ogni Anno santo. Ora questa concessione viene estesa ad ogni sacerdote che confessa. Il cambiamento è molto importante: vediamo dunque di capirne meglio la portata con l’aiuto di qualche domanda e relativa risposta, speriamo, chiarificatrice.

1) Fino ad un anno fa il peccato di aborto non veniva assolto?
Ovviamente sì, veniva assolto, è logico. Non c’è colpa per quanto grave, che non possa essere perdonata, quando colui che la confessa è sinceramente pentito, pronto a correggersi e disposto a compiere una penitenza proporzionata.

Però comportava delle restrizioni. Per semplificare, poniamo il caso di colui o colei che (sino ad un anno fa) si presentava al confessionale e, tra le altre cose, si riconosceva colpevole di aver compiuto un aborto. Precisiamo che il peccato coinvolge a pieno titolo sia la donna che lo ha compiuto, sia i familiari che l’hanno incitata ad esso, sia il personale medico che ha cooperato direttamente alla sua realizzazione, sia i politici che lo promuovono.

A questo punto il confessore non poteva che ricordare a questa persona la gravità del peccato commesso (o favorito) e delle sue conseguenze, tra le quali il fatto di essere incorsa nella scomunica. Doveva inoltre – eccoci al punto – spiegarle che per essere assolta da questo peccato e contemporaneamente essere sciolta dalla scomunica annessa doveva rivolgersi ad alcuni sacerdoti autorizzati: il vescovo diocesano, il suo vicario generale, il canonico penitenziere della cattedrale e altri ancora incaricati ad hoc. Il ricorso ad uno di questi sacerdoti poteva essere fatto in due modi: o il penitente andava personalmente al più presto da uno di questi sacerdoti e ripeteva la confessione; oppure il confessore lasciava in sospeso la confessione in corso, ricorreva lui stesso ad una delle figure sopra elencate (naturalmente fatto salvo il segreto circa l’identità del penitente in questione) e, ricevuta l’autorizzazione, invitava il penitente a tornare per impartirgli l’assoluzione con relativa remissione della scomunica.

È evidente che questo procedimento rendeva più laborioso ricevere l’assoluzione di questo peccato. Ma questo non significa in alcun modo che si volesse porre ostacoli al perdono: molti anni prima che ci fosse un giubileo intitolato alla misericordia di Dio, già il Catechismo della Chiesa Cattolica assicurava che, ponendo delle regole per l’assoluzione di questa colpa, “la Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. (Ma piuttosto) essa mette in evidenza così la gravità del crimine commesso” (n. 2272)

2) Perché era stata posta la necessità di ricorrere a sacerdoti appositamente incaricati? Forse perché la scomunica rende più grave il peccato?

Il delitto dell’aborto procurato è un peccato mortale e nulla può rendere un peccato mortale più grave di quanto già sia. Il peccato mortale è la cosa più grave in assoluto sulla faccia della terra e oltre ad esso non c’è nulla.

Sarebbe poi assurdo che la Chiesa intervenisse per rendere più grave una cosa già mortalmente grave! Il compito della Chiesa è combattere il peccato non certo ‘aggravarlo’. 

Il senso di una censura ecclesiastica, dunque, non è quello di peggiorare una situazione di peccato, ammesso e non concesso che sia peggiorabile; il senso è, al contrario, quello di rendere più evidente la gravità di un peccato in modo da mettere in guardia coloro che non lo valutano adeguatamente per ciò che è.

3) Allora perché l’Autorità della Chiesa aggiunge la scomunica?

La scomunica è un’aggravante non sul peccato, ma sul peccatore, in quanto gli manifesta la gravità di ciò che ha fatto, e non solo per la sua personale vita morale, ma anche per la comunità: la scomunica, come dice la parola stessa, è la pena per l’impatto che il peccato commesso ha non solo sui singoli, ma sul corpo ecclesiale e sociale. Infatti “l'aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori … ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà” (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitæ, n. 59).

Perché infatti l’Autorità della Chiesa avrebbe legato l’aggravante della scomunica ad alcuni peccati mortali e non a tutti, e in particolare al delitto dell’aborto, se non per questo motivo? Perché esso porta con sé dei fattori di particolare impatto sociale.

Vediamoli brevemente:

- un peccato diviene particolarmente grave quando colpisce un innocente perché, oltre al danno recato, è anche un atto di ingiustizia, poiché qualunque azione contro un innocente è immeritata; così pure è particolarmente grave quando colpisce un debole perché è anche un atto di prevaricazione, poiché il debole non può difendersi. Ora, è evidente che l’ingiustizia e la prevaricazione sono fattori fortemente destabilizzanti per la struttura della comunità umana; ed è altrettanto evidente che nessun crimine ha per vittima un soggetto più innocente e indifeso di un bambino nel grembo della madre. Dunque l’aborto costituisce un disordine sociale gravissimo. Ecco perché Madre Teresa di Calcutta poteva dire in tutta verità che il più grande nemico della pace nel mondo è l’aborto! (cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitæ, III).

- Il pericolo che gli uomini sottovalutino la gravità di un peccato è tanto più grande nella misura in cui sono numerosi e autorevoli coloro che minimizzano tale gravità. Ora, nel caso dell’aborto è lo Stato stesso, cioè la massima fonte di autorevolezza sociale, che ha dichiarato l’aborto addirittura legittimo. Dunque è evidente che una tale azione pubblica di contrapposizione alla legge di Dio deve essere sanzionata nel modo più forte possibile dall’Autorità della Chiesa, che infatti ha comminato la pena ecclesiastica più grave, a tutela della verità divina e della dignità della persona.

- L’aborto ha evidentemente come effetto primario l’uccisione di un innocente, ma ha un effetto ugualmente devastante sulla comunità nel quale si compie: la vita della madre è segnata per sempre, il rapporto di coppia e la vita coniugale, già in atto o in prospettiva di realizzazione, ne viene sconvolta, tutto l’ambiente di vita, dei partenti e degli amici, ne subisce un contraccolpo. Dunque, insieme al bambino non nato, è la famiglia, comunità base della Chiesa e della società, la ‘vittima’ dell’aborto, ed è anche per tutelare questo immenso valore che viene comminata la scomunica. 

 

4) Quali potrebbero essere gli effetti di questo cambiamento normativo?

Dopo tutto ciò che abbiamo detto, risulta chiaro qual è il motivo per cui al delitto di aborto è legata la scomunica e il perché la remissione della scomunica non era ‘facilitata’. Dopo le disposizioni contenute in Misericordia et Misera non viene modificata la legge canonica e quindi la scomunica legata all’aborto resta, ma non è più necessario ricorrere ad un confessore ‘speciale’ e qualunque sacerdote può assolverlo.

Indubbiamente questa nuova prassi potrà facilitare, come ci auguriamo, l’avvicinamento al confessionale di coloro che si convertono dopo questo orribile peccato.

D’altra parte speriamo vivamente che non diventi oggetto di strumentalizzazione da parte delle lobby abortiste e dei guru della mentalità dominante che approfittano di tutto pur di far apparire meno dura la condanna inappellabile della Chiesa, che è l’unica voce fuori dal coro rimasta. Purtroppo sappiamo bene che nella manipolazione dei media facilmente ciò che anche solo indirettamente viene meno sanzionato, significa che, anche per la Chiesa, è diventato meno grave, e se è meno grave alla fin fine vuol dire che si può fare. Occorrerà dunque moltiplicare la vigilanza perché i fedeli non cadano in questa trappola.

 


- UNA MOSSA CHE SPIAZZA I LEFEVRIANI, di L. Bertocchi

Confessarsi dai sacerdoti della Fraternità S. Pio X, la comunità sacerdotale fondata nel 1970 da monsignor Marcel Lefebvre, non darà più problemi di validità e liceità dell'assoluzione sacramentale. Così ha stabilito papa Francesco nella sua lettera apostolica Misericordia et miseria, presentata ieri a conclusione dell'anno giubilare. 

Questa è una delle principali novità del documento, un aspetto interessante soprattutto nelle logiche dei rapporti tra la Fraternità e il Vaticano, rapporti ad elastico che vanno avanti da oltre 40 anni. Mons. Lefebvre dopo il Concilio ebbe la volontà di non allinearsi con la Chiesa conciliare, opponendosi soprattutto alla riforma liturgica e, più in generale, a quella che riteneva una diffusa corruzione delle idee, della disciplina e delle istituzioni. La sua posizione lo condusse fino alla scomunica al momento della ordinazione di quattro vescovi nel 1988.

Benedetto XVI, nel  2009, revocò la scomunica in cui i quattro vescovi erano incorsi per il semplice fatto di essere stati ordinati senza l'approvazione del Vaticano, e diede vita ad una serie di dialoghi dottrinali con la Fraternità per tentare una piena riconciliazione in seno alla Chiesa. Quell'accordo non arrivò mai, perché alla fine la Fraternità ritenne di non poter firmare l'accordo dottrinale che gli era stato proposto. 

La Fraternità S. Pio X non ha una posizione canonica nella Chiesa, scriveva Benedetto XVI nella lettera ai vescovi a seguito delle polemiche suscitate dalla rimozione della scomunica, e finché «non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa». 

Ma Francesco sembra procedere in modo diverso rispetto a Ratzinger. Il papa argentino, ritenuto agli antipodi delle posizioni teologiche della Fraternità, ha tentato una via all'accordo decisamente più pragmatica: senza troppe questioni dottrinali e offrendo concretamente la possibilità di una prelatura simile a quella dell'Opus Dei. Ma le resistenze all'interno della Fraternità sono importanti. 

Con questa decisione il Papa sembra andare oltre anche alla questione canonica. La Chiesa, infatti, per la validità della confessione richiede la liceità, ossia i sacerdoti devono avere il mandato. Secondo il canone 969 del codice questo mandato viene normalmente conferito dall'Ordinario del luogo, ma la Fraternità al momento non è un ordinariato, né una prelatura, né hanno una diocesi. Si crea così una situazione anomala, che non può che essere in vista di qualcosa di più, sebbene la motivazione indicata dal Papa appaia squisitamente di carattere pastorale: «Per il bene pastorale di questi fedeli», ha scritto. Che ora si vedono assicurata dalla Chiesa la “validità” delle assoluzioni ricevute nel sacramento amministrato dai sacerdoti della S. Pio X. 

D'altra parte la decisione del Papa sembra indicare ancora una volta la volontà di arrivare ad una soluzione pragmatica della situazione. Difficile però pensare che si possa arrivare a breve alla prelatura; la situazione, dicono, è di stallo; con la Fraternità che teme spaccature interne importanti nel caso si vada all'accordo con Francesco. 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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