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Omelie del Papa da Santa Marta Anno fine 2016 anno 2017-2018 (6)

Ultimo Aggiornamento: 16/03/2018 17:40
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08/03/2018 20:07
 
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Meditazioni Quotidiane 2018





 

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA 
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Faccia a faccia con Dio

Giovedì, 15 marzo 2018

 

(da: www.osservatoreromano.va)

Quante volte accade che a un cristiano venga chiesto: “Prega per me”? E quante volte ci si impegna a farlo, consapevoli di cosa ciò davvero significhi? Per mettersi di fronte a Dio, «faccia a faccia» con Lui, per «bussare al suo cuore» ci vogliono, infatti, grande «coraggio» e altrettanta «pazienza». E una «libertà» interiore che non si può dare per scontata. È quanto ha sottolineato Papa Francesco, durante l’omelia della messa celebrata a Santa Marta giovedì 15 marzo, prendendo spunto dalla prima lettura del giorno (Esodo 32, 7-14).

Il Pontefice ha ripercorso con grande attenzione, punto per punto il brano biblico nel quale viene presentato un «dialogo fra Dio e Mosè» che discutono di «un problema che Mosè doveva risolvere»: il fatto cioè che il popolo di Israele si fosse costruito un vitello d’oro per adorarlo. Ha sottolineato il Papa: «Il Signore era un po’ impaziente: si è adirato contro il suo popolo e alla fine ha detto: “Ma tu stai tranquillo, questo lo risolvo io, perché il tuo popolo si è pervertito. E questo popolo è un popolo dalla dura cervice”, dice il Signore. “Ora, lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione”». Ci si trova quindi di fronte a una posizione dura del Signore che «vuole risolvere questo problema della apostasia del popolo».

Francesco ha fatto notare che innanzitutto Mosè è colpito dalle «due proposte» di Dio: «Distruggerò il popolo: ma tu stai tranquillo. Di te, invece, farò una grande nazione». Una situazione per lui assolutamente particolare. A tale riguardo il Pontefice, per facilitare la comprensione ha suggerito un esempio tratto dalla «vita quotidiana». Può infatti accadere che «a un dirigente, a una persona che ha responsabilità in un’impresa, in un governo, in una ditta», di fronte a una situazione negativa venga prospettata la punizione per molti, e che questo immaginario dirigente accetti in cambio di qualcosa per se stesso («Ma va bene: quanto è per me?»). È, ha spiegato il Papa, la «logica della tangente», lasciar fare qualcosa pur di avere un tornaconto.

Nel dialogo con Mosè, il Signore gli propone un’alternativa: «Lasciamo fare questo e a te pago con questo: ti farò capo di un grande popolo!». Utilizzando un’iperbole, Francesco ha detto: «...quasi un tangente!», per sottolineare la presa di posizione spiazzante per Mosè che, però, ha una reazione illuminante. Quest’ultimo infatti, ha evidenziato il Pontefice, «amava il Signore: dice la Bibbia che parlava faccia a faccia, come un uomo con il suo amico». E ha sottolineato quanto sia «bello sentire questo!» perché fa comprendere che egli «aveva libertà davanti al Signore». Una libertà che gli consente di «reagire»: egli infatti «supplicò» Dio, fece cioè «una preghiera di intercessione».

Proprio su questo tipo di preghiera si è soffermato il Papa, consapevole che la preghiera «per gli altri, non è facile farla. E ha spiegato che a chi chiede «Per favore, preghi per me che ho questo...», non si può promettere preghiera e risolvere il tutto con «un Padre Nostro e un’Ave Maria» e poi dimenticarsi. «No: se tu dici che vai a pregare per l’altro, la preghiera di intercessione ti coinvolge, come Mosè è coinvolto con il suo popolo». Addirittura Mosè con coraggio — ma, ha detto Francesco, «ci vuole coraggio, eh? Ma la preghiera di intercessione richiede coraggio! Dire in faccia a Dio le cose...» — «rinfresca la memoria a Dio» e obbietta: «Signore, ascolta un po’: si accenderà la tua ira contro il tuo popolo... Tu, che lo hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente»; e gli dice: «Ma Tu hai fatto tutto questo, e adesso distruggerai tutto quello che tu hai fatto? Ma, Signore, non va, questo!».

Va innanzitutto notato come Mosè porti delle «argomentazioni». Francesco ha così sintetizzato il discorso fatto al Signore: «Pensa alla brutta figura che Tu farai: perché dovranno dire gli egiziani: “Con malizia li hai fatti uscire per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra?”», e ancora: «Ma Tu sei il Dio della bontà e farai una brutta figura davanti agli egiziani... Eh no, Signore, questo non va!». E cerca di convincerlo. Poi insiste: «Desisti, Signore, dall’ardore della tua ira; abbandona questo proposito di fare del male al Tuo popolo». Ovvero: «Non fare questa brutta figura: ricordati che sei stato Tu a liberare il popolo». E, come se avesse «paura che le argomentazioni non fossero sufficienti», aggiunge: «Signore, anche ricordati: ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, Tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso, hai detto “renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutta questa terra di cui ho parlato la darò ai discendenti e la possederanno per sempre”. Ricordati di questo!».

Mosé, ha spiegato il Pontefice, si «appella alla memoria di Dio» e, è importante notarlo, si «coinvolge». Tanto che — è narrato in un altro passo dell’Esodo (32, 32) — dice: «E alla fine, Signore, se Tu vuoi cancellare questo popolo dalla terra, cancella anche me».

Proprio questa è la caratteristica della «preghiera di intercessione: una preghiera che argomenta», che ha il coraggio di dire le cose «in faccia al Signore»; una preghiera che è «paziente». Infatti, ha aggiunto il Papa, «ci vuole pazienza: noi non possiamo promettere a qualcuno di pregare per lui e poi finire la cosa con un Padre Nostro e un’Ave Maria e andarcene. No. Se tu dici di pregare per un altro, devi andare per questa strada. E ci vuole pazienza». Si tratta della «stessa pazienza della cananea»: la donna può infatti anche «sentirsi insultata da Gesù», ma «va avanti, lei vuole arrivare a quello e va avanti». Ed è la stessa pazienza insistente della donna che «che andava dal giudice iniquo e un giorno il giudice si stancò e disse: “Ma a me non importa niente di Dio né degli uomini, ma per togliermi questa sì, farò la cosa”, e ha vinto, ha vinto la vedova». Ci vuole, ha concluso Francesco aggiungendo un altro esempio, «la costanza. La pazienza di andare avanti. La pazienza di quel cieco all’uscita di Gerico: gridava e gridava e gridava, e volevano farlo tacere... Ma gridava! E alla fine, il Signore lo ha sentito e lo ha fatto venire».

Quindi, riassumendo, «per la preghiera di intercessione ci vogliono due cose: coraggio, cioè parresìa, coraggio, e pazienza. Se io voglio che il Signore ascolti qualcosa che gli chiedo, devo andare, e andare, e andare, bussare alla porta, e busso al cuore di Dio», e farlo «perché il mio cuore è coinvolto con quello! Ma se il mio cuore non si coinvolge con quel bisogno, con quella persona per la quale devo pregare, non sarà capace neppure del coraggio e della pazienza».

Naturalmente, ha continuato Francesco, è necessario avere una «grande libertà», come quella che si permette Mosè. Tant’è che si potrebbe pensare: «Ma, Mosè è stato maleducato» nel rifiutare la proposta di Dio. Mosè invece, pur rispettando Dio, non viene meno al «suo amore al popolo. E questo piace a Dio». Accade allora che «quando Dio vede un’anima, una persona che prega e prega e prega per qualcosa, Lui si commuove» e «concede la grazia».

Da tutto questo scaturisce il consiglio per ogni cristiano che si trova in una situazione simile. Sarebbe bene domandarsi: «Quando a me chiedono di aiutare con la preghiera a risolvere un problema, una situazione difficile, un dolore in una famiglia, io mi coinvolgo con quello?». Perché se non si è capaci di coinvolgersi, è meglio dire «la verità» e confessare: «Non posso pregare: dirò soltanto un Padre Nostro». Se invece ci si impegna e si dice «Io pregherò», ha suggerito il Pontefice, la «strada della preghiera di intercessione» è ben chiara: «coinvolgiti; lotta; vai avanti; digiuna; pensa a Davide, quando il bambino si ammalò: digiuno, preghiera per ottenere la grazia della guarigione del bambino. Ha lottato con Dio. Non ha potuto vincere, ma il suo cuore era tranquillo: ha giocato la propria vita per il figlio».

Occorre perciò, ha concluso il Papa, chiedere al Signore «la grazia di pregare davanti a Dio con libertà, come figli; di pregare con insistenza, di pregare con pazienza. Ma soprattutto, pregare sapendo che io parlo con mio Padre, e mio Padre mi ascolterà».



[Modificato da Caterina63 16/03/2018 17:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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