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Ultimo Aggiornamento: 08/01/2019 13:00
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17/11/2017 21:45
 
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Domenica, 17 gennaio 2016

L'omelia dell'arcivescovo Georg Gänswein - sabato 16 gennaio 2016 a Manoppello

il Volto Santo della misericordia è il segno distintivo dei cristiani

 
foto di Daniel Ibanez / CNA

La processione di sabato e la ostensione del Santo Volto di Manoppello è un piccolo miracolo, che non avveniva da secoli. Alla processione hanno partecipato il sindaco di Manoppello Gennaro Matarazzo, il rettore della basilica del Santo Volto il cappuccino Padre Carmine e alcuni studiosi della immagine tra cui Paul Badde uno degli organizzatori dell’evento.

Nel suo saluto iniziale il rettore della Chiesa di Santo Spirito in Sassia padre Bart, ha ricordato la visita di Benedetto XVI al Santo Volto nella cittadina abruzzese il primo settembre del 2006. “ Anche oggi avvertiamo la sua presenza spirituale- ha detto- e affidiamo il cammino della Chiesa alla sua preghiera silenziosa”.



Carissime sorelle e fratelli! 


La domenica di oggi è chiamata "Omnis Terra" nelle parole del Salmo 65 che abbiamo ascoltato all'inizio della Messa: " Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi ! " ("Lascia che tutta la terra ti adori, o Dio e canta salmi a voi "). Questa domenica è stata anche chiamata questo ottocento anni fa; e anche allora, come ora, in tutte le chiese cattoliche è stato proclamato il Vangelo delle nozze di Cana. Da allora gli imperi sono caduti, spazzati via come foglie d'autunno; la Chiesa ha visto la successione di novanta papi; le rivoluzioni violente e le guerre hanno scosso l'Europa; divisioni fatali hanno strappato il cristianesimo. Quindi sembra quasi un miracolo la tranquillità con cui, nella liturgia di questa domenica, cantiamo oggi come allora: Lodate il Signore, tutte voi nazioni!

“Oggi facciamo memoria del fatto che qui 808 anni fa, per la prima volta, Papa Innocenzo III fece portare in processione il Santo Sudario di Cristo da S. Pietro a S. Spirito. Si trattava di quel velo santo che ci mostra “il volto umano di Dio”, del quale papa Benedetto XVI non si mai è stancato di parlare; ovvero “il volto vivo della misericordia del Padre”



Con questo elogio, tuttavia, oggi ricordiamo anche il fatto che qui 808 anni fa, per la prima volta, Papa Innocenzo III portò in processione il Santo Sudario di Cristo da San Pietro a Santo Spirito. Era il santo velo che mostra "il volto umano di Dio", di cui Papa Benedetto XVI non si stancherà mai di parlare; e "il volto vivo della misericordia del Padre" a cui Papa Francesco ha dedicato questo Anno Giubilare. E anche allora, nel gennaio del 1208, il volto divino di Dio qui in questa chiesa, era collegato alla concreta misericordia degli uomini; questa chiesa che molto più tardi, nel 1994, San Giovanni Paolo II dedicò alla "Divina Misericordia", in onore di Santa Faustina Kowalska, di cui qui veneriamo le reliquie. Anche il papa polacco è stato un visionario e ancora una volta lo sperimentiamo qui oggi.

Infatti, 808 anni fa, in quella primissima processione, papa Innocenzo III decretò che l'immagine sacra non era stata portata ai nobili di Roma, ma ai malati pellegrini e ai poveri della città, la cui residenza più importante era allora ospedale di Santo Spirito. Ordinò anche che il cappellano pontificio, attingendo da Peter's Pence, distribuisse tre monete a ciascuno dei trecento malati e ai mille poveri che erano stati invitati a partecipare alla cerimonia e che provenivano da tutta la città: uno per il pane, uno per vino e il terzo per carne. Ha anche collegato sostanziali indulgenze alla visita della "vera immagine" e alla partecipazione alla sua processione. 

Di fatto era un'anticipazione dell'Anno Santo, che solo successivamente, nel 1300, fu introdotto a Roma da Bonifacio VIII. Tutto è iniziato proprio qui!

Da quel momento fino ad oggi le processioni e le esposizioni moderne del Santo velo non sono mai finite. Ben presto ci furono innumerevoli pellegrini a Roma che volevano contemplare il volto di Dio. Più tardi, fu in una di queste processioni che Dante imparò a conoscere il volto di Dio. È il volto davanti al quale si conclude la "escursione cosmica" della sua Divina Commedia, come disse Papa Benedetto XVI dieci anni fa, quando presentò la sua enciclica Deus Caritas Est . È il volto dell'amore che "muove il sole e le altre stelle", come scrisse Dante nel brano più noto della letteratura italiana.

È l'amore di Dio che si rallegra in noi come "lo sposo della sposa", come abbiamo appena ascoltato nelle parole del profeta Isaia; e la forza dello Spirito Santo dei cui vari doni San Paolo ci ha nuovamente resi consapevoli in questa chiesa di Santo Spirito. Eppure, da nessun'altra parte questo Spirito parla in modo più chiaro e con più prove come nel silenzioso volto di Cristo, davanti al quale oggi siamo riuniti qui. 

Perché "questa è la vocazione e la gioia di ogni battezzato: portare e dare Gesù agli altri", come ha detto Papa Francesco il 3 gennaio. E questo è esattamente quello che ci viene dato oggi: diventare testimoni, nel momento in cui i buoni frati Cappuccini di Manoppello qui "portano e donano Gesù", nel cui volto Dio stesso mostra il suo volto.

In conclusione, aggiungerei una sola cosa sul Vangelo delle nozze di Cana, su cui sono state dette tante cose istruttive: chi, in effetti, potrebbe ancora chiedersi che Gesù abbia operato il suo primo miracolo pubblico proprio in favore del matrimonio e della famiglia che oggi sono così in pericolo che papa Francesco ha dedicato sinodi a ciascuno di questi! Infatti, in questo periodo di Natale in cui siamo fermi, possiamo comprendere perfettamente quel primo miracolo come una necessaria estensione del mistero dell'incarnazione di Dio. Perché è solo all'interno di una famiglia che diventiamo umani! Con una madre e un padre e - se siamo fortunati - con fratelli e sorelle. Per questo motivo gli artisti cristiani hanno sempre ritratto il volto di Gesù riferendosi a quello di sua madre, e viceversa. Perché se Dio è il padre di Gesù, la sua faccia dovrebbe e può solo apparire come la sua.

È una copia di quell'antico originale che papa Innocenzo III mostrò ai pellegrini e che per quattrocento anni è stato tenuto in Abruzzo, sull'Adriatico, in una zona periferica dell'Italia, che oggi per la prima volta è stato riportato a è iniziata la sua adorazione pubblica. Da qui, innumerevoli copie hanno portato in tutto il mondo il vero volto di Dio che i cristiani conoscevano. Proprio in questo sta il significato più profondo di questo momento. Prima di venire a Roma, il Sacro Velo fu tenuto a Costantinopoli, prima a Edessa e anche prima a Gerusalemme. Non è possibile, infatti, che questa faccia possa essere la proprietà, potrebbe essere il tesoro di chiunque, nemmeno del Papa. È la firma dei cristiani. Solo noi sappiamo che Dio ha una faccia - come e chi è. Per questo motivo, il volto di Cristo è il primo, il tesoro più nobile e più prezioso di tutta la cristianità, ancora di più: di tutta la terra. Omnis Terra! Davanti a questa faccia dobbiamo aprirci ancora e ancora. Sempre come pellegrini; sempre nelle zone periferiche; e avendo sempre davanti ai nostri occhi un unico obiettivo: quel momento in cui saremo davanti a lui faccia a faccia.




Così l’arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della casa Pontificia, sabato pomeriggio ha ricordato la grande tradizione della venerazione e della processione del Santo Volto che si celebrava nella ottava dopo la Epifania. E l’immagine che accompagnava i pellegrini da San Pietro a Santo Spirito in Sassia era quella della Veronica. Oggi l'immagine da 400 anni è custodita e venerata a Manoppello e dall’ Abruzzo per due giorni ha fatto ritorno in Vaticano.

L’arcivescovo ha celebrato la Santa Messa al termine della processione che si è snodata dalla basilica vaticana fino alla chiesa a pochi passi dal colonnato, chiesa che da secoli è dedicata alla pratica della misericordia e che dal 1994 San Giovanni Paolo II ha voluto fosse il luogo dove si prega la “ Divina Misericordia” dove si custodiscono le reliquie di Santa Faustina Kowalska.

La prima processione avvenne nel 1208, per volere di Innocenzo III, e “in quella primissima processione- ha ricordato monsignor Gänswein- Papa Innocenzo III stabilì che l’immagine santa non venisse portata ai nobili di Roma, ma ai pellegrini malati e ai poveri della città, la cui dimora più importante già allora era quest’ospedale di Santo Spirito. E dispose anche che l’elemosiniere pontificio, attingendo all’Obolo di San Pietro, elargisse tre denari a ognuno dei trecento malati e ai mille poveri invitati ad assistere alla cerimonia e accorsi da tutta la città: un denaro per il pane, uno per il vino e il terzo per la carne. Egli inoltre legò consistenti indulgenze alla visita della “vera immagine” e alla partecipazione alla relativa processione”.

Una venerazione, quella del Santo Volto, che mosse migliaia di pellegrini per secoli, Dante compreso che forse proprio in una di queste processioni, ha detto l’arcivescovo, “imparò a conoscere il volto di Dio. È il volto davanti al quale finisce “l'escursione cosmica” della sua Divina Commedia, come disse Papa Benedetto XVI dieci anni fa, quando presentò la sua enciclica Deus caritas est. È il volto dell’amore, “che move il sole e l’altre stelle”, come Dante ha scritto nel passo più noto della letteratura italiana”.

Commentando le letture della liturgia domenicale Gänswein ha spiegato che si tratta della domenica Omnis terra, secondo le parole del Salmo 65: “Questa domenica era detta così anche ottocento anni fa; e anche allora, come oggi, in tutte le chiese cattoliche veniva proclamato il Vangelo delle nozze di Cana.Da allora sono tramontati imperi, spazzati via come foglie d’autunno; la Chiesa ha visto susseguirsi novantadue papi; violente rivoluzioni e guerre hanno scosso l’Europa; divisioni fatali hanno lacerato la cristianità. Per cui sembra quasi un miracolo la tranquillità con la quale, nella liturgia di questa domenica, cantiamo oggi come allora: Lodate il Signore, popoli tutti!”

Ma l’icona del Santo Volto che prima di arrivare a Roma è stata custodita a Gerusalemme, Edessa e Costantinopoli, è stata portata ai popoli del mondo grazie a migliaia di copie: “Non è possibile, infatti, che quel volto sia proprietà, sia tesoro di un singolo, nemmeno del Papa. Esso è il segno distintivo dei cristiani. Solo noi sappiamo che volto ha Dio – come e chi egli sia. Per questo, il volto di Cristo è il primo, il più nobile e più prezioso tesoro dell’intera cristianità, di più: di tutta la terra. Omnis terra! A questo volto dovremo sempre di nuovo aprirci. Sempre come pellegrini; sempre verso la periferia; e sempre avendo davanti agli occhi un solo obbiettivo: quel momento in cui saremo faccia a faccia di fronte a lui”.

Riferendosi al Vangelo delle nozze di Cana l’arcivescovo ha detto: “chi, infatti, può ancora meravigliarsi che Gesù abbia fatto il suo primo miracolo pubblico proprio a favore del matrimonio e della famiglia che oggi sono così in pericolo da avere Papa Francesco dedicato all’uno e all’altra due specifici sinodi! Anzi, nel tempo di Natale nel quale ancora siamo, possiamo intendere al meglio quel primo miracolo come un necessario ampliamento del mistero dell’incarnazione di Dio. Che, cioè, è solo all’interno di una famiglia che diveniamo uomini! Con una madre e un padre e – se siamo fortunati – con dei fratelli e delle sorelle. Per questo gli artisti cristiani hanno sempre ritratto il volto di Gesù rifacendosi a quello di sua madre, e viceversa”.

La processione di sabato e la ostensione del Santo Volto di Manoppello è un piccolo miracolo, che non avveniva da secoli. Alla processione hanno partecipato il sindaco di Manoppello Gennaro Matarazzo, il rettore della basilica del Santo Volto il cappuccino Padre Carmine e alcuni studiosi della immagine tra cui Paul Badde uno degli organizzatori dell’evento.

Nel suo saluto iniziale il rettore della Chiesa di Santo Spirito in Sassia padre Bart, ha ricordato la visita di Benedetto XVI al Santo Volto nella cittadina abruzzese il primo settembre del 2006. “ Anche oggi avvertiamo la sua presenza spirituale- ha detto- e affidiamo il cammino della Chiesa alla sua preghiera silenziosa”.

 

MAI VERGOGNARSI DELLA PROPRIA FEDE I danni del "compromesso" nel campo vocazionale - La testimonianza di una Badessa trappista a Praga

Ho incontrato il Signore attraverso le apparizioni della Madonna a Fatima ed ebbi la grazia in quel momento di capire: la vita ci è data come dono per la salvezza di tutti. Poi, per colpa mia, ho perduto questa grazia. Fu durante il passaggio alle scuole medie, dove mi scontrai con la mentalità del mondo. (Nella nostra società ora questo passaggio, questo scontro con il mondo è anticipato e quindi oggi per i bambini è sempre più difficile distinguere il bene dal male, perché se non ricevi prima una proposta buona non sai distinguere). Rispetto agli altri mi sentivo diversa, mi sentivo sola con la mia fede, mi vergognavo della fede e ho tradito.

Ho seguito la tentazione tipica dei cristiani di oggi, quella del compromesso. La tentazione del non voler apparire diversi o almeno non troppo diversi. E' questa la grande tentazione di sempre. Anzi credo che dovremmo dircelo di più. I cattolici da noi in Cechia e in genere nel centro-est Europa sono più consapevoli che in Italia perché hanno subìto la dittatura. E guardate che la persecuzione non inizia subito con il carcere e i carri armati, ma è un processo più lungo e lento che comincia con la nostra vergogna. Io, appunto, decisi di vivere come tutti, pur andando in chiesa vivevo come tutti. Ma così la vita si appiattisce e si perde la gioia e la fede.

Infatti prima pensi che non sia necessario testimoniare pubblicamente la fede, ti illudi che puoi viverla nel privato, poi senza che neanche ti accorgi questa fede cessa di informare la vita e a un certo punto perdi la fede, senza neanche sapere come sei arrivato a questo. Furono anni tristi. Per fortuna in me rimaneva il dolore, un grido. Facendo come tutti, non avevo un rapporto vero con Cristo e quindi non mi sentivo amata. E vivevo un grande dolore. Oggi il grido è più anestetizzato nei giovani.

Il dolore, e la mancanza di fede, e quindi il bisogno insoddisfatto di essere amati da Cristo, oggi sono messi a tacere. A 16 anni ricevetti il dono più grande della mia vita:[...].Incontrai Cristo in modo fulminante nell'Eucaristia. Se rifiutate la persecuzione non avrete il centuplo. Le consorelle della Repubblica Ceca, sentendo parlare gli italiani che vengono in foresteria, non riescono a capire, sentono come assurde le parole di chi ripete che in Italia <tutto sommato si sta bene>. Le suore, che leggono i giornali italiani, non capiscono. Come non capiscono i compromessi che facciamo. Nel mondo secolarizzato la persecuzione ce l'abbiamo davanti ma non ci accorgiamo.


Prima di andare a Praga ero entrata nel monastero trappista di Vitorchiano. Durante i primi anni tante sorelle partivano per aprire case nel mondo e quindi toccò anche a me. Lo percepii come un passo normale. Nel cristianesimo la scomodità è normale ed è bella. E poi imparai che contemplazione e missione sono inscindibili. Cominciai quindi a fare la spola fra l'Italia e Praga per costruire un monastero in un prato fuori città dove non c'era nulla. Vivevamo a Praga e poi andavamo lì. A Praga eravamo stupite, perché vedevamo pochissimi religiosi andare in giro con l'abito.

Poi abbiamo scoperto che c'erano, ma forse avevano continuato con l'abitudine di non portare l'abito come durante la clandestinità. Per strada tutti si giravano a guardare questo gruppo di monache vestite da monache dalla testa ai piedi e noi abbiamo deciso di non vergognarci, anzi di essere fiere del nostro abito. Quando giravamo c'era chi rideva o toccava ferro e qualche mia sorella si vergognava. Io no, non più. Allora dissi: <Mostriamo loro quanto è bello il nostro abito>.

Senza che ce lo immaginassimo questo ha generato vocazioni, perché i giovani hanno bisogno di segni visibili. Abbiamo incontrato giovani che ci chiedevano chi eravamo e poi qualcuna ha chiesto di venire alla Messa con noi.


Se crediamo nella nostra identità, allora anche gli altri possono incontrarla. In breve, siamo partite dall'Italia in 9 e dopo 10 anni siamo 25, non per merito nostro, ma perché se la proposta di Cristo è chiare, è senza paura, è affascinante, produce frutto.

(Suor Lucia, badessa monastero trappiste a Praga, "Il Timone", n.167).



     

L'ANTITESTIMONIANZA E LO SCANDALO

Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente (n. 33), la Chiesa è inviata «a farsi carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo».

Già nel 1975, l'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, raccogliendo i frutti della III Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, consacrata alla evangelizzazione, aveva sottolineato l'importanza centrale della testimonianza. Queste parole hanno trovato una vasta risonanza, sono state riprese dall'attuale Magistero. Conservano tutta la loro pertinenza in vista della nuova evangelizzazione: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri ... o se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni ...

È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità» (n. 41). Si rileverà che il soggetto della testimonianza, al di là dei cristiani presi singolarmente, è la Chiesa.

In vista del Grande Giubileo, il tema della testimonianza deve in modo del tutto particolare fare l'oggetto di un nostro esame di coscienza e di meditazione. Le poche considerazioni che seguono su quello che ne è il rovescio: l'antitestimonianza e lo scandalo.

Lo scandalo della Croce

Nel linguaggio della Scrittura lo scandalo significa un tranello, tutto quello che fa soccombere e, quindi, che mette alla prova la fede. Ma facciamo notare che, a seconda della provenienza, e a seconda delle capacità e delle disposizioni di chi è scandalizzato, il significato dello scandalo differisce completamente. Per il credente lo scandalo della Croce è adorabile. Questo scandalo non è un'antitestimonianza. È al contrario fonte della più grande testimonianza.

Dopo che Gesù, nella sinagoga di Cafarnao, ebbe annunciato il mistero dell'Eucaristia, una crisi profonda si produsse tra i discepoli. « Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? ». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro. Disse allora Gesù ai Dodici: Volete andarvene anche voi? Si conosce la risposta di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». Queste sono le parole della fede.

Di fronte allo smarrimento provocato dalle sue parole, Gesù non fece niente per attenuarle: «Questo vi scandalizza?». Egli precisa che in seguito capiranno e che questa comprensione è un dono dello Spirito, ch'essa s'identifica con il dono della fede: «Ma vi sono alcuni tra voi che non credono» (cf. Gv 6, 60-69).

La profondità e la sublimità del messaggio di Gesù, quindi, scandalizza, nel senso che è occasione di caduta per chi non crede o prova superata per colui che crede. Il tema dello scandalo, nel Nuovo Testamento, è dunque legato alla fede, come libera accoglienza del mistero di Cristo. Dinanzi al Vangelo non si può restare indifferente, tiepido, o sottrarsi: il Signore ci interpella personalmente e ci chiede di dichiararsi per lui (cf. Mt 10, 32-33).

Agli invitati di Giovanni che era in carcere, sconcertato per quello che sente dire dello svolgimento del ministero di Gesù, questo risponde evocando i segni messianici che l'accompagnano. E aggiunge: « beato colui che non si scandalizza di me» o: che non cadrà per causa mia (cf. Mt 11, 6).

La prima lettera di Pietro, 1, 7-8, riferendosi ad un brano d'Isaia (8, 14), afferma dal canto suo: «Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, sasso d'inciampo e pietra di scandalo». E vi è data la ragione: «loro v'inciampano perché non credono alla parola».

A questo scandalo, a questa prova della fede, Gesù preparerà i suoi discepoli, annunciando loro l'odio del mondo, le persecuzioni ma anche le consolazioni dello Spirito (cf. Gv 6, 14-16): «Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi (o affinché non soccombiate alla prova») (cf. Gv 16, 1).

È lo stesso paradosso di cui ci parla san Paolo nella prima lettera ai Corinzi, 1, 18-31. Il mondo peccatore non ha saputo riconoscere la Sapienza di Dio, che salverà i credenti per la stoltezza della predicazione del Messia crocifisso, stoltezza e scandalo. Il piano divino della salvezza rivela le profondità del mistero dell'agapè divina e ci invita a prendere coscienza dei nostri limiti, poiché il rifiuto ad aprirsi al mistero ha per motivo l'autosufficienza colpevole: «Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini».

Capire questo, alla luce della fede, è accogliere ciò che possiamo chiamare lo scandalobenedetto delle vie di Dio, è accogliere il mistero della Croce, fonte di salvezza. L'esigenza posta così è l'esigenza della purezza della fede, di un'adesione alla infinita trascendenza della sapienza salvifica di Dio.

L'accoglienza del mistero della salvezza con la fede suppone da parte nostra la purezza di cuore, e di conseguenza un impegno sul cammino della conversione. Ci si ricorderà della bellissima pagina del Vangelo: «In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto, queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Si, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare"» (cf. Lc. 10, 21-22).

Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo

C'è una profonda corrispondenza tra le anawime di cui parlano le righe precedenti e l'accoglienza del mistero, che risulta uno scandalo per colui che resta chiuso nella sua sufficienza. I discepoli fanno così notare a Gesù dopo il suo insegnamento sul puro e l'impuro: «Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?» (cf. Mt. 15, 12). Qui l'accento si sposta: lo scandalo non è più, se si può dire, sulle profondità del disegno di Dio, è nella cecità del cuore.

Esistono degli scandali che provengono da noi o dei quali siamo più o meno direttamente responsabili ed che è nostro dovere togliere dalla nostra strada.

La parola di Gesù è categorica: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te...» (Mt. 5, 29-30, cf. anche 18, 8-9).

Il vigilare e il coraggio delle rinunce fa anche esso parte del cammino della conversione. Qui lo scandalo è l'ostacolo che occorre scartare totalmente. Per questo sappiamo di poter contare sull'aiuto di Dio, al quale lo chiediamo tutti i giorni: «non ci indurre in tentazione».

Lo scandalo dei piccoli

È dopo aver invitato i discepoli a farsi piccoli e ad accogliere i bambini, che Gesù parla, con grande severità dello scandalo arrecato ad altri: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (cf. Mt. 18, 6-7).

Necessità non vuol dire evidentemente fatalità. Significa che lo scandalo è inevitabile essendo il mondo segnato dal peccato. Ma questo non deve portare alla passività e alla rassegnazione. L'animazione evangelica della vita sociale è un dovere dei cristiani. Quindi devono alzare la voce ed impegnarsi in favore dei «piccoli» senza difesa e prendere delle iniziative per correggere i costumi il cui degrado offende la dignità dell'essere umano creato ad immagine di Dio.

La legge della carità

L'infanzia evoca dipendenza e debolezza. Su quest'ultimo punto, san Paolo enuncia il principio che ci deve sempre guidare: «Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo. Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me» (cf. Rm. 15, 1-3).

Quel che non è scandalo per l'uno può esserlo per l'altro. San Paolo detta a questo proposito ai cristiani di Roma la condotta che devono assumere. Alcuni di loro si credono in coscienza ancora sostenuti dall'osservanza delle prescrizioni legali del giudaismo, altri hanno capito di essersene liberati, ed erano portati a disprezzare i primi: «Cessiamo dunque dal giudicarci gli uni gli altri; pensate invece a non esser causa di inciampo o di scandalo al fratello.... Tutto è mondo, d'accordo; ma è male per un uomo mangiare dando scandalo» (cf. Mt. 14, 13. 20).

La regola è la ricerca della pace e della reciproca edificazione. L'apostolo aveva incontrato un'analoga situazione a Corinto, ma si trattava probabilmente di cristiani provenienti dal paganesimo, la cui coscienza era turbata quando consumavano della carne precedentemente sacrificata agli idoli. A quelli che hanno capito che l'idolo est nulla, Paolo scrive: «Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli ... Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello» (cf. 1 Co, 8, 9. 1113). La debolezza può essere quella di una coscienza poco illuminata, come nei casi esaminati direttamente da Paolo. Può essere ancora la presenza di tenaci pregiudizi, di malintesi o la difficoltà a capire alcuni segni.

Così lo scandalo investe un campo vasto di situazioni diverse e contrastate. La testimonianza più alta, quella del martirio, è perfetta comunione allo scandalo della Croce. Al contrario, lo scandalo del peccato, incitazione o cattivo esempio, porta con sè la caduta del prossimo. È una tentazione colpevole. Ci sono, in fine, dei comportamenti che, senza essere riprovevoli in se stessi, offendono la carità perché il prossimo non è atto a capirli. Allora, l'amore fraterno che è la regola suprema, richiede dei sacrifici e delle rinunce. Per un esame di coscienza che abbraccia il passato, il presente, e i progetti futuri, è giusto ricordarsi di questo triplice parametro.




[Modificato da Caterina63 30/11/2017 18:10]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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